Nuvole in scatola
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Manca pochissimo: è quasi Natale.
Voi siete pronti? Starete a casa? Andrete in vacanza? Avete riempito i frigoriferi? Preparato le valigie?

Io, presissima dagli ultimi preparativi, sto passando le mie serate a impacchettare regali, roba che neanche l'omino del magazzino Amazon (me ne immagino sempre uno solo, che corre come un elfo magico di Babbo Natale).

E così vi voglio salutare, prima delle feste, con un'altra piccola idea per i pacchetti regalo.

Chi mi segue su Facebook sa che poche settimane fa ho provato l'emozione della mia prima lettura ai bambini in biblioteca.
O forse dovrei dirlo al plurale, perché le emozioni sono state tante: paura, divertimento, curiosità, felicità. E un bel po' di soddisfazione, alla fine, nel vedere le facce felici del mio piccolo pubblico.

È stato così bello che voglio provare a trasmetterle un po' anche a voi, queste emozioni. E anche farvi conoscere gli splendidi libri che sono stati protagonisti della mia lettura (standing ovation per loro!).


Ho pensato parecchio al nome da dare a questa piccola idea. Tutte le verbalizzazioni e i concetti che giravano attorno al concetto di "pacco troppo grande" mi facevano presagire visite al mio sito da persone non propriamente interessate ad argomenti materni.

Alla fine ho guardato (letteralmente) negli occhi la mia creazione e ho decretato che si sarebbe chiamata "Pupacco di neve".
L'idea è nata in un momento di panico: il regalo di Natale per il Piccolo T era più grande della carta da pacchi che avevo.


Ma perché dovrei parlarvi di libri solo se riesco a inventarci un gioco?
Ci sono libri meravigliosi che non mi hanno ispirato attività ma che abbiamo amato e letto fino a consumarli.
Non so se anche i libri per bambini si possano dividere in generi. In biblioteca si trovano tutti mescolati in un'unica sezione, divisi al massimo per età.
Io però una personale suddivisione me la sono fatta: mi serve per capire quale libro leggere in un certo momento (non che il Piccolo T mi lasci molta possibilità di scelta), o a regalare il libro giusto secondo il carattere di un bambino.
Il Natale, si sa, quando arriva arriva (e arriva tra un mese!), e con esso arriva anche, inesorabile, la furia distruttrice dei "toddlers" 
(dicesi "toddler" un bimbo tra uno e tre anni circa, che ha imparato a camminare ma non ne ha ancora il pieno controllo, ma soprattutto un essere di cui VOI non avete il minimo controllo).

Quali soluzioni possibili?
Uno. Rinunciare a un albero.
Due. Creare un albero toddler-safe, con addobbi infrangibili.
Tre. Creare un albero apposito per il toddler, sperando che questo lo distragga dall'altro.

Ci sono libri che fanno sorridere, libri che fanno ridere, libri che fanno sbellicare dalle risate.
Quello di cui vi parlo oggi, per noi, appartiene senza ombra di dubbio all'ultima categoria, e trovare un modo per giocarci ha prolungato la storia e il divertimento a lungo, molto oltre la lettura.

Siete pronti a conoscerlo?
Si chiama Abbaia, George, e nel 2011 ha vinto un meritatissimo premio nazionale Nati per Leggere nella sezione Crescere con i libri.

Una delle migliori svolte, nella mia breve carriera di mamma, è stata il passaggio da "Ehi, ora dorme! Devo muovermi a fare i lavori di casa!" a "Ehi, Piccolo T, mi aiuti con i lavori di casa?".
Non che il suo aiuto sia risolutivo, sia chiaro, ma coinvolgerlo nelle faccende domestiche mi permette di intrattenerlo e fare qualcosa di utile al tempo stesso (vi pare poco?).
Fare il casalingo piace abbastanza anche a lui (futura nuora mia, ringraziami!), così, oltre alla versione "life size" delle attività (svuotare la lavatrice, mescolare gli impasti, staccare le foglioline di prezzemolo) cerco, se possibile, di proporgliene alcune anche sotto forma di gioco simbolico.


Aprite il frigorifero. Sì, anche se siete a dieta.
Cosa vedete? Latte, formaggio, carne, affettati (la Nutella no, mi raccomando! Metterla in frigo è un delitto contro l'umanità!).
E se ci fosse anche un mammut?
Lo so, la cosa è piuttosto surreale, per questo amo questa storia.
Ma chissà se l'avrei mai scoperta, se non me ne avesse parlato la mia amica Isabella.
Ah, a proposito: questo progetto è tutto suo, io non ho fatto niente!
Ma mi è piaciuto così tanto che le ho chiesto di poterlo ospitare sul mio blog.

Dunque, iniziamo dal libro: si chiama Un mammut nel frigorifero ed è semplice, agile e divertente. Ma soprattutto, è un inno alla fantasia.
Inizia così: con un bambino che trova un mammut nel suo frigo e chiama il papà. E il papà chiama i pompieri. Ma il mammut scappa su un albero e chi lo prende più.
Già qui la storia avrebbe molti elementi per far impazzire i bimbi (l'animale curioso, la scena buffa del mammut chiuso nel frigo, il "neee-nooo" della sirena dei pompieri), ma è il finale, almeno per me, l'aspetto più bello.
Arriva la notte, e la sorellina del bambino si avvicina all'albero, chiama giù il mammut offrendogli delle carote e se lo porta in camera, raccomandandogli di stare più attento per non farsi beccare.
 
Già, perché la bimba, nella sua cameretta, nasconde lui, ma anche un unicorno, un drago e un grande mostro peloso!
Amici immaginari?
Segreti che solo una bambina può tenere?
In ogni caso, un invito a non smettere mai di sognare e di credere alle favole.
Sì, perché un mammut può entrare in casa da un momento all'altro, se ci credi. Forse non un mammut in carne ed ossa, è vero, ma in carta e peli di spago sì. Ecco come ha fatto l'amica Isabella, con i suoi due bimbi, a ricostruirlo:
Per prima cosa, ha disegnato (ricalcando, vero? O sei così brava a disegnare, Isa?) su un cartoncino il mammut e la sagoma di tanti alimenti diversi da mettere in frigo. Ah, e anche il frigo, naturalmente.

Per creare i ripiani, ha ritagliato da una bustina portadocumenti la plastichina trasparente, e l'ha fissata al frigo con del nastro biadesivo.
Poi ha armato i bimbi di pennarelli perché colorassero frutta, verdura e barattoli vari.
E i peli del mammut? Pezzetti di spago da incollare con la colla vinilica. Un altro ottimo modo di tenere impegnati i bimbi per un po'.
Ecco fatto: un bel frigorifero in cui infilare, una volta ritagliati, tutti gli alimenti appena colorati, e da cui, all'improvviso, far uscire lui: il pauroso, gigantesco, preistorico mammut da appartamento.



E insomma, si è parlato di cucine, si è parlato di pentole, ma alla fine: che se magna?
Dovremo pur vedere cuocere qualcosa dietro quel vetro di pluriball del forno. Dovremo pur mettere a scaldare qualcosa in quelle padelle di cartone. O stiamo qui a morire di fame immaginaria?

Certo che no: quando si fa da mangiare per finta, qui, lo si fa sul serio.
Volete scoprire il gustosissimo menu della premiata cucina del Piccolo Chef T? Eccolo qua.


Il Piccolo T ha iniziato ad amare i libri verso i 18 mesi.
Mi sono sempre chiesta se avrei potuto fare qualcosa prima, e la risposta è sì. Io ci avevo provato, in effetti, solo che sbagliavo libri.

Dopo un corso come lettore volontario di Nati per leggere e la scoperta di blog splendidi, come mammamogliedonna e milkbook, avrei voluto prendere una Delorean, lanciarla fino a 88 miglia orarie e tornare indietro di qualche mese, per potergli proporre qualcuno dei bellissimi libri per bambini che ho imparato a conoscere. Questo è uno di quelli.

Ho scoperto i Quiet Book su Pinterest e ancora non ho capito perché si chiamino così.
Ho due ipotesi in proposito.
La prima è che si chiamino quiet perché sono dei libri-attività che tengono "quiet" i bimbi per un bel po'.
La seconda è che essendo sostanzialmente di tessuto, feltro o panno, non fanno rumore quando giri le pagine.

La mia conclusione è che chi ha inventato il nome sperava nell'ipotesi uno, ma si è dovuto accontentare della due.

Due anni e otto mesi e sì, ancora abbiamo il pannolino.
(Ok, ammetto che in questo caso l'abitudine tutta materna di declinare i verbi al plurale ha risultati un po' inquietanti. Se per caso ve lo state chiedendo: no, io ho tolto il pannolino trentaenonvelodico anni fa.)

Che si fa? Si legge un libro a tema! E magari ci si inventa anche un gioco.

Funzionerà? No che non funzionerà. Ma sarà divertente lo stesso.

Acciaio inox? Ghisa? Terracotta? No, cartone.

Sono le pentole del Piccolo T.
Certo, non sono propriamente antiaderenti, né adatte ai moderni piani a induzione (tantomeno ai fornelli a gas), ma sulla nostra cucinetta di cartone (ve la ricordate?) funzionano alla perfezione.

E i cibi di feltro non attaccano, anche senza l'aggiunta di grassi.




Vi eravate rilassati con il post precedente, eh?
Nessun materiale da preparare, incollare, ritagliare: bastava aprire quattro cassetti e tutto era pronto.
Ma adesso è giunta l'ora di dimenticare le ferie (ahimè) e applicarsi un po' di più.

Ad esempio, con un progetto che riguarda il primo libro che, a distanza di mesi dalla prima lettura, abbiamo dovuto prendere nuovamente in prestito dalla biblioteca perché il piccolo T lo chiedeva a gran voce.

Il libro è Tutti in coda, di Babalibri, e la prima volta che l'ho aperto mi sono detta: e adesso questo come lo leggo?
Sì, perché tre quarti del libro sono fatti così: un elenco di animali, numerati da 50 a 1, in coda uno dietro l'altro. Alcuni dicono qualcosa, altri no. Alcuni interagiscono tra loro, altri no. Alcuni (quasi tutti) sono animali comuni, altri no (che caspiterina è un vombato?).
Ah, e poi c'è un uccellino che fa da guida e tiene d'occhio tutti quanti.


Insomma: come fare? Leggere il nome di tutti gli animali? Nominare solo quelli che parlano? Cercare di dare un senso alle espressioni di quelli che stanno zitti?
Non lo nego: sul momento, dentro di me, non ho avuto parole gentili per Ohmura Tomoko, l'autore.  Ma tutti me ne avevano parlato bene, e il Piccolo T sembrava entusiasta, così ho continuato, un po' curiosa, in fondo, di scoprire cosa facevano gli animali in coda.

SPOILER ALERT - Gli animali, alla fine, salgono a dorso di una balena, che per loro è una specie di parco giochi vivente. Fa una grande capriola, si immerge sott'acqua e poi – SPLASH! – li fa volare con il suo gigantesco spruzzo.


E devo ammettere che, dopo la prima lettura, mi sono dovuta ricredere. Nonostante le premesse, Tutti in coda è uno dei nostri libri preferiti.
A ogni lettura si scopre un nuovo particolare, ogni volta il Piccolo T si concentra su un animale diverso e quando arriviamo alla balena, ci sembra di salire a bordo e divertirci con tutti gli altri.
E ogni volta, naturalmente, sorgono nuove domande.
A volte non so rispondere ("Mamma, cos'è un vombato?"), altre volte ci provo. Ed ecco come ho provato a spiegare

il grande spruzzo della balena.

Per questo gioco, ho ripreso in mano la mia fidata (ricordate?) sega a traforo. E poi del compensato, della vernice colorata, uno stuzzicadenti da spiedino e della carta.


  1. Per prima cosa, si disegna la balena su un foglio, per poi ricalcarla sul compensato. Non sapete disegnare una balena? E che problema c'è? Ho preparato un pdf scaricabile con la mia.
  2. Ritagliate il compensato. Servono due sagome della balena e due delle sue pinne.
  3. Questo è più difficile (bisogna trovarelo strumento adatto: io ho usato il Dremel 4000, un multiutensile che permette anche di incidere il legno): bisogna scavare, all'altezza dello spruzzo, un piccolo canaletto dove passerà lo stuzzicadenti.
  4. Il canaletto deve essere inciso sulle due sagome in modo da coincidere una volta incollate.
  1. Solo dopo aver incollato le due sagome della balena (altrimenti rischiate che il taglio non coincida) potete ritagliare anche la bocca e levigare i bordi.
  2. Incollate le pinne (io le ho colorate di blu) facendo in modo che la loro base coincida con quella della balena. In questo modo starà in piedi più stabilmente. Aggiungete anche due puntini di colore per gli occhi.
  3. Arriva la parte più facile: fare tanti bei taglietti su una striscia di carta e incollatela attorno al vostro bastoncino
  4. per ottenere lo spruzzo.

Ed ecco qua: spingendo su e giù il bastoncino, vedrete "il grande spruzzo" uscire dal suo dorso.
(Inutile che ve lo dica: essendo di carta, lo srpuzzo durerà sì e no un paio di giorni.  Per fortuna, però, è la parte più semplice da rifare. E la balena è molto carina anche senza.)




Non so se ci avete fatto caso (se ne è parlato poco, in effetti), ma quest'estate non è stata propriamente delle migliori, meteorologicamente parlando.
Se siete mamme, il problema principale non sarà stata la mancata tintarella, o la mancata passeggiata in montagna, o il mancato mojito al tavolino all'aperto (be', quello un po' sì!), ma: "come caspita lo intrattengo mio figlio per l'ennesimo week end chiuso in casa?".

Sì, perché a un certo punto finiscono i giochi e anche i libri e inizia la crisi. E a questo punto che si fa? Si aprono dispense e cassetti.


Se siete superstiziose, procuratevi un vassoio.
(non me ne intendo di superstizione: se il sale cade su un vassoio porta sfiga lo stesso? No, vero?)

Qui si gioca col sale.
E col colore.
E con un libro simpaticissimo, che è anche un gioco, che è anche (se siete mamme nerd come me) una splendida app per iPhone e iPad.
Un "silent book", senza parole, ma pieno di stimoli.


Quando, a quasi un anno e mezzo di età, il Piccolo T chiamava "mamma" anche mio marito, mia madre o mia sorella (ma soprattutto: quando ha chiamato ripetutamente me "nonna"), ho capito che forse era il caso di inventarsi qualcosa.

Tutti i bimbi sono affascinati dalle foto, specialmente dalle foto di qualcuno che conoscono (e ancora di più dalle proprie foto, piccoli vanesi egocentrici che non sono altro!), e così è nata l'idea di un gioco fotografico che lo aiutasse a dare i nomi giusti a tutti i membri della famiglia.


Questo post contiene link affiliati. Cliccando sul link e facendo un acquisto su Amazon, come ho spiegato qui, riceverò una piccola percentuale. Il vostro prezzo di acquisto resterà invariato.   La mia opinione sul libro, invece, è mia e basta, e non ha nulla a che fare con le commissioni. ;)

Ecco perché amo gli appuntamenti in biblioteca di Nati per Leggere: non solo perché mi commuovo a vedere il Piccolo T seduto e attento mentre segue il lettore e la storia, ma anche perché mi permettono di scoprire dei grandi libri, che forse altrimenti non avrei mai trovato, e mi suggeriscono spunti su come leggerli.

Sì, perché un libro può mutare forma se lo si canta, lo si recita o lo si interpreta in modi diversi, e a volte le storie più semplici possono diventare storie eccezionali.



A caccia dell'Orso (link affiliato) l'ho scoperto così: durante una lettura in lingua friulana alla biblioteca del mio paese. Non che il libro esista in versione friulana, sia chiaro, era la lettrice a tradurlo mentre leggeva, con un risultato decisamente efficace.

E dalla brava lettrice di quel giorno ho imparato anche un piccolo trucco (forse scontato, forse no. Non avevo mai visto quel libro prima e non posso sapere come l'avrei approcciato): questo libro va cantato, per farlo diventare un gioco, un rito da fare insieme. Non tutto, ovviamente, ma la filastrocca iniziale sì, per forza.



Sì, perché il libro procede ripetendo più volte la stessa struttura:
  • una filastrocca (è la canzone che sta cantando la famiglia che va a caccia):
    A caccia dell'orso andiamo
    di un orso grande e grosso
    Ma che bella giornata!
    Paura non abbiamo.
  • L'incontro con un ostacolo da superare:
    Oh, oh! Un campo!
    Un campo di erba frusciante!
  • Un'onomatopea che indica l'attraversamento dell'ostacolo.
    Svish Svush! 


E così via, fino all'incontro finale a sorpresa con l'orso.

Chi abbia letto anche solo pochissime volte a un bambino avrà già capito la potenza di questo libro: c'è la ricorsitivà, che rende le situazioni riconoscibili e anticipabili dal bimbo, c'è una storia semplice, ci sono esclamazioni ed emozioni (Oh, oh! Oh, no!) e ci sono anche le onomatopee che rendono "fisica" la narrazione.
Uhm, narrazione fisica, dicevamo? E allora proviamo, per una volta, a raccontare la storia anche con il tatto.


A caccia dell'orso (con le dita).


Bastano pochi materiali, alcune ciotole in cui infilarli, e delle dita curiose che li sappiano attraversare.
E così, come i protagonisti di A caccia dell'Orso (link affiliato) , anche il Piccolo T è passato attraverso:

un campo di erba frusciante
Creato con della carta verde piegata a fisarmonica e poi tagliuzzata con le forbici fino a ricreare i fili d'erba.


un fiume freddo e fondo
Facile, no? Basta una ciotolina con un po' d'acqua.

melma densa e limacciosa
Come rendere l'idea di una melma che ti si appiccica ai piedi-dita? Cercando nel beauty case di mamma e papà. Ho unito ai colori alimentari (ma anche delle semplici tempere diluite con un po' d'acqua vanno benissimo) la mia spuma per capelli e la volta successiva ho provato, con altrettanto successo, con della schiuma da barba. Basta non mescolare troppo, in modo che la melma resti densa e soffice.

un bosco buio e fitto
Che fortuna: quando abbiamo giocato con questo libro, papà aveva appena tagliato il prato. Così è bastato prendere una manciata di steli dal mucchietto d'erba, già un po' seccata al sole, ed ecco un perfetto sottobosco profumato che scrocchia sotto le dita.

una tempesta di neve che fischia
Volevo ricreare non solo la consistenza, ma anche la temperatura della neve. Così ho preso del cotone idrofilo, l'ho spruzzato d'acqua con le dita (senza bagnarlo completamente, altrimenti diventa troppo duro) e tenuto nel freezer per qualche ora. In questo modo la superficie del cotone diventa fredda e rigida, ma permette alle dita di affondare premendo un po', proprio come la neve.

 

E siccome dei giochi, come dei maiali, non si butta via niente, alla fine abbiamo trasformato la melma in una soffice pittura a dita. Perfetta per disegnare mostri viscidi e verdastri.



PS: Alla fine il libro lo abbiamo comprato in inglese (link affiliato) : con la sua musicalità è un perfetto approccio a una lingua straniera. Se volete le prove, cercate qualche lettura su YouTube.

PPS: dimenticavo. Il libro finisce con la famiglia che fugge dall'orso e si ripara nel lettone, sotto il piumone.
Così dopo esservi divertiti con la storia, le canzoni e le onomatopee, avete anche la scusa perfetta per rotolarvi tra le coperte con i vostri piccoli. Evviva le coccole! 


Lo avete mai visto il terribile mostro mangiacapelli?
Dicono sia una creatura leggendaria, ma - si sa - ogni leggenda ha sempre un fondo di verità, quindi fate molta attenzione, perché potrebbe nascondersi anche a casa vostra, e aggirarsi indisturbato divorando tutto quello che gli capita.



Ve lo descriverò bene, così e lo incontrerete potrete riconoscerlo immediatamente.

Come molti altri terribili mostri, il terribile mostro mangiacapelli nasce da un uovo. 

 


I suoi occhi sono rossi, con le pupille blu.


 

Ha capelli dai colori accecanti e orride sopracciglia pelose.

 

E dal naso rosso, escono delle strane appendici che lo tengono legato alle sue terribili fauci.

 

Fate molta, moltissima attenzione, perché il terribile mostro mangiacapelli,
quando è molto affamato, si trasforma in mostro mangiapancia, mostro mangiagambe e - oh oh! -
perfino in mostro mangiaculetto!

 

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"C'era una volta"
"Un re!" – diranno subito i miei piccoli lettori.
Vabbe', stavolta ci siete andati vicini. C'era una volta un sultano.



Un sultano di una storia senza morale, senza evoluzione dei personaggi, senza un esempio per i bimbi. Una storia divertente, però, e questo basta e avanza. E a noi è piaciuta tantissimo.

Trattenere il respiro: no, l'argomento non sono i pannolini da cambiare.
Il vostro fiato servirà per  sfidare vostro figlio a una gara di soffiabirinto, il gioco perfetto per le giornate di pioggia.

Soprattutto perché per costruirlo bastano pochissime cose, tutte facilmente reperibili in casa.

Iniziamo?



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Qui siamo nel pieno dei terrible two.
Il Piccolo T, affettuoso, coccolone e sorridente, di tanto in tanto si trasforma un un coso urlante che si irrita per ogni singola cosa che non va esattamente come dice lui.

Bisogna insegnare a "gestire le emozioni", dicono.
Dovrebbe provare a verbalizzarle, chiamarle per nome, insegnare loro a riconoscerle, dicono.

Facile dirlo, coi figli degli altri, dico io!

Vi ricordate il mio consiglio per tutte le mamme?
Datevi alla bottiglia!
In questo post avevo descritto le bottiglie sensoriali preferite dal Piccolo T,  giochi semplici per stimolare e coinvolgere (e forse, a volte, calmare) i bimbi più piccoli.

Ne mancava una, però: quella preferita dalla mamma! È stata la più impegnativa da creare, e anche quella che il Piccolo T si è filato di meno. Ma ve la racconto lo stesso, perché è quella che ha dato più soddisfazione a me.


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Non è che io abbia propriamente un accento british.
Diciamo che l'inglese l'ho imparato, più che a scuola o viaggiando, con la visione integrale (10 stagioni, e per ben due volte) del cofanetto di Friends in lingua originale.
E visto che ogni volta mi dico "se solo l'avessi imparato prima e meglio", vorrei provare a rimediare ai miei errori almeno col Piccolo T. Quindi da noi, per quanto possibile, i cartoni si guardano in inglese e ogni tanto, in inglese, ci leggiamo anche qualche libro, seppur con la mia imbranatissima pronuncia "scolastica". Meglio di niente, no?


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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      • Lettore che abbaia non morde.
      • E questo come lo impacchetto?
      • Mi leggi una coccola?
    • ►  novembre (3)
      • Per fare un albero, ci vuole il legno (compensato).
      • Pigola, starnazza, miagola, ruggisci, George!
      • I panni sporchi si lavano in scatola.
    • ►  ottobre (4)
      • Manzo, pollo, suino e... mammut?
      • Viva la pappa (fai da te)!
      • Qua la zampa!
      • Quiet a chi?
    • ►  settembre (4)
      • Togliamo il pannolino?
      • La mamma fa le pentole (ma non i coperchi).
      • Tutti in coda (e sullo sbuffo).
      • 3 materiali, 2 giochi e – forse – 10 minuti di pace.
    • ►  luglio (2)
      • Colore di sale, sapore di mare.
      • Gira la carta e trovi... la mamma!
    • ►  giugno (3)
      • Svish, splash, squelch, scric, fiuuu!
      • Il mostro mangiacapelli
      • La coda del topo del formaggio del sultano.
    • ►  maggio (4)
      • Il soffiabirinto.
      • Guarda che faccia!
      • Una bottiglia per la mamma.
      • The butterfly formerly known as caterpillar.
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (2)

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