Nuvole in scatola
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Ci sono libri che tutti conoscono, in qualche modo, anche senza averli mai letti. Chiamiamoli classici, se volete.
Eppure, i classici andrebbero letti. Non tanto per la storia, che bene o male ci è arrivata, attraverso film, riduzioni, racconti orali e perfino modi di dire (non serve certo il testo originale per capire l'espressione "Essere un Peter Pan"), quanto perché la loro lettura può ancora sorprenderci, nonostante tutto ciò che sappiamo già.

peter pan

La nuova edizione di Peter Pan, l'originale Peter Pan di James Matthew Barrie, pubblicata con la solita cura editoriale da Lupoguido, è stata per me l'occasione di (ri)scoperta di un classico che di sorprese ne contiene parecchie.

peter pan

Quando si prende in mano un romanzo del 1911 ci si aspetta probabilmente una scrittura compassata, forse pomposa, e magari un certo manicheismo nella distinzione tra buoni e cattivi.
Poi si inizia a leggere, e tutte le aspettative mutano.

A dispetto della prosa a tratti complessa, soprattutto nei molti sottintesi, Peter Pan è un romanzo modernissimo, nei contenuti e in certe forme espressive.
L'incipit, forse l'elemento più noto anche a chi non ha letto il romanzo, è memorabile:

Tutti i bambini, tranne uno, crescono.

Da qui, entriamo in un mondo in cui le metafore si fanno concrete e non c'è nulla si strano nel vedere un cane nei panni di bambinaia. Un mondo in cui lo straordinario è narrato con l'aplomb del cronista, che non disdegna un po' di humour, ma senza darlo troppo a vedere e mantenendo un tono compassato che la traduzione di Marta Barone sa rendere egregiamente.

"È abitudine serale di ogni buona madre, dopo che i suoi figli si sono addormentati, di rovistare nelle loro menti e raddrizzare le cose per la mattina dopo, rimettendo a posto i vari oggetti che se ne sono andati in giro durante la giornata"

È lì, nella mappa delle menti dei bambini, che si trova L'isola. L'isola è una proiezione individuale, eppure diventa condivisa quando i fratelli vi si trasferiscono, seguendo in volo Peter.
Sono questi scarti tra concetti metaforici e oggetti della narrazione a rendere il romanzo a tratti complesso, e per questo ne consiglio una lettura condivisa, anche con bimbi grandicelli, di 7-8 anni.

peter pan

Superato questo scoglio, tuttavia, si dipana un universo di avventure che tiene col fiato sospeso, un mondo di sogno, reso ancor più affascinante dalle illustrazioni di Tatjana Hauptmann, dai toni notturni e crepuscolari, con forme morbide e prive di contrasti e frequenti prospettive a volo d'uccello, come se fossimo tutti spettatori volanti delle vicende dell'Isola che non c'è.

peter pan

Non fa sconti, James Matthew Barrie, né agli adulti, né ai bambini, che in Peter Pan sono presentati e descritti in tutti i loro vizi e debolezze.
Impossibile non sorridere di fronte ai vacui dialoghi tra Mr e Mrs Darling, genitori di Wendy, ma anche non restare spiazzati di fronte a certe descrizioni sui piccoli, esplicitamente etichettati come egoisti (tutti i bambini lo sono, secondo Barrie).
Oggi diremmo probabilmente "egocentrici" o "egoriferiti", annegando però nel mare del politically correct quel briciolo di cattiveria che rende questo romanzo tanto moderno.

Così moderno che oggi, di questi romanzi, non ne scrivono più.


La paura nasce da dentro.
E da dentro, a volte, trasfigura tutto quello che c'è fuori. Un'ombra diventa un mostro, un suono lontano si fa minaccioso, i nostri sensi vengono ingannati e percepiscono pericoli anche nella quotidianità.

E se Anthony Browne

Con E se...? (pubblicato in Italia da Camelozampa con traduzione di Sara Saorin) Anthony Browne mette in scena la paura, senza analizzarla, senza raccontarla a voce, senza nemmeno demonizzarla.
La attraversa, la fa vivere, la sa rendere perfino curiosa, interessante. Artistica.

Joe, un bambino, sta per andare alla sua prima festa di compleanno, accompagnato dalla madre, ma la situazione, per lui nuova, lo spaventa.
Inoltre, ha dimenticato l'invito e non ricorda il civico della casa.
Lo vediamo muoversi un po' impacciato, con il regalo in mano. I suoi dubbi si manifestano in continue, incalzanti domande alla madre:
"E se alla festa c'è qualcuno che non conosco?"
...
"E se non mi piace quello che c'è da mangiare?"


E se Anthony Browne

Ma c'è una seconda manifestazione delle sue paure, non verbale, e proprio per questo più piena.
Lungo la via, mamma e figlio si fermano a sbirciare dalle finestre delle case che incontrano, per trovare quella giusta.

Anthony Browne è un maestro nel farci entrare con cuore e animo nella scena. Ci fa camminare lungo la strada deserta, al buio, mostrandoci una luce che brilla da una finestra. Poi, nella pagina successiva, la finestra diventa una cornice che invade l'intero spazio della doppia pagina, e ci proietta dentro una casa estranea, con curiosità e stupore.

E se Anthony Browne

Quello che vediamo nelle case degli altri ha contorni onirici e surreali, non sempre immediatamente percepibili.
I due anziani che leggono, seduti sulla poltrona, sembrerebbero due anziani qualunque, ed è solo osservando che iniziamo a notare dettagli insoliti, come due strane antenne sulla testa di lui.

La narrazione ci tiene in equilibrio su un filo tra curiosità e inquietudine.
Leggendo, cerchiamo di anticipare quello che vedremo dentro le case, di riconoscere le sagome dietro la finestra, cogliere indizi dalla facciata.

E se Anthony Browne

Quello che troviamo dentro, però, assume sempre contorni inimmaginabili: un elefante che occupa l'intera stanza, i personaggi di un quadro di Bruegel sulla plancia di gioco di "snake and ladders".

E se Anthony Browne

Sono reali, le cose che vediamo, o sono l'espressione delle paure di Joe?
Il libro non interpreta, si limita a mostrare. Nemmeno i protagonisti commentano. Tutto si snoda tra l'emozione e l'incanto artistico delle immagini, mentre la struttura della narrazione si ripete uguale a se stessa: prima le domande di Joe alla madre, poi la casa vista da fuori, infine lo sguardo dentro la finestra. Finché i due non arrivano alla casa dell'amico di Joe, e improvvisamente tutto si fa normale e rassicurante.

Joe entra felice tra i suoi amici, ed è la madre, che finora ha cercato di infondere serenità al figlio, ad essere preoccupata ora: si divertirà, il bambino? Starà bene?
La dimensione così estranea e oscura vissuta durante il percorso si dipana nelle ultime immagini, dove un primo piano di Joe ci accoglie felice e luminoso.
Ogni paura è passata, è rimasto soltanto il divertimento della festa.

E l'emozione delle immagini di un grande autore, che il lettore si porta dentro.


Uno dei grandi rischi della comunicazione online è la riduzione di un argomento a slogan.
Chi legge si abitua a non riflettere sulla complessità delle cose, a prendere posizione in modo polarizzato, ma anche a non mettersi in gioco, pensando che un "like" o una condivisione possano essere sufficienti.
È un'abitudine che sta prendendo piede in molti adulti, ma è ancora più pericolosa nei bambini, che in questo mondo, con questa tipologia di trasmissione delle informazioni, sono nati e stanno crescendo.

un pianeta pieno di plastica

"No alla plastica" è forse lo slogan più frequentato negli ultimi tempi.
Ma chi lo usa sa cos'è la plastica? Sa perché viene utilizzata? Sa cosa significa, nel concreto, quel "no"?
Un pianeta pieno di plastica, di Neal Layton, da poco pubblicato da Editoriale Scienza, racconta con chiarezza e semplicità tutto quello che gira attorno a questo slogan: cosa viene prima, cosa viene dopo, cosa ci sta attorno.

un pianeta pieno di plastica

Primo passo: riconoscere la plastica attorno a sé. Il che non è affatto scontato: siamo tutti abituati a usare gli oggetti senza porci tante domande.
Il messaggio passa attraverso semplici esempi illustrati, grazie ai quali scopriamo cose che non per tutti sono scontate, ad esempio che anche i tessuti in nylon e in microfibra sono di plastica.

un pianeta pieno di plastica

Secondo passo: capire da dove arriva la plastica, e perché è così diffusa.
Il linguaggio è sempre allegro, le illustrazioni colorate, il tono accattivante, il che rende molto più efficace la trasmissione delle informazioni, semplici ma rigorose.

Terzo passo: capire dove stia il problema. Con un'efficace commistione di fotografia e illustrazione, Un pianeta pieno di plastica descrive cosa significhi "non essere biodegradabile" e che conseguenze possa avere tutto questo per l'ambiente.

un pianeta pieno di plastica

Le immagini sottomarine, che illustrano i pericoli per la fauna oceanica, riescono ad essere drammatiche senza per questo essere paurose, e danno concretezza a tante parole sull'argomento.

un pianeta pieno di plastica

Last but not least: capire cosa fare, perché manifestare in piazza o mettere un like sui social media non basta.
Ecco allora che, con esempi pratici e immediati, Un pianeta pieno di plastica spiega cosa significhino, nel concreto, le tre "erre": ridurre, riutilizzare, riciclare.
E va oltre, accennando alle ricerche e al lavoro di chi, nel mondo della ricerca, sta cercando nuove soluzioni a questo problema: un modo per raccontare la scienza e scoprire il suo lato creativo, la sua capacità di pensare oltre gli schemi.

un pianeta pieno di plastica

Un pianeta pieno di plastica è diretto, concreto, leggero nel trattare un argomento serissimo. E no: quest'ultimo punto non è affatto un controsenso, perché è ben noto ormai che una narrazione terroristica non faccia altro che alzare le barriere di chi la riceve, rendendo il messaggio inefficace.
La plastica non è una catastrofe di fronte alla quale non possiamo fare nulla: è un problema che siamo in grado di affrontare e risolvere, facendo ognuno la propria parte.

La consapevolezza è sempre la base di partenza più importante per promuovere il cambiamento. Ecco perché trovo importante imparare a distinguere i materiali degli oggetti che ci circondano: un'operazione che normalmente non siamo portati a fare, se non quando dobbiamo scegliere in che bidone gettarli.
E così ho pensato a come rafforzare questa capacità con una semplice attività, naturalmente a impatto zero. Si parte da una rivista (io ho usato un celebre catalogo di arredamento) e si ritagliano le foto degli oggetti che vi si trovano.

plastica

Si preparano poi etichette per ogni materiale: plastica, vetro, legno, metallo, ceramica.

plastica

Si appoggia l'etichetta a un contenitore e si invita il bambino a suddividere gli oggetti secondo il materiale di cui sono fatti. L'attività può essere facilmente trasformata in una sfida tra due o più bambini.

plastica

Alla fine del gioco, i ritagli vanno nella carta, mentre i contenitori, di qualunque materiale siano, andranno riutilizzati. ;)



Quando si parla di lettura dialogica, ci si riferisce a quella speciale relazione che si instaura tra genitore e bambino nel leggere un libro, con bimbo e adulto che si inseriscono nel flusso del testo per chiedere, rispondere, commentare ciò che stanno leggendo, stimolando un approccio attivo al libro.

E se fosse il libro stesso a dialogare con il bambino?

Croc croc mordicchia

È quello che accade con Croc croc mordicchia! di Lucie Phan, Terre di Mezzo editore.
Da subito, il protagonista si rivolge direttamente al lettore, guardando dritto oltre la pagina. Come fosse un bimbo incontrato al parco giochi, il coccodrillo inizia a fare domande per fare la sua conoscenza.

Croc croc mordicchia

La struttura del libro prevede che il bimbo risponda, ad alta voce, perché poi, alla pagina successiva, il coccodrillo darà un feedback alla sua risposta, raccontando qualcosa di sé.

Il piccolo lettore, inizialmente spiazzato, sospende presto la sua incredulità, entrando nel gioco e presentandosi al coccodrillo, divertito dal fatto che il protagonista di un libro parli proprio a lui.

Croc croc mordicchia

La struttura prosegue in modo semplice, con una perfetta cadenza binaria domanda/risposta, finché a un certo punto il ritmo cambia: Croc Croc risponde con un commento, poi con un'altra domanda:

E il tuo cibo preferito?
Mmm, sembra buono...
Invece tu sai qual è il mio cibo preferito?

Il rallentamento crea un'attesa che esplode poi, narrativamente e materialmente, in una sorpresa: una pagina pop-up in cui Croc Croc sembra lanciarsi a bocca aperta sul piccolo lettore.
Uno scherzo che si scioglie poi in quarta di copertina, dove il coccodrillo rivela la sua burla, ma che coinvolge il bambino e lo diverte molto.

Croc croc mordicchia

Croc croc mordicchia! (peccato per il piccolo spoiler nel titolo! Ma confidiamo che i piccoli non ne vengano influenzati), cartonato semplice da maneggiare autonomamente anche per i piccoli, si inserisce nel filone dei libri interattivi (qui altre recensioni) inaugurato da Tullet, capace di catturare anche lettori vivaci e poco propensi all'ascolto.

Potete giocare con i bambini a creare simili sorprese, nascoste tra le pieghe della carta, con un semplice

biglietto pop up


Piegate un foglio di carta due volte in senso orizzontale, a fisarmonica, lasciando uscire un lembo di carta dal margine inferiore.

biglietto pop up

Tenendo il foglio piegato, disegnate un coccodrillo, facendo corrispondere la metà della bocca all'apertura della carta.

biglietto pop up

Aprite, e disegnate la bocca (con qualcosa dentro, come un piccolo pesce), poi fate colorare al bambino (se è grande, potrà occuparsi anche del disegno).

biglietto pop up

È così che un innocuo coccodrillo potrà spalancare le fauci e farci scoprire cosa si è mangiato.

biglietto pop up

Attività da ripetere a piacimento, con tutti gli animali che riuscite a immaginare.


Hanno più di 30 anni, ma non li dimostrano neanche un po'.
Era il 1987 quando Helen Oxenbury ha pubblicato All fall down, Clap Hands, Tickle tickle e Say Goodnight, quattro libricini pensati per manine e orecchie piccole piccole.

cartonati helen oxenbury

Mondadori oggi li ha portati finalmente in Italia: si chiamano Tutti giù per terra, Batti le manine, Che solletico!, e Buonanotte e hanno il tocco autoriale della traduzione di Chiara Carminati.

cartonati helen oxenbury

Non li dimostrano, 30 anni, questi quattro cartonati, perché sono piccoli libri con un grande coraggio.
Il coraggio di essere semplici e brevi, innanzitutto. Ogni libro riporta una filastrocca, otto pagine in tutto, risguardi compresi: è quel che serve per creare un ritmo perfetto fatto di inizio, svolgimento e conclusione.

Sono libri moderni e coraggiosi, dicevo, perché hanno il coraggio di essere multietnici. I piccoli protagonisti, che ricordano molto quelli di Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini, della stessa autrice, hanno colore della pelle e tratti somatici tra i più vari, e così anche gli adulti che li accudiscono, uomini e donne, indifferentemente. Una varietà allegra, viva, universale.
Non ci si chiede che rapporti abbiano tra loro, perché siano insieme, chi siano gli adulti con loro. La loro vitalità annulla ogni domanda.

cartonati helen oxenbury

Infine, questi libri hanno il coraggio di essere dinamici, anche nel taglio delle illustrazioni, che non si curano di far stare tutto all'interno della pagina, ma lasciano fuori, all'occorrenza, pezzi di testa, di braccia e di piedi, come foto scattate in fretta nel bel mezzo dell'azione.

cartonati helen oxenbury

In questo turbinio di gesti, movimenti e visi in cui il bambino si riconosce, si inseriscono parole ricche di ritmo e di musicalità, che la Carminati ha tradotto con grande ricchezza di suoni e di senso, dando a ogni libro la sua peculiare chiave di lettura.
C'è Tutti giù per terra, che sembra un girotondo: viene da cantarlo, leggendo.
Buonanotte, ricco di riferimenti spaziali (su e giù) e di movimento, finché l'azione non si placa e i bimbi, sfiniti, si addormentano.
Batti le manine è un catalogo di gesti da guardare e ripetere, con un ritmo di rime serrato.
E infine Che solletico!, una festa di suoni evocativi e di onomatopee, dal gioco nel fango al bagnetto, per poi concludersi con le coccole finali.

È la lingua dei più piccoli: non serve comprenderne le parole per accoglierla, entra a volte come un fiume, altre come un tamburo, parla con la sua sonorità:
Molle melma meraviglia,
lava sciacqua strizza e striglia.
La varietà e la ricchezza di questi codici che si incontrano – immagini, suoni, significati – regalano a questi libri non una, ma molte vite, per fare sì che accompagnino i bambini a lungo.
Nei primi mesi, sono rime che cullano, attraverso la voce di mamma, filastrocche da mandare a memoria e da recitare anche senza il supporto delle illustrazioni.
Via via che il bimbo cresce, diventano anche immagini da esplorare in autonomia (il formato è piccolo, quadrato, cartonato e con gli angoli stondati, semplice da maneggire), ma anche giochi di movimento da fare insieme, ripetendo i gesti dei bimbi.

cartonati helen oxenbury

Mi resta una nota da fare, personale ma in qualche modo universale.
Chiara Carminati, come me, è friulana, e nel finale di Che solletico! non ho potuto non notare il "ghiti ghiti" (termine friulano, appunto, per la parola "solletico"): una scelta di traduzione forse non ortodossa ma estremamente efficace nel trasmettere con il suo suono non soltanto il senso del gesto, ma anche il suo affetto.
È la forza della poesia, quando si rivolge ai bambini: è una lingua mamma, una lingua del cuore.

       
Il piacere della letteratura è fatto essenzialmente di metamorfosi.
Leggere permette di assumere identità diverse dalla propria, di vivere avventure altrimenti impossibili, di catturare emozioni che forse non avevamo afferrato, provandole attraverso i personaggi di cui assumiamo la forma, nella nostra immaginazione.

selvaggio come te

Selvaggio come te di Gauthier David e Claire de Gastold (edito da Terre di Mezzo editore con la traduzione di Maria Bastanzetti) riesce a catturare quel piacere nascosto e renderlo narrativa.

selvaggio come te

Lea, la protagonista, è invitata dall'amico Zach a una festa mascherata. Tema: gli animali del bosco.
Crea così, con pochi oggetti trovati in casa, il suo costume da orso, e si avvia verso casa dell'amico.

selvaggio come te

Per arrivarci, prende la strada del bosco (una scelta che porta con sé l'eco di tante fiabe), e qui incontra uno strano bambino, che si avvicina incuriosito a lei ma non dice una parola.

selvaggio come te

Seguendolo, scopre un'intera compagnia di bambini del bosco, tutti caratterizzati da un comportamento un po' selvaggio: si annusano, si rotolano nel fango, mangiano radici. I bambini si uniranno poi agli amici di Lea a casa di Zach e, dopo qualche momento di impasse dovuto alle diverse abitudini, riusciranno a trovare il modo di giocare tutti assieme.

selvaggio come te

Solo alla fine scopriremo che questi strani bambini non erano altro che i veri animali del bosco, travestiti a loro volta per una festa.

La lettura di Selvaggio come te fonde due piaceri: uno più razionale, l'altro quasi inconscio.
Da un lato, troviamo il perfetto rispecchiarsi di due realtà, uguali e complementari: i bambini che si trasformano in animali e gli animali che si trasformano in bambini. L'idea creativa alla base della narrazione si sviluppa in modo coinvolgente, lasciando indizi lungo la storia affinché il lettore li colga e anticipi la soluzione, che poi arriverà, dando al mistero una conclusione piena e gratificante.

Ma c'è altro, in questo albo, un elemento più viscerale, una sensazione che emerge soprattuto dalle illustrazioni: quando Lea si traveste, diventa un orso a tutti gli effetti. Non vediamo i lacci della sua maschera o i suoi piedi sbucare da sotto il costume. Nonostante il suo costume sia raffazzonato a partire da pochi oggetti casalinghi, e la maschera disegnata su un piatto di carta, quello che abbiamo di fronte è un perfetto animale selvatico. Allo, stesso modo, gli animali del bosco, se non fosse per il loro strano comportamento, sarebbero dei perfetti bambini, nelle loro sembianze.

Si tratta naturalmente di un effetto impossibile, che non può rispecchiare la realtà ma che interpreta bene una sensazione interiore di ogni essere umano che ha provato, almeno per una volta, il desiderio di diventare altro, semplicemente indossando una maschera.
Che poi è quello che ognuno può sperimentare quando legge un bel libro.

E così, l'aderenza di questo espediente narrativo al nostro mondo interiore supporta la sospensione della nostra incredulità: in fondo, quello che vediamo è credibile perché lo abbiamo vissuto tutti, sebbene soltanto nella nostra immaginazione.

Anche il testo avvalora questa sensazione, almeno per un po', chiamando i bambini con i nomi degli animali:
A casa di Zach, un cervo e un tasso giocano a palla, un cinghiale beve un bicchiere di limonata, un coniglio e un lupo preparano la piste per le biglie, uno scoiattolo suona il flauto. Sono gli amici di Lea.

L'alternanza di immagini su fondo bianco e di ricche illustrazioni ambientate ci permette prima di studiare questo travestimento perfetto, e poi di viverlo, immerso nel suo ambiente. Ancora una volta, pensiero razionale ed emozionale sono coinvolti contemporaneamente.

Selvaggio come te ha la forza narrativa unica di quei libri che narrano cose impossibili eppure universali, perché già accadute nel nostro mondo interiore.


E se la lettura vi ha messo voglia di travestirvi da orsi a carnevale, ecco una

maschera da orso

semplice semplice da realizzare.
Potete disegnarla a mano, stampare e ritagliare il mio pdf, se avete la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter) potete usare direttamente il mio file per il taglio.

 maschera da orso

Dopo aver ritagliato la forma su cartoncino spesso, disegnate con dei pastelli a cera (danno un aspetto più rustico e "peloso") dei cerchi scuri attorno agli occhi, e poi il naso, l'interno delle orecchie e qualche pelo.

maschera da orso

Poi incollate i bordi lasciando le pieghe morbide, incollate le orecchie, piegate all'infuori il naso e applicate un elastico.

maschera da orso

Se poi alla vostra festa di carnevale incontrate qualche bambino che non sembra travestito da alcunché, nel dubbio annusatelo un po'.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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