Nuvole in scatola
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I bambini, con i segreti, hanno un rapporto complicato.
Spesso sono totalmente incapaci di mantenere la riservatezza, persino quando andrebbe a loro vantaggio ("Ti faccio vedere i cartoni, ma non dirlo alla mamma" "Va bene, nonna". Un'ora dopo: "Mamma, non arrabbiarti, ma la nonna mi ha fatto vedere i cartoni!").
Di contro, ci sono cose che i bambini sono incapaci di esprimere, e che diventano segreti inconsapevoli: paure, emozioni, sentimenti a cui non riescono a dare voce e che restano nascosti in un angolo del loro cuore.


Il segreto, albo cartonato di Eric Battut pubblicato da Pulce edizioni, potete vederlo così: come una bella metafora di quel luogo segreto dentro di noi, che per quanto cerchiamo di nascondere, in qualche modo emerge, si manifesta. E quando impariamo a condividerlo, rende tutto più semplice e lunimoso.

Potete vederlo così, certo, oppure potete vederlo semplicemente come una storia divertente, che gioca sui diversi piani di focalizzazione (il narratore, e quindi il lettore, sanno e vedono qualcosa che il protagonista non sa) per ottenere un effetto comico.

Il segreto racconta, con immagini minimali e poche parole, la storia di un topolino che trova una mela: "sarà il mio segreto!", dice. E così, la nasconde sotto terra.


Passano diversi animali (uno scoiattolo, un uccellino, una tartaruga...) che chiedono al topolino cosa nasconda lì dietro, ma la sua risposta è sempre la stessa:
"È il mio segreto e mai lo dirò"

Ma mentre il topino pronuncia queste parole, dando sempre le spalle al luogo dove la mela è sotterrata, vediamo crescere dietro di lui una pianta che, pagina dopo pagina, si fa sempre più grande.

Leggendo, viene quasi spontaneo sorridere per questa ingenuità e avvertire il topolino: "ma come? non vedi? sta crescendo una pianta dietro di te!".

Il topolino se ne accorgerà solo quando il suo segreto sarà diventato un albero ricco di mele che cadono a terra mature, e tutti gli animaletti che aveva incontrato godranno insieme a lui di questi frutti gustosi.

Il segreto ha un formato quadrato e solide pagine cartonate, adatte alle piccole mani.
Il testo breve, con semplici rime e struttura ripetitiva, si presta ad essere imparato a memoria, cosicché presto i bambini impareranno a "leggerselo" da soli.
L'inquadratura delle immagini è fissa, perciò vediamo nelle prime pagine un ampio spazio bianco, in cui il protagonista sembra piccolo piccolo. Questo spazio viene gradualmente occupato dal melo, che cresce fino a riempire la pagina intera.
Anche l'impaginazione trasmette quindi la sensazione di qualcosa di piccolo che cresce nel tempo, fino a diventare così invadente da non poter essere visto.

In effetti, i processi di crescita avvengono sempre in qualche modo "in segreto", perlomeno inizialmente: lo sviluppo nasce dentro di noi o, nel caso di una pianta, dalle radici che si sviluppano sotto terra. Sono loro a nascere, prima ancora del germoglio che spunta.

E se invece la pianta nascesse sotto gli occhi di tutti?
Ho preso da alcuni post su Pinterest l'idea di utilizzare la custodia di un CD (non di quelli sottili, ovviamente) per "svelare il segreto" della crescita delle piante, in modo che i bambini possano vederne attimo per attimo tutto il processo.


Ho scelto i classici fagioli, semplicemente per la loro crescita particolarmente rapida, ma potete utilizzare con altrettanta efficacia altri tipi di semi (se sono più piccoli saranno ancora più adatti) e della terra al posto del cotone (che ho preferito per lasciare ancora più visibili i semi).
Scegliete comunque fagioli piccoli, perché una volta germogliati potrebbero non stare più nella custodia del cd.


Avvolgeteli con il cotone (senza coprirli, in modo che si vedano dall'esterno), bagnate e appoggiate la custodia su un vassoietto (perderà acqua). Naturalmente, dovete togliere l'inserto porta-cd dalla custodia e lasciarne solo la parte trasparente.



In pochi giorni il "segreto" verrà svelato e vedrete ora dopo ora attraverso la plastica trasparente nascere e crescere le radici e poi i germogli.



E infine, a un certo punto dovrete necessariamente aprire il cd: il "segreto" sarà cresciuto troppo per restare rinchiuso.


Nell'immaginario collettivo, il serpente è associato alla tentazione, al veleno, alla "lingua biforcuta", al traditore di cui non fidarsi.
E forse è questa la chiave che fa di Crictor un protagonista del tutto inaspettato: lui è esattamente l'opposto.


Crictor. Il serpente buono di Tomi Ungerer, riedito recentemente da LupoGuido in una splendida edizione con copertina rigida e dorso in tela, è infatti un boa constrictor domestico.
Madame Louise Bodot, anziana insegnante, lo riceve in regalo dal figlio, studioso di rettili.


Dopo un'iniziale fase di sgomento, inizia ad accudirlo come fosse un bambino, e ben presto Crictor si rivela un fantastico compagno, premuroso e pronto ad accompagnare l'anziana padrona e ad aiutarla nelle diverse incombenze.

Come già era accaduto con Emil, il polpo gentile, altro titolo di Ungerer con cui questo albo ha molti punti in comune, anche Crictor non si limita ad essere un animale domestico, ma partecipa attivamente alla vita sociale, aiutando Madame Bodot nelle lezioni, giocando con i bambini al parco e arrivando infine a sgominare una rapina: sarà un personaggio amato e rispettato da tutti.
È la vittoria dei buoni sentimenti, che passa attraverso una narrazione serena, descrittiva, in cui la quotidianità viene prima degli eventi: l'albo ruota attorno a Crictor come personaggio e non alle sue azioni o al dipanarsi di una storia.
Lo stupore e la bellezza di questa narrazione arrivano quindi dalla descrizione del protagonista, così estraneo al suo nuovo contesto, eppure così ben integrato.




Come era stato per Emil, anche questa volta Ungerer incentra gran parte dell'albo sulla fisicità del protagonista.
La caratteristica strutturale di Crictor, essere lungo, sottile e snodabile, diventa un gioco che pagina dopo pagina ci offre spunti diversi, a partire dal pacco a forma di O in cui il serpente viene consegnato a Madame Bodot.



Il serpente si diverte poi a formare lettere e numeri con il suo corpo, come fosse una lavagna vivente per gli alunni della scuola.


E si trasforma in uno scivolo e una corda per saltare.


Ungerer fa di Crictor, con la grazia e l'eleganza delle sue illustrazioni, quello che qualsiasi bambino farebbe con un serpente giocattolo: si diverte a piegarlo, a trasformarlo, a utilizzare la sua fisicità per inventare nuovi giochi.
E forse è proprio questa la forza di Emil e di Crictor: sono protagonisti animati, ma al tempo stesso rispondono a un'esigenza bambina, quella di esplorare e testare i limiti e le potenzialità degli oggetti con cui hanno a che fare.

Per farlo anche con i vostri bimbi, non serve che adottiate un serpente vero. Potete divertirvi a costruire

Un serpente di carta.


Bastano delle strisce (molte) di carta colorata e un po' di colla.


Incollate ad angolo retto due estremità.


Poi iniziate a piegare, alternando le due strisce, in modo da creare una fisarmonica. Quando una striscia finisce, potete incollarne un'altra.


Aggiungete una testa e una coda, ed ecco il vostro serpente, pronto a snodarsi e a creare un sacco di cose.


Quante cose?


Be', direi infinite.
Come la vostra fantasia.


Chi ha inventato l'espressione "dormire come un bambino" evidentemente non aveva figli.
A meno che per "dormire come un bambino" non intendesse "svegliarsi almeno un paio di volte per notte, lanciare qualche frase scomposta, compiere una rivoluzione completa attorno al proprio asse e nel frattempo tirare manate a destra e a manca".
Molto meglio, per rendere l'idea, parlare di "dormire come un ghiro". Oppure no?


Susanna Isern, autrice di I sette letti di ghiro, pubblicato in Italia dalla casa editrice spagnola NubeOcho, non la pensa così.
L'albo narra le vicende di alcuni animali di Bosco Verde.


Un giorno, Coniglio si alza e trova il piccolo Ghiro che dorme nella sua serra delle carote.


È poi la volta di Pettirosso, che il giorno seguente lo trova addormentato nel cassetto delle cravatte, e di Cervo, che lo scopre rannicchiato tra le sue corna.


Ogni notte, il piccolo Ghiro occupa un letto diverso. Gli animali decidono di affrontarlo: non può entrare nelle case così di nascosto!
Ma il piccolo Ghiro ha paura di dormire da solo. Così tanta paura che, una volta cacciato dagli amici di Bosco Verde, corre il rischio di andare a dormire a Bosco Grigio, a casa del Lupo.
Quando gli amici se ne accorgono, lo salvano dal predatore e decidono che dormirà a turno da ognuno di loro. Così, il piccolo Ghiro riuscirà a riposare sereno, senza mai svegliarsi, finché un giorno il ghiro non avrà più bisogno delle case degli altri (ma non vi svelo il perché).



La storia di I sette letti di ghiro, così vicina ai pensieri e alle sensazioni di tanti bambini, è arricchita dalle preziose immagini di Marco Somà, Premio Andersen 2019 come miglior illustratore.
Il suo segno poetico, le invenzioni ironiche e fiabesche, come la casetta del topo a forma di formaggio, le atmosfere a volte oniriche e alcuni tratti inconfondibili, come le corna fiorite del cervo o l'eleganza retrò dei protagonisti, tra cravatte, vestaglie e tazze da tè, regalano all'albo un fascino megico e fiabesco.


I sette letti di ghiro racconta una storia di animali ma parla di bambini: del loro bisogno di contatto, del loro sonno così disturbato, che però trova pace accanto a qualcuno che li rassicura. Racconta anche un'evoluzione inevitabile, che rende più semplice all'adulto comprendere le "invasioni di campo" nel lettone: il bambino crescerà, non avrà sempre bisogno di dormire con noi.
Godiamoci il momento (per svegliarci meglio, c'è sempre il caffè).


"Quanti anni hai?"
 "Così"
E il bambino fa un segno con le dita, spesso incomprensibile, perché il pollice sta lì, fermo a metà, e non si capisce bene se contarlo oppure no.
Le mani sono il primo abaco di ogni bambino, e i numeri contati sulla punta delle dita arrivano prima dei segni grafici, dei concetti, delle operazioni.
 

Anna Cerasoli, esperta divulgatrice di matematica per bambini, parte proprio dalle dita delle mani per insegnare a contare ai bambini piccoli, dai tre anni.
Le sorelle cinque dita, edito da Editoriale Scienza, racconta i numeri in forma narrativa, associandoli alle azioni delle dita.


Quando erano piccine, le cinque sorelle stavano sempre strette, chiuse a pugnetto.
Nessuna aveva il coraggio di prendere la parola.

Ecco emergere il concetto di zero, associato a un gesto (il pugno) e al numero di dita che svolgono un'azione (nessuna, in questo caso).


Il libro segue lo sviluppo motorio del bambino, raccontando ad esempio della conquista della "presa a pinza": ecco il numero due, con pollice e indice.

E proprio il cinque rappresenta la conquista dell'autonomia, con il bambino che saluta la mamma con la mano aperta.
Ma una mano da sola non basta a compiere tutte le azioni che ci servono: ecco che manosinistra conosce manodestra. Insieme possono fare e afferrare molte più cose.


Le sorelle cinque dita prosegue dando un nome a ogni dito, e passando dai numeri cardinali a quelli ordinali (il pollice è il primo, l'indice il secondo...), per poi proporre giochi di associazione e rime che i bambini possono svolgere insieme ai genitori per rendere più efficace l'apprendimento.


Con un mix di narrazione, testi in rima e divulgazione, Le sorelle cinque dita trova un approccio particolarmente efficace alla memorizzazione e all'insegnamento della matematica ai bambini, trasformando dei concetti astratti in qualcosa di estremamente concreto, che coinvolge fisicamente il bambino e il suo corpo attraverso esempi quotidiani e familiari.

Trasformare un concetto in qualcosa di tangibile è un "trucco" mnemonico che vale per tutti, ma è ancora più potente in un bambino, in cui la capacità di astrazione è ancora limitata.

Ho voluto completare la lettura di questo libro creando un semplice

abaco a dita


Ho ricalcato le mani del Piccolo D (quanto mi piaceva questo gioco da piccola, e quanto piace ancora ai miei bimbi!) e le ho ritagliate.


Le ho poi incollate su un foglio, lasciando le dita prive di colla e libere quindi di essere piegate.


Come si fa il tre con le dita?
Quanto fa uno più due?
Quanti modi ci sono di fare dieci? (1+9: un dito piegato, nove dita alzate, e così via)


Sono tantissimi i giochi da fare con le dita vere e con quelle di carta (non infilatele nel naso, mi raccomando!).



La creatività è un gioco di paletti: paletti da mettere, paletti da togliere.
Bisogna scegliere un ambito entro il quale muoversi, perché le possibilità infinite confondono e non aiutano a focalizzarsi.
Ma è allo stesso tempo necessario togliere dalla propria mente ogni eccesso di razionalità e di limiti autoimposti, per poter generare qualcosa di davvero nuovo.


Il manuale del piccolo inventore di Terre di mezzo editore, riesce a lavorare proprio su questo equilibrio: dare dei confini, togliere dei limiti.
Il libro, molto curioso, nasce da un progetto ancora più singolare: littleinventors.org, una community che raccoglie migliaia di progetti dei bambini di tutto il mondo, facendoli realizzare a tecnici esperti e dando loro visibilità, con la meravigliosa missione di essere
a creative education organisation that inspires imagination  
by taking children’s amazing ideas seriously.
"Prendere sul serio le idee sorprendenti dei bambini": trovo che sia una dichiarazione d'intenti portentosa, qualcosa che dovrebbe ispirare insegnanti, educatori, genitori e tutti coloro che con i bambini hanno a che fare.


Torniamo al libro: dopo una breve presentazione del progetto, Il manuale del piccolo inventore dà ai bambini una breve spiegazione di cosa sia un'invenzione, e della sua importanza nella storia dell'uomo.
Parte poi, in modo fantasioso e non strutturato, con una serie di spunti e di metodi per trovare la propria invenzione: dall'osservazione dei problemi da risolvere alle associazioni di idee, dalla ricerca di nuovi punti di vista all'osservazione delle persone a cui l'invenzione potrebbe servire.

Il manuale contrappone continuamente piccoli spunti di metodo a una serie di esempi concreti e al tempo stesso assolutamente fantasiosi.
Troviamo molte pagine da compilare, che rendono il libro una sorta di "corso per inventori" e aiutano a focalizzare i punti base per la creazione di ogni invenzione, dalla creazione di una mappa mentale alla descrizione dell'invenzione stessa.


E praticamente in ogni pagina, troviamo le idee più strampalate, come la sciarpa-elica per volare o la batteria da polso.


Nella maggior parte dei casi si tratta di oggetti inutili se non addirittura impossibili, ma è proprio questa la forza di questo testo: aiutare i ragazzi a non vergognarsi delle proprie idee, a non reprimerle, a lasciar loro libero sfogo, perché solo così potranno crescere.

Ecco perché accanto alle illustrazioni troviamo anche le fotografie dei prototipi scelti dal progetto Little Inventors per essere realizzati concretamente.


Il manuale del piccolo inventore è una lettura agile, fatta di pochi testi e molta, molta immaginazione.
Un compendio destrutturato ma utilissimo, che farebbe bene anche a molti adulti, per riprendere contatto con quella loro parte creativa che la crescita ha messo a tacere.

Ho consegnato il libro al Piccolo T, insieme a una scatola di "cose per inventori" creata nel tempo, raccogliendo corde, tubi di cartone di carta igienica e carta da cucina, cannucce, contenitori di sorpresine, vecchi rocchetti di filo esauriti, tappi, tanti "pezzi" avanzati dal montaggio dei mobili Ikea.


Dopo una decina di minuti, questo materiale era diventato una carrucola solleva-Lego.
Forse non un'invenzione geniale, è vero, ma che ha prodotto già i suoi effetti benefici: almeno un'oretta di gioco senza richieste di videogame o tv. Questa carrucola solleva anche lo spirito di iniziativa, evidentemente.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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