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Halloween è il momento dell'anno in cui vita e morte danzano assieme.

Gli elementi più macabri e paurosi diventano ridicoli, affascinanti, comunque vitali più che mai, quasi a esorcizzare il terrore del nostro umano limite.

Martin lo scheletro

Martin lo scheletro, il titolo di cui vi parlo oggi, non è un libro di Halloween in senso stretto, pur conservandone questo spirito, l'idea di stare sul limite tra vita e morte.

È un romanzo breve, adatto a lettori non esperti (dai 7-8 anni, secondo la fluidità della lettura), scritto dall'estone Triinu Laan e illustrato da Marja-Liisa Plats, portato in Italia da Sinnos con la traduzione di Daniele Monticelli.

Martin è uno scheletro, uno di quelli "didattici" che si trovano nelle scuole, sebbene nel corso del libro questo dettaglio sarà sempre più sfumato, e qua e là emergerà la sensazione di trovarci di fronte a uno scheletro vero. 

Martin è uno "scheletro scolastico", dicevamo, ma vuole andare in pensione ed è per questo che sarà adottato da una coppia di anziani. Il resto del libro scorre, con dolcezza e una sottile vena umoristica, raccontando le prime esperienze di Martin nella vita vera: il primo viaggio in macchina, i giochi con i bambini, la scoperta della neve, il rapporto sempre più stretto con la sua nuova famiglia.

Martin lo scheletro

Nel suo aspetto così indifferente (in quanto scheletro, non ha espressioni facciali, e anche l'asciuttezza della prosa, all'apparenza, riprende questo tratto), Martin si rivela delicato, tenero, premuroso. Tra le pagine di Martin lo scheletro si intrecciano temi importanti, trattati in modo inconsueto: la vita e la morte, la vecchiaia e la giovinezza.

Tanti sono i paradossi: lo scheletro che è un personaggio vivo, le prime esperienze accostate alla vecchiaia, anziché all'infanzia. La storia provede continuamente in bilico tra due opposti.

Verso la fine ci sarà anche spazio per l'incontro con la morte, quella vera, e qui Martin farà da raccordo tra i due mondi, quasi a sottolineare che ciò che abbiamo amato, in noi, non muore mai.

Spilunga e Piccino. Quando ho letto questo titolo, il mio primo pensiero è stato correre al colophon per scoprire il titolo originale di questo albo.

Aspettate, faccio un passo indietro.


spilunga e piccino

Sto parlando di Spilunga e Piccino, albo di Barbara Brenner con le illustrazioni d'autore di Tomi Ungerer. È un albo in rima, e questo apre enormi dilemmi in chi deve tradurlo (Alessandro Riccioni, in questo caso) e in chi deve pubblicarlo (Lupoguido, in questo caso).

Sto leggendo proprio in questi giorni un saggio di Umberto Eco sulla traduzione: Dire quasi la stessa cosa), che ben racconta, tra le altre cose, i due piani su cui si deve svolgere la traduzione di un testo poetico, che dovrebbe rendere il significato, sì, ma anche il significante, il suono della parola stessa, o perlomeno l'atmosfera che esso crea. 

Tradurre un testo in rima, da quella lingua agile e flessibile che è l'inglese, non è un'impresa facile.

Il titolo di Spilunga e Piccino era, in originale, Mr Tall and Mr Small. I due nomi già rimavano tra loro, erano simili, entrambi brevi, entrambi semplici, entrambi significavano precisamente qualcosa.

"Spilunga" non ha un significato in italiano, per quanto richiami il termine "spilungona", e contenga la parola "lunga", che richiama il suo senso anche a chi non conosce il primo termine. Ha un bel suono, però, sa di nobile, di affascinante. "Piccino" è molto più diretto, ma non è semplicemente "piccolo": ha una connotazione affettuosa, mentre "spilunga" appare più distante. Se nella lingua originale si contrapponevano due termini vicinissimi tra loro ma di significato opposto, qui ad essere opposte, in qualche modo, sono anche le parole.

Ma è di questo che stiamo parlando, è questo lo spirito dell'albo: due personaggi distanti, che più distanti non si può, e che per tutta la prima parte del libro battibeccano e bisticciano ("si dissano", si potrebbe dire) sulle loro reciproche differenze, finché un comune pericolo li unisce. Ed è qui che scoprono come la differenza sia una risorsa, e l'unione di caratteristiche diverse possa diventare preziosa.

D'altra parte anche l'altro linguaggio del libro, quello che non serve tradurre perché parla attraverso le immagini, va nella stessa direzione, con immagini contrastanti, di cielo e di terra, di giorno e di notte, di personaggi che si piegano per stare nella pagina e altri che ne occupano solo una piccola porzione.

E quindi, sì, Spilunga e Piccino non ha (non potrebbe avere) il ritmo sintetico e incalzante di Mr Tall and Mr Small, ma ne conserva perfettamente il senso, il contenuto; lo arricchisce, persino.

spilunga e piccino

Ho notato solo alla fine, peraltro, che "Spilunga" è femmina (è LA giraffa) e Mr Tall maschio. Non ha molta importanza, ai fini della trama, ma forse, nell'atmosfera generale, è una differenza in più che si aggiunge, che rende i due personaggi ancora più distanti, e quindi ancora più salda la loro unione quando le loro differenze li avvicinano.

La traduzione, in fin dei conti, fa in questo caso lo stesso gioco del libro: è una differenza. Una differenza che allontana, ma che, per chi la sa cogliere, in fondo arricchisce.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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