Nuvole in scatola
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È stato un po' il caso editoriale dell'anno scorso nel mercato dei libri per l'infanzia, e sono certa che ne avete sentito parlare tutti: Storie della buonanotte per bambine ribelli (di cui Mondadori ha prontamente edito un seguito) è una raccolta di 100 biografie brevi e leggermente romanzate di donne che in qualche modo si sono distinte e hanno segnato la storia attuale o passata.

Senza entrare nel merito della qualità dei racconti e dei contenuti del libro, vi confesso che le "bambine ribelli" mi hanno lasciata perplessa per più di una ragione. Ve ne elenco tre.

Prima di tutto: il titolo.
Perché "per bambine ribelli"? Perché delle bambine che vogliono creare un loro posto nel mondo, e magari sognare di diventare importanti come le donne raccontate nel libro, dovrebbero essere ribelli? A me sembrano piuttosto delle semplici, normalissime bambine che, come tutte le bambine, sono capaci di sognare.
Ma ancor prima, perché "per bambine"? Se vogliamo parlare di rottura di stereotipi di genere e di parità, non sarebbe ancora più importante farlo leggere ai bambini, un libro che parla di grandi donne?

Ma poi, è necessario raccontare storie di donne?
Il bello di un bambino (o forse dovrei dire di un lettore) è che può immedesimarsi in qualsiasi protagonista: maschio, femmina, oggetto o animale.
Una delle esperienze di immedesimazione più forti che ricordo, da piccola, è stata con un lupo, durante la lettura di Zanna Bianca.
Ma soprattutto, un bambino sa che può sognare qualsiasi cosa: andare sulla luna, vincere il Nobel, diventare Presidente. I sogni non hanno un genere: perché metterglielo appositamente? Perché una bambina non può avere come modello Leonardo Da Vinci, Albert Einstein o Pablo Picasso?
Ancora una volta, questo libro finge di voler superare lo stereotipo costruendone uno a sua volta.

Ma la cosa che ho trovato più irritante di questo libro non è dentro il libro: è la sua campagna di lancio.
In un video, le autrici ci fanno vedere un esperimento: da quelli che lasciano intuire essere gli scaffali dedicati all'infanzia di una libreria tolgono tutti i libri senza protagoniste femmine, tutti quelli in cui le femmine sono presenti ma non parlano, quelli in cui le femmine non hanno aspirazioni ma aspettano soltanto un principe che le sposi. Gli scaffali restano quasi vuoti.
Ora, non so dove si fosse svolto questo esperimento: certamente la sezione ragazzi di alcune catene commerciali è zeppa di libri di scarsa qualità e di classiche principesse disneyane, ma la letteratura per l'infanzia è molto altro, e pullula di forti, coraggiose, irriverenti e incredibili protagoniste femminili.
Trasmettere il messaggio che passa quel video non significa soltanto dire una bugia, ma fare un pessimo servizio alle bambine a cui il libro si rivolge, e a tutta quella letteratura che può fare realmente la differenza per loro.

Ecco perché, in occasione di questa festa della donna, ho voluto raccogliere, senza pretese di esaustività, qualche titolo di albo che smentisse proprio questa campagna.
Qualche titolo da regalare a una bimba, o a un bimbo, niente affatto ribelli, ma normalissimi, perché come tutti i bimbi sanno che, se ci credi davvero, qualsiasi sogno si può realizzare.



Da dove cominciamo? Dalla mia principessa preferita, Lucilla.

Il mostro peloso

Di Il mostro peloso (della recentemente scomparsa Henriette Bichonnier, Emme edizioni) ho già parlato molto qui, nel post che avevo dedicato al libro e al suo sequel. È un libro esilarante, con rime che incantano e divertono (e sono peraltro tradotte molto bene), ma è soprattutto la storia di Lucilla, una pricipessa che dai mostri si salva da sola, anzi: è lei a salvare il principe, nascosto dentro il corpo del mostro. E lo fa senza spade, lance o eserciti: semplicemente con il suo candore e la sua dialettica.
È grazie alle sue risposte irriverenti se il mostro finisce per "scoppiare" e cambiare il suo destino.
Per principesse (e principi) che conoscono il potere delle parole, da 3-4 anni.

E a proposito di protagoniste femmine che combattono contro i mostri (ma anche a proposito di bambini che si immedesimano nelle storie a prescindere dal genere del protagonista, visto che questo è stato a lungo il libro preferito del mio Piccolo T), impossibile non citare

Ti mangio!
 
Questa volta è una sorella maggiore a salvare il fratellino mangiato dal temibile Inghiottone dei boschi, a sua volta inghiottito da un altro mostro, inghiottito da un altro mostro e così via.
La storia è assurda, avventurosa, resa molto divertente dai nomi dei mostri e dalle ricche e curiosissime illustrazioni. Ti mangio! (John Fardell, ed. Il Castoro. Ne avevo parlato qui, nella mia recensione) è un capolavoro che unisce amore fraterno, azione e umorismo.
Per ragazze (e ragazzi) che non si perdono d'animo e cercano sempre una soluzione, da 3 anni.

E poi ci sono principesse che non solo non si lasciano salvare dai draghi, ma i draghi li aiutano.
Zog
Dalla famosissima coppia di autori Julia Donaldson e Axel Scheffler (per Emme edizioni), il racconto in rima di un draghetto alla scuola per draghi.
Zog Ã¨ un alunno molto volenteroso, si impegna moltissimo negli esercizi di volo e di fuoco da sputare, ma ogni volta qualcosa va storto. Per fortuna c'è Sabrina che lo trova e lo cura amorevolmente.


E quando il compito di Zog è rapire una principessa, come deve fare ogni drago che si rispetti, Sabrina si offre volontaria.

Ma Sabrina è una principessa che non si lascerà tenere prigionera, e nemmeno si farà salvare da un principe, perché a lei "fare la principessa" non interessa proprio: ha studiato medicina e vuole fare il medico.
E grazie alla sua vocazione, darà una svolta alla propria vita e anche a quella di Zog.
Per bambine (e bambini) che sanno che studiando ci si può salvare da sole, dai 3 anni in su.

E poi c'è Cappuccetto Rosso. Ma come – direte – Cappuccetto Rosso contro gli stereotipi di genere?
Sì, se è
Un piccolo cappuccetto rosso
Dimenticate la piccola sprovveduta bambina che si perde nel bosco. Quando incontra il lupo, il piccolo cappuccetto rosso di Marjolaine Leray  (ed. Logos) non si fa perdere d'animo e gli risponde a tono, tanto che il lupo resta esterrefatto, producendosi in espressioni che l'autrice sa rendere comiche con pochissimi semplici tratti.
Soprattutto, il piccolo cappuccetto rosso, quando il lupo dichiara che vuole mangiarla, sa dire una parola semplice, perentoria e fondamentale: "no".

Tranquilla e sicura, Cappuccetto riuscirà con l'astuzia e prendersi gioco del lupo in poche, semplici, irresistibili pagine.
Un piccolo capolavoro da leggere a due voci, enfatizzando i contrasti tra i due personaggi: il grande e grosso lupo nero che però resta disorientato, e la piccola bambina che però è capace di risposte acute e taglienti.
Per bambine (e bambini) che vogliono imparare quando dire sì e quando dire no, dai tre anni.
(Ma nonostante la semplicità e la brevità del libro, la sua comicità lo rende gradevolissimo a qualsiasi età).

Infine, un libro che sugli stereotipi va dritto al punto.
Lo confesso: parlare di stereotipi non è il mio modo preferito per superare gli stereotipi, ma se volete un albo molto diretto per affrontare il tema, ecco allora
Biancaneve e i 77 nani

Davide Calì e Raphaëlle Barbanègre, con testi brevi e incisivi e illustrazioni vive e coloratissime, raccontano la storia di una Biancaneve che è molto diversa da quella che tutti conosciamo. Troavatasi nel bosco per sfuggire alla strega cattiva, Biancaneve finisce nella casetta dei... 77 nani.
E qui iniziano subito le difficoltà, a partire dai 77 nomi da imparare a memoria (tutti da scoprire e tutti da ridere, in una doppia pagina zeppa di volti e di fumetti).
Ma soprattutto: 77 vestiti da lavare, 77 barbe da spazzolare, 77 colazioni da preparare, 77 storie della buonanotte da raccontare (questi nani sono a metà tra bimbi viziati e mariti retrogradi).



Biancaneve si riduce presto come ci siamo sentite tutte noi mamme dopo qualche notte insonne, e decide di dare alla sua personalissima favola una svolta inaspettata e molto, molto divertente.
Biancaneve e i 77 nani fa parte della collana Sottosopra di EDT - Giralangolo, una selezione di libri nati per superare precocetti e luoghi comuni, e nonostante cada inevitabilmente nello stereotipo opposto (l'uomo svogliato che pretende tutto dalla donna), resta un piacevolissimo esercizio di emancipazione dai soliti ruoli.
Per bambine che aspirano a qualcosa di più di una casa pulita e in ordine, e per bambini che sanno di non dover pretendere tutto, dai 4-5 anni in su. 


E se non vi basta, divertitevi con Pippi, con Lotta, con Dory, con Alice, sognate con Olivia, volate con la strega Rossella, ma non pensate mai, mai, mai che la letteratura per l'infanzia sia fatta soltanto da pricipesse inermi che aspettano solo un bacio per essere salvate.

EDIT: a proposito di "bambine ribelli", poco dopo aver scritto questo post mi sono incappata in questa recensione delle Galline Volanti, in cui rispecchio molto. Se cercate un parere che entra nel merito dei contenuti più di quanto faccia io, leggetela: ne vale la pena.

PS: Ancora un ultimo consiglio. Un libro che non ha protagoniste ribelli né normali, anzi, non ha affatto protagoniste. È
Il super libro degli scienziati in erba 

(qui trovate la mia recensione)
Regalatelo a bambine curiose e intraprendenti, regalatelo a famiglie con figlie femmine e che hanno le librerie piene di storie "di principesse", regalatelo prima che queste bambine curiose inizino a farsi venire anche solo lontanamente l'idea che la scienza sia "roba da maschi".
Perché la biografia di donna più importante di tutte non è quella che possono leggere su una pagina: è quella che scriveranno loro.


                       
Sono una copywriter, e quando dico che invento le pubblicità, mi sento rispondere "Ah, quindi fai la grafica!". Se dico invece che scrivo i testi, subito passo per giornalista.
La realtà è questa: in una pubblicità, il testo nasce dal copywriter e l'immagine dall'art director, ma quello che tiene in piedi un'idea creativa non è né il testo né l'immagine; è, appunto, l'idea. E l'idea sta nella fusione di testo e immagine, nel modo in cui lavorano tra loro, che poi è il motivo per cui il brainstorming si fa in coppia.

Ed è anche il motivo per cui mi affascinano tanto, tra i libri, gli albi illustrati, o picture book, e il particolare rapporto che creano testo e immagine in ognuno di loro.



Vi siete mai fermati a pensare, dopo aver letto un albo, come abbiano lavorato testo e immagini nella costruzione della storia?
Ho suddiviso le possibilità in sei macrocasistiche.

I libri senza immagini.

Quando si parla di libri senza immagini vengono subito in mente i romanzi, che di immagini non ne hanno, o tutt'al più ne hanno una per capitolo. Ma qui non stavamo parlando di albi illustrati?
Be', mi viene in mente almeno un libro senza immagini, che considererei senza ombra di dubbio un albo illustrato.
Il libro senza figure, appunto, gioca sul fatto di essere un albo illustrato che non è illustrato. È un meta-libro, che parla di se stesso, giocando con il lettore, anzi, con l'ascoltatore, visto che è fatto per essere letto ad alta voce, ma anche per essere guardato.



Perché il meccanismo del libro funzioni, il bambino dovrà seguire con lo sguardo le parole che l'adulto legge. E solo seguendo il lettering (con i font più duri o più morbidi, i caratteri più grandi e più piccoli), chi legge potrà dare alle parole l'intenzione giusta. Sono le parole la vera immagine di questo libro (se vi ho incuriosito, scopritelo meglio nella mia recensione).


I libri senza parole.

Di contro, esistono i silent book, chiamati anche speechless book o wordless book. Insomma, lo avete capito: sono i libri senza parole. Qui sono le immagini a prendersi carico di tutta la narrazione, facendo vedere tutto quello che succede o alludendovi.
Quanto devono raccontare le immagini? Dipende. Un silent book può essere molto chiaro e dettagliato e lasciare che, tra azioni ed espressioni dei protagonisti, la storia si racconti praticamente da sola: è il caso ad esempio di Il ladro di polli, di Béatrice Rodriguez (Terre di mezzo editore).



In altri casi la storia può essere lasciata intuire, e le immagini assumono il ruolo di indizi che trasformano il piccolo lettore in detective. Un esempio? Indovina che cosa succede. Una passeggiata invisibile, in cui la storia è raccontata attraverso le impronte lasciate dai suoi protagonisti (qui la mia recensione).



Ci sono poi silent book come Il libro bianco, ed. minibombo, in cui le immagini lasciano ampio spazio all'interpretazione e chi legge può inventare ogni volta la sua storia (ne avevo parlato qui).


Piccola importante caratteristica dei silent book: possono essere "letti" in autonomia anche da un bambino che ancora non sa leggere.



Il testo descrive le immagini, le immagini descrivono il testo.

È quello che ci si aspetterebbe da un albo illustrato: ci sono delle immagini e un testo che le descrive, o più spesso un testo e delle immagini che ne illustrano alcuni passaggi.
In realtà questa è soltanto la relazione più semplice che ci possa essere tra testo e immagini.
È un meccanismo adatto soprattutto ai libri per i bimbi più piccoli, che hanno bisogno di un rinforzo visivo per seguire la storia o il senso del libro, e che ancora non comprendono i meccanismi di interazione più complessi tra le due componenti.
In L'uccellino fa... di Babalibri, ad esempio (qui la mia recensione), l'immagine serve a dare un volto ad ogni onomatopea, a ricordarla, a creare nel bimbo un primo vocabolario fatto di suoni (sebbene in questo caso non tutti gli accostamenti suono-immagine siano lineari e scontati).



Questo vale naturalmente anche per libri più narrativi: in Abbaia, George, ad esempio (che ho recensito qui), le immagini raccontano la stessa storia del libro, aiutando i bambini a seguirne le vicende, a capire dove il dottore mette le mani e a vivere lo stupore dei protagonisti.



Attenzione: quando parlo di immagini "illustrative", non intendo dire che esse non aggiungano nulla alla storia o che il libro possa vivere ugualmente senza uno dei due elementi.
Pensate a I Cinque Malfatti (se non lo conoscete, scopritelo qui) senza l'espressività e il tocco artistico delle illustrazioni di Beatrice Alemagna: avrebbe forse la stessa forza?




L'immagine che lavora sulla seconda lettura

Sottocategoria di quella precedente (o della prossima?) è quella delle immagini che a una prima lettura si limitano ad illustrare il testo, ma che a una seconda lettura, più attenta, raccontano qualcosa di più, quasi "sfidando" il lettore a trovare indizi e dettagli nascosti.

È il caso ad esempio di Ti mangio! (ne avevo parlato qui), in cui l'arrivo di ogni mostro è anticipato da un dettaglio nella scena precedente, mentre la scena finale invita a una "caccia al mostro" per scoprire dove si sono nascosti.


Ma anche libri con illustrazioni molto più semplici e meno dettagliate possono riservare piccole chicche da scoprire. Avete mai notato gli animali che inseguono il protagonista di Buongiorno postino durante le sue consegne? Vi siete chiesti perché lo facciano?


Testo e immagine si completano a vicenda.

Le ultime due categorie (questa e la prossima) sono sicuramente le più interessanti dal punto di vista del rapporto tra testo e immagine. Parliamo di libri il cui significato è retto alla pari da testo e immagini, in un rapporto in cui uno aggiunge qualcosa all'altro e senza uno dei due il libro perderebbe senso.

Possono essere casi in cui le immagini o il testo sono criptici e hanno bisogno della controparte per essere decodificati. Riuscireste a capire le immagini di Orso, buco! senza il testo?
(recensione qui)



E le parole di Tararì tararera, senza le illustrazioni?
(qui la mia recensione)



Più spesso, si tratta di libri in cui parte della narrazione scritta resta sospesa, lasciando la chiusura alle immagini. In Il signor Tigre si scatena (di cui avevo parlato qui), è solo guardando l'illustrazione che possiamo capire le tappe del protagonista verso una condizione più libera (il testo non dice mai "si toglie la giacca", o "si mette a quattro zampe": sarebbe superfluo).



È un gioco di sintesi e di equilibrio, che lima le ridondanze per lasciare solo l'essenziale, scegliendo di volta in volta se siano più efficaci le parole o le immagini per esprimere un concetto.

In Sam e Dave scavano una buca questo gioco assume il meccanismo della suspense, l'arte in cui il narratore onnisciente racconta (in questo caso attraverso le immagini) qualcosa che i protagonisti non sanno: una delle tecniche narrative più affascinanti (quanto lo amo questo libro! Scopritelo qui).




Testo e immagini contrastano tra loro.


È questo in genere il principio dell'ironia, e per questo non è molto praticato nei libri per bambini, che fino almeno ai cinque anni non la riescono a cogliere.
Maestro di quest'arte è Gilles Bachelet, che in Il mio gatto è proprio matto passa il tempo a descrivere le strane abitudini del micio di casa, mentre le immagini ci fanno inequivocabilmente vedere che si tratta di un elefante.



Oppure, in Il cavaliere Panciaterra, ci racconta di "colazioni frugali" che sono in realtà dei banchetti luculliani (scopritelo qui).



L'effetto, per un bimbo abbastanza maturo da coglierlo, è esilarante.

E che dire di Il mio nome è No!, in cui un cane descrive tutte le cose meravigliose che fa per la sua famiglia, mentre le illustrazioni ci svelano che si tratta in realtà di disastri? Non a caso il protagonista, a forza di sentirselo ripetere, è convinto di chiamarsi "No". Ne avevo parlato raccontando la mia prima lettura in biblioteca.



Ma il contrasto tra testo e immagini può veicolare anche messaggi più profondi, diventando ad esempio rappresentazione di un contrasto nella vita reale, come nel caso di Rosso, in cui il testo fa riferimento all'etichetta del pastello (rosso, appunto), mentre le immagini ci svelano la sua vera natura, quella di un colore blu (ne ho parlato qui).



Ci sono poi casi più semplici, meno spinti sull'ironia e adatti perciò anche ai bimbi più piccoli, in cui il testo dà alle immagini una lettura nuova, inaspettata. È il caso di Buon viaggio piccolino, in cui le parole raccontano dei lunghi preparativi per una partenza che in realtà, lo vediamo dalle immagini, sono solo il rituale di messa a nanna del bambino, perché il viaggio narrato è semplicemente quello verso il mondo dei sogni.



Perché è questo, alla fine, lo scopo di un bel libro: farci viaggiare. Con le immagini e con le parole.


                                 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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