Nuvole in scatola
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Alzi la mano chi, quando disegna, fa ancora gli omini con "gli stecchi".
Io sì, lo ammetto. In fondo sono un modo sintetico ed efficace di comunicare, quindi perché sforzarsi di fare il Van Gogh se non si desidera diventare pittori?


Lo pensa anche il bambino protagonista di Il diario di Stick Dog,  di Tom Watson (edizioni Le Rane di Interlinea) che, a dispetto del nome (ma perché non hanno lasciato il titolo originale, che era semplicemente Stick Dog?), non è affatto un diario, ma un racconto scritto un bambino poco "inquadrato" ma molto creativo.


Il diario di Stick Dog è difatti un libro diviso in due, con due protagonisti e due storie innestate a matrioska l'una sull'altra.
Dapprima c'è il protagonista, lo scrittore-bambino, che si presenta e parla in prima persona in tutto il primo capitolo. Racconta qualcosa di sé e del suo rapporto con gli insegnanti, non proprio idilliaco.
La sua insegnante d'arte, ad esempio, lo rimprovera perché disegna "con gli stecchi". Gli fa notare che i cani non hanno angoli retti e che, disegnati così, sembrano tutti uguali.
Ma lui ci dimostra il contrario disegnando molti cani "spigolosi" e assolutamente riconoscibili.


E poi c'è l'insegnante di italiano, con le sue regole ferree: non si iniziano le frasi con la "e", niente battute nei temi...
Al nostro protagonista (di cui non conosciamo il nome) queste regole stanno un po' strette. Non è un bambino ribelle o indisciplinato: la sua scrittura è allegra e schietta ma mai eccessiva o insolente.
È semplicemente un bambino creativo, che trova il suo modo di esprimersi oltre i paletti di una scuola che forse non riesce a stare al passo con quello che gli studenti hanno dentro.

E così, dopo essersi scusato con il suo pubblico perché non sa disegnare (il divertente sottotitolo di Il diario di Stick Dog è "Una storia bellissima disegnata così così") e perché scriverà a modo suo e non secondo le regole della sua insegnante, il nostro protagonista apre il secondo capitolo e comincia a raccontare una storia che ha inventato: quella del secondo protagonista del libro, Stick Dog.

Stick Dog è un cane randagio, allegro e ottimista, vive in un tubo sotto un cavalcavia e ha quattro amici: un barboncino, una bassottina, un dalmata e un meticcio.
La storia narrata nel romanzo è l'avventura di questi cinque amici a quattro zampe alla conquista degli hamburger che una famiglia di umani sta cuocendo al barbecue durante un pic nic. La trama è piuttosto semplice, con un lieto fine abbastanza prevedibile, ma è il modo in cui la storia è narrata ad essere dirompente. I protagonisti sono tratteggiati in modo caricaturale, ogni cane con le sue piccole psicosi, come l'idiosincrasia verso gli scoiattoli, tutti un po' naïf, come solo i cani possono essere.

Stick Dog, vero leader del gruppo, sa gratificarli anche quando inventano piani assurdi e improbabili, e con un'abile strategia, riesce a convincere tutti che il suo piano è il migliore.
Qua e là, rispunta il primo protagonista, il bambino, che condisce la narrazione con le sue riflessioni o con qualche aneddoto personale, per non farci dimenticare che quella è la sua storia, la sua creazione (anche la scelta di impaginare il romanzo su fogli rigati come quelli di un quaderno ci aiuta in questo senso).

Il risultato è un libro che si divora, dall'inizio alla fine, ricco di siparietti comici, che ci dimostra che si può essere espressivi anche disegnando "con gli stecchi" e che a volte certe regole sono solo dei paletti inutili.


I disegni "con gli stecchi" non sono soltanto un modo veloce di disegnare, ci insegnano anche ad andare alla sostanza delle cose, alla struttura, allo scheletro che le sostiene.
Ecco perché sono ottime da trasporre in 3D, quando si gioca con pongo, didò o simili.


Basta aggiungere qualche stuzzicadenti, ed ecco Stick Dog.


O un omino con braccia e gambe.


Cos'altro potete inventare?

Ci si avvicina al mondo degli albi illustrati perché si è genitori, o educatori, o insegnanti.
Ma sempre più spesso accade che poi in quel mondo ci si fermi anche per se stessi, attirati da una forma comunicativa e artistica che fonde in modo originale immagine, testo e narrazione e tocca corde che altri mezzi non riescono a fare.
Ed è così che alcuni autori di libri per bambini allargano il campo e si rivolgono anche agli adulti, senza mutare il loro linguaggio, ma semplicemente adattandolo a un messaggio diverso.


Di Oliver Jeffers mi sorprende sempre la capacità di unire delicatezza e una lieve ironia nel veicolare messaggi ed emozioni, con uno stile capace di coinvolgere i piccoli, ma anche i grandi.

Il cuore e la bottiglia, edito da Zoolibri, tocca un sentire molto più adulto che bambino. In questo albo Jeffers trasforma in storia una metafora, raccontando l'elaborazione di un lutto.
Il cuore e la bottiglia parla di una ragazza, una come tante.


Una ragazza curiosa, che non si limita a guardare il mondo, ma si interroga su di esso, con un'immaginazione bambina e mai banale.
Accanto a lei vediamo un adulto: il padre, o più probabilmente il nonno, che la accompagna in questo viaggio nella meraviglia che ci circonda. L'adulto legge per lei, condivide le sue osservazioni, risponde alle sue domande, senza mai tarpare le ali della sua curiosità.


Un giorno, però, la ragazza trova una sedia vuota.
Il libro non dice nulla più di questo. La morte non è esplicitata, ma solamente evocata: la sedia (o meglio, la poltrona) è la stessa su cui sedeva l'adulto, sua guida.

La luce cambia, cambia l'atmosfera.
Dove prima le immagini erano vive e brulicanti di fumetti, pensieri, domande e risposte, ora c'è buio e vuoto. La capacità di Jeffers di evocare una sensazione attraverso l'ambiente è potente.



La ragazza non sa gestire la sua nuova situazione.
Così mette il suo cuore al sicuro in una bottiglia. Per il momento, questa sembra la soluzione migliore.

Ancora una volta, Jeffers evoca senza dire: non nomina il lutto, non nomina il dolore, non nomina la paura di affrontare il mondo dopo la perdita.



Con il cuore dentro la bottiglia, la ragazza si sente protetta, ma la sua curiosità e la sua meraviglia sono svanite.
Tutte le cose che prima la emozionavano, ora non smuovono più nulla. È come se tutto si limitasse a "funzionare" in modo meccanico e basta.

Finché un incontro con una bambina (è sua figlia? Oppure l'immagine di lei stessa bambina? Oppure non ci interessa davvero sapere chi sia?) riporta la ragazza di fronte a quello che ha perso, e la voglia di ritrovare la curiosità e la meraviglia si fanno vive.
Ma come fare, se il cuore è ormai chiuso in una bottiglia che non si riesce a rompere?

La soluzione, a volte, è più semplice di quanto sembri: basta usare occhi bambini, e la mano giusta.

Il cuore e la bottiglia lascia molti spazi aperti e molti ruoli indefiniti. È così che la metafora può parlare a tutti, e ognuno può riempire i vuoti nel modo più consono alla propria esperienza, colmando le distanze tra sé e l'albo dando un'identità all'adulto, alla bambina, forse anche alla bottiglia.

È un albo che può piacere anche a un bambino, ma parla pienamente solo a un adulto, che attraverso quel dolore ci è passato, che ha messo in qualche modo il cuore in una bottiglia (isolandosi dal mondo, o anche solo dimenticando la gioia di vivere) e ha poi imparato a elaborare il lutto. O anche, naturalmente, a chi quel percorso lo deve ancora completare.

Come sempre, Jeffers riesce a strappare un sorriso anche nel dolore (come quando la ragazza cerca di prendere il cuore usando delle tenaglie) e a rendere magiche cose altrimenti scontate.
Meravigliosi i dialoghi tra l'adulto e la ragazza, in cui i due linguaggi, quello della scienza e quello della fantasia, si incontrano senza che l'uno abbia il sopravvento sull'altro. Mentre lui racconta le costellazioni, lei immagina che le stelle siano api in fiamme. E non c'è una versione giusta e una sbagliata, soltanto la ricchezza di unire ragione e immaginazione.


Il cuore e la bottiglia Ã¨ un abbraccio sotto forma di libro, un albo da regalare a chi ha subito una perdita e l'ha affrontata, o sta ancora cercando il modo di farlo.

Accompagnandolo magari con un biglietto speciale:

un messaggio in bottiglia


Per crearlo, procuratevi una bottiglietta, meglio se di piccole dimensioni (io ho usato quella di uno shampoo che avevo rubat portato a casa da un hotel).
Aggiungete qualche decorazione (brillantini, cuoricini di carta, sabbia colorata) e un filo per reggere il messaggio.



Scrivete il vostro messaggio su un fumetto piccolissimo con un pennarello a punta fine e incollate il fumetto allo spago.


Infine, fissate lo spago con della colla al collo della bottiglia e chiudete il tappo.


Sarà il primo messaggio in bottiglia che, anziché chiedere aiuto, lo darà.


Credo che i bambini abbiano un recettore particolarmente sviluppato per il colore verde. Non mi spiego in altro modo la precisione chirurgica con cui i miei figli riescono ad indicarmi anche la più microspcopica fogliolina di prezzemolo in qualsiasi preparazione.


Per questo, un albo come Piccolo Asinello verde, della spagnola Anuska Allepuz (Lapis edizioni) ha da subito un effetto comico per il suo contrasto immediato con la propria esperienza personale: Piccolo Asinello, infatti, adora l'erba.
Mangerebbe solo erba da mattina a sera, ne decanta le lodi, si inventa perfino una canzone a tema.


La mamma prova a fargli assaggiare altro, ma non c'è verso (vi ricorda qualcosa?).


Ma ecco che, a furia di mangiare erba in grande quantità, Piccolo Asinello si trasforma. Si guarda in uno specchio d'acqua e si ritrova verde.
Che farà? Innanzitutto, cercherà di nascondere la cosa alla mamma, vergognandosi di aver mangiato così tanta erba; ma le mamme, si sa, si accorgono sempre di tutto.


E poi, finalmente, si deciderà ad assaggiare qualcosa di nuovo, anche se gli esiti non saranno esattamente quelli sperati, portando a un finale dallo spirito comico.

Piccolo Asinello verde Ã¨ un libro "facile", che arriva dritto ai bambini, li coinvolge (impossibile non identificarsi con il protagonista! Io stessa mi sono immaginata mentre mi trasformavo in un'immensa tavoletta di cioccolato), li diverte, senza la pedanteria di una morale che, se c'è (e potrebbe essere qualcosa del tipo "assaggia prima di dire che non ti piace") è ben mascherata e in qualche modo resa "inoffensiva" dal buffo finale.

Un libro tutto da gustare, da cantare, da ridere, in cui al testo semplice e diretto si affiancano illustrazioni tenere e vivaci. Un libro che racconta anche la relatività delle cose, perché qualcosa di verde può essere per qualcuno il cibo più gustoso del mondo.

Anche a casa può essere divertente, di tanto in tanto, giocare con:

cibo e colori


Senza l'intento di mascherare o camuffare le verdure o altri sapori sgraditi, si può semplicemente rendere più sorprendente e diverso dal solito qualche pasto.
Lo avevamo fatto (ricordate?) con Prosciutto e uova verdi, ma in rete si trovano tante altre idee per divertirsi colorando i propri piatti.

Una delle cose più semplici da colorare sono le uova, e quindi sarà piuttosto facile preparare dei bei pancakes nella tinta preferita.
Fonte: refinery29

Oppure, potete aggiungere un tocco di colore al formaggio spalmabile, per creare toast monocromatici, oppure toast arcobaleno, tutti a strisce.
Fonte: sugarandcloth


E anche se l'idea fa un po' impressione, per una volta possiamo mettere da parte la nostra italianità in nome del gioco e colorare addirittura gli spaghetti.
Fonte: kidsactivitiesblog







Certo, a noi non sembreranno molto invitanti, ma sono sicura che i nostri piccoli asinelli verdi li sapranno apprezzare.



"Ancora un libro e poi a nanna".
Sì, ma quale libro?
A casa nostra non esistono veri e propri libri della buonanotte, si legge un po' quel che capita, e poco importa se sia rilassante o avventuroso o che faccia ridere a crepapelle (già: poi mi chiedo perché non vogliono mai dormire). Ma se pensate che sul tema "nanna" ci siano soltanto libri soporiferi, be', vi sbagliate di grosso.
Oggi vi presento

dieci modi per dire buonanotte con un libro.

Una rassegna per tutte le età, tutti i gusti e tutte le nanne. Qual è quella più giusta per voi?



1. BUONANOTTE CON UNA NINNA NANNA.
Ninna nanna ninna mamma di Antonella Abbatiello è una filastrocca giocosa che parla di nanna e di mondi incantati, quasi per aprire una porta ai sogni.
Adatta anche ai bimbi più piccoli, perché rime e ritmo valorizzano la voce della mamma e ne fanno una coccola perfetta fin dai primi mesi. Crescendo, il bimbo apprezzerà anche i disegni, semplici e dai colori vivi e accesi. Qui la mia recensione.
Da 0 a 3 anni.



2. BUONANOTTE CON LA VOCE DELLA MAMMA
Voce di mamma e oggetti quotidiani, ovvero: familiarità.
È questa la chiave di A tutti, buonanotte...., di Komako Sakai. Pagina dopo pagina, seguiamo una successione di oggetti e animali che vanno a nanna, ognuno a modo loro, con i loro suoni ritmici e un po' ipnotici. A tutti, diamo la buonanotte.
Un libro rilassante, come una carezza della sera fatta con la voce della mamma. Qui la mia recensione.
Dai primi mesi.



3. BUONANOTTE CON UN RITUALE
L'orsetto, il pigiama, il ciuccio, il carillon... un piccolo rituale che viene raccontato come fosse la preparazione per un lungo viaggio in Buon viaggio piccolino; perché per ogni bimbo lasciarsi andare al sonno è un po' come partire, andare lontano. Beatrice Alemagna lo illustra con semplicità e delicatezza, con un ritmo lento e rassicurante e immagini quotidiane e riconoscibili anche per i più piccoli, da 1 anno. L'ho raccontato qui.



4. BUONANOTTE CON UNA ROUTINE
Quando si cresce, il "rituale" della buonanotte con cui i grandi accompagnano i piccoli diventa gradualmente una routine di cose che il bambino impara a fare con sempre maggiore autonomia: lavarsi, lavare i denti, mettere il pigiama.
Buonanotte signor Panda trasforma questa routine in un simpatico siparietto tra l'irresistibile panda di Steve Anthony e una serie di animali, tra cui l'immancabile lemure.
Una proposta per bambini dai 3 anni, che avevo recensito qui.



5. BUONANOTTE PRENDENDOSI UN PO' IN GIRO.
Una carrellata di dinosauri di diverse specie alle prese con dei genitori (umani) che vogliono metterli a nanna: in Cosa fanno i dinosauri quando è ora di dormire? i capricci di chi non vuole dormire diventano una caricatura, interpretati da bestioni decisamente sovradimensionati per le stanze di casa (e per le braccia di mamma e papà).
Un albo leggero e divertente, in rima, per ridere un po' di noi. Da 3 anni.
Ne avevo parlato qui.



6. BUONANOTTE... SE CI RIUSCIAMO 
Un orso stremato dal sonno e la sua vicina di casa, un'anatra, che proprio non riesce a dormire, e quindi lo tormenta proponendogli ogni genere di attività per farle compagnia: in Buonanotte! Jory John e Benji Davies costruiscono con colori, espressioni e linguaggio un contrasto esilarante tra questi due personaggi.
Ok, forse non è il libro ideale per mettere sonno, ma per riderci sopra è perfetto. Ne avevo parlato più approfonditamente qui.



7. BUONANOTTE SENZA PAURA
Il buio, i rumori, i mostri che si nascondono da qualche parte: sotto il letto, o dentro l'armadio, o forse solo nella nostra immaginazione. In Dora e il mostro dell'armadio Bryony Thomson racconta le paure che impediscono di lasciarsi andare al sonno, trasformandole con un po' di fantasia in qualcosa di amico.
Dai 4 anni. L'ho raccontato qui.




 
8. BUONANOTTE CON UNO SBADIGLIO 
Cosa succede quando qualcuno sbadiglia? Lo sbadiglio, si sa, è uno dei gesti più contagiosi che ci siano. Impossibile resistere, se qualcuno lo fa di fronte a noi.
E allora proviamo a seguire la carrellata di bocche aperte e fauci spalancate di questo originale albo, Sbadigli, in cui Marco Viale gioca con i personaggi e il loro irresistibile sonno.
Dai 4 anni. Trovate qui la mia recensione.


9. BUONANOTTE CONTAGIOSA
Si può anche raccontare la difficoltà a prendere sonno con un contrasto, leggendo la storia di Walter, Il bell'addormentato di  Pieter Gaudesaboos e Lorraine Francis. Walter si addormenta ovunque, ma proprio ovunque: in piscina, davanti ai cerali a colazione, perfino al luna park.
I suoi genitori le provano tutte per farlo stare sveglio, ma non c'è verso. Che la sua storia possa essere contagiosa e far addormentare anche qualche bambino? Dai 4 anni.
Ne ho parlato qui.





10. BUONANOTTE IN COMPAGNIA
Infine, se appartenete alla schiera di genitori dal materasso sempre un po' più affollato rispetto alle sue piazze dichiarate, c'è Buonanotte, gorilla! di Peggy Rathmann, la storia di un custode che saluta gli animali dello zoo dando a tutti la buonanotte, per poi trovarseli a sorpresa tutti quanti in camera.
Un classico americano fatto di pochissime parole e molti sguardi eloquenti, che vi ho raccontato qui.
Dai 3 anni.



Qual è la buonanotte che più vi assomiglia?
Qualunque sia, vi auguro che sia per tutta la notte. Almeno ogni tanto.

Copertina: Foto di LUM3N da Pixabay

                   
Una bambina che si sente un po' intrappolata nella propria realtà. Un gatto che invece vive libero come solo un gatto può fare, e fa di questa libertà la sua saggezza.


Il gatto Venerdì Ã¨ un romanzo strano, molto più adulto di quanto illustrazioni e brevità del testo vogliano darci a credere.
Più che una vera e propria storia, il libro racconta uno spaccato della vita di Christine, una bambina di terza elementare che ogni giorno fa tardi a scuola perché si intrattiene con un gatto parlante. Un gatto che puzza di quel pesce che il venerdì la costringevano a mangiare.


Che il gatto esista o meno, che parli davvero a Christine o meno, poco importa.
Il gatto è l'espressione dei suoi pensieri, delle sue inquietudini. Attraverso il dialogo con lui Christine riesce a mettere a fuoco il significato di essere liberi o avere dei padroni (o, addirittura, esserne vittime), di eternità, ma soprattutto riflette su solitudine ed emarginazione, incontrando personaggi che per un motivo o per l'altro vivono ai margini della società.

È sola, Christine, di quella solitudine di chi vive un momento di passaggio, di riconciliazione con se stessa. Il gatto non è sempre tenero con lei, a volte non manca di risponderle male: è la sua lotta interiore che si manifesta e che trova espressione in piccoli atti di ribellione ragionata, come quando modifica la frase che il direttore le ha fatto scrivere duecento volte per punizione, omettendo un "non" che ne cambia lo spirito.

In Il gatto Venerdì gli adulti non fanno sempre una gran figura.
Gli insegnanti riflettono un sistema nozionistico e poco empatico:

il loro compito è di trasformare quei disordinati dei bambini in scolari ordinati.

In quella che per Christine è una fase di passaggio, un gatto randagio che le fa le fusa la sa comprendere e aiutare molto meglio del suo maestro.


Il gatto Venerdì (premio Andersen 2007 nella categoria 6-9 anni) è uno dei successi di Jutta Richter, da poco riediti in una nuova veste grafica da Beisler editore. È un libro filosofico, o quantomeno intimo, in cui l'autrice racconta in qualche modo le sensazioni di quando era bambina, il suo percorso di crescita.

Le tavole di Rotraut Susanne Berner danno ancora più carattere al co-protagonista, rappresentandolo con il suo sguardo arguto in contesti a volte reali a volte simbolici.

Un libro per chi si ritrova a vivere i perché della vita, e ha bisogno di una voce per poterli esprimere.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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