Nuvole in scatola
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Si fa presto a dire "Se non fai il bravo arriva l'orco e ti mangia".
Ma pure questi poveri orchi avranno diritto a un pasto decente, a un bambino cucinato come si deve!


Per fortuna c'è Il libro del cibo sano e appetitoso dell'orco che insegna loro come cucinarli al meglio per non mangiare sempre la solita minestra!
Edito nel 2007 da Le Rane di Interlinea, Il libro del cibo sano e appetitoso dell'orco, del russo Grigorij Oster è capitato tra le mie mani solo poco tempo fa, mentre sbirciavo tra gli scaffali della mia biblioteca, e mi ha immediatamente strappato una risata,  a cominciare dalla doppia introduzione: una per i genitori ("Che non vi venga in mente di leggerlo ai bambini prima di andare a letto!"), e una per i bambini ("Non accettate mai, per niente al mondo, di ascoltare la lettura di questo libro").

Il libro del cibo sano e appetitoso dell'orco è, insomma, un libro che implora di non essere letto, e già da questo dettaglio è evidente la cifra ironica della sua scrittura.
Non solo: nella sua introduzione per bambini, viene detto chiaramente che gli orchi non mangiano soltanto i bimbi maleducati, anzi: quelli educati gli piacciono ancora di più. E così fughiamo anche i sospetti di filosofie moraleggianti che potrebbero nascondersi tra le righe.

No: si tratta di un libro nato per il puro divertimento.


In una trentina di pagine, si susseguono una serie di ricette brevi e veloci su come cucinare varie categorie di bambini, dall'antipasto al dolce.
C'è lo "spezzatino di vandali", il "cocco di mamma sciroppato", l'"insalata di permalosi e permalose".


Le ricette prevedono, oltre ai bambini, degli alimenti comuni e a volte utilizzano come ingredienti le caratteristiche stesse dei bambini da cucinare: le "bambine in salamoia" si saleranno con le loro stesse lacrime, mentre nel "brodo di sbadatoni" sono essenziali, per insaporire, le cianfrusaglie dimenticate in tasca.

I paragrafi sono brevissimi e le illustrazioni di Cecco Mariniello divertenti e mai paurose: i bimbi cucinati hanno sempre un'espressione più stupita che terrorizzata.


Nessun moralismo, nessuna "lezione di educazione": in questo libro simpatizziamo per l'orco non perché punisce i bambini, ma perché è uno chef creativo.

È insomma una lettura tutta da ridere (magari immaginando qualche amichetto dispettoso come protagonista), semplice e stimolante anche come prima lettura autonoma, e perfetta (anche se siamo fuori stagione) per una festa di halloween.

Da accompagnare rigorosamente a un menu a tema. No, non sto parlando di cucinare bambini, ma di mettere in tavola qualche alimento ben mascherato.

Che ne dite di qualche ottimo bulbo oculare (mozzarella e olive)?


Fonte: dabbled.org

Sono ottimi anche in versione dolce: panna cotta e kiwi in salsa di sang... ehm, di fragole.

Fonte: instructables.com

E come piatto forte, degli ottimi hot dog di indici.
Fonte: saltycanary.com

Chiamatelo pure finger food. ;)

Il mio tempo di addormentamento, dal momento in cui appoggio la testa sul cuscino e chiudo gli occhi, va in media dai sette ai quindici secondi: nemmeno il tempo di contare qualche pecora.
Ma per i bambini, specialmente quelli piccoli, il viaggio verso il sonno è lungo e impegnativo.
È faticoso lasciar andare i giochi e i sorrisi di mamma e papà.
È faticoso rielaborare tutte le informazioni di una giornata.
E fa un po' paura entrare in quel mondo in cui non sai mai quello che sogni.


Ci sono per fortuna strategie che possono aiutare, come quella di instaurare una routine che accompagni il bambino verso la nanna: un libro, una canzone, il bagnetto, il pigiama, le luci abbassate e così via: ogni famiglia ha una sua "ricetta", che si ripete ogni sera allo stesso modo, per rassicurare il bambino e rilassarlo.

È questa routine la protagonista di Buon viaggio piccolino di Beatrice Alemagna, uscito nel 2013 per Topipittori e già, nel suo genere, un piccolo classico.

In Buon viaggio piccolino, il rito della nanna si trasforma nella mente del bimbo, che parla in prima persona, nel preparativo per un viaggio.



Il bimbo parte sempre alla stessa ora, prepara nella sua valigia tutto quello che gli serve: il libro (l'avete riconosciuto?), il ciuccio, un amico (un pupazzo a forma di pesce).


I preparativi sono a volte più fantasiosi, a volte più aderenti alla realtà: c'è la mamma che lo prende in braccio, ma c'è anche la magnifica "tenuta da viaggio" (il pigiama) che gli mette il papà.


Il ritmo è lento, le illustrazioni quotidiane, serene e dense di gesti d'affetto.
Il protagonista racconta un'avventura, ma lo fa con toni tranquilli, che conciliano la calma, e con immagini in cui ogni bimbo si può riconoscere.

Il riconoscimento nel protagonista e la familiarità dei toni della narrazione sono senza dubbio la chiave di successo di questo piccolo albo, fatto di mani, di abbracci, di colori e tratti caratterizzati ma poco invadenti, e soprattutto di presenza: quella dei due genitori, che accompagnano il bambino in questo viaggio.


La nanna diventa così un momento atteso, e non da fuggire, una piccola avventura semplice da vivere fino a che la mamma "accende il motore" (il carillon) e il piccolo parte.
Buonanotte.


Imparare a leggere non è solo una questione di decodifica delle lettere, delle parole e dei sintagmi. Bisogna anche saper interpretare le informazioni e rapportarle a un contesto, correlare gli elementi del testo alla realtà circostante, assegnare la giusta voce a ogni frase di un dialogo.
Non sempre i libri scolastici riescono a dare una preparazione completa in questo senso. L'unico allenamento possibile è leggere, leggere, leggere.
Leggere divertendosi, però, funziona di più.


La grande rapina al treno di Federico Appel è all'apparenza un libro "facile" da leggere: non troppo verboso, con frasi semplici dal punto di vista sintattico (il testo è composto unicamente da dialoghi diretti) e stampato con font ad alta leggibilità.
Ma la sua cifra stilistica, così originale, lo rende una palestra perfetta per allenare quelle abilità laterali alla lettura e riflettere contemporaneamente sulle diverse modalità comunicative di un libro.

Ok, forse l'ho fatta troppo complicata.
Ricominciamo da capo.

La grande rapina al treno (Sinnos editrice) è un libro dinamico, avventuroso, ma soprattutto unico nel suo genere.
Le sue pagine percorrono i vagoni di un lungo treno: l'illustrazione sembra una ripresa da una camera fissa, per cui ogni doppia pagina diventa uno sguardo su uno o due diversi vagoni. Sembra quasi che, se il libro si potesse aprire a fisarmonica, potremmo vedere il treno in tutta la sua lunghezza. In realtà le pagine non seguono l'ordine dei vagoni e l'inquadratura scorre avanti e indietro secondo le esigenze narrative.


Il testo, come dicevo, è composto da soli dialoghi, e dal momento che ogni doppia pagina mostra numerosi personaggi, sta al lettore interpretare chi sta dicendo cosa (a questo mi riferivo con la digressione iniziale).

Protagonista è un bambino, che la zia accompagna in un viaggio in treno.
Dai suoi occhi vediamo accadere qualcosa di insolito: il treno viene preso d'assalto dalla famigerata "Banda dei Tredici", tredici banditi tra cui donne, uomini e animali.

L'azione è incalzante e necessita di attenzione e intuizione per essere seguita a dovere: non solo bisogna capire chi dice cosa, ma anche in che punto del treno ci troviamo, cosa non del tutto scontata, dal momento che i passeggeri, per una serie di ragioni, si spostano da un vagone all'altro. Ad aiutarci, i numeri sui vagoni, che permettono di orientarci nello spazio.


Le pagine, dato il formato tascabile, sembrano contenere a fatica la grande quantità di dinamismo e di avventura della storia. L'effetto è quello di una scena d'azione incalzante e dirompente.
La visuale è limitata, perché dalla nostra inquadratura riusciamo a sbirciare dentro il treno soltanto dai finestrini, ma non solo: bisogna fare attenzione anche a quello che accade sopra il treno.


E davanti.


E perfino tra un vagone e l'altro.


Oltre ad essere un buon libro per un lettore in erba, La grande rapina al treno si presta anche ad essere letto e riletto più volte, per comprenderne meglio i dettagli, ma anche per seguire le vicende dei personaggi minori (presentati prima dell'inizio della vicenda), che a una prima lettura vengono necessariamente trascurati per meglio seguire il fulcro di questa storia rocambolesca, che vede in primo piano, oltre al bambino protagonista, un pellerossa e un orso.

E sì, c'è posto anche per l'amore.

A leggere questo libro, viene una gran voglia di prendere un foglio lungo lungo e ridisegnare tutto il treno, per provare a mettere in scena l'azione su uno spazio diverso.
Ma sapete che si può creare un lungo treno di carta con la stessa tecnica degli omini che si tengono per mano?
Basta avere un paio di forbici e una lunga striscia di carta.
La striscia andrà piegata a fisarmonica lasciando da un lato un bordo più lungo, dove disegnare la locomotiva.


Sulla fisarmonica, si disegnerà metà vagone, con la sua ruota, il suo mezzo finestrino, e il suo raccordo.


Un colpo di forbici.


E aprendo la fisarmonica si riveleranno tutti i vagoni che avete creato. Pronti per disegnarci la storia che volete.
E se vedete la Banda dei Tredici, tenete ben stretti borse e portafogli!


Se ripenso al giardino dei miei, nei miei giochi da bambina, lo rivedo popolato di aberi e piante che oggi non ci sono più, ma anche di animali e persone e costruzioni che non ci sono mai stati.
La fantasia dei bambini è in grado di creare mondi che ai loro occhi sono reali almeno quanto il nostro.
Motori potentissimi di questi generatori di storie e microcosmi sono tre: la noia, la solitudine e la natura. E di noia e solitudine vediamo qui l'accezione positiva, come tempo non strutturato, libero da schemi e obblighi verso cose o persone: quel tempo, insomma, tutto da costruire.


Questo tempo diventa racconto nelle parole di Susanna Mattiangeli, illustrate da Felicita Sala in Il posto segreto (edizioni Lupoguido).
L'albo si apre su una camera vuota, o meglio: piena di segni di una presenza passata.
Qualcuno chiama Arianna, che non risponde.


Arianna è nel suo "posto segreto", un bosco in mezzo al parco, dove vive da molto tempo, come vivrebbe un esploratore, o forse un selvaggio: dorme su un letto di foglie, si veste di piume, si scalda al fuoco.
Con lei, lo Strano Animale che Arianna ha incontrato.
Docile e amichevole, lo Strano Animale non parla: è Arianna a interpretare le sue intenzioni.


Mentre le parole descrivono un luogo irraggiungibile, nascosto e separato dal resto del mondo da grovigli di rami, le immagini ce lo mostrano lì, a un passo dalla vita comune dei comuni visitatori del parco.
È un'altra caratteristica tipica dei giochi dei bambini: basta una tenda di foglie, un ramo che nasconde, e il proprio luogo, il regno dove la nostra fantasia costruisce mondi, diventa una realtà a sé, completamente separata dalle logiche comuni. Ignare, le altre persone conducono la propria vita come nulla fosse.
Il posto segreto di Arianna è al sicuro: è inaccessibile, perché è dentro di lei.


Il suo è un regno dove le piccole cose diventano tesori.
Le vediamo in una grande immagine a doppia pagina, e le ritroviamo nei risguardi del libro: elementi naturali e piccoli oggetti lasciati dall'uomo, così protagonisti dell'illustrazione, vengono caricati del ruolo che la bambina dà loro: elementi preziosi per l'osservazione, la creazione, la sopravvivenza di quel mondo così suo.


Una voce chiama Arianna, la invita a tornare a casa: porterà con sé anche lo Strano Animale? O lo lascerà lì, per continuare a immaginare una storia nuova al suo ritorno?

Il posto segreto intreccia incastri di mondi che appaiono complessi ma sono naturali in ogni bambino: il mondo reale, il mondo immaginato, il mondo disegnato da Arianna su un foglio, alla fine dell'albo. Hanno tutti elementi che li richiamano l'uno all'altro ed è difficile dire dove finisca il vissuto e dove inizi l'immaginato.
Il testo non lo dice mai, lasciando ampi spazi da riempire, da inventare, come se lo stesso atto di leggere il libro fosse a sua volta un ulteriore mondo che si inserisce tra quelli vissuti e creati dalla protagonista.

Ad esclusione dello Strano Animale (che non a caso non vediamo mai nella sua interezza), le illustrazioni non ci presentano mai elementi irreali, ma con un sapiente uso dell'inquadratura e della prospettiva, sanno dare agli elementi raffigurati un valore che va oltre il reale ed è quello delle storie immaginate: intrichi di rami che separano magicamente spazi vicini, foglie, pigne e piume che viste così da vicino si trasformano in oggetti imprescindibili, di vitale importanza.

Il posto segreto è quel gioco a cui abbiamo giocato tutti, che sa creare in un posto vicino e con cose quotidiane un luogo inaccessibile ricco di tesori.

Trovare tesori nella natura è un talento tutto bambino, con cui è bello giocare.
E forse non saremo capaci di cucire un vestito di piume, ma possiamo perlomeno creare un braccialetto, con questi tesori.
È semplice e veloce: bastano un paio di forbici e un po' di nastro adesivo telato o nastro americano (il cosiddetto "duct tape": se ne trovano di tutti i colori).


Si avvolge un anello di nastro attorno al polso, lasciando all'esterno la parte appiccicosa, ed ecco fatto: si può iniziare ad esplorare la natura appiccicandosi al bracciale ogni piccolo tesoro incontrato.


Il bracciale può essere un modo pratico di portare con sé i tesori trovati, oppure può essere riempito a piacimento di fiori, legnetti, sassolini e quant'altro per diventare un bracciale decorativo.


Nel mondo della fantasia, sarà sicuramente un bracciale pieno di poteri magici.


 
Il piccolo D salta come una scimmietta, la piccola M a volte urla come un'aquila, il Piccolo T, la mattina, è lento come un bradipo. Sì, devo ammettere che a volte lo penso anch'io: la mia casa è uno zoo.



Ma quella di Carlotta, protagonista dell'albo che si intitola appunto La mia casa è uno zoo, è tutta un'altra cosa.
Lo si vede subito, perché la casa è l'unico edificio in mezzo a tantissime gabbie: Carlotta abita infatti in mezzo a un vero zoo. Ma dopo questa introduzione, di gabbie, nel libro, non se ne vedono, perché gli animali girano liberi e scandiscono la giornata di Carlotta, che si fa svegliare da una giraffa, fa colazione in cucina con gli orsi, si lava i denti in bagno con il coccodrillo.
Il testo di Sylvia Vanden Heede racconta questi gesti quotidiani con ritmo e semplicità. La traduzione inciampa forse un po' sulle rime, che a volte ci sono e a volte no, a volte chiudono il paragrafo, a volte sono in mezzo (sarebbe interessante un confronto con l'originale, ma con l'olandese non me la cavo molto bene).


Ma è nelle illustrazioni di Pieter Gaudesaboos (che avevamo già conosciuto con Terra in vista e Il bell'addormentato) che il lettore può liberare il suo stupore.
Con la sua tecnica mista tra digitale e collage e i curiosi effetti di prospettiva, dallo stile anni '50, riempie pagine di dettagli e personaggi, tanto da avvicinarsi alla logica dei wimmelbuch, quei libri senza parole, in cui cercare le storie nei tanti particolari.


La mia casa è uno zoo (edizioni Sinnos) ha una struttura impaginativa binaria: a sinistra una pagina "pulita", dal colore pieno, con il testo al centro, a destra la ricca illustrazione che trasmette il caos e il divertimento di una bimba che, in mezzo a tutti questi animali, ha sempre qualcosa da fare.

La lettura, dunque, va oltre il testo, che si limita a descrivere le azioni della giornata, e diventa lettura dell'immagine, sempre nuova perché lascia scoprire ogni volta qualcosa di diverso.
A sottolineare questa modalità di fruizione, un piccolo quiz che chiude ogni pagina di sinistra: sotto l'icona di un pinguino con la lente d'ingrandimento, il libro invita a cercare nell'illustrazione alcuni dettagli, come animali che compiono determinate azioni o che sono vestiti in un certo modo (le soluzioni sono in fondo al libro).


Non mancano i richiami tra una pagina e l'altra, tanto che alla fine è il libro stesso a chiudersi con un gioco in più, invitandoci a ricostruire la storia di alcuni personaggi minori, che ricorrono tra le figure.

A ben guardare le illustrazioni, e a paragonarle con il mio salotto, mi rendo conto che la mia casa forse non è uno zoo, ma è sicuramente un wimmelbuch.
Per fare un po' di ordine tra i giochi sparsi, si può prendere ispirazione proprio da uno zoo, e creare una "gabbia" dove riporre gli animali di peluche.


Ve la faccio vedere qui in versione mignon, "da post", in cartone, ma in rete potete trovarne di ogni dimensione e materiale (guardate ad esempio qui o qui per delle grandi gabbie in legno).

Comunque: per la mia versione procuratevi una scatola, delle dimensioni che volete.


Ritagliate dai lati dei rettangoli in modo da creare delle "sbarre" e con i bimbi dipingete l'insegna "Zoo".


Infine, se la vostra gabbia è abbastanza grande, popolatela di tutti gli animaletti che girano per casa (no, quelli a due zampe lasciateli fuori!).


C'è la noia dell'attesa, l'ansia per quello che sta per succedere, la necessità di stare zitti e buoni per non disturbare le altre persone: le sale d'aspetto non sono esattamente il posto ideale per un bambino, vero?


Con Sono il quinto (edizioni Babalibri), però, Norman Junge ed Erst Jandl riescono a trasformare una sala d'aspetto in un territorio di emozioni, misteri e giocattoli.
L'albo, in formato orizzontale, vede a sinistra pagine bianche di solo testo (davvero essenziale) e a destra pagine illustrate, piene, dal colore intenso.


Quella che vediamo è una sala l'attesa. È cupa, spoglia, illuminata soltanto da un lampadario che oscilla, quasi fosse vivo, ogni volta che la porta si apre.
Allineati sulle sedie, timorosi, siedono cinque giocattoli un po' ammaccati. Non si parlano tra loro.
L'unica voce che sentiamo è quella del piccolo Pinocchio dal naso rotto. Capiamo che è lui soltanto perché dice

sono il quinto


Uno alla volta, i giocattoli entrano. Dalla porta esce una luce calda, ma non si vede cosa c'è dentro.
È alto il senso dell'attesa, del mistero.
I visi dei giocattoli passano dal timore alla perplessità, con qualche sorriso ogni tanto. Sembrano farsi più nervosi man mano che si avvicina il loro turno.


La voce del piccolo Pinocchio non commenta, non si esprime, fa solo un conto alla rovescia, scandisce l'ordine di entrata:

porta aperta
esce uno
l'altro dentro


Dalla porta i giocattoli escono aggiustati e sorridenti. Per i bimbi è anche un gioco delle differenze: com'è ora il giocattolo? com'era prima?

In Sono il quinto non c'è un vero e proprio colpo di scena finale (questo deluderà forse i lettori più grandicelli), soltanto un dottore sorridente che aspetta dietro la porta, quando il turno del piccolo Pinocchio è arrivato e finalmente può vedere oltre quel varco che era rimasto fuori dalla sua portata.
Ma il tono di voce del giocattolo, che dà del tu al medico, il sorriso del dottore e i tanti nasi di ricambio che aspettano di essere usati sono in qualche modo rassicuranti, così come il colore, ora caldo, che si contrappone all'atmosfera tetra della sala d'attesa.

Passa il messaggio che a volte è l'attesa il momento peggiore, e che quel che viene dopo spesso è più semplice di come pensiamo.
Passa una sensazione di comprensione verso tutti quei sentimenti che possono attraversare l'animo prima di una visita: se anche i giocattoli contano "quanto manca", e scrutano, e si preoccupano, probabilmente è normale così.
E soprattutto passa il senso del gioco, dell'osservazione, della rilettura per scoprire nuovi dettagli.

E l'attesa del dottore, improvvisamente, diventa magia.

E a casa, ce l'avete qualche giocattolo rotto o malato? Per finta, s'intende.
Se volete allestire un reparto ortopedicoludico, ecco come preparare

il gesso per giocattoli


Basta della garza, un contenitore, e, come nelle migliori tradizioni, lei: la colla vinilica. Fatto? ;)



Nel contenitore, diluite la colla vinilica con un po' d'acqua.
Prendete poi la bambola fratturata (possibilmente di plastica: i peluche potrebbero danneggiarsi irrimediabilmente) e avvolgete l'arto con un po' di pellicola per non rovinarlo.


Come dei veri dottori, intingete ora le garze nella colla e avvolgetele attorno alla pellicola.
Ora, lasciate asciugare il finto gesso finché non si sarà indurito.


Si accettano anche autografi.

PS: altri strumenti medici fai da te li trovate in questo mio vecchio post, in cui parlavo di Buongiorno dottore, sempre di Babalibri.

 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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