Nuvole in scatola
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Vi è mai capitato di immaginare che elfi, spiriti o creature misteriose abitassero casa vostra?
Magari quando vi è sparita quella cosa che eravate convinti di aver messo proprio lì.

la banda del silenzio

La banda del silenzio di Alex Cousseau e Charles Dutertre (Sinnos editore) si addentra nel microcosmo immaginario ma realistico dei piccoli oggetti di casa: è qui che vivono i protagonisti del libro.
Si tratta di umani, o perlomeno di creature che all'apparenza ne hanno tutto l'aspetto, e che di strano hanno solo le dimensioni (minuscole) e i nomi.

La banda del silenzio Ã¨ composta da mamma Bu, Papà Tom, Zio Jo, e il Sergente Pok, il bambino che narra la storia in prima persona.

la banda del silenzio

Abitano tutti insieme dentro una scarpa di cuoio. Non è dato sapere chi siano, perché siano così piccoli, e nemmeno cosa ci facciano in casa di umani che hanno invece dimensioni "normali": la narrazione in prima persona non lascia spazio a questi interrogativi esistenziali. Come ogni persona che parla di sé, il piccolo Sergente Pok non sente l'esigenza di dare spiegazioni sulla propria specie.

C'è una caratteristiche che però si cura di sottolineare: la famiglia del Sergente Pok odia il rumore.
Per questo si è data questo nome (La banda del silenzio), e per questo si impegna ogni giorno, lavorando attivamente contro i due spauracchi peggiori, gli elementi più rumorosi di casa: la cane Chester e l'aspirapolvere.

la banda del silenzio

Lo fa grazie alle curiose e ingegnose invenzioni della mamma, che costruisce macchinari complessi, affascinanti da scoprire in tutti i dettagli nelle ricche illustrazioni.

Le immagini minuziose ci trasportano in un mondo in cui i particolari più insignificanti della casa hanno una dimensione a misura dei protagonisti, per cui siamo portati a notare e analizzare le più piccole minuterie.

la banda del silenzioLe soluzioni dei protagonisti sono inevitabilmente delle soluzioni "tappabuchi" e poco canoniche, che fanno sorridere il lettore.
Il cane, ad esempio, viene ingozzato di croccantini grazie all'azione di speciali macchinari, mentre zio Jo, "pastore della polvere", si impegna a nasconderla sotto gli armadi e nei vari angoli di casa, in modo che i padroni di casa non la vedano e non accendano il temuto elettrodomestico.


la banda del silenzio

L'aspetto più comico di questo libro è proprio questo: il protagonista racconta le attività della sua "banda" con estrema naturalezza, con una pacatezza gentile e ingenua che ci fa immediatamente simpatia, ma il lettore si mette inevitabilmente anche nei panni dei padroni di casa, e nota la doppia valenza delle loro soluzioni.

La famiglia della banda del silenzio nasconde la polvere sotto il tappeto, concretamente e metaforicamente.
Se il rubinetto gorgoglia, lo si tappa del tutto! Così non farà più rumore.
Impossibile non pensare alle conseguenze di questo gesto sulla famiglia "grande" che abita la stessa casa.
Ma è proprio questa doppia visuale che rende questo libro stravagante e divertente.

Stampato con font ad alta leggibilità, La banda del silenzio Ã¨ suddiviso in tre storie correlate ma indipendenti, per facilitare e gratificare anche i lettori alle prime armi.

Questa attitudine nei confronti della polvere mi ha fatto sorridere (sarà che anche a casa mia convivo con parecchi "gatti" di polvere?), e ispirandomi alla banda del silenzio ho preparato un velocissimo gioco con materiale di recupero.

Il soffiapolvere.


Bastano il coperchio di una scatola di scarpe, del cartoncino, due cannucce e alcuni pompon.


la banda del silenzio

Con il cartoncino, si formano "gli armadi" sotto i quali far sparire la polvere: uno per lato, come porte da calcio.
Per preparare il gioco ancora più velocemente, si possono anche semplicemente disegnare sulla superficie con un pennarello.

la banda del silenzio

Si gioca uno contro uno: scopo del gioco è soffiare più polvere possibile sotto il proprio armadio (o dentro la propria area disegnata), senza toccarla ma usando solo le cannucce.

Credo che zio Jo e mamma Bu sarebbero fieri di questa invenzione.


Libretto o scherzetto?
Si avvicina la festa di halloween, con le sue feste, i pigiama party, e – perché no? – qualche libro a tema da leggere insieme.

mortina

Allora, se non conoscete Mortina, è ora di presentarvela.
Mortina. Una storia che ti farà morire dal ridere, di Barbara Cantini (Mondadori) è il primo di una serie di libri dedicati a una simpatica bimba-zombie.

Copertina rigida, una cinquantina di pagine, testi di media lunghezza che accompagnano pagine riccamente illustrate: Mortina è un perfetto passaggio, per i primi lettori, dall'albo al romanzo, un testo di lunghezza media in cui le immagini alleggeriscono l'impegno della lettura.

La protagonista vive a Villa Decadente insieme alla zia Dipartita (l'intera storia è farcita da nomi buffi e significativi), che non la lascia uscire per paura delle reazioni della gente comune nel vederla.

mortina

Ma a Mortina viene un'idea: approfittare della festa di Halloween e uscire mimetizzandosi tra i bambini mascherati.
Prende allora la testa mozzata dello zio Funesto, che la zia Dipartita usa come portagioie, per farne un cestino per i dolci, e va in città, dove tutti restano colpiti dal suo travestimento così accurato.
E la sua copertura reggerà fin quando Mortina si farà prendere un po' troppo la mano e mostrerà a tutti la sua abilità speciale, quella di staccarsi la testa e usarla come fosse un pallone, per poi riattaccarsela come nulla fosse.

Come reagiranno i suoi nuovi amici?

mortina

Il segno e il gusto molto burtoniani di Barbara Cantini danno a Mortina una gradevolezza e un'ironia che stemperano e sdrammatizzano il clima gotico, espresso dai contenuti dei disegni, ma anche dai colori (dominano il nero, il viola e un arancione-zucca).

Tra le pagine, compaiono spesso annotazioni di Mortina stessa, che, pur narrata nel testo in terza persona, ritrova attraverso questi commenti curiosi una sua centralità anche sul piano del racconto delle sue vicende.

mortina

Proibizioni e regole che vogliono il mondo dei vivi e quello dei morti nettamente separati e nemici si infrangono nel candore di una bimba-zombie che vorrebbe essere bimba e basta.

Mortina è un libro di paura che non fa paura: un intreccio forse prevedibile per un adulto che ormai conosce i cliché del gotico, ma certamente interessante per un bimbo che ha sentito nomiare molte volte zombie e simili, ma non ne conosce ancora le caratteristche più diffuse: un divertissement, dunque, che diventa un'introduzione perfetta ai luoghi comuni dell'horror, ma con un finale rassicurante e positivo (forse perfino un po' troppo buonista!).

Se non avete ancora letto questo libro e i successivi, halloween potrebbe essere l'occasione giusta (mi raccomando, però: se lo leggete ad alta voce, fatelo al buio, armandovi di torcia!).


C'è una percezione, tanto errata quanto diffusa, che vede il concetto di "naturale" contrapporsi a quello di "chimico".
È un pensiero che nasce dalla comunicazione pubblicitaria e invade molti campi, dalla cosmetica all'alimentazione, dando origine a un'errata sensazione di consapevolezza nel consumatore, e contribuendo spesso alla diffusione di bufale, più o meno pericolose.

La realtà è che tutto è chimica, attorno a noi, perché ogni cosa è composta da atomi e molecole. Esserne consapevoli renderebbe molto più semplice comprendere verità e bugie della comunicazione che ci viene proposta.

E la soluzione è solo una: ricominciare dalle basi (e dagli acidi, ah ah ah! Ehm, scusate).


La chimica non è materia per pochi eletti, e La tavola degli elementi, edito da Editoriale Scienza in occasione dei 150 anni della tavola periodica, lo fa capire bene.

Introdotto come fosse un'indagine, una missione segreta alla ricerca degli elementi nascosti attorno a noi, il libro racconta la chimica di base con linguaggio semplice ed esempi concreti.


Dopo una breve introduzione sulla composizione degli atomi, gli elementi e i composti, ci guida alla scoperta degli elementi sulla tavola, uno per uno.


Le icone, descritte nelle prime pagine, accompagnano tutto il volume, rendendo più immediata la ricerca delle informazioni principali di ogni elemento, come ad esempio il suo aspetto e le sue proprietà.


Per ogni elemento non manca un po' di storia, qualche curiosità, e spesso qualche semplice esperimento per verificarne le proprietà, ma soprattutto un'informazione essenziale: dove si può trovare.


In questo modo, gli elementi non rimangono entità astratte, ma vengono calati nella realtà, nella quotidianità, aiutandoci a capire, per l'appunto, che tutto ciò che esiste attorno a noi è "fatto di chimica".

A spezzare il lungo elenco di schede di elementi, appare qua e là una pagina a fumetti, che racconta la storia della chimica, dei suoi personaggi e delle sue scoperte.


La tavola degli elementi si rivolge a bambini dai 9 anni in su, ma non disdegnerei di regalarlo anche a un ragazzo delle superiori, che la chimica la studia, per rendere più amichevole e meno ostica la materia, approcciandola con curiosità e con un fondamentale ancoraggio alla quotidianità.
Non nego, anzi, che io stessa lo sfoglio volentieri, alla ricerca di informazioni, notizie, spiegazioni.

E proprio a chi la chimica deve iniziare a studiarla dedico il gioco di oggi:

la battaglia degli elementi.


È sufficiente stampare quattro tavole periodiche degli elementi (le trovate tranquillamente online).
Per riutilizzare più volte il gioco, potete plastificarle e poi usare un pennarello lavabile.


Le tavole diventano così una plancia perfetta per una battaglia navale alternativa, in cui si nominano gli elementi al posto delle coordinate.


Su una tavola si segnano le proprie navi, sull'altra i colpi sparati.
Potete usare delle cartelline, o applicare le tavole su dei cartoncini da mantenere dritti con dei fermagli.


Mendelevio? Colpito e affondato.


Il silenzio ha tanti linguaggi.
Abituati come siamo ad essere circondati da fiumi di parole, non ci soffermiamo abbastanza a riflettere su tutte le cose che comunicano, attorno a noi, pur non essendo parole.


Gita sulla luna di John Hare (Babalibri) è un silent book, un libro senza parole, ma sa comunicare molto efficacemente il suo racconto, trasmettendone non solo la trama, ma anche atmosfere e sensazioni.
L'ambientazione, oltre ad essere la chiave della storia, è particolarmente appropriata: sulla luna, infatti, non essendoci atmosfera, non si sentono suoni.

E così ci lasciamo trasportare dalle immagini, rotonde, ricche di chiaroscuri, con pochi tocchi colorati eppure allegre, e seguiamo le vicende del protagonista.
Ci troviamo in un futuro in cui i viaggi spaziali sono evidentemente così comuni che si può andare in gita scolastica sulla luna.



La navicella spaziale, gialla e con tanti finestrini, sembra proprio un ibrido tra uno shuttle e uno scuolabus, e tra i personaggi ben bardati con tuta e casco da astronauta individuiamo un maestro, più grande, e una scolaresca.



Notiamo subito che uno dei bambini resta indietro. È l'unico ad avere in mano un blocco da disegno e dei pastelli, anziché un tablet. Dalla superficie grigia della luna guarda il cielo, dove appare nei suoi colori la Terra, e così decide di appartarsi e disegnarla, mentre il maestro illustra l'ambiente lunare ai suoi compagni.



Il bambino però si addormenta, e non si accorge che è giunta l'ora di ripartire; la navetta-scuolabus è decollata senza di lui. Dopo un iniziale smarrimento, il bambino ricomincia a fare ciò che gli riesce meglio: disegnare. È a quel punto che un alieno sbuca da dietro un masso per spiarlo e, incuriosito, chiama i suoi compagni.



Teneri, simpatici, grigi come il satellite che li ospita, gli alieni si dimostrano amichevoli: dopo un iniziale paura, troveranno nel disegno un linguaggio comune.
Il bambino porta il colore nella loro vita: una scoperta entusiasmante, per loro. Ma anche il grigio degli alieni resterà nel cuore del piccolo terrestre, come scopriremo quando la storia troverà la sua conclusione.




Poetica, curiosa e ricca di significati, la storia di Gita sulla luna ci racconta di amicizia e diversità, di ricerca di un linguaggio comune anche dove non c'è, della ricchezza che può nascere dal conoscere nuove culture, di complicità: il piccolo protagonista manterrà infatti segreto questo incontro, proteggendo i suoi nuovi amici dalla curiosità altrui.

E c'è ancora un tema, nascosto ma non troppo: l'importanza di ascoltare le proprie sensazioni, seguire le proprie inclinazioni e mettere in ogni cosa un po' di se stessi. Alla fine, lo scolaro che non ha seguito le spiegazioni "standardizzate" del maestro sarà quello che della luna ha scoperto di più.

Gita sulla luna fonde in modo sorprendente azione e poesia, ambientazione fantastica e sentimenti reali: senza parole, si può dire ancora moltissimo.

"Faccio io!" è una frase che suscita nei genitori sentimenti contrapposti: l'orgoglio per il moto di autonomia del proprio figlio, per la sua voglia di crescere e imparare, ma anche il timore che a questa azione si accompagni un contrattempo, dall'uscire in ritardo di casa a danni di entità varia, che purtroppo l'assicurazione non copre come provenienti da "calamità naturali" (se l'assicuratore conoscesse il Piccolo D, credo che cambierebbe opinione in proposito).
Lo sappiamo: dobbiamo incoraggiare sempre questi sforzi, ma quanto è difficile, a volte.


Non si toglie! (Shinsuke Yoshitake, Salani editore) ironizza su questi momenti, facendo sorridere, da punti di vista opposti, sia genitori, sia bambini.
All'inizio del libro, vediamo un bambino il cui volto è coperto dalla maglietta, sollevata e poi rimasta incastrata attorno alle braccia alzate (chissà quante volte è successo anche a voi!).
È nato tutto da un "Faccio io!" che non ha avuto il risultato sperato.

"Sono incastrato nella maglietta,
da chissà quanto tempo ormai"
spiega la voce narrante, quella del bambino.


Già, perché per i bimbi il tempo è dilatato, specialmente in una situazione indesiderata: ogni attimo sembra eterno, e anche un piccolo contrattempo sembra loro qualcosa di irrisolvibile.
Per questo, il bimbo inizia a pensare a come sarebbe la sua vita se non dovesse riuscire mai a uscire dalla sua maglietta.


Immagina così una vita di espedienti, in cui per bere deve usare la cannuccia.
Ma anche una vita di successi, una volta abituato all'idea: ecco che lo vediamo arringare una folla entusiasta dall'alto di un palco.


E in fondo, chissà a quanti bambini è capitato: potrebbe incontrare gli altri bambini incastrati nella maglietta e stringere con loro un'amicizia basata sulla propria condizione comune.
Certamente troverebbero il modo di giocare insieme (perfino col retino delle farfalle!).


E proprio quando arriva alla conclusione che sì, anche incastrato nella maglietta può aspettarsi un futuro meraviglioso, ecco che il bambino inizia a sentire freddo alla pancia e gli viene voglia di un bagnetto caldo.
Solo la mamma riuscirà, senza una parola e in un solo, velocissimo gesto, a farlo uscire da questa situazione. Così, questo bimbo così desideroso di autonomia, si trova nuovamente ad essere quasi un pupazzo gestito dalla madre, che con la rapidità di un'esperta lo insapona, lo lava, lo sciacqua e lo asciuga, per poi lasciarlo da solo, a mettersi il pigiama.
Ma il bambino sa che l'impresa è alla sua portata: può farcela da solo! Oppure no?

Non si toglie! Ã¨ un albo che nella sua innegabile comicità rispecchia bene il pensare bambino, tra la  melodrammaticità dei suoi "per sempre" e dei "mai più" e la resilienza che nasce dalla creatività e dall'immaginazione (ma anche dalla testardaggine di non voler chiedere una mano!).

Di questo protagonista, di cui per la maggior parte del libro non vediamo nemmeno la faccia, intuiamo bene espressioni, tono di voce e stati d'animo, proprio perché li vediamo ogni giorno nei nostri figli.
La sua vicenda non è fantascienza, ma è l'esasperazione creativa di qualcosa di molto reale, concreto e quotidiano, e segna perfettamente il grande confine (psicologico, prima che di competenze) tra le due percezioni di una stessa azione: un'impresa impossibile per il piccolo, una sciocchezza per la madre.

Il processo di crescita è tutto lì, in quel gap tra le due generazioni, nelle abilità acquisite e in quelle ancora tutte da apprendere.
Non si toglie! ci permette di riderci sopra, di gusto.

Menzione speciale al messaggio in quarta di copertina, indirizzato apparentemente ai bambini ma che, per contenuto e comicità, strizza l'occhio ai genitori e farà ridere soprattutto loro:

C’è un momento della vita in cui riesci a fare tutto da solo. Ma non è questo.


Mi sono sempre chiesta perché l'orsetto sia considerato il peluche per eccellenza.
Probabilmente per il suo aspetto tenero, le proporzioni morbide, il muso tondeggiante: tutte caratteristiche che fanno venire voglia di abbracciarlo.
Non a caso in inglese esiste il termine "bear hug", "abbraccio da orso" (è quello che potremmo tradurre con "abbraccio caloroso", ma bisogna ammettere che la versione originale suona meglio).


La piccola protagonista di Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io, di Margarita Del Mazo e Rocio Bonilla (NubeOcho edizioni) di orsi ne ha due, "che è ancora meglio", e li porta con sé dappertutto.


La bimba, parlando in prima persona, sembra accompagnare il lettore con sé, alla scoperta della sua giornata. Una giornata di neve, di giacconi e berretti caldi: tutti elementi che, come un orso, abbracciano e proteggono.
Nelle grandi pagine, gli acquerelli tenui, bordati da segni delicati, infondono dolcezza e curiosità bambina verso il mondo.


Ad esclusione di un paio di tavole (tra cui quella finale, che svela l'identità dell'orso grande), il punto di vista è sempre quello della piccola, veicolato da inquadrature che spesso tagliano gli elementi troppo alti: quello dipinto è un mondo ad altezza bambino.


Il grande orso e il piccolo orso hanno entrambi un loro ruolo preciso, nella vita della bambina. Il grande è forte, protettivo, le fa scoprire il mondo dall'alto e i luoghi dove non potrebbe arrivare da sola.
Il piccolo la accompagna nelle sue avventure più "a terra", alla scoperta del bosco e dei piccoli animali.
Entrambi la supportano e la aiutano.


Ma anche il grande orso, ogni tanto, ha bisogno di lei.
Ed è in questo rovesciamento di ruoli che vediamo, attraverso gesto della bambina che porge al grande orso un berretto con le orecchie, che costui non è altri che il suo papà.


Un "papà-orso", ma non nel senso che intendiamo abitualmente. Il papà è orso perché abbraccia, perché entra con la bambina nel suo mondo fantastico in cui un animale selvatico non fa paura perché è soltanto un compagno di giochi.

Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io Ã¨ un albo semplice, dolce e commovente, un modo per raccontare il rapporto padre-figlia in una chiave inedita.

Un regalo perfetto per un papà, da accompagnare con

un biglietto-orso

Per realizzarlo, servono tre ritagli di cartoncino: un rettangolo con un lato arrotondato, un piccolo cerchio, una striscia con i due estremi arrotondati.



Dopo aver dipinto di bianco il cerchio, lo si taglia a metà per ottenere le due orecchie.
Sulla parte arrotondata del rettangolo si disegna il muso dell'orso, poi si piega su se stesso la restante parte del rettangolo, praticando due tagli verticali sull'aletta che resterà esterna.


Si incollano quindi le orecchie e la striscia (le zampe) sul retro del biglietto.
Le estremità arrotondate della striscia si dovranno infilare nei due tagli, come se l'orso avesse le mani in tasca.


Questo consente di trasformare il biglietto in una busta, dentro la quale sarà possibile inserire un messaggio o una piccola caramella.
Così, il primo "abbraccio da orso" che il papà riceverà sarà il biglietto stesso. Per il secondo, però, provvedete dal vivo.


Pochi hanno simpatia per i bimbi dispettosi, nella vita reale.
Sul divertimento che a volte i loro scherzi possono suscitare, prevale di solito il disagio provocato dalle loro azioni.

È proprio questo, probabilmente, a rendere così importanti i gianburrasca letterari: a differenza di ciò che accade con quelli reali, possiamo ridere delle loro marachelle senza sentirci né vittime, né complici. Sono catartici: ci consolano facendoci sentire compresi in quella nostra voglia di trasgressione alle regole, concedendoci uno sfogo virtuale, vissuto attraverso il loro racconto.



Susi, la piccola pestifera protagonista di Susi in piscina, è un perfetto gianburrasca letterario: travolgente, divertente, completamente incurante delle regole.

In questo libro di Jaap Robben, illustrato da Benjamin Leroy (li avevamo visti in Super P) e pubblicato da Sinnos editrice, vediamo Susi in un giorno per lei molto speciale: finalmente può andare nella piscina dei grandi!
Il testo si limita a registrare questo dato di fatto, ma le immagini ci mostrano tutto il suo dirompente entusiasmo: la vediamo correre a più non posso attraverso ingresso e spogliatoi, travolgendo (letteralmente) tutti.



Mentre seguiamo il percorso di Susi, l'occhio cade sugli altri personaggi: un cane, una mamma con un bimbo piccolo, uno gnomo, una signora anziana... lettura dopo lettura, ne seguiremo le storie e le evoluzioni, perché li ritroveremo nelle diverse pagine e nelle diverse stanze della piscina.

Il bagnino cerca di tenere a bada Susi, e le elenca le regole: non si corre, non si grida, non ci si tuff... come non detto, Susi non bada minimamente a quello che dice, e si lancia a bomba nell'acqua.


Poi, inizia a nuotare come una pazza, invadendo tutte le corsie, finché il bagnino non sarà costretto a richiamarla e a riportarla nella piscina dei piccoli. Ma Susi ha ancora una marachella in serbo per distrarre il bagnino e ottenere ciò che vuole.


Susi in piscina è breve, agile, divertente, adatto per una lettura condivisa dai quattro anni e dai sei per una lettura autonoma. È scritto infatti con font LeggimiPrima di Sinnos, in stampatello maiuscolo, con frasi brevi e semplici, perfette per le prime letture autonome.

Le illustrazioni, protagoniste del racconto, si impongono sul testo minimale con la loro energia e la ricchezza di storie che si compongono al loro interno.

Il sorriso sguiaiato e l'entusiasmo della piccola protagonista sono irresistibili: impossibile non trovarla simpatica, impossibile non parteggiare per lei, piccolo gianburrasca letterario che fa sulla carta, per noi, quello che in fondo avremmo sempre voluto provare, almeno una volta.


È nato tutto da #ioleggoperché, l'iniziativa per la promozione della lettura nelle scuole.
Sapete come funziona?
Se la vostra scuola ha aderito (entro il 20 settembre), dal 19 al 27 ottobre potrete acquistare in una delle librerie gemellate un libro da regalare alla biblioteca scolastica. Alla fine dell'iniziativa, gli editori regaleranno alle scuole un numero di libri pari a quelli donati.

Foto da Freepik.

Meraviglioso, vero?
Già, ma quali libri donare? Come scegliere dei libri adatti alla fascia d'età dei bambini, libri che si prestano a letture di gruppo, magari evitando doppioni? Come indirizzare i genitori a scegliere libri di qualità?

Per dare una mano alla scuola del Piccolo D, ho preparato una bibliografia per bambini da 2 a 5 anni, dalla sezione primavera all'ultimo anno della scuola dell'infanzia. Un elenco da consegnare alle librerie, ma anche a ciascun genitore, che potrà così prendere ispirazione anche per scegliere cosa leggere con i bimbi a casa.

Che ne dite, può interessare anche a voi?
Basta chiedere! Anzi, basta cliccare, qui:

  BIBLIOGRAFIA PER BAMBINI 2-5 ANNI 


In questo pdf troverete oltre 50 proposte, suddivise in 14 aree tematiche, dalla nanna alla crescita, dal cibo ai concetti più impegnativi, come la condivisione e l'integrazione.
Dove presenti, ho inserito i link alle mie recensioni sul blog.

Scaricatelo, consegnatelo alla vostra scuola, usatelo come lista per i vostri regali, oppure speditelo ai vostri amici: le buone letture sono un patrimonio da condividere.
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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