Dicembre: è tempo di bilanci, che qui significa "è tempo di scegliere i libri più belli tra quelli usciti su per giù nell'ultimo anno per ispirare i vostri regali di Natale.
E anche i miei, perché anch'io, di solito, in questo periodo mi guardo a ritroso le recensioni dell'anno per individuare i libri più interessanti e più adatti come regalo. Questa volta ne ho individuati sette, o meglio: sette più uno. Sette libri per bambini, uno per tutti, soprattutto per i grandi. Cominciamo!
Raccontami una storia
Perché Raccontami una storia? Perché è un libro sull'immaginazione, sulla nostra capacità di vedere quello che leggiamo, sulla bellezza di condividere una storia. È una storia sulle storie, e io credo che tutto questo abbia molto a che fare anche con il Natale.
Di Elisabetta Pica e Silvia Borando, per minibombo. Dai 4 anni.
Qui la mia recensione.
Animali bellissimi
Di Animali bellissimi di Daniela Pareschi, edito da il Barbagianni, vi avevo invece parlato qui. Perché regalarlo? Perché prima di tutto è un albo affascinante, anche solo da sfogliare, con illustrazioni che tolgono il fiato e un profondo gusto estetico nell'impaginazione. E poi perché unisce in modo mirabile e originale arte, bellezza e divulgazione.
Dai 7 anni.
Il giorno in cui la talpa (quasi) vinse la lotteria
Look book

George e Martha
Per chi ama i fumetti c'è Hilo. Il ragazzo precipitato sulla terra, un graphic novel edito da il Barbagianni che riesce a unire azioni incalzanti a momenti di pausa e introspezione. Scommetto che per molti lettori sarà l'inizio di un lungo amore (qui aspettiamo con ansia il prossimo libro!). Ve l'ho raccontato qui.
Ti aspetto a San Qualcosa
101 posizioni per leggere appassionatamente
Leggere una favola a un bambino, nell'immaginario collettivo: papà o mamma seduti su una poltrona al lato del letto, bambino che ascolta attento e poi, al momento del "felici e contenti" scivola rapidamente nel sonno.
Leggere una favola a un bambino, nella realtà : genitore che si infila nel letto del figlio, spesso in posizioni improbabili, figlio che si agita e assume a sua volta posizioni ancora più improbabili, lettura interrotta continuamente con domande, "perché", collegamenti con la propria esperienza, richieste varie tipo "me ne leggi un'altra?" prima ancora che la prima favola sia finita.
Ma in fondo è così che ci piace, perché quelle domande sono segno di vitalità , di curiosità , di voglia di esplorare il mondo.
Ritroviamo questo spirito in La gallinella strapazzastorie, di David Ezra Stein, edito in Italia da Il Barbagianni editore con la traduzione di Laura Bernaschi, un albo che ricorda in qualche modo il celebre racconto A sbagliare le storie di Rodari.
Protagonisti, una gallinella e papà gallo, due animali antropomorfi che potrebbero essere sostituiti da qualsiasi altro animale (se non che "la gallinella strapazzastorie", con la sua simpatica allitterazione, ci sta proprio bene, ancor più che "Interrupting Chicken" dell'originale inglese!).
Papà gallo, quindi, racconta le fiabe più classiche alla sua piccola, e le immagini dell'albo fanno entrare anche noi nella lettura, mettendo in primo piano le immagini del libro di fiabe un vero e proprio "libro nel libro". Ma la gallinella non è una tipa da "stereotipo delle storie", assomiglia molto di più a una bambina reale, che non si lascia narrare passivamente ma interviene e vuole mettere il becco (metafora azzeccatissima in questo caso!).
E così ma lei non lo lascia mai finire, anzi: non lo lascia quasi cominciare, perché lo interrompe "risolvendo" la storia in una sola battuta.
Interviene avvisando Hansel e Gretel di non entrare nella casa di marzapane, perché la dolce vecchietta è una strega, o ammonendo Cappuccetto Rosso, perché non bisogna parlare con gli sconosciuti.
Gli interventi della gallinella si rivolgono direttamente ai personaggi della storia, "spoilerando" loro il finale per risolvere il problema alla radice. Il problema non si verifica, la storia non parte, e vissero tutti felici e contenti. Fine.
Si apre così un mondo di "cosa sarebbe successo se", quel mondo di cui tutti ci siamo stati esploratori con la mente. Perché in fondo tutti lo abbiamo pensato (e soprattutto i bambini lo pensano sempre!) che se Cappuccetto non avesse dato corda al lupo, il lupo non avrebbe raggiunto casa della nonna e via così.
La gallinella dà voce, con la sua razionalità , al sentire comune di molti di noi, che hanno almeno una volta nella vita avuto la tentazione di "aggiustare" le storie.
Ma a me piace vedere La gallinella strapazzastorie anche come un inno all'errore, motore di narrazione. Sì, perché dal gioco della piccola, che interrompe il papà mettendo fine alle storie, emerge una grande verità di fondo: senza l'errore, la valutazione sbagliata, la distrazione, le storie semplicemente non esisterebbero.
Se tutto fosse perfetto e corretto, tutto sarebbe piuttosto banale e noioso. E chi "aggiusta" le storie, in fondo, non fa altro che strapazzarle.
Tutti o quasi, credo, abbiamo un parco giochi, "quel" parco giochi, che ci ha visti crescere.
Tutti o quasi, credo, ci siamo soffermati almeno una volta a pensare a quante persone aveva visto passare, a quante storie avrebbe potuto raccontare.
Nell'albo L'altalena, Britta Teckentrup (quella di L'albero dei ricordi) ritorna in quel luogo del passato di tutti.
Non è un gioco scelto a caso, l'altalena: è quel gioco che ti accoglie anche quando sei troppo grande per tutto il resto. Quello dove indugiano anche gli adolescenti, che si vergognerebbero a salire su uno scivolo. Quello su cui a volte si siedono perfino gli adulti, perché ognuno, l'altalena, può viverla a modo suo: ci si può dondolare fortissimo o la si può usare come un semplice sedia, un posto dove fermarsi a pensare o a chiacchierare, lasciandosi dondolare leggermente.
Dentro L'altalena, edito in Italia da Uovoneo, troviamo tutti questi modi di vivere quel posto.
In una serie lunghissima di tavole (l'abo ha 160 pagine!), accompagnate in genere solo da poche parole, vediamo amori che nascono, famiglie che si allargano, amici fraterni e amici immaginari, chiacchiere, giochi e notti in tenda, con una natura ricca e viva a fare da sfondo, e a volte anche da primo piano.
Non c'è un fluire lineare delle storie: alcune iniziano, poi si interrompono, solo alcune poi ritornano, qualche pagina più in là , quando le avevamo dimenticate: la narrazione segue un andamento incerto, come l'andirivieni dell'altalena stessa. Tutto si svolge lì, e per questo, di tutte queste vite che passano, noi possiamo cogliere soltanto alcuni frammenti, quelli vissuti nel passaggio in quel preciso luogo.
Ogni tavola, a ben guardare, è una poesia, uno scenario in cui immergersi, che porta con sé sensazioni ed emozioni sempre diverse. Alcune comunicano allegria e colore, altre, luminose ed eteree, una sorta di sospensione, altre ancora portano con sé il buio della notte, oppure giocano tra i limiti dell'illustrazione e quelli della pagina.
L'altalena stessa assume forme molto differenti: a volte le due sedute sono ferme, a volte intrecciate, oppure avviluppate su se stesse. In genere le vediamo frontalmente, ma non mancano le prospettive insolite, anche quelle che si soffermano sull'erba e gli insetti, tralasciando l'altalena stessa.
Ognuno troverà la propria storia e quella del proprio parco, dentro L'altalena, ma la storia principale, che si delinea poco per volta, è in realtà quella dell'altalena stessa, che dopo un cumulo di vicende vissute da spettatrice diventa nelle pagine finali co-protagonista, a fianco di un personaggio che abbiamo già incontrato e che, se siamo stati attenti, riconosciamo prima ancora che venga chiamato per nome.
Testimone di vita, l'altalena conserva una memoria che va oltre quella umana. Come quel posto speciale che ognuno di noi conosce bene.
Siamo ciò che mangiamo, si dice, ma è anche vero che siamo il posto dove viviamo.
L'ambiente plasma le caratteristiche per la semplice legge dell'evoluzione e dell'adattamento, e per meccanismi più complessi di interazione. È certamente uno dei fattori principali della biodiversità che popola il nostro pianeta.
È questo assunto che rende interessante l'approccio di un libro come Grande atlante degli animali di Lonely Planet Kids, tradotto ed edito per l'Italia da Editoriale Scienza (della stessa collana, vi avevo già presentato qui un altro titolo: Grande atlante dei dinosauri).
A differenza delle consuete enciclopedie, in cui gli animali sono suddivisi per genere, famiglia e specie, qui la classificazione segue un criterio geografico.
Il libro è suddiviso infatti in sette macrocapitoli (Nord America, Sud America, Europa, Africa, Asia, Australasia, Oceani e Antartide), ognuno dei quali presenta diversi biomi e alcune delle specie che li abitano.
Le pagine, di grandi dimensioni (27,5 x 25,4 cm) si aprono ulteriormente, creando un lungo e ampio spazio ricchissimo di informazioni che, come ci ha abituati Editoriale Scienza, abbracciano un ampio ventaglio di tipologie: curiosità , note storiche, nozioni di ecologia e stato di conservazone della specie, tassonomia.
La pagina iniziale di ogni sezione ci mostra una mappa, sulla quale i numeri identificano i diversi biomi, che ci aiuteranno a fare ordine tra i successivi approfondimenti.
La scelta del criterio geografico permette di spiegare più facilmente molte caratteristiche fisiche o comportamentali delle specie descritte.
A rendere più curiosa e coinvolgente la lettura, numerose alette da sollevare per scoprire ulteriori dettagli e curiosità .
Le immagini alternano illustrazioni realistiche a vere fotografie, a volte anche a grandezza naturale (ma davvero la Tarantola Golia è così grande? Spero proprio di non incontrarne mai una!), per permettere al lettore di immaginare con ancora più precisione l'animale e il suo ambiente.
Così ricco di contenuti da riempire persino i risguardi, Grande atlante degli animali è un libro da esplorare, vagando da una zona all'altra, da una specie all'altra.
Un atlante peculiare, in cui è necessario perdersi per ritrovarsi più ricchi della meravigliosa biodiversità del nostro pianeta.
Una scia luminosa e incandescente nel cielo, come un metorite che cade sulla Terra, e lì, nel cratere formato dall'impatto, un ragazzo in mutande d'argento.
La paura della pagina bianca non è una piaga che affligge solo gli scrittori (o i copywriter, se vogliamo andare sul personale).
È un concetto più ampio, che passa attraverso molti momenti della vita quotidiana. Per i bambini, a volte la pagina bianca è la noia, e la storia da scrivere è "solo" la fantasia con cui riempirla. Ma come accade per la pagina bianca degli scrittori, a volte basta una piccola spintarella per riempire quello spazio di meraviglie.
Ecco: quella spintarella potrebbe essere proprio L'inventastorie di Pippa Goodhart e Nick Sharratt (lui lo avevamo già incontrato in un romanzo e in un cartonato per i più piccoli), edito da Il Castoro.
Come si intuisce facilmente dal titolo, L'inventastorie non è un albo tradizionale, ma una vera e propria collezione di spunti per giocare, scrivere, immaginare (le storie servono a un sacco di cose, vero?).
"Se potessi andare dove vuoi, dove andresti?"
Così inizia l'albo, con l'immagine di un paesaggio che racchiude in sé moltissimi scenari diversi, tra i quali l'occhio può spaziare, cogliendone i dettagli.
Prosegue poi con altre semplici domande: chi vorresti come amici? Che casa sceglieresti? Con che mezzo viaggeresti?
Gli elementi tra i quali scegliere sono talvolta ambientati (ad esempio, tanti cibi diversi su una tavola imbandita), a volte disposti sulla pagina in riquadri (o in veri e propri quadri, come sulla doppia pagina che parla di amici e parenti), o ancora disposti a casaccio sullo spazio della doppia pagina, che risulta sempre brulicante di elementi.
L'inventastorie non è però un vero e proprio wimmelbuch, perché le pagine non contengono storie già pronte da scovare. Gli elementi presenti non interagiscono tra loro e i personaggi, quando ci sono, rompono sempre la quarta parete guardando in faccia il lettore, come se aspettassero di essere scelti per la storia che da lui dovrà nascere.
L'inventastorie è insomma un mondo di possibilità nel quale immergersi per prendere spunto e ispirazione, scovando tra gli elementi quello su cui indagare, o da cui può nascere qualcosa di curioso.
Se devo trovare una pecca a questo albo, è che manca tra gli spunti proposti il motore della storia, l'ostacolo da superare, la missione da compiere, l'azione da svolgere. Se volessimo paragonare un'intera storia a una sola frase, è come se L'inventastorie offrisse tutti i sostantivi e gli aggettivi, senza però fornire i verbi.
Ma in fondo, qualcosa bisognerà pur lasciarlo alla fantasia di chi legge, vero?
Un lettore, un vero lettore, si riconosce soprattutto da una cosa: fa di tutto per leggere.
Alcuni hanno bisogno di una situazione particolare, tranquilla, sempre uguale, e fanno di tutto per ricrearla ogni volta sia possibile, altri leggono ovunque, in qualsiasi circostanza e situazione.
È un rapporto d'amore, quello tra un lettore e il suo libro, un amore appassionato che vuole essere consumato in modo quasi ossessivo. E in fondo lo diceva anche Honoré de Balzac (ammesso che la frase fosse davvero sua e non una delle tante attribuzioni inventate dal web): "Una notte d'amore è un libro letto in meno".
E insomma, dopo tutto questo preambolo così orientato alla sensualità , ora dovrei presentarvi un libro per bambini? Proprio così: un vero e proprio Kamasutra della lettura (ecco, magari ai vostri figli non presentatelo con questo parallelismo!).
101 posizioni per leggere appassionatamente di Timothée de Fombelle, con le strepitose illustrazioni di Benjamin Chaud, edito in Italia da Il Castoro, è esattamente quello che racconta il titolo: un catalogo di posizioni per leggere.
Non si tratta naturalmente di un manuale prescrittivo, ma piuttosto di una collezione di vignette che esprimono la passione per la lettura in modo a volte poetico, a volte ironico, a volte in qualche modo narrativo, perché alcune immagini, se prese in sequenza, raccontano anche piccole storie: la lettrice stesa al sole, prima da un lato ("Il parasole", che usa il libro per farsi ombra) e poi dall'altro ("L'aragosta", quasi cotta), oppure il diffidente, che si nasconde col suo libro per fare il duro, ma è solo per non far vedere che si è commosso durante la lettura.
Lo stile illustrativo di Benjamin Chaud, elegante, personale e umoristico al tempo stesso, riesce perfettamente ad esprimere questa varietà , che poi è la varietà stessa del leggere che, come qualunque lettore sa, è un'azione che contiene tutti i mondi possibili e anche quelli impossibili.
101 posizioni per leggere appassionatamente è un libro da regalare a un bambino che ha appena scoperto la passione per la lettura, ma anche a un amico adulto che condivide questo amore con noi.
Nel leggerlo, il gioco sarà scovare i dettagli e le storie dentro ogni illustrazione, ma soprattutto riconoscersi (e riconoscere amici e familiari) nei diversi stili di lettura: ogni lettore che si rispetti ne incarna almeno quattro o cinque.Già , a proposito, e io in chi mi sono riconosciuta? Tra pensatore, resistente, sonnambulo e un altro paio di "posizioni" che vi lascio scoprire da soli nel libro, ecco: una in particolare mi ha folgorato.
È lei: la resistente. Ottimisticamente incurante delle richieste di attenzione. Ancora illusa di riuscire ad arrivare almeno in fondo al paragrafo che sta leggendo.
Ci sono persone che mancano anche se non le abbiamo conosciute.
Assenze che pesano anche se di quella presenza non abbiamo mai goduto.
Il peso di un lutto familiare che ricade anche su chi al momento del lutto non c'era è un tema ben presente nei romanzi, ma poco affrontato nella letteratura per l'infanzia. È con un sentimento di ammirato stupore, quindi, che mi sono immersa in Più grande di un sogno di Jef Aerts e Marit Törnqvist (illustratrice particolarmente portata per dare agli albi questo spirito poetico, l'avevamo conosciuta in Tutto dormirà ), edito da Camelozampa con la traduzione di Olga Amagliani.
In Più grande di un sogno troviamo un bambino che sembra perduto in qualcosa più grande di lui. Lo vediamo piccolo piccolo seduto a un tavolo enorme. Il bambino sente una voce e sa che è sua sorella.
Lui non l'ha mai conosciuta, è morta prima che lui nascesse, ma ha sempre avvertito la sua presenza in casa, a cominciare da quel ritratto sbiadito, appeso al muro accanto al suo.
Questo senso di impotenza trasmesso così bene attraverso le immagini scompare improvvisamente quando la notte la sorella va a fargli visita: l'immenso letto singolo sul quale è steso ritrova le giuste proporzioni nella pagina seguente in cui la ragazza, chiara come un fantasma (ma non incorprorea), gli toglie il piumone per svegliarlo.
I due ritrovano in un attimo il rapporto che forse avrebbero avuto da fratello e sorella: la complicità , le avventure condivise, ma anche la curiosità del più piccolo che fa domande alla sorella maggiore. I due partono per un viaggio magico in bicicletta. Pedalando volano verso la luna, poi virano verso l'ospedale dove la bambina ha passato i suoi ultimi giorni (non sapremo nulla più di questo sulla sua morte), e verso il cimitero.
Fratello e sorella passano assieme un tempo magico e prezioso, di cui probabilmente lui sentiva la mancanza.
È stato un sogno? Forse. O forse, come dice il titolo, qualcosa di Più grande di un sogno.
Ci sono legami che fanno parte di noi, anche se non siamo noi ad averli allacciati.
L'idea alla base non è poi così nuova, e dire il vero è anche la stessa che sta sotto il nome di questo blog: dai una scatola a un bambino e lui la trasformerà con la sua immaginazione in ogni cosa possibile.
Diventa un piccolo pianeta su cui camminare (citazione palese del Piccolo principe), un ghiacciaio dove incontrare terribili orsi, e ancora una navicella spaziale, un aereo, una barca, una mongolfiera.
Che modo meravigliosamente vivace di raccontare il sonno!
Le matite di Monika Filipina danzano tra le pagine di questo albo creando trame, percorsi ed esplosioni di colore, che si fanno strada già dai risguardi.
Il tema di Buonanotte orso, pubblicato da Camelozampa con la traduzione di Sara Saorin, è certamente il letargo – per quanto si tratti di un letargo negato –, ma l'atmosfera è tutt'altro che notturna.
Troviamo l'orso già coricato nella sua tana, pronto ad abbandonarsi al sonno, con un occhio chiuso e l'altro spalancato e vigile: ha sentito qualcosa che non lo lascia dormire, un rumore che entra nella pagina come rumore visivo, fatto di tanti segni di matita di colori diversi che si sovrappongono come scarabocchi.
È allora che l'orso esce alla ricerca dell'origine di questo disturbo. Anche qui, troviamo colori autunnali ma non crepuscolari. In mezzo a un bosco verde e arancione, illuminato a giorno, i castori sono intenti a tagliare gli alberi (anche con la motosega!).
L'aspetto fumettistico dei personaggi invita al sorriso e lo sguardo spazia alla ricerca dei numerosi dettagli dell'illustrazione. Poi la scena si ripete: l'orso si corica, il rumore-colore invade la stanza, l'orso esce.
Stavolta all'origine del chiasso troviamo gli orsetti lavatori che fanno il bucato.
È operoso, questo bosco: con l'avanzare della storia troviamo uccellini, scoiattoli, topi, alci e molti altri animali ai quali l'orso chiede, per cortesia, un po' di silenzio.
Lo otterrà , ma il finale (in cui finalmente vediamo apparire il blu della notte) rovescerà in qualche modo la situazione.
Buonanotte orso è un albo sul sonno, che però mantiene belli svegli: ha uno spirito allegro, giocoso, divertente. Ci porta nel bosco, a lavorare e a fare festa insieme ai personaggi.
E se ci metterà sonno, alla fine, sarà il sonno di chi ha vissuto una giornata piena e felice.