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Avete presente quello stato d'animo che ci prende a volte, quando un elemento comico si introduce in un contesto drammatico?
Avete mai riso a una battuta di un amico, a un funerale, sentendovi in colpa per il contrasto tra le emozioni provate? Avete mai pensato, in circostanze luttuose, a quanto fosse bello avere un'occasione per sentirvi emotivamente e fisicamente vicini a parenti o amici che non vedevate da un po'? La conoscete quella sensazione di essere tristi e felici, in colpa e sollevati al momento stesso? 

Ecco, I tre funerali del mio cane, di Guillaume Guéraud, restituisce esattamente quell'atmosfera: c'è il dramma della perdita dell'amico a quattro zampe, il clima mesto che si addice a un funerale, ma c'è anche la presenza degli amici, che porta calore e conforto, e una serie di equivoci e contrattempi dal taglio umoristico che smorzano la mestizia della narrazione e restituiscono al romanzo quel clima così strano e così sospeso di questi momenti.
 
I tre funerali del mio cane

Edito da Biancoenero nella collana MaxiZoom, che raccoglie brevi romanzi ad alta leggibilità dedicati ai lettori tra 11 e 14 anni I tre funerali del mio cane, racconta la storia di Nemo, che si trova ad affrontare la morte del suo fedele amico Babino, investito davanti a casa.

I tre funerali del mio cane
 
Nemo si trova ad affrontare una situazione nuova, sia emotivamente, sia materialmente: non era pronto a salutare il suo cane, né è in grado di gestirne l'addio: come si fa un funerale? Dove si potrà seppellire il cane?
Attorno a Nemo si muovono altre figure che danno al racconto una coralità rassicurante: la famiglia di Nemo – papà, mamma e sorella – e i tre amici Morgana, Nadir e Giulio (per Morgana, Nemo ha un debole, anche se questa simpatia non si manifesterà mai esplicitamente nel corso della narrazione).

Nessuno di loro prende in giro Nemo per il suo dolore o lo sminuisce: Babino era parte della famiglia, ma anche del gruppo di amici, e sono tutti sinceramente tristi per la sua scomparsa. La condivisione del dolore rassicura Nemo, che si sente capito. Ognuno a modo suo, tutti daranno il proprio apporto all'estremo saluto del cane.

In questo filo narrativo così triste si innestano però momenti dal sapore comico: sono gli equivoci, gli errori e i contrattempi che portano alla ripetizione del funerale, circostanza che dà il titolo al libro.

Riso e pianto si uniscono e si fondono tra loro in una cosa sola, in una narrazione leggera e profonda al tempo stesso. Come nel lutto. Come nella vita.


Sempre più spesso trovo libri che, più che insegnare qualcosa ai bambini, insegnano ai genitori.
Lì per lì la cosa è spiazzante: siamo culturalmente portati a identificare le storie per bambini con fiabe dotate di morale più o meno esplicita.
Ma a pensarci bene, non potrebbe che essere così: la letteratura per bambini, per l'appunto, è per bambini, e deve stare dalla loro parte. Siamo noi, semmai, a dover imparare a rispettare il loro sentire, a parlare il loro linguaggio.

Pokko e il suo tamburo

Pokko e il suo tamburo, del canadese Matthew Forsythe (Terre di mezzo editore), sta proprio lì, dalla parte dei bambini, ma lo fa con un'ironia che non può non strappare un sorriso anche ai grandi.

Regalarle un tamburo era stato il più grosso errore che i genitori di Pokko avessero mai fatto.

Così inizia l'albo, e non c'è bisogno di spiegare perché mamma e papà rana lo ritengano un errore: è un'immagine fin troppo radicata nel nostro vissuto quella dei piccoli che fanno rumore e dei grandi che sognano un po' di pace.

Pokko e il suo tamburo

Ma non si tratta solo del rumore: come il testo specifica i genitori 
in passato, avevano già fatto degli errori.
Come la fionda.
E il lama.
Le immagini lasciano intuire qualcosa, ma il non detto resta preponderante, e quel non detto è una chiave importante del meccanismo di coinvolgimento del lettore, perché crea complicità, provoca risate, ma mette in moto anche la fantasia, per immaginare cosa mai abbia combinato Pokko con la fionda e con il lama.

Pokko e il suo tamburo

Dopo un dialogo surreale, in cui parlano senza capirsi a causa del rumore del tamburo, il papà e la mamma di Pokko la allontanano per trovare un po' di pace.
Nel bosco, Pokko non saprà resistere al richiamo della musica e ricomincerà a suonare. Subito, dietro di lei si forma una coda di animali che la segue, come a formare una banda: c'è un procione con il banjo, un coniglio con la tromba, e anche un lupo, che non sa suonare ma ama la musica.

Pokko e il suo tamburo

È nella foresta che l'albo cambia registro, con le sue tavole affollate di animali sedotti dalla musica: pur conservando qualche momento comico, la storia inizia a coinvolgere sensi e sentimenti.
Sembra di sentire il ritmo, la festa, ma anche l'orgoglio della piccola Pokko, che con il suo talento ha saputo coinvolgere una folla di appassionati, tanto che alla fine, anche la mamma e il papà dovranno riconoscerlo.

L'occhio si perde tra le campiture scure e le molte presenze del bosco.
Le immagini degli animali, con la fissità dei loro sguardi e delle espressioni, ancor più accentuata in Pokko e nella sua famiglia per via delle pupille orizzontali, creano una sensazione straniante che affascina e quasi ipnotizza. Sembra che tutti i personaggi siano rapiti dalla musica, come se l'arte fosse una forza superiore a tutto, anche allo scetticismo dei genitori.
Quei genitori che a volte dovrebbero alzare l'asticella della sopportazione e permettere ad ogni bambino di suonare la propria musica.


La tambulattina

 
Avete mai costruito un tamburo in casa?
È molto semplice, e può diventare un piccolo esperimento scientifico per parlare ai bambini di vibrazioni, casse di risonanza e trasmissione del suono.


Tamburo di latta
 
Prendete un semplice barattolo di latta e un palloncino.
Tagliate la cima del palloncino e usatela come "pelle" del tamburo, tirandola bene ai bordi (se è molto tesa, non servirà nemmeno un elastico per fissarla).
Per suonarlo, basteranno penne o matite o bastoncini di qualsiasi tipo.

Tamburo di latta

Se volete un'orchestra intera, potete aggiungere maracas fatte di contenitori pieni di riso o fagioli secchi, nacchere costruite con tappi a corona incollati a un cartoncino piegato, perfino strumenti a corda, con fili tesi su una scatola forata a fare da cassa.
(Prossimamente: il tutorial per i tappi nelle orecchie.)


Provate a rispondere a questa domanda: perché leggete? 

Ora, provate a rispondere a questa: perché leggete ai vostri figli?

Fatemi indovinare, adesso: la risposta era diversa. Quando leggiamo per noi stessi, lo facciamo essenzialmente a scopo ricreativo o tuttalpiù, se ci orientiamo verso la saggistica, per soddisfare qualche nostra specifica curiosità.

Il genitore che legge al bambino, invece, è in genere mosso da intenti diversi: stimolare, educare, insegnare, fornire un modello. Ma tutto questo è giusto? È utile? È necessario?

Nei mesi scorsi, sulle pagine Facebook e Instagram di Nuvole in Scatola, ho voluto lanciare una serie di riflessioni, invitando a #leggereperpiacere. Ve le ripropongo anche sul blog, arricchite dagli spunti nati dai vostri commenti.

Fatti della stessa materia di cui son fatti i sussidari.

Ci avete mai fatto caso?
Anche se consideriamo la letteratura un'arte, non la trattiamo come tutte le altre arti.

Quando facciamo ascoltare a un bambino una canzone, pretendiamo forse che nel testo si declamino le tabelline? Quando li portiamo a una mostra, controlliamo forse che i personaggi raffigurati nei quadri siedano tutti composti e senza gomiti sul tavolo? 

Eppure nessuno metterebbe mai in dubbio che queste siano attività educative e formative.


Perché allora si chiede alla lettura quello che non si chiede all’arte o alla musica?
Il fatto che i libri di narrativa siano fatti della stessa materia dei testi scolastici – pagine, immagini e parole – implica forse che debbano condividerne anche lo scopo?

 

Scegliete libri belli, non libri buoni.

Torniamo per un attimo alla differenza di approccio tra letteratura per bambini e per adulti.

Ci sono genitori che credono fortemente a una determinata visione della vita, della società o della pedagogia, e non accettano libri che se ne discostino.

Ad esempio? Chi aderisce alla "disciplina dolce" ed è contrario a un'educazione basata su premi e punizioni, potrebbe giudicare male un albo in cui un personaggio viene premiato o punito.
Molti animalisti evitano le fiabe in cui il lupo viene dipinto come cattivo.
Più in generale, alcuni genitori lasciano sullo scaffale libri senza una morale chiara ed esplicita.

Ora, però, pensate ai romanzi che più avete amato: andava sempre tutto liscio e secondo i vostri canoni? I buoni erano buoni e i cattivi cattivi?
Non erano forse le sfumature a rendere affascinante la storia?
Non era forse quell’elemento disturbante e ineffabile a tenervi incollati alle pagine?

Non sono l’ostacolo e il conflitto il motore stesso della narrazione?
E affrontare la complessità con gli occhi dei personaggi non vi ha forse dato uno sguardo nuovo sulla complessità della vita?


Ecco: perché dovrebbe essere diverso con la letteratura per l’infanzia?
Polarizzare il mondo non aiuterà loro a orientarsi in una vita che non è mai bianca e nera.
Raccontare una realtà edulcorata non li salverà dalle amarezze che incontreranno.

Appiattire la narrazione, soggiogarla a un’ideologia o a una morale, può avere un solo risultato: togliere ai bambini l'emozione di leggere.

Non sto dicendo, naturalmente, che tutti i libri con una morale, o che insegnano qualcosa, siano libri brutti, ma che andrebbe sovvertito il paradigma che a volte, senza che ce ne accorgiamo, ci guida nella scelta. Il criterio principale, oserei dire l'unico, dovrebbe essere e restare la qualità della scrittura, della narrazione, delle illustrazioni, e non lo scopo educativo.

Un libro non è bello perché è "buono", è bello perché è bello.

 

Leggere insegna a fare un sacco di cose.
Soprattutto quelle che non si possono fare.

A proposito di punti di vista scomodi e scorretti: vi siete mai chiesti perché i protagonisti di romanzi per ragazzi sono spesso orfani?
Certo, sarebbe difficile immaginare Pippi Calzelunghe saltare sul tavolo sotto gli occhi della mamma, o Peter Pan battersi con i pirati con il beneplacito di papà.

In fondo la letteratura serve anche a questo: a sperimentare quello che altrimenti un bambino non potrebbe mai conoscere, ad aprire nuove possibilità, affrontare avventure altrimenti impossibili, non solo perché sovvertono le leggi del reale, ma anche, semplicemente, perché nella realtà ci farebbero paura, o chissà, magari non sarebbero nemmeno legali. 

Nessun bambino desidera essere orfano! Leggendo, però, può sperimentare l'ebbrezza di essere l'eroe di se stesso.

Un bambino che si diverte a leggere marachelle non necessariamente si diverte a farle, anzi: forse trova proprio nel libro una dimensione diversa dalla propria, in cui esplorare sentimenti e sensazioni che non gli appartengono.

Non abbiamo bisogno di fuggire su un’isola per “attaccare la ridda selvaggia”: lo abbiamo già fatto con Max. E il fatto che lui, rientrando nella sua camera, non venga punito, ma anzi trovi "la cena ad aspettarlo, che era ancora calda", non fa di questo albo un testo "cattivo", ma semplicemente lo rende più appagante da leggere. 

Anziché cercare necessariamente in un libro dei modelli educativi, a volte è addirittura più utile dare sfogo a quelli "diseducativi".

Leggere per il piacere di leggere significa andare oltre le buone maniere, la morale e il buon esempio, consapevoli che è proprio la rottura di una perfezione ad essere il motore di una storia.  


Leggere è utile soprattutto quando è inutile


A volte la ricerca ossessiva di una morale o di un insegnamento orienta le scelte di un genitore o di un insegnante verso libri scritti con un preciso scopo: ad esempio capire le proprie emozioni, rispettare chi è diverso da noi, conoscere il mondo.

Spesso, però, diciamocelo: i libri scritti specificamente "per" qualcosa sono scritti così male che questo scopo non lo raggiungono affatto.


Fateci caso: un bel libro che non ha la pretesa di insegnare nulla insegna molto più di quanto crediamo.
• un libro oscuro insegna a cercare nuovi punti di vista;
• un libro “immorale” insegna la complessità;
• un libro nonsense insegna a rompere gli schemi;
• un libro emozionante insegna a comprendere noi stessi molto più di un libro sulle emozioni;
• un libro divertente insegna a scardinare i meccanismi dell’umorismo;
• un libro di poesie, o con una prosa ritmata e musicale, ci insegna la lingua meglio di un manuale di stile.
 

In fondo, se ci pensate, l’unica cosa che un libro dovrebbe sempre insegnare è ad amare la letteratura.

E allora, per piacere, non leggete per istruire, per correggere, per insegnare, e nemmeno per educare.
Leggete soltanto per il bello di leggere.
Leggete per piacere.

Ecco: una delle cose meravigliose dell'infanzia, e una delle distanze più grandi tra "noi" e "loro", è la capacità di vedere anche i più piccoli traguardi. Se noi adulti chiediamo a noi stessi e agli altri sempre di più, per un bambino imparare a scrivere una sola lettera, riuscire a pedalare per tre metri in bicicletta senza rotelle o a fare un semplice nodo sono conquiste che danno grande soddisfazione (cerchiamo di assecondarli, quando ce le mostrano con orgoglio!).

Barnabè alla scoperta del mondo

Il protagonista di Barnabè alla scoperta del mondo ci racconta proprio questo: di quanto sia bello gioire anche dei piccoli traguardi raggiunti (e di come sia bello raggiungerli con degli amici).

Scritto da Gilles Bizouerne e illustrato da Béatrice Rodriguez, abile narratrice per immagini di silent book e non solo (suo La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago, di cui avevo già parlato sul blog), Barnabè alla scoperta del mondo è edito da Terre di Mezzo editore in un formato orizzontale che rende bene l'idea del percorso e lo svolgersi della storia.

Barnabè alla scoperta del mondo

Barnabè è un tasso, un tipo molto sedentario, che però un giorno si sveglia e decide che di fare un viaggio fino "in capo al mondo!".

Il suo entusiasmo è contagioso e il paesaggio che attraversa è verde e luminoso. Tutto nell'albo mette allegria. Lungo la strada, Barnabè incontra prima una tartaruga e poi una talpa che decidono di seguirlo nell'impresa.

Barnabè alla scoperta del mondo

Nel loro cammino, i tre si trovano davanti alcuni ostacoli "insormontabili" (in realtà un piccolo fosso e un masso), che riescono ad affrontare grazie al lavoro di squadra. La tartaruga, ad esempio, si offre di fare da "ponte" agli altri due animali che passeranno sul suo carapace.

Tutto il libro è pervaso da un gioco ironico (ma mai avvilente per i protagonisti) tra i toni del testo e la realtà che vediamo nelle illustrazioni, che ci appare sempre più evidente a ogni successiva lettura, grazie ai dettagli disseminati qua e là.

Barnabè alla scoperta del mondo

Dopo aver sentito parlare di lunghe camminate, ci accorgiamo grazie al campo largo della doppia pagina, che si vede ancora vicina l'entrata della tana di Barnabè, e molte altre piccole presenze cointribuiscono sempre di più a darci un quadro più preciso di questa traversata.

Divertente, spensierato, ottimista, Barnabè alla scoperta del mondo è un albo che offre diversi livelli di analisi e lettura che dipenderanno dall'età del bambino (che a tre anni seguirà empaticamente la storia e poi progressivamente ne coglierà la portata ironica).

Quando, stanchi della camminata, i protagonisti incontreranno una formica, questa racconterà la propria traversata lunga e avventurosa per arrivare fin lì, e confermerà che sì: sono  proprio giunti in capo al mondo.

Tutto è relativo, insomma: anche i traguardi per cui esultare.


 Abbiamo sognato tutti di avere "quel" maestro, vero?

Quello stile "Attimo fuggente", che non si limita a darti nozioni ma ti offre qualcosa di più, una nuova visione della vita e di te stesso.

Joker
L'americana Susie Morgenstern ce ne presenta uno nel suo Joker, un racconto per primi lettori, dai 9 anni circa (serve un po' di dimestichezza con le dinamiche della scuola e con l'introspezione, e va tenuto conto che a un certo punto si parla di "fare l'amore", anche se per l'appunto se ne parla e basta), edito da Biancoenero Edizioni nella collana Zoom, stampata con font e impaginazione ad alta leggibilità.

Joker
 
All'ultimo anno della primaria, i bambini si trovano ad affrontare un nuovo maestro, ma non è come se lo aspettano: è grigio, pieno di rughe, ha un'aria strana.
Le illustrazioni di Giulio Castagnaro, essenziali nei tratti e nei colori, contribuiscono a farlo sembrare diverso, come distaccato dal resto del mondo.

Prima ancora di presentarsi, il maestro Biago regala a ogni bambino un mazzo di carte speciali: sono dei "jolly", e ogni jolly è un lasciapassare per una libertà inaspettata: c'è il jolly per non andare a scuola, quello per ballare in classe, per non ascoltare la lezione.

Inizialmente increduli, i bambini imparano pian piano ad usare queste carte, ognuno a modo suo: c'è il bambino impaziente che le finisce subito, la parsimoniosa che li conserva per usarli nel momento più utile. Queste semplici carte racchiudono molte lezioni: la capacità di usare il proprio tempo e le proprie risorse, l'occasione di riflettere su molte consuetudini quotidiane date per scontate.

Ma le carte non sono il solo modo che ha il maestro Biagio per accompagnare i bambini in un percorso di autoconsapevolezza: ci sono le letture, la sfida a non guardare la tv, la "cassetta delle discussioni" da affrontare in classe.

Joker
 
Questi suoi metodi così poco ortodossi, come ci si potrebbe facilmente attendere, non sono visti di buon occhio dalla preside, e anche se il maestro Biagio prova a sua volta a "usare un jolly" per non affrontarla, dovrà alla fine rendere conto delle proprie scelte, compiute in un sistema che ancora non è pronto.

Joker
 
Il protagonista di Joker Ã¨ il prototipo di un insegnante che educa nel senso etimologico del termine, che non trasmette passivamente nozioni ma stimola il ragionamento indipendente, la consapevolezza di sé, e sa anche mostrare la strada verso la felicità di stare al mondo.

È il maestro che tutti avremmo voluto. Quello che vorrei, oggi, per i miei figli.
E chissà che, leggendo, non possano scoprire che la scuola non serve a dare voti, ma a far crescere esseri umani.
 

Un Jolly per...


L'idea delle carte, in ogni caso, è troppo ghiotta per lasciarla tra le pagine di un libro.
Quanti jolly potete inventare per i vostri bambini? E quanti per voi, da usare con loro?

Joker
 
Ogni jolly potrà essere usato contro di voi, questo sia chiaro.
Ma non è detto che sia sempre un male.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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