Qual è la prima cosa che vi viene in mente se vi dico "fenicottero"? La prima dopo tutti i vari accessori-moda degli ultimi anni, intendo.
Probabilmente il suo colore rosa.
Nelle illustrazioni di Marije Tolman certamente il rosa è un elemento fondamentale: è l'identità del protagonista che spicca in ogni pagina, qualunque cosa accada.
Sì, perché Felicottero (testo di Kim Crabbels, edizioni Sinnos) è prima di tutto la storia di un personaggio e di come evolve restando se stesso.
Felicottero parla di disabilità, ma lo fa senza retorica, e mettendoci a volte un po' di poesia:
Fenicottero era un campione acclamato in moltissime discipline (come i trampoli: in fondo, è un trampoliere!), sempre con un grande seguito di amici ad incitarlo.
Poi un brutto un giorno, in seguito a una caduta, perde una gamba. Fenicottero resta solo, una macchia rosa desolata in un fondo deserto, tra palme che piegano i rami come lui piega la testa, intristito.
Sarà un millepiedi (proprio lui, che di zampe ne ha fin troppe!) a spiegargli, anzi, a dimostrargli senza parole ma con una certa arguzia, che può ancora farcela, che è ancora il campione di una volta, che basta solo cambiare prospettiva, e volare.
Sarà sempre lui a richiamare attorno al fenicottero coloro che lo avevano abbandonato, perché a Fenicottero manca una zampa, ma più di ogni altra cosa, mancano i suoi amici.
Fenicottero riprende a volare, diventa Felicottero, e in questa storia ci insegna, a volte in modo esplicito, a volte lasciandolo intuire, tante cose sulla disabilità.
Ad esempio, che la vera differenza non la fanno le tue capacità, ma lo sguardo e soprattutto la vicinanza delle persone attorno a te.
Oppure, che non è un'abilità in più o in meno a cambiare ciò che sei: Fenicottero resta sempre del suo rosa sgargiante, deve solo ritrovare il suo coraggio di andare avanti. E in fondo, da prima, non è cambiato poi molto: non è un caso, credo, che per raccontare questa storia (ispirata peraltro all'atleta paralimpico Marc Herremans) sia stato scelto un uccello che già normalmente vediamo poggiarsi su una zampa sola, come se l'altra non esistesse.
Felicottero è un racconto mai patetico, alleggerito da un testo ironico e dalle immagini colorate, perché così dovrebbe essere la nostra visione della diversità: semplicemente come un colore tra tanti nel nostro mondo.
E voi, lo volete costruire un Felicottero?
Probabilmente sapete già fare (o lo avrete vsto da qualche amico) un "elicottero" partendo da un rettangolo di carta.
Basta fare qualche piccola modifica, e inserire un collo e un becco tra le due eliche (ops, ali), per trasformare l'elicottero in Felicottero. Nel mio pdf stampabile troverete la traccia di entrambe le versioni: quella classica e quella "glamour" (vanno ancora di moda i fenicotteri?).
Basta ritagliare lungo le linee continue e piegare lungo le linee tratteggiate. Il piede del fenicottero, una volta ripiegati i due lembi, uno da un lato e uno dall'altro, va ripiegato su se stesso e bloccato con un fermaglio che servirà anche come peso per dargli la giusta direzione di volo.
Le ali vanno piegate una da un lato e una dall'altro, lasciando dritta la testa.
Ora non basta che scagliarlo lontano da sé, leggermente verso l'alto, per vederlo scendere ruotando le ali come un elicottero.
Come Felicottero insegna, è tutta una questione di buttarsi e lasciarsi andare.
Probabilmente il suo colore rosa.
Nelle illustrazioni di Marije Tolman certamente il rosa è un elemento fondamentale: è l'identità del protagonista che spicca in ogni pagina, qualunque cosa accada.
Sì, perché Felicottero (testo di Kim Crabbels, edizioni Sinnos) è prima di tutto la storia di un personaggio e di come evolve restando se stesso.
Felicottero parla di disabilità, ma lo fa senza retorica, e mettendoci a volte un po' di poesia:
A Fenicottero manca una zampa,
e alla zampa manca Fenicottero.
Fenicottero era un campione acclamato in moltissime discipline (come i trampoli: in fondo, è un trampoliere!), sempre con un grande seguito di amici ad incitarlo.
Poi un brutto un giorno, in seguito a una caduta, perde una gamba. Fenicottero resta solo, una macchia rosa desolata in un fondo deserto, tra palme che piegano i rami come lui piega la testa, intristito.
Sarà un millepiedi (proprio lui, che di zampe ne ha fin troppe!) a spiegargli, anzi, a dimostrargli senza parole ma con una certa arguzia, che può ancora farcela, che è ancora il campione di una volta, che basta solo cambiare prospettiva, e volare.
Sarà sempre lui a richiamare attorno al fenicottero coloro che lo avevano abbandonato, perché a Fenicottero manca una zampa, ma più di ogni altra cosa, mancano i suoi amici.
Fenicottero riprende a volare, diventa Felicottero, e in questa storia ci insegna, a volte in modo esplicito, a volte lasciandolo intuire, tante cose sulla disabilità.
Ad esempio, che la vera differenza non la fanno le tue capacità, ma lo sguardo e soprattutto la vicinanza delle persone attorno a te.
Oppure, che non è un'abilità in più o in meno a cambiare ciò che sei: Fenicottero resta sempre del suo rosa sgargiante, deve solo ritrovare il suo coraggio di andare avanti. E in fondo, da prima, non è cambiato poi molto: non è un caso, credo, che per raccontare questa storia (ispirata peraltro all'atleta paralimpico Marc Herremans) sia stato scelto un uccello che già normalmente vediamo poggiarsi su una zampa sola, come se l'altra non esistesse.
Felicottero è un racconto mai patetico, alleggerito da un testo ironico e dalle immagini colorate, perché così dovrebbe essere la nostra visione della diversità: semplicemente come un colore tra tanti nel nostro mondo.
E voi, lo volete costruire un Felicottero?
Probabilmente sapete già fare (o lo avrete vsto da qualche amico) un "elicottero" partendo da un rettangolo di carta.
Basta fare qualche piccola modifica, e inserire un collo e un becco tra le due eliche (ops, ali), per trasformare l'elicottero in Felicottero. Nel mio pdf stampabile troverete la traccia di entrambe le versioni: quella classica e quella "glamour" (vanno ancora di moda i fenicotteri?).
Basta ritagliare lungo le linee continue e piegare lungo le linee tratteggiate. Il piede del fenicottero, una volta ripiegati i due lembi, uno da un lato e uno dall'altro, va ripiegato su se stesso e bloccato con un fermaglio che servirà anche come peso per dargli la giusta direzione di volo.
Le ali vanno piegate una da un lato e una dall'altro, lasciando dritta la testa.
Ora non basta che scagliarlo lontano da sé, leggermente verso l'alto, per vederlo scendere ruotando le ali come un elicottero.
Come Felicottero insegna, è tutta una questione di buttarsi e lasciarsi andare.