Nuvole in scatola
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Il fatto è che Babbo Natale lo aspettiamo anche noi genitori.

Un po' è per l'emozione di vedere la magia riflessa negli occhi dei nostri bambini, un po' è che con quei regali – diciamocelo – ci giocheremo anche noi.

E allora per una volta voglio cambiare tema al blog (tranquilli, sarà solo per questo post) e raccontarvi quali sono i giochi da tavolo per la famiglia che amiamo di più. Perché lo so che una buona fetta di persone quando sente nominare i giochi da tavolo pensa subito al Monopoli che sì, insomma, è bellissimo nei primi venti minuti di gioco ma poi non finisce più. Oppure crede che prima dei sette-otto anni sia troppo presto per proporli.

Certo: in questo caso non si può dire che "non è mai troppo presto". A differenza dei libri, i giochi da tavolo non possono certo essere proposti fin dalla nascita, ma probabilmente si può iniziare prima di quanto immaginiate, anzi: il gioco può aiutare i più piccoli a sviluppare abilità cognitive e sociali importanti in modo divertente.

E scordatevi quelle partite infinite dal meccanismo che a un certo punto si impallava: i giochi di nuova concezione hanno ritmi più sostenuti e partite dalla durata abbastanza definita (molto dipende da quanto ci mettono i giocatori a pensare alla propria mossa – e ogni riferimento al mio figlio maggiore o al mio migliore amico è puramente cercato).

giochi da tavolo

Disclaimer: non sono un'esperta, soltanto un'appassionata.
Se quindi siete già fanatici di dadi, meeple e plance di gioco, probabilmente non troverete in questo post nulla di particolarmente originale o innovativo. Ma se invece amate i giochi da tavolo e, come me qualche anno fa, avete solo bisogno di un po' di aggiornamento, oggi voglio proporvi i giochi che, per ogni fascia d'età, ci hanno appassionato di più, con la promessa che saranno divertenti non solo per i piccoli, ma anche per i grandi. E se siete su Facebook, vi lascio anche un consiglio in più: seguite il gruppo Giochi da tavolo e di società per bambini della bravissima Roberta Scotto, fonte dell'80% del mio sapere sul tema.


Giochi da tavolo dai 2 anni 

A questa età (o poco dopo) è già possibile insegnare semplici meccanismi come il rispetto dei turni di gioco, il riconoscimento di simboli sul dado, la localizzazione di immagini nascoste (come nel memory). Haba propone vari giochi che i piccoli a questa età riescono già a padroneggiare. I nostri preferiti sono:

Il frutteto

il frutteto

Celeberrimo, e merita la sua fama. Esiste in varie versioni, come Primo frutteto, con i frutti più grandi e di legno, facili da maneggiare. Noi abbiamo però una versione da viaggio (con scatola di latta) e abbiamo usato da subito quella senza difficoltà. È un gioco collaborativo, il che significa che si vince o si perde tutti insieme, una caratteristica che può essere utile per avvicinare i più piccoli al gioco evitando loro frustrazioni.
Scopo del gioco è togliere tutti i frutti dagli alberi, secondo quanto indicato dal dado, prima che arrivi il corvo a mangiarli.
Giocando, il bambino impara a riconoscere simboli e colori, a capire il senso dell'antagonista (il corvo, che si avvicina man mano che esce il suo simbolo sul dado), negli anni scoprirà anche un primo senso di strategia, cercando di capire quali frutti è meglio togliere quando ha la possibilità di scegliere.

Coniglietto fa il bagno

Coniglietto fa il bagno

Se il frutteto è un gioco di pura fortuna (alea, nel gergo dei giochi), Coniglietto fa il bagno inizia a introdurre l'abilità, con una sorta di memory (almeno in una delle versioni in cui può essere giocato).
Il setting di gioco è simpatico, con la scatola che diventa la vasca del coniglietto. Per giocare il bambino tira un dado che ha tre figure (balena, barca, secchiello) e tre colori, poi dovrà girare le tessere che rappresentano i giochi del coniglietto per trovarne una di forma o colore corrispondente.
Il gioco stimola il riconoscimento di forme e colori e, come tutti i "memory", il senso della persistenza dell’oggetto, ma anche l'abbinamento tra forme, colori e oggetti.
Le partite sono brevi, adatte alla soglia di attenzione dei piccoli. Lo si trova più facilmente in versione tedesca, ma non è un problema: le istruzioni sono multilingua e il gioco non ha nulla di scritto.

Giochi da tavolo dai 3 anni

Grandi eroi in pigiama

Grandi eroi in pigiama
Red Glove è un'editrice di giochi non molto conosciuta che però sa produrre delle vere chicche, soprattutto per i piccoli.

 Grandi eroi in pigiama (perlomeno nella versione in cui ci giochiamo noi, perché le istruzioni prevedono diverse modalità di gioco) è un mix di memory e tombola. 

Ognuno ha la tabella di un eroe (principessa, strega, cavaliere, mago ecc) in pigiama che deve prepararsi per andare a salvare il mondo. Per farlo, dovrà trovare le tessere corrispondenti al proprio "outfit" (pantaloni, cappelli, bacchette ecc.), facendo attenzione al drago che con il suo soffio scompiglia le carte.

Divertente, anche per le buffe illustrazioni.

I tre porcellini 

Tre porcellini
Ancora Red Glove, e siamo ancora dentro l'immaginario delle fiabe.

Scopo del gioco è riuscire, tirando il dado, a cosruire per primo le tre case dei porcellini (di paglia, legno e mattoni), senza che il lupo le soffi via.

Un gioco di pura alea, e per questo forse un po' più noioso per i grandi, che però insegna ai bambini la frustrazione di dover iniziare da capo, dopo il soffio del lupo cattivo.


 

 

Giochi da tavolo dai 4 anni

È il momento di iniziare a metterci un po' più la testa: compaiono le prime strategie di gioco, sforzi di immaginazione e di previsione.

La corsa dei lombrichi

Corsa dei lombrichi
Molto coinvolgente e originale nella dinamica. Si tira il dado e, secondo il colore che esce, si aggiungono tessere-corpo al proprio lombrico, sperando diventi il più lungo di tutti e "sbuchi" per primo dal tabellone.

L'aspetto più divertente è il setting che nasconde il lombrico "sotto terra": il giocatore infila i pezzetti colorati sotto uno strato di cartone e scoprirà se ha vinto solo quando il lombrico sbucherà da sotto. 

Inoltre, all'alea qui si aggiunge il meccanismo della scommessa, che tutti i partecipanti possono fare puntando sul lombrico che sbucherà per primo nei punti di controllo intermedi.

Divertente e semplice da capire.


NasconDino

NasconDinoAncora un po' di memory e in più i dadi legati ai colori. Sul tavolo vengono sparse le carte dei dinosauri. Ognuno di essi è bicolore, ma il colore visibile è uno solo. 

I dadi ci diranno quale dinosauro cercare: con un dado giallo e uno blu si dovrà trovare il dinosauro blu a macchie gialle o quello giallo a macchie blu.

Divertente soprattutto per le simpatiche illustrazioni.



Concept Kids Animali

Concept kids
È la versione junior di Concept e, come dice il nome del gioco, inizia a portare il gioco su un piano concettuale.

Sulla plancia di gioco sono rappresentate simbolicamente diverse proprietà possibili degli animali. 

Il bambino prende una carta e dovrà far indovinare il suo animale agli altri indicandone sulla plancia le caratteristiche: ha pelo, squame o piume? È carnivoro o vegetariano? Di che colore è?

Un gioco utile per imparare il senso delle categorie.


Giochi da tavolo dai 5 anni

Loch Ness

Lochness

Babbo Natale (che di giochi se ne intende) ce lo portò prima di un viaggio in Scozia programmato ma ahimé mai effettuato (breve storia triste: era il 2020).

Un meccanismo di gioco originale e insolito, non immediato da capire la prima volta, ma poi piuttosto semplice: i personaggi rappresentano dei fotografi che devono posizionarsi nel modo giusto per fotografare Nessie, che viene mossa secondo i risultati del dado, da ogni angolazione possibile.

Il gioco è veloce e gradevole, anche perché insolito. E poi il Mostro di plastica da muovere sulla plancia di gioco è davvero carino. 


Rhino Hero

Rhino Hero
Più che un gioco da tavolo lo definirei un gioco da pavimento, perché la costruzione di carte che ne deriva può assumere altezze considerevoli, ed è meglio partire dal basso.

Scopo del gioco è usare le carte-pavimento del proprio mazzo per costruire una torre sempre più alta senza farla cadere. Si tratta essenzialmente di un gioco di abilità manuale, divertente e veloce, con un pizzico di strategia nella scelta delle carte da posizionare o giocare.

Esiste anche in versione Super Battle (nella foto a sinistra, con il Piccolo D dietro la costruzione), che aggiunge al gioco uno sviluppo orizzontale e le battaglie (ai punti) tra i personaggi.

 

Dobble

Dobble
Il gioco più presente nei nostri zaini, per passare il tempo delle attese, ad esempio al ristorante. Un primato vinto grazie alla scatola di latta che lo rende facile da trasportare, al fatto che sia un semplice gioco a carte, senza pezzi da montare (e da perdere), e all'universalità del gioco, che piace a tutte le età. Bravi, peraltro, quelli di Asmodee, a creare le carte rotonde! Si maneggiano volentieri e si rovinano molto meno.

Io, da buona nerd, lo amo anche perché si basa su un algoritmo che fa sì che ogni carta, che presenta otto simboli, abbia con qualsiasi altra carta un simbolo in comune e solo uno: scopo del gioco è proprio essere il primo a trovarlo.

Le istruzioni suggeriscono diverse modalità di gioco, tutte a loro modo divertenti. Del gioco esistono varie versioni (tra cui quella a tema Harry Potter!). Non serve saper leggere, perciò è un gioco ideale per unire giocatori di età molto diverse (io mi sono goduta anche delle belle e agguerritissime partite tra soli adulti).

Giochi da tavolo dai 6 anni

Cookie box

Cookie box
Anche questo è un gioco di velocità e colpo d'occhio, ma con una difficoltà in più.

Scopo del gioco è ricomporre con le fiches una scatola di dolcetti nell'ordine esatto suggerito dalla carta. Le fiches però sono fronte-retro e hanno illustrazioni diverse sui due lati, il che rende la cosa più complessa di quanto sembri.

È un gioco veloce che dà anche una certa soddisfazione fisica nel maneggiare le fiches e suonare il campanello quando si finisce la sequenza.

 

Super farmer

Super Farmer

Un gioco ideato da un matematico polacco durante la Seconda Guerra Mondiale, che Red Glove (giuro! non mi pagano!) ha interpretato con illustrazioni moderne e divertenti.

Ogni fattore deve riuscire a completare la sua fattoria con un animale per specie, facendo moltiplicare i propri animali con i dadi o scambiandoli (con sei conigli si può avere una pecora e così via).

C'è anche il cane che fa da "assicurazione antifurto" contro il lupo o la volpe. Un gioco che insegna a contare e fare transazioni, con bei materiali (e delle miniature fumettose di cani eccezionali!).

 

Giochi da tavolo dai 7 anni

Da qui in poi l'aspetto strategico che il bambino può padroneggiare inizia a farsi serio! Non a caso in questa categoria c'è il mio gioco preferito in assoluto, anche per adulti.

Jurassic Snack

Jurassic Snack

Quattro dinosauri per ogni giocatore si muovono sulla plancia cercando di mangiare l'erba e di evitare gli attacchi dei T-Rex.

Con una logica, se mi passate il termine, proto-scacchistica, bisogna muovere i propri dinosauri stando attenti al proprio scopo immediato (mangiare le pedine-erba) ma anche alle possibili mosse dell'avversario che potrebbe mangiarvi.

Dietro un'immagine allegra, con simpatiche miniature di dinosauri, si nasconde quindi un gioco dalla visione strategica non proprio elementare.

Unico difetto: si gioca solo in due. Difetto al quale però si può ovviare con l'espansione Jurassic Brunch.

 

Slapzi

Slapzi

La scatola dice 6+, io preferisco indicarlo dai 7 perché serve una certa fluidità nel leggere le domande (anche se il ruolo del lettore può sempre essere affidato a una persona terza).

Il meccanismo è molto semplice ma anche molto incalzante: si parte con un mazzo di carte con foto sul fronte e sul retro. Viene letta una domanda/definizione (ad esempio "è più leggero di una pallina da tennis") e bisogna trovare la carta giusta che si abbini ad essa. 

Il più veloce a disfarsi di tutte le carte, vince.


Carcassonne

Carcassonne

Non sarò obiettiva. Io amo smodatamente Carcassonne.

Ci ho fatto più volte le ore piccole giocando con gli amici, lo trovo soddisfacente da giocare, intelligente nella strategia, cattivo quanto basta quando si tratta di mettere i bastoni tra le ruote agli avversari. 

A turno ogni giocatore mette la propria tessera e durante la partita si costruisce così un paesaggio con strade, città, monasteri e cattedrali delle quali prendere possesso per fare punti (ne vedete una porzione nell'immagine principale di questo post). Bellissimo in versione base, ancora più ricco con le diverse espansioni (c'è anche la Big box che contiene già alcune espansioni al suo interno).
Non bastano poche righe per raccontarlo, ma se è considerato un "nuovo classico" un motivo c'è.


Giochi da tavolo dagli 8 anni

Ticket to ride

Ticket to ride
Amichevolmente chiamato "treni" qui in famiglia, è la mia seconda grande passione, dopo Carcassonne.

Il gioco, uno dei capolavori di Asmodee, si svolge su una plancia di gioco che ricorda una mappa antica: noi abbiamo la versione Europa, che ha alcune regole in più rispetto alla base – ambientata negli USA –, e soprattutto contiene luoghi più riconoscibili per i miei figli. Ve la consiglio.

Su questa plancia ogni giocatore deve costruire (pescando carte e convertendole in vagoni) tratte ferroviarie che colleghino le diverse città, secondo le proprie carte obiettivo.

È un gioco che impone visione a lungo termine e pensiero strategico: tutto molto intenso e soddisfacente. E poi fa venire voglia di viaggiare!

Pozioni esplosive

Pozioni esplosive
Nonostante sia un gioco dalla componente tattica e strategica ben sviluppata, l'aspetto più bello non è – soltanto – questo, ma l'esperienza sensoriale del gioco. Le pozioni infatti sono composte da ingredienti sotto forma di biglie di vetro colorate che per essere guadagnate vanno fatte "scontrare tra loro" sul dispenser secondo il colore (un po' alla "candy crush", se lo conoscete, ma con le biglie vere!) e il rumore e la sensazione delle biglie prese in mano per poi distribuirle dà una vera e propria soddisfazione fisica.

Con uno storytelling che richiama esplicitamente Harry Potter, il giocatore deve comporre pozioni che può utilizzare subito per guadagnare altri ingredienti grazie ai loro effetti. Un gioco che stupisce a affascina sotto moltissimi aspetti.

Dixit

Dixit
Altro gioco molto molto famoso di Asmodee, che stimola la creatività, l'immaginazione, il pensiero laterale, ma anche una certa finezza psicologica. 

Il narratore deve infatti far indovinare agli altri giocatori quale carta ha in mano, dando un indizio che non sia troppo difficile ma neanche troppo facile (se tutti indovinano, infatti, non vince niente!).

Un gioco affascinante soprattutto per le illustrazioni ambigue ed oniriche delle carte (che però sono poche: vi verrà presto voglia di comprare una delle tante espansioni).

 


Giochi da tavolo dai 10 anni

Pandemic

Pandemic

Con una certa ironia, Babbo Natale l'anno scorso ci ha portato questo gioco (nella versione "ridotta" Zona Rossa Nord America), in cui i protagonisti sono ricercatori, medici, scienziati ed esperti di logistica che devono combattere una pandemia portando ognuno la propria abilità.

È un gioco collaborativo (non si gioca uno contro l'altro ma tutti contro la pandemia) che però non manca di tensione e richiede una buona capacità di accordarsi per una strategia comune. In fondo si tratta di salvare l'umanità.

Ecco, giusto in tempo per mandare (con posta prioritaria!) la letterina con i propri desideri: a grandi linee sono questi i più scelti e i più amati dal nostro scaffale dei giochi, o almeno lo sono fino a oggi. Ho avuto modo recentemente di sentire Babbo Natale, che pare che quest'anno ci porterà Catan e Takeonoko. Ad occhio e croce, ci sono buone possibilità che per l'anno prossimo la lista di "giochi preferiti" si allunghi ancora.


                                               

Fratellini e sorelline: quasi ogni bimbo ne desidera uno e parecchi di loro, almeno per qualche istante, prima o poi pensano che forse sarebbe stato meglio non desiderarli.

È il conflitto che tantissimi libri per l'infanzia hanno tentato di rappresentare.

Uno e camillo

Cos'è che fa di Uno e Camillo, di Giuditta Campello e Susanna Rumiz (Sinnos), un libro sui fratellini e le sorelline diverso dagli altri?

Non molto, in realtà, se non quel velo di ironia e di curiosità che scaturiscono dall'identità dei protagonisti. Camillo è infatti un puledro e Uno, il fratellino che da un giorno all'altro fa capolino nella sua vita, un unicorno dalla criniera rosa.

La storia, per come si dipana dall'arrivo di Uno, è piuttosto simile a molte altre sul tema: dopo il desiderio di avere un fratello, Camillo attraversa una fase di forte gelosia a causa delle attenzioni della madre verso il piccolo. Sarà solo dopo aver attraversato insieme una situazione di pericolo e la paura di perdersi a vicenda che i due scopriranno il forte affetto che li unisce.

La chiave creativa di Uno e Camillo, insomma, non è tanto nella trama, quanto negli elementi che restano sottesi. Camillo pone un'attenzione maniacale a tutti gli spazi che Uno gli toglie, a tutti i gesti che la madre fa per il piccolo ma non per lui:

"Ha detto undici volte "Uno" e solo quattro volte "Camillo".

Ma più di ogni altra cosa, Camillo non riconosce in Uno il fratellino che voleva:

Lui voleva un fratellino, è vero. Ma quello non gli piace. È brutto.

Ora, i gusti son gusti, ma credo sia ampiamente riconosciuto che un unicorno sia una creatura meravigliosa, e anche nei disegni sembra inequivocabile la bellezza di Uno (dovuta peraltro anche all'atteggiamento molto più sereno e sorridente di quello di Camillo), ed è qui, credo, che si insinua nel lettore il dubbio su come i sentimenti portino a vedere le cose in modo diverso da come sono.

Uno e camillo

Senza dirlo esplicitamente, il libro racconta di come la gelosia possa offuscare i nostri pensieri, di come sia facile cadere nei pregiudizi, ma anche di come le cose che arrivano non sono mai esattamente come ce le aspettiamo.

Scritto in stampatello maiuscolo con font ad alta leggibilità, Uno e Camillo offre ai primi lettori a cui si rivolge varie possibilità di immedesimazione: piacerà a chi detesta gli unicorni e a chi li adora.

Io stessa, lo ammetto, sono stata attratta per prima cosa dal colore favoloso della copertina! E pazienza, allora, se è un altro libro sul rapporto tra fratelli e sorelle. Questo è fucsia. Ci basta per amarlo.


Capita spesso nelle fiction che un personaggio comprimario risulti così simpatico da meritarsi un prodotto narrativo tutto suo.

Caro maestro balena

È così che Caro maestro balena, scritto da Megumi Iwasa e illustrato da Jun Takabatake, e edito da Lupoguido con traduzione di Maria Elena Tisi, è un sequel ma più che altro uno spin off di Caro giraffa, caro pinguino, fresco e originale romanzo di cui vi avevo parlato qui.

Se è vero infatti che in questo seguito ritroviamo i personaggi a distanza di qualche anno dai fatti narrati nel primo volume, a colpire ancora di più è forse il cambio di focus, che ora punta dritto dritto su maestro Balena, che ci aveva conquistato nel primo volume con la sua saggezza, ma ancor più per la sua capacità di svicolare quando non trovava risposta alle sue domande.

Caro maestro balena

In Caro maestro balena lo ritroviamo in pensione: ha passato il testimone al suo ex allievo Pinguino. Balena però si annoia e, memore dell'amicizia nata tra Giraffa e Pinguino, anche lui invia lettere casuali sperando di fare nuove conoscenze.

Non è del tutto casuale, però, la prima lettera che riceve in risposta: è di Balino, un cucciolo di balena originario proprio della sua terra.

Caro maestro balena

Da lì a organizzare un incontro è un attimo, e Balino esprime anche il desiderio di ripristinare a Capo delle Balene i giochi olimpici dei quali suo nonno parlava tanto.

Caro maestro balena perde una certa inguenua freschezza del primo volume, quel gusto di scoperta dell'altro attraverso un rapporto epistolare. E nonostante sia un volume che si può leggere in modo autonomo, c'è la sensazione che alcuni dettagli di Caro giraffa, caro pinguino siano stati inseriti un po' a forza, ad uso dei fan (il ruolo di Giraffa, ad esempio, è poco più di un cameo).

Tuttavia il nuovo volume trova una sua chiave e una sua identità nella rappresentazione dello sport.

Caro maestro balena

I giochi olimpici di Capo delle Balene si rivelano una perfetta panoramica di tutto ciò che rappresenta il lato buono dello sport: l'impegno per la vittoria, ma anche la consapevolezza che nessuno vada lasciato indietro, e la rinuncia a un trofeo per aiutare chi è in difficoltà.

È una logica del merito che non si scontra con il rispetto degli altri e il sostegno ai più deboli, ma anzi ne trae orgoglio e gioia.

Mentre a poco a poco riscopriamo la storia di Capo delle Balene, seguiamo la crescita dei personaggi (soprattutto se abbiamo già letto il primo libro) e ci divertiamo a conoscere i nuovi nomi (tra Baleano, Balenondo, Baleardo e altre variazioni sul tema, per le quali faccio un plauso alla traduttrice – chissà com'erano in lingua originale), viviamo anche il vero senso dello sport: l'amicizia, la competizione leale, la partecipazione, nel senso più ampio che possiate immaginare.


 

I bravi divulgatori sono quelli che sanno spiegare in modo sempice le cose complesse.

Quelli ancora più bravi sono coloro che riescono anche a far ridere.

Un giorno nella vita del mondo

È incredibile la quantità di nozioni che riesce a trasmettere Un giorno nella vita del mondo. Tra lo gnu e la pupù ci sei anche tu! di Mike Barfield, illustrato da Jess Bradley (illustratore), un volume enciclopedico al quale difficilmente si riesce a trovare un confine se non uno molto molto ampio: l'ambito di riferimento è quello scientifico.

Già, ma quale scienza? Se la prima parte il libro sembra riferirsi più alla biologia e quindi agli esseri viventi, nel capitolo finale lo sguardo si allarga a fenomeni geologici e meteorologici e fa pure capolino sullo spazio o nella tecnologia di oggetti comuni come l'orologio o la lampadine.

La chiave narrativa è originale e riesce in qualche modo ad abbracciare in modo convincente tutta questa miscellanea di contenuti: raccontare di volta in volta lo svolgersi di una giornata dal punto di vista del fenomeno analizzato. Ogni pagina affronta appunto "una giornata nella vita di...", e se vi sembra che lo spazio di una singola pagina per soggetto sia scarso, vi stupirete della quantità di cose che potrete imparare.

Un giorno nella vita del mondo

I tre macrocapitoli comprendono il corpo umano, il regno aninmale e un più inafferrabile "la Terra e la scienza".  In ogni pagina vengono antropomorfizzati gli oggetti e i fenomeni più eterogenei, chiamati a raccontare in prima persona la propria giornata con una certa dose di umorismo.
Per il corpo umano, ad esempio, a parlare sono cervello. occhio e lingua, ma anche puzzette, brufoli, verruche e colpi di tosse.

Un giorno nella vita del mondo

Più tradizionale il capitolo sul regno animale, che dedica ogni pagina a una diversa specie, ma riesce a trovare sempre una chiave ironica che rende il fumetto non solo gradevole e allegro da guardare, ma anche simpatico da leggere, grazie al tono di voce leggero e scanzonato.

Un giorno nella vita del mondo

Per dare un po' di varietà al format, alle "giornate nella vita di..." si affiancano "paginoni bonus" di spiegazioni e approfondimenti e il "diario segreto di..." (in sostanza molto simile al resoconto delle giornate, ma sviluppato su più giorni).

Un giorno nella vita del mondo Ã¨ un libro da non leggere sequenzialmente, ma da navigare sfogliandolo, lasciandosi catturare di volta in volta dalle immagini più curiose, oppure da aprire in caso di dubbi o ricerche su un argomento specifico, scoprendo sempre un punto di vista inaspettato, un dettaglio inconsueto, un approfondimento poco canonico ma sempre rigoroso.

In un mondo in cui le ricerche scolastiche si svolgono sempre più spesso aprendo Google e cercando le risposte su Wikipedia, Un giorno nella vita del mondo Ã¨ anche un invito a scoprire qualcosa che va oltre le classiche nozioni uguali per tutti, con un linguaggio che è quello dei bambini e dei ragazzi e che quindi risulta immediato, comprensibile e accattivante, senza rinunciare al rigore dei contenuti.

È un libro che ci insegna quanto, ancora oggi, possa essere divertente imparare.


In quasi tutti i bambini, prima o poi, nasce il desiderio di avere un animale domestico: un cane, un gatto, un criceto. Con Edward però le cose stanno diversamente.

Edward vuole un cavallo

Come dice il titolo di questo libro, infatti, Edward vuole un cavallo. 

Anche perché nel suo condominio il cartello parla chiaro: è vietato introdurre cani e gatti. Di cavalli però nessuno fa menzione.

È allegro e tenero, con una punta di delicato umorismo, questo albo di Ann Rand e Olle Eksell pubblicato da Lupoguido con la traduzione di Gabriella Tonol. Soprattutto, è un albo che, nonostante sia nato nel 1961, non ha perso la sua modernità, anche nelle soluzioni grafiche.


Edward vuole un cavallo

Le sue pagine prendono vita e colore in modi di volta in volta diversi: una volta si fanno rosse e diventano un muro, che racconta l'isolamento del protagonista. più spesso lasciano spazio a disegni numerosi e privi di ordine e prospettiva, che esprimono la vitalità della città e dei suoi abitanti, ma anche il punto di vista bambino di Edward, e poi ancora tornano al colore pieno, sul quale spicca come fosse un vuoto su pieno, anziché il contrario, il cavallo bianco che sarà co-protagonista di questa storia.

Edward lo cerca, quel cavallo, perché sa che ama la città e potrebbe quindi diventare il suo prossimo animale da compagnia, e anche se le cose non vanno esattamente come si aspettava, alla fine il bambino avrà trovato non solo un animale, ma anche qualche amico.

Edward vuole un cavallo

Edward vuole un cavallo è una storia semplice, senza svolte narrative imprevedibili, ma impreziosita da personaggi e dettagli che danno profondità alla trama e fanno sentire che la storia è immersa in un contesto più grande che la contiene e le dà concretezza e autenticità.

Lo stile narrativo, così pulito e trasparente, rispecchia quello delle illustrazioni, dai tratti semplici e infantili, in cui le bocche sono sempre sorridenti o quasi. Disegni al tratto resi in soli due colori a cui danno forza e vivacità gli sfondi vivaci e pieni.

Bastano poche pagine e poche parole per tratteggiare un mondo di cui ci sentiamo subito parte e in cui  vorremmo entrare, per giocare al parco con gli altri bambini e vedere passare Edward con il suo amico cavallo.


Molti bambini amano diventare "esperti" di qualche argomento, e questo accade soprattutto riguardo agli animali, dei quali vogliono scoprire tutto-tutto, dal punto di vista biologico, evolutivo, etologico.

Anche il testo divulgativo più puntiglioso e pedante diventa allora una lettura avvincente. Figuriamoci quindi se il libro non è affatto pedante e in più è focalizzato su un animale così particolare che... non esiste.

Tutto ma proprio tutto sui draghi

Tutto ma proprio tutto sui draghi di Nikola Kucharska, Editrice Il Castoro, disseziona (anche nelle illustrazioni!) queste creature magiche raccontandone non solo la biologia (se così si può definire), ma anche gusti, abitudini sociali e tassonomia.

Tutto ma proprio tutto sui draghi

L'autore si fa carico anche di esporre una mitologia, secondo la quale i draghi erano inizialmente amici degli umani e poi, per una serie di ragioni descritte in modo tale da lasciare ampio spazio alla ricostruzione personale, questa amicizia si è interrotta.

Si tratta di racconti del tutto fittizi, non c'è un richiamo alla tradizione del fantasy o delle favole, ma è questo il bello: quando stai raccontando una creatura che non esiste, anche il vero e il falso non esistono più.

Tutto ma proprio tutto sui draghi

E così, con una certa sicumera, Kucharska racconta le differenze tra draghi dello spazio e draghi del deserto, spiega l'origine dei fuochi fatui e delle eruzioni vulcaniche, espone la struttura sociale, le tradizioni e lo sviluppo dei draghi, che a scuola studiamo rocciologia, sognologia e allenamento mimetico.

Non mancano i draghi famosi, detentori di record, invenzioni o cariche politiche, e c'è spazio anche per le patologie (il singhiozzo dei draghi, ad esempio, è piuttosto pericoloso per via del fuoco).

Le pagine cartonate di Tutto ma proprio tutto sui draghi sono ricchissime di dettagli, coloratissime, allegre. I draghi sono disegnato con stile fumettistico, a tratti caricaturale e l'occhio non segue un ordine specifico ma vaga, così come vaga l'immaginazione.

C'è molto non detto, in questo testo, ma è un non detto coinvolgente e creativo. Ogni didascalia, ogni spiegazione, ogni titolo è uno spunto dato al lettore per inventare la storia che gli sta dietro; una porta aperta verso il mondo da cui, questo è innegabile, tutti i draghi provengono: quello della nostra smisurata immaginazione.


Lo avrete sentito anche voi quel trucco per superare la paura di fronte a un'autorità (ad esempio, un professore che interroga),:quello di immaginarlo in mutande.

In effetti le mutande sono l'indumento che ci accomuna tutti, eppure anche loro non sono uguali per ognuno di noi.

Furto al museo delle mutande

Ci scherzano alla grande Kim Crabeels e Melvin in Misterioso furto al museo delle mutande, edito da Sinnos con la traduzione di Laura Pignatti, una prima lettura agile e divertente con un tema irresistibile.

L'idea di un museo delle mutande in effetti mette già voglia di ridere di per sé. Il libro ne descrive le aree espositive principali, come la Sala dei Mutandoni della Nonna, usati un tempo come dirigibile d'emergenza, o la Galleria d'Onore, con un paio di slip dotati di strascico, dono della regina.

Furto al museo delle mutande

E soprattutto descrive lui, l'avido "capo" del museo, una caricatura sia nella presentazione testuale sia in quella visiva.

Furto al museo delle mutande

E quando nel museo suona l'allarme antifurto e si scopre che è stato trafugato il pezzo forte del museo, le mutande della Gioconda, il "capo" chiede a tutti di presentarsi a un controllo così: in slip.

La lunga coda dei sospettati pronti per il controllo non è soltanto un'immagine divertente, ma in qualche modo anche normalizzante: tutti sono a nudo, senza segreti, tutti alla pari.

Furto al museo delle mutande

È così che scopriamo molti lati nascosti, come il fachiro che indossa mutande rinforzate per stendersi sui chiodo, oppure le persone più insospettabili che prediligono mutandine di pizzo.

Scoppiettante, iperbolico, caotico e corale, Misterioso furto al museo delle mutande trova una sua morale proprio qui: nell'idea che ognuno, in fondo in fondo, possa scegliere le mutande che vuole.


Le cose che non conosciamo a volte ci fanno paura proprio perché non le conosciamo.

Tuttavia, le cose che non conosciamo potrebbero anche non farci paura affatto, proprio perché, non conoscendole, non ci rendiamo conto di quanto possano essere paurose. 

Max il coraggioso

 Ãˆ un concetto difficile? 

No, è l'idea creativa su cui si regge Max il coraggioso di Ed Vere (quello di Il mostro della buonanotte, uno dei primi libri di cui avevo parlato nel blog), uno spassosissimo albo che Lapis ha riportato di recente sul mercato italiano dopo quale anno di assenza.

Max il coraggioso mi ha conquistato ancor prima di leggerne la storia per la sua grafica coloratissima, ma al tempo stesso dotata di una pulizia e di una sintesi perfette.

Ogni pagina ha un colore diverso e su ognuna si stagliano i protagonisti, che sono quasi tutti neri e con pochi dettagli colorati. L'effetto di forte contrasto è particolarmente attraente e allegro.

E poi c'è Max, un gattino piccolo e tenero che però non vorrebbe essere piccolo e tenero: lui sogna di essere grande e coraggioso.

 Max il coraggioso

E così decide di dimostrare il proprio coraggio andando a caccia di topi. Peccato che Max non sappia affatto come è fatto un topo, e da qui nascono i diversi siparietti che si susseguono pagina dopo pagina, dove il candore di Max strappa un sorriso al lettore, grazie anche al ritmo perfetto della narrazione.

Max il coraggioso

Finché Max il topo lo incontra davvero:

"Ciao, Sei per caso tu, Topo?"
"Chi, io? No, certo che no. Io sono Mostro!" squittisce Topo.

C'è una soluzione comica potente in quello "squittisce Topo", in cui la voce narrante si finge neutrale nell'esporre la realtà oggettiva dei fatti, mentre rovescia quello che il topo aveva appena detto.
 
Per salvarsi la pelle, il topo poi indica a Max un enorme mostro verde, indicandolo come topo (d'altra parte Max un topo non lo aveva mai visto!) e questo stratagemma porterà a ulteriori momenti di ilarità.

Max il coraggioso
 
Max il coraggioso trova  la chiave del suo meccanismo comico e narrativo in questa differente focalizzazione tra il protagonista, che si lascia raggirare ingenuamente, e il lettore, che si avvede di questo raggiro ed empatizza con il protagonista, pur non potendolo avvertire di come stanno realmente le cose.

Un topo può fare paura anche ai più impavidi, specialmente se è grande, verde e... non è un topo.



 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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