Se siete genitori e lettori probabilmente questa domanda ve la siete posta: quando si inizia a leggere a un bambino? (risposta facile: subito).
Meno frequente, ma altrettanto importante, è invece la domanda opposta: quando si smette?
Condividere un libro viene spontaneo quando un bambino non sa ancora leggere in autonomia, ma accade spesso che questa bella abitudine svanisca non appena inizia l'età scolare.
Questa idea è figlia di una mentalità binaria, secondo la quale la capacità di leggere è come un interruttore on/off: si è capaci di leggere oppure no. Ma dipende anche da un concetto performativo della lettura, legato soltanto a una capacità : si legge ad alta voce così come si imbocca con il cucchiaio durante le prime pappe, come se l'unico motivo per cui si legge a un figlio fosse che lui, appunto, non può farlo da solo.
Ma se ci pensiamo, sappiamo bene che condividere il momento della lettura è molto più di questo.
Dunque, perché è importante leggere ai bambini ad alta voce anche dopo che hanno imparato a leggere?
Le motivazioni che ho individuato riflettendo e cercando tra la letteratura di riferimento sono davvero moltissime. Ho provato a suddividerle in due macro-aree ed entrambe hanno a che fare in qualche modo con l'amore per la lettura.
1. Leggere insieme non è soltanto leggere
2. Il bambino sa leggere, ma non sa ancora leggere
Se seguite il mio blog, probabilmente i vostri figli sono già abituati all'ascolto. Con ogni probabilità sono arrivati alla scuola primaria già in grado di seguire brevi romanzi a capitoli, o perlomeno lunghi albi illustrati dalla struttura un po' complessa.
Ora, pensate al tipo di libro che è in grado di affrontare un bambino che ha appena imparato a leggere: sarà probabilmente un albo breve, con poche parole scritte in stampato maiuscolo. Lo scarto tra le storie che il bambino ama ascoltare e quelle che è in grado di leggere in autonomia è molto ampio.
Abbandonarlo alla lettura autonoma significa allontanarlo dal piacere del testo, condannarlo a faticare (perché leggere è faticoso!) per arrivare alla conclusione di una storia che tutto sommato gli lascia poco, che è molto al di sotto delle sue capacità emotive e cognitive di ascoltatore.
Ora, provate a guardare le parole qui sotto senza leggerle:
NON LEGGERE
Non ci siene riusciti, vero? Forse proprio per questo automatismo ormai acquisito da tanti anni fatichiamo a pensare a quanto leggere, all'inizio, possa essere difficile.
Imparare a leggere non è solo questione di saper decodificare le lettere, ma coinvolge una serie di capacità che richiedono molto tempo per essere acquisite.
Ce lo insegna splendidamente Maryanne Wolf nel suo Proust e il calamaro:
La fluidità non è solo questione di velocità : riguarda il fatto di riuscire a usare tutte le cognizioni speciali che il bambino possiede su una parola – le lettere e gli schemi di lettere, i significati, le funzioni grammaticali, le radici e le desinenze – abbastanza rapidamente da avere il tempo di pensare e capire.
E accanto al riconoscimento della parola, ci sono tutti i collegamenti intra e intertestuali, il saper cogliere figure retoriche come metafore e ironia, non ultima la capacità di capire che dietro una frase c'è qualcosa di più e che per comprenderla è necessario rileggerla una seconda volta (come probabilmente avete fatto con il titolo di questo paragrafo): tutte operazioni complesse, che il lettore neofita non riesce a compiere, perché il suo cervello è già impegnato nell'attività di decodifica.
Anche Aidan Chambers, grande autore e promotore della lettura, nel suo Il lettore infinito, prova a stendere un elenco delle competenze che un adulto può trasmettere al bambino leggendo per lui. Tra queste c'è anche la capacità di capire come funziona un testo, come è costruito, cosa ci possiamo aspettare, ma anche la scoperta del pathos della pagina scritta, con il ritmo, lo stile, le voci dei personaggi, l'interpretazione che il lettore può aggiungere al testo:
Dato che il processo con cui si riporta in vita la pagina scritta avviene nella mente del lettore, e non può quindi essere mostrato, la cosa migliore che possiamo fare per far rivivere questa magia è leggere ad alta voce, in modo che gli ascoltatori percepiscano tutte le emozioni che i lettori sperimentano attraverso la lettura.
Si tratta di coltivare la cosiddetta "zona di sviluppo prossimale", mostrando al bambino qualcosa che non è ancora nelle sue competenze ma gli è già comprensibile e che potrà gradualmente padroneggiare, anche grazie all'osservazione di chi è più abile di lui.
Silvia Blezza Picherle, citando a sua volta Jim Trelease, sintetizza efficacemente gli obiettivi che si possono raggiungere leggendo a un bambino.
L'esecuzione orale permette quindi di raggiungere una serie di importanti obiettivi: a) crea un legame tra lettura e piacere, poiché i bisogni umani sono centrati su quest'ultimo; b) costruisce un bagaglio di conoscenze utili per effettuare le inferenze necessarie per leggere; c) permette di riconoscere i suoni delle parole e di arricchire il vocabolario; d) propone un modello di lettura e alimenta la motivazione a voler imparare a leggere.
[Formare lettori, promuovere la lettura]
Insomma: a dispetto di quello che molti pensano, cioè che smettendo di leggere per loro, i bambini si sentano spronati a farlo da soli, è importante proseguire nell'abitudine della lettura ad alta voce anche in età scolare.
La risposta alla domanda "quando smettere di leggere?" è quindi "più o meno quando il bambino si chiuderà in camera a chiave perché vorrà leggere soltanto per conto suo".
Perché leggendo ai bambini non doniamo soltanto la nostra voce, ma anche il nostro amore per i libri.
Per chi vuole approfondire, questi i libri che ho citato in questo post: