Nuvole in scatola
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Ci sono libri che ci portano in dimensioni fantastiche e straordinarie, che ci fanno parlare con animali, esplorare mondi, vivere paradossi. E poi ci sono libri che sono come amici insieme ai quali viviamo avventure in cui possiamo riconoscerci.

Madelief. Lanciare le bambole. 

Madelief è certamente un'amica in cui il bambino si rispecchia, per rileggere le proprie sensazioni, i propri desideri, la propria quotidianità.

Madelief. Lanciare le bambole, da poco ristampato da Camelozampa, è il primo titolo di una fortunata serie di libri dell'olandese Guus Kuijer e rappresenta il suo debutto nella letteratura per l'infanzia. Siamo nefli anni '70, ma il testo non sembra affatto invecchiato. Tradotto da Valentina Freschi, è un romanzo che parla con la voce dei bambini, mettendosi al loro fianco e non guardandoli mai dall'alto, e questo, probabilmente, ne ha decretato il successo.

 Madelief. Lanciare le bambole.

Strutturato a capitoli brevi, tra loro quasi del tutto indipendenti, Madelief. Lanciare le bambole si struttura con pochissime descrizioni e un ritmo incalzante di dialoghi tra i tre protagonisti: Madelief, la sua amica Roos e il suo amico Jan-Willem. Queste scelte narrative rendono il libro semplice e agile da leggere senza nulla togliere alla piacevolezza della prosa e delle avventure.

Madelief, Roos e Jan-Willem non hanno un'età ben definita, ma li immaginiamo lì, al confine tra infanzia e adolescenza, troppo piccoli per essere grandi, intenti a cercare il senso della vita ma pronti a lasciarsi andare ai giochi.

Madelief. Lanciare le bambole.

 Quelle dei tre protagonisti sono avventure quotidiane, nuove scoperte, piccole marachelle, di quelle che servono a capire meglio il mondo e la vita.

In una narrazione dolce e spiritosa al tempo stesso, li vediamo discutere del futuro e di cosa vogliono fare da grandi, commentare trasmissioni tv, osservare gli animali del giardino, ma anche scambiarsi un furtivo primo bacio per poi cambiare subito argomento.

Jan-Willem, più tenero e ingenuo, finisce per soccombere sempre alle decisioni delle due amiche, come quando lui vuole giocare a fare il "coi boi" ma Madelief ha deciso che sarà invece un bebé, perché lei e Roof vogliono giocare alla famiglia. 

I tre affrontano anche le prime responsabilità "da grandi", facendo la spesa, o portando un animale ferito dal veterinario. Parlano del futuro (Roos vuole sposarsi, Madelief no), ma si ritrovano subito dopo a giocare, catturati dalle proprie fantasie.

Madelief è l'anima inquieta del gruppo, quella che se ne inventa sempre una nuova, che più degli altri si sente sicura di sé. Ma il racconto è corale, e la bambina che dà il nome al libro ne è soltanto una co-protagonista. La preadolescenza è un'età fatta di identità di gruppo, più ancora che personali, ed è attraverso il gruppo che Madelief. Lanciare le bambole parla ai bambini, si intrufola in questa età di mezzo per farli sentire meno soli.


Buona parte del fascino di certi personaggi a fumetti sta nel disegno, e questo è un dato piuttosto ovvio.

Meno ovvio è che a volte il fascino del disegno non stia nella ricchezza dei dettagli, ma proprio nel suo opposto.

Oscar superstar e il grande spash

È il caso di  Oscar Superstar e il grande splash, primo volume di una serie a fumetti di Greg Pizzoli (traduzione di Giulia Genovesi, Terre di mezzo editore).
Oscar è un maialino illustrato con tratti semplicissimi: un ovale  – praticamente una patata – e pochi altri segni per tutto il resto.
Una tecnica non certo inedita con alcuni precedenti illustri anche al di fuori del fumetto (come ad esempio in Mr Potato), ma sempre molto efficace nel trasmettere al lettore un'importante verità: non servono grandi virtuosismi per raccontare una storia, anche a disegni.

 Oscar superstar e il grande spash

Oscar Superstar e il grande splash comprende un'introduzione che presenta i suoi personaggi, tre storie e tre ministorie da due pagine: un ritmo perfetto per gratificare i primi lettori, che non faranno difficoltà ad arrivare al termine di ogni episodio, anche grazie alle poche parole scritte tutte in stampatello maiuscolo.

Tre sono gli amici che accompagnano Oscar nelle sue avventure, ognuno con una propria caratteristica piuttosto evidente: Nocciolina, un cavallo sempre entusiasta e molto ingenuo, Bzz, un'ape sempre attenta a non lasciare esclusi nel gruppo, e Krabbit, coniglio scontroso e brontolone.

Nelle prime due storie, Oscar e i suoi amici rompono la quarta parete per rivolgersi direttamente al lettore, prima per presentarsi, poi per mettere in scena uno spettacolo di magia, quindi, gradualmente, li vediamo interagire sempre più solo tra di loro.


Oscar superstar e il grande spash

Le storie sono semplici, come i personaggi: piccole situazioni i cui pilastri portanti sono l'amicizia e la comicità. Oscar vuole fare il mago, ma l'unico trucco che conosce per far sparire una carota è far chiudere gli occhi ai propri amici e mangiarsela. O ancora, Oscar è di cattivo umore e Nocciolina fa di tutto per fargli tornare il sorriso.

Il titolo del libro si riferisce alla storia centrale, quella che forse ho trovato più divertente, in cui Oscar deve superare le sue paure per tuffarsi in piscina (nella versione originale, il volume si intitola invece genericamente Baloney and Friends).

Oscar superstar e il grande spash

Con personaggi caratteriamente essenziali, parole semplici scritte in maiuscolo, disegni altrettanto semplici e storie brevi da leggere, il messaggio di Oscar Superstar e il grande splash è chiaro: anche tu puoi leggere, anche tu puoi scrivere.

Credo sia quasi impossibile uscire dalla lettura di questa prima graphic novel senza il desiderio di cimentarsi in un fumetto, e l'autore lo sa bene, perché nelle ultime pagine inserisce una guida per disegnare i protagonisti: tutti, tranne Nocciolina, a partire dalla stessa forma ovale.


Oscar superstar e il grande splash

 Quello che ho visto in Oscar Superstar è non soltanto un libro semplice e divertente per lettori alle prime armi, ma anche un incitamento a buttarsi, come Oscar nella piscina, per scoprire che leggere, scrivere e disegnare sono più semplici di quanto sembrino.


Oscar 3D

Sapete cos'altro mi sembra Oscar, oltre a una patata (o, come indica l'autore nella guida per disegnarlo, un fagiolo)?
Esatto: il contenitore di una sorpresina degli ovetti.

Oscar superstar e il grande spash

 

Se oltre a disegnarlo volete provare a farne una versione 3D, quindi, non c'è niente di più semplice: bastano pochi ritagli e un po' di colla per aggiungere all'ovetto di plastica occhi, naso e zampe.


Oscar superstar e il grande spash

Immaginate ora di creare anche gli altri personaggi, fotografarli e poi aggiungere alle foto dei fumetti ritagliati e incollati: in fondo, anche creare un fotoromanzo è più semplice di quel che sembri.




Nella relazione con l'altro, sono rari i momenti di totale empatia.
Più spesso cerchiamo in chi ci sta accanto il riflesso dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni, dei nostri desideri.

Questo vale ancora di più per i bambini, per natura egoriferiti, che l'empatia e le relazioni le stanno imparando e costruendo da zero.

pinguino

 

Pinguino, premiatissimo albo di Dolly Dunbar che Camelozampa ha riportato sugli scaffali delle librerie italiane con la nuova traduzione di Sara Saorin (la versione precedente, di Mondadori, si intitolava Perché non parli?, distaccandosi dell'originale Penguin), racconta in qualche modo i conflitti e le difficoltà che incontra un bambino in un rapporto di amicizia, quando proietta sull'altro ciò che si aspetta da lui.

Il protagonista, Ben, riceve in regalo un pinguino: è felicissimo e prova subito a coinvolgerlo e a giocare con lui, ma il pinguino sembra non reagire.

pinguino



 

Ben le prova tutte: in un turbine sempre più frenetico di azioni, gli fa il solletico, canta, balla, finché si innervosisce e inizia con spintoni, pernacchie e prese in giro. La reazione, ossessivamente ripetuta, è sempre la stessa:

Pinguino non disse niente.

pinguino

Ben diventa insofferente e i suoi tentativi trasformano il racconto in iperbole: lancia Pinguino su un razzo nello spazio, poi lo fa mangiare da un leone (che rifiuterà). Pinguino resta rintanato nel suo mutismo, finché qualcosa di brutto non accade a Ben.

pinguino

È allora che Pinguino, finalmente, reagirà, rivelando al lettore che le azioni di Ben non erano cadute nel vuoto. Anche senza reagire, Pinguino aveva interiorizzato tutto, e ognuno dei tentativi di Ben era diventato parte della loro amicizia.

Proprio come l'animale che gli dà il titolo, questo albo avrebbe moltissimo da dire, ma lo tiene dentro: tra le righe e tra i disegni, così semplici, che vedono i due protagonisti interagire sempre su un fondo neutro, come se nulla oltre a loro due avesse importanza.

Non c'è una morale, né una descrizione che sveli i meccanismi dietro a quelli che sembrano comportamenti assurdi: l'escalation di azioni di Ben da una parte, il mutismo dell'amico pinguino dall'altra. Pinguino non parla al nostro lato razionale, ma coinvolge le nostre sensazioni, le nostre emozioni.

Leggendolo, resteranno tante domande, tutte sospese.
Ma i bambini adorano questo albo, e vi chiederanno di rileggerlo in continuazione: e questa è la risposta più importante di tutte.


Che animale scegliereste per fare la guardia alla vostra casa? Un bel cane da pastore, probabilmente, oppure una razza dall'aspetto più minaccioso, come un dobermann o un rottweiler.

Mai – ci scommetto – vi verrebbe l'idea di scegliere un bel ranocchio da guardia.

 Attenti al ranocchio

Già dal titolo, Attenti al ranocchio di William Bee (una delle novità Lupoguido) si mostra in tutta la sua carica umoristica, operando un'improbabile sostituzione in un cliché. Ma questo è solo l'inizio.

Nelle prime pagine facciamo la conoscenza della signora Machespavento, una vecchietta a modo, vestita di trine, con piccoli occhiali e dei fili di perle molto bon ton: vive in una casetta tutta sola con il suo ranocchio da compagnia.

Attenti al ranocchio

La vediamo nascondersi di volta in volta in una stanza diversa della casa. Testo e immagini procedono con formule ripetitive, alimentando le attese dei lettori e amplificando la portata umoristica dell'albo.

Attenti al ranocchio

Di volta in volta vediamo avvicinarsi un nuovo malvivente – Gnomo Ingordo, Turatilnaso, Orcosenzafondo, spaventosi nel nome quanto nell'aspetto – e quello che sembrava un innocuo ranocchio se lo pappa, con un grande GNAM.

Attenti al ranocchio

Le illustrazioni fondono stili diversi, con un effetto decisamente originale: i personaggi, segnati da un contorno nero, si muovono come figurine su un fondo più delicato, con campiture piene ma non delimitate da bordi. I "cattivi", ricchi di dettagli, contrastano con la vecchina, presentata sempre in una prospettiva frontale, con epressioni semplici e stereotipate, quasi fosse la caricatura di se stessa: pare l'emblema stesso dell'innocenza.
Anche il ranocchio sembra fisso e immobile nel suo profilo, e questa sua rappresentazione rende ancora più inaspettata la sua voracità.

Attenti al ranocchio

Il simpatico ranocchio, insomma, non è quello che sembra, ma nemmeno la vecchina lo è, come scopriremo nell'inatteso, divertentissimo finale.

Comico e irriverente, Attenti al ranocchio sovverte tutte le aspettative pur mantenendo un ritmo narrativo cadenzato e prevedibile, in un contrasto ironico che rende questo albo ancora più godibile.


tutorial ranocchio

A proposito, se vi piacciono i ranocchi voraci, potete prepararne uno in pochi minuti.

Disegnate su un foglio una rana con una grande bocca. Potete usare il mio pdf, oppure, se avete la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter), scaricare direttamente il mio file print & cut.

tutorial ranocchio

Ritagliate la ranocchia, piegate la sua lunga bocca in modo che le estremità si tocchino, aggiungete una lunga lingua rossa e applicate sul retro due "maniglie" di carta dove infilare le dita.

tutorial ranocchio

Ora potrete manovrare la vostra ranocchia come una marionetta, aprendo e chiudendo la sua grande bocca.

tutorial ranocchio

Mi raccomando, però: attenzione alle dolci vecchiette!

 


Vediamo se questa situazione vi è familiare: a un certo punto in un gruppo Whatsapp che frequentate qualcuno pubblica un video del proprio bambino di due anni che declama una poesia o che dimostra un’arte oratoria che manco Cicerone.

A questo punto i casi sono due. O voi siete la persona che ha postato il video o vi iniziate a chiedere: perché mio figlio a due anni ancora non parla?

E la seconda domanda è: cosa posso fare per stimolare il linguaggio?

Leggere per stimolare il linguaggio

La prima risposta è: calma. Escludendo casi particolari di disturbi del linguaggio, che saprete riconoscere con il supporto di educatori e pediatra, tenete presente che ogni bimbo inizia a parlare secondo i suoi tempi (e – parlo per esperienza – verrà il momento in cui rimpiangerete tutto questo silenzio!).

Quel bambino che sembra così poco interessato a esprimersi, in realtà sta accumulando, immagazzinando, elaborando in attesa di esplodere (in senso buono).


La seconda risposta è: sì, potete fare molte cose e una delle cose più importanti, naturalmente, è leggere. Qualsiasi libro va bene, perché ogni lettura allena l’ascolto, arricchisce il lessico, favorisce il riconoscimento dei suoni, delle parole e dei meccanismi del linguaggio. 

Ma cercate dei libri più mirati per stimolare il linguaggio nei bambini di uno o due anni, allora dobbiamo fare un passo indietro e capire cosa, di preciso, è necessario stimolare.


Maryanne Wolf, nel suo Proust e il calamaro, suddivide le abilità linguistiche in cinque aree di sviluppo: fonologico, semantico, sintattico, morfologico e pragmatico. Concentriamoci sulle prime due, che sono quelle che più ci interessano in questa fase (stiamo parlando delle prime parole, non delle prime frasi). Queste aree riflettono i due aspetti della parola: il significante, ovvero il suo suono, e il significato. È da qui che partiremo per individuare i libri più adatti a un bambino che sta imparando a parlare.


Libri che aiutano lo sviluppo fonologico.

Maryanne Wolf descrive lo sviluppo fonologico come la

capacità del bambino di ascoltare, distinguere, segmentare e manipolare i fonemi delle parole.

Nel continuum di suoni e rumori, il bimbo deve imparare a separare e rimettere insieme le unità di senso e naturalmente anche a produrle. I libri che stimolano queste capacità sono quelli in cui la materialità del linguaggio è particolarmente presente, sotto forma di suoni e di ritmo.


Libri di onomatopee.

Può sembrare assurdo, ma uno dei modi migliori per stimolare lo sviluppo linguistico è proporre libri senza vere e proprie parole. Le onomatopee sono divertenti, semplici da capire e da imitare. Il bambino che le ascolta, le impara facilmente e le riproduce volentieri: è il primo passo verso una produzione autonoma di parole. La gratificazione che prova il piccolo che riesce ad anticipare la mamma o il papà nella lettura gli darà la motivazione necessaria a imparare anche parole più complesse.

Da l’uccellino fa a Cosa dice piccolo coccodrillo, via dunque a versi di animali, rumori e suoni più o meno quotidiani.



Libri in rima.

Per prendere confidenza con i suoni delle parole e la loro riconoscibilità, non c’è niente di meglio delle filastrocche e delle poesie in rima.


Scrive Angela Dal Gobbo in Quando i grandi leggono ai bambini:

La rima e le allitterazioni, [...] grazie alla ridondanza dei suoni e alla prevedibilità del ritmo, fanno sì che la mente sia facilitata nell’assimilarle e nel ricordarle. 

Le filastrocche sono un gioco che diverte il bambino (ed è noto che divertimento ed emozioni positive sono importanti acceleratori dell’apprendimento), ma sono anche un perfetto esercizio di stimolazione del linguaggio.

La rima, facilmente memorizzata, fa da richiamo: ascoltando il verso precedente il bambino sa già cosa aspettarsi dal successivo, ed è quindi portato a intervenire, a giocare d’anticipo con la lettura del genitore, e infine a produrre dei suoni.

Da uno a due anni, potete proporre i librettini della Oxenbury, tradotti da Chiara Carminati, maga della poesia per piccoli. Suoi anche Animali DiVersi, che unisce alle filastrocche le onomatopee che descrivono i versi di ogni animale, e A fior di pelle, una raccolta di rime da abbinare a massaggi, solletico e carezze. Non dimentichiamo infatti che il coinvolgimento del corpo e dei sensi è un importante facilitatore dell’apprendimento.

Animali DiVersi

 


Libri che aiutano lo sviluppo semantico.

Se prima abbiamo selezionato libri ideali per stimolare il bambino nella produzione di suoni, ora cerchiamo di accompagnarlo nella scoperta che a quel suono corrisponde un preciso significato, e sempre quello. Proprio come nel gioco del cucù il bimbo impara che l’oggetto esiste anche se non lo vede, così avviene per il linguaggio:

quando per esempio pronuncia la parola “palla”, ha capito che quel suono può sostituire, nella comunicazione con gli altri, l’oggetto reale.

scrive Angela Dal Gobbo.

È importante in questa fase rafforzare la consapevolezza del bambino e le sue scoperte sul lessico: è dal feedback dell’adulto che capisce che le sue prime parole vengono comprese, e la comunicazione funziona.


Libri per la lettura dialogica.

Particolarmente adatti in questo senso sono i libri pensati per una lettura di tipo dialogico, quella in cui c’è una forte interazione tra libro, lettore e ascoltatore.

I libri strutturati in questo senso non hanno una struttura narrativa forte, ma piuttosto illustrazioni ricche di dettagli da scoprire, su cui il bimbo punta il ditino chiedendo il nome dell'oggetto e l'adulto fa domande ("Cos'è questo?").
Anche se il bambino non sa ancora produrre vere e proprie parole, si instaura con questo meccanismo una prima forma di dialogo fondamentale per la relazione tra genitore e figlio, oltre che per lo sviluppo del linguaggio.

Paradossalmente, quindi, per insegnare a un bambino a parlare si rivelano molto utili gli albi senza parole, come i famosi wimmelbuch delle Stagioni di Susanne Berner. Vi sono poi i cosiddetti libri-dizionario (difficile però trovarne di qualità: una bellissima eccezione in Il grande libro delle figure e delle parole di Ole Könnecke che avevo brevemente presentato in questa rassegna di libri per la nascita), o ancora libri che inglobano nel proprio testo le domande che il lettore pone al piccolo, come i cartonati della topina Pina, in cui è il libro stesso a chiedere: “Cosa sta comprando Lella?”, “Cosa sceglie Pina?”.


Il grande libro delle figure e delle parole


Libri interattivi.

Quando un bambino impara, dicevamo, lo fa con tutto il corpo.

Ecco allora che affiancare un gioco o un movimento alla lettura può facilitare l’apprendimento di termini legati magari proprio all’anatomia.

Penso a Morsicotti (che peraltro, con le sue onomatopee, invita anche alla ripetizione dei suoni), che indica le diverse parti del corpo, o a un albo come Dalla testa ai piedi di Eric Carle, in cui il bambino è invitato a imitare i movimenti degli animali, accompagnato dalla formula fissa (e perciò semplice da memorizzare) “tu lo sai fare?”.

Questa tipologia di libri, che prevedono dal bambino una risposta attiva anche a livello fisico, è anche una buona chiave per motivare alla lettura i bambini apparentemente meno interessanti, quelli "che non stanno mai fermi".

Dalla testa ai piedi

Al di là di ogni riflessione su semantica e fonologia, resta una considerazione che va al di sopra di ogni tentativo sviluppato in questo post di trovare una “soluzione” al bambino che non parla: ogni singolo libro letto, qualunque esso sia, stimola il linguaggio, perché un libro letto ad alta voce è ascolto, è emozione, è relazione, è suono e ritmo.

E alla fine, a funzionare meglio non sono i libri con questa o quell’altra caratteristica, ma sono semplicemente quelli che i vostri figli amano di più.



In questo post ho parlato di:

                                     

Gli amici, si dice, sono quelli che conoscono i nostri difetti e ci vogliono bene lo stesso.

Se è così, Nino e Taddeo sono due amici perfetti.

Nino e Taddeo e la torta di lombrichi

Nino & Taddeo e la torta di lombrichi è il seguito di Nino e Taddeo dipingono la primavera, di Henri Meunier e Benjamin Chaud, edito da Terre di Mezzo, di cui avevo parlato qui.

Topo Taddeo e Nino la talpa sono due tra i protagonisti che più ho amato nella letteratura recente per l'infanzia: candidi, solari, positivi, ma anche carichi di ironia, affrontano le loro avventure con una forte consapevolezza del sentimento che li lega l'uno all'altro, sapendo che niente potrà scalfire la loro amicizia. E se questo assunto di fondo ve li fa sembrare stucchevoli, aspettate di leggerli e scoprire la carica comica delle scene narrate.

Nino e Taddeo e la torta di lombrichi

Questo secondo volume immette nella storia meccanismi un po' più complessi, pur rispettando lo spirito dei due personaggi: compaiono riferimenti al libro precedente (ma solo nella prima storia) e nuovi personaggi comprimari.

Il primo episodio vede Nino la Talpa ferito dopo la rottura del suo fidanzamento: si è convinto che la sua amata abbia fatto gli occhi dolci all'attaccapanni (così anche lui è finito fuori dalla porta!). Naturalmente la sua fidanzata era semplicemente cieca quanto lui, e sarà Topo Taddeo ad aiutare l'amico a recuperare un po' di fiducia nel prossimo e in se stesso.

Il culmine del libro lo si raggiunge nell'episodio centrale, una sorta di gara culinaria a tema "torta di lombrichi", una sorta di "Masterchef" con tanto di simpatici giudici.

Nino e Taddeo e la torta di lombrichi

Cosa combinerà Nino la Talpa mescolando ingredienti a caso?
Come nel primo volume, anche qui l'aspetto umoristico della storia è dato dagli equivoci generati dalla cecità di Nino, e anche questa volta testo e immagini lavorano insieme per far emergere il contrasto tra ciò che Nino vede e ciò che Nino effettivamente fa.

Solo guardando l'illustrazione, ad esempio, scopriamo che Nino non sta utilizzando, come dice di fare, della farina, ma del cacao.

Nino e Taddeo e la torta di lombrichi

Infine, i due si preparano alla festa di Riccio, che invita gli amici prima del letargo.

Qui esordiscono nuovi personaggi, come la vanitosa Donnola, e nuovi tormentoni, come i dialoghi continuamente interrotti che lasciano la curiosità del lettore appesa fino alla conclusione.

Cosa ci sarà nel regalo della donnola? E in quello di Nino? Il lettore sa che dovrà aspettarsi qualcosa di diverso da quanto la talpa ha dichiarato, e non resterà deluso.

Nino e Taddeo e la torta di lombrichi

Topo Taddeo, come sempre, protegge Nino dalle conseguenze della propria cecità, e lo fa in modo sempre discreto, senza cercare ringraziamenti ma solo la felicità dell'amico.

Ancora una volta, una storia fatta di buoni sentimenti, senza rinunciare alle risate.

 Una torta di lombrichi

Se dopo aver letto vi viene voglia di stupire i vostri bambini con una vera (insomma, quasi) torta di lombrichi, sul web trovate tante ricette, tutte a base di cioccolato e vermetti gommosi.

Quale preferite? La versione cupcake con gli Oreo?

cupcake oreo

Oppure la vera e propria torta di lombrichi con crema al cioccolato?

torta di lombrichi


Forse a voi non sembrano appetitose, ma sono sicura che Nino e Taddeo apprezzerebbero.


 

È in qualche modo rassicurante ritrovare personaggi conosciuti. Sembra di incontrare di nuovo un vecchio amico, con cui si sono trascorsi momenti speciali.

Ma non sempre le persone (e i personaggi) che incontriamo sono uguali a se stesse.

Le signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi è il seguito di La signora Lana e il profumo della cioccolata di Jutta Richter, anch'esso edito da Beisler: qui ritroviamo Merle e Moritz, con molti misteri ancora da risolvere.

Li ritroviamo più grandi e più consapevoli, e ne percepiamo la crescita interiore: di fatto, della misteriosa signora Lana, di Fanciullopoli e del padre lontano non sanno molto di più di quanto sapessero nel primo volume (sono addirittura convinti che il loro viaggio oltre la porta magica fosse stato un sogno), ma si accostano a un nuovo viaggio con meno timori e più sicurezza.

Le signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

Questa volta, il viaggio a Fanciullopoli è dettato da un'emergenza: Sebastian, un compagno di scuola dei bambini, è stato rapito, probabilmente proprio dai terribili gnomi zannaguzza.

Ad accompagnare i bambini sono due ombrellini di carta che la bambinaia Nuvolana Wolkenstein ha piazzato sulla loro cioccolata calda e che, all'occorrenza, crescono e si trasformano in strumenti di volo.

Le signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

La prosa della Richter, ben resa dalla traduzione armonica di Bice Rinaldi, ci accompagna nel mistero, accompagnata dalle illustrazioni cupe e contrastate di Günter Mattei, lasciandosi andare però ad alcuni momenti di leggerezza, come anche ad alcune citazioni, come il pupazzo di Fùcur, il fortunadrago della Storia Infinita, nel negozio di giocattoli.

Le signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

Nonostante la presenza di personaggi ambigui, la sensazione è che i due bambini non si trovino mai davvero in pericolo, questa volta, grazie al sostegno di aiutanti come la volpe Lacrima d'Argento, che manda loro dei messaggi attraverso le ali di speciali falene.

Le signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

Se l'avventura alla ricerca di Sebastian si conclude, quasi tutti i nodi principali del mistero restano ancora aperti. Salutiamo Merle e Moritz con un arrivederci, in attesa dell'ultimo episodio della trilogia.


PS: per lettori alle prime armi, La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi viene distribuito con la formula Leggi e ascolta di Beisler, con audiolibro a supporto, di cui vi avevo parlato qui.


 

Si incontra sempre una certa distanza emotiva, nel raccontare i fatti storici.

La guerra, quella che si studia sui libri, appare sempre lontana, non solo nel tempo, ma soprattutto nei sentimenti. Le scelte di re, dittatori e presidenti non ci appaiono come materia viva e pulsante. Lo sono invece le singole guerre, quelle vissute dalla gente comune, le loro storie singole e singolari.

La guerra di Becky

È forse questo il modo più efficace di raccontare l'Olocausto ai bambini, ed è quello che fa Antonio Ferrara, narratore con un occhio particolarmente sensibile sulla storia, con La guerra di Becky, edita per la collana Le Rane di Interlinea (sullo stesso tema e dello stesso editore, vi avevo già parlato di Il violino di Auschwitz).

La guerra di Becky

Becky racconta le proprie vicende in prima persona: il suo è una sorta di diario, seppur non dichiarato.
La sua storia è quella di una famiglia ebrea che fugge dai bombardamenti su Milano e si rifugia nell'albergo di proprietà del padre a Meina, sul Lago Maggiore. Qui le SS imprigioneranno lei e altri ospiti ebrei dell'albergo. Becky racconta la reclusione, stipata con gli altri in una piccola stanza d'albergo, l'amicizia con un ragazzo, l'eccidio dei suoi compagni di prigionia, la fuga verso la Svizzera.

È la tragedia nota come Olocausto del Lago Maggiore, una delle più grandi stragi di ebrei in Italia.

La guerra di Becky

È crudo La guerra di Becky, non fa sconti a chi legge.
Dietro a una sintassi semplice, con cui Ferrara dà voce alla ragazzina, nasconde verità difficili. Non tace la morte dell'amato cane, né quella di un amico che era diventato per lei un punto di riferimento.

Non scava in profondità, la voce di Becky: non ce n'è bisogno.
Sono già abbastanza intensi i fatti, nella loro esposizione più semplice e lineare, e l'espressione limpida dei suoi sentimenti di paura e di speranza.

La guerra di Becky

A dare respiro a una narrazione così pregna di tensione, le illustrazioni dello stesso autore, che affiancano ognuno dei brevi 28 capitoli di cui si compone il romanzo: sono perlopiù dettagli e ritratti, quasi mai quadri più ampi, quasi a voler stringere il punto di vista sulle prospettive così ridotte di una bambina ebrea. I volti si fanno caricature, a esprimere la disumanità dei soldati da un lato, l'intensità delle vittime dall'altro.

C'è una lucida consapevolezza di sopravvissuta, nelle parole di Becky: un finale che non può dirsi lieto, ma che racconta di un mondo che quella follia l'ha superata e che forse, se ne manteniamo viva la memoria, saprà non ripeterla più.


 
A proposito di libri educativi o diseducativi e di leggere per il solo piacere di farlo, ecco un albo che rispecchia perfettamente questa filosofia.

gattaccia maledetta

Gattaccia maledetta nasce dalla matita ironica di Tony Ross e, ve lo dico subito, non porta ai vostri bambini un modello educativo esemplare. In Italia l'albo è pubblicato da Camelozampa, casa editrice attenta a fornire punti di vista inediti, e sempre dalla parte dei bambini.

gattaccia maledetta

La gattaccia in questione si chiama Susy, o meglio, "Gatta Susy Baggot" (divertente e ben misurata la traduzione di Sara Saorin) e ne combina di tutti i colori, dai graffi sul divano alla pipì nella sacca da golf di papà, e ogni volta viene apostrofata allo stesso modo: "gattaccia maledetta!".

gattaccia maledetta

E se a un certo punto della narrazione vi sorgesse il dubbio che Susy subisca delle ingiustizie, niente paura: l'autore ci tiene a sottolineare che se tutti danno la colpa alla gatta è  

anche perché di solito era proprio colpa sua.

gattaccia maledetta

Poi, la svolta: un giorno Susy smette di mangiare e bere. Sarà malata?

La famiglia Baggot si preoccupa, e lo fa anche il lettore. Improvvisamente proviamo compassione per questa gatta così dispettosa e irriverente.

gattaccia maledetta

Quando torna, dopo alcuni giorni dal veterinario, Susy viene celebrata e trattata con ogni possibile riguardo. Nessuno la sgrida più e le viene offerta la pappa migliore. Cosa sia sucesso davvero lo sa solo lei, ma lo scoprirà anche il lettore, quando la "gattaccia" lo confesserà al cane dei vicini.

È un po' la natura dei gatti, in fondo, quella di essere parac... ehm... molto attenti ai propri bisogni prima di ogni altra cosa. In questo senso Gattaccia maledetta racconta bene, seppur con qualche iperbole, l'animo animale e in fondo anche la furbizia e i sotterfugi dei bambini, che a volte si lasciano sfuggire una lacrima di troppo solo per avere qualche coccola extra. 

Il libro non dà giudizi, si limita a raccontare, ma non mancherà di stimolare emozioni e sensazioni contrapposte: il senso di ingiustizia, un po' di comprensione.

Quello che non ci si aspetta, in un libro per bambini, è che un furbetto la faccia franca, alla faccia del karma e della morale. Ma è la vita, è la letteratura. Non deve per forza finire come ci aspettiamo.
 


Avete presente quello stato d'animo che ci prende a volte, quando un elemento comico si introduce in un contesto drammatico?
Avete mai riso a una battuta di un amico, a un funerale, sentendovi in colpa per il contrasto tra le emozioni provate? Avete mai pensato, in circostanze luttuose, a quanto fosse bello avere un'occasione per sentirvi emotivamente e fisicamente vicini a parenti o amici che non vedevate da un po'? La conoscete quella sensazione di essere tristi e felici, in colpa e sollevati al momento stesso? 

Ecco, I tre funerali del mio cane, di Guillaume Guéraud, restituisce esattamente quell'atmosfera: c'è il dramma della perdita dell'amico a quattro zampe, il clima mesto che si addice a un funerale, ma c'è anche la presenza degli amici, che porta calore e conforto, e una serie di equivoci e contrattempi dal taglio umoristico che smorzano la mestizia della narrazione e restituiscono al romanzo quel clima così strano e così sospeso di questi momenti.
 
I tre funerali del mio cane

Edito da Biancoenero nella collana MaxiZoom, che raccoglie brevi romanzi ad alta leggibilità dedicati ai lettori tra 11 e 14 anni I tre funerali del mio cane, racconta la storia di Nemo, che si trova ad affrontare la morte del suo fedele amico Babino, investito davanti a casa.

I tre funerali del mio cane
 
Nemo si trova ad affrontare una situazione nuova, sia emotivamente, sia materialmente: non era pronto a salutare il suo cane, né è in grado di gestirne l'addio: come si fa un funerale? Dove si potrà seppellire il cane?
Attorno a Nemo si muovono altre figure che danno al racconto una coralità rassicurante: la famiglia di Nemo – papà, mamma e sorella – e i tre amici Morgana, Nadir e Giulio (per Morgana, Nemo ha un debole, anche se questa simpatia non si manifesterà mai esplicitamente nel corso della narrazione).

Nessuno di loro prende in giro Nemo per il suo dolore o lo sminuisce: Babino era parte della famiglia, ma anche del gruppo di amici, e sono tutti sinceramente tristi per la sua scomparsa. La condivisione del dolore rassicura Nemo, che si sente capito. Ognuno a modo suo, tutti daranno il proprio apporto all'estremo saluto del cane.

In questo filo narrativo così triste si innestano però momenti dal sapore comico: sono gli equivoci, gli errori e i contrattempi che portano alla ripetizione del funerale, circostanza che dà il titolo al libro.

Riso e pianto si uniscono e si fondono tra loro in una cosa sola, in una narrazione leggera e profonda al tempo stesso. Come nel lutto. Come nella vita.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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