Nuvole in scatola
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 Piccioni? Ma non si diceva "andare a letto con le galline"?

 Ecco, però, questo non è un libro sulla nanna molto tradizionale.

È oradi dormire piccione

È ora di dormire, piccione! ci porta in Italia (grazie a Editrice il Castoro) uno dei personaggi più celebri di Mo Willems, insieme a Reginald e Tina: il suo capriccioso, incontenibile piccione.

Maestro nello sfondare la quarta parete e tutte le soglie del libro (lo abbiamo già visto in Non è una buona idea), Willems fa iniziare il suo albo prima ancora del frontespizio: è da qui che un uomo si rivolge direttamente al lettore chiedendogli aiuto per mettere a dormire il piccione.

È oradi dormire piccione

Anche il piccione non si cura troppo di starsene nel suo mondo finzionale e inizia subito a rivolgere direttamente al lettore una serie di scuse e motivazioni per non dormire. Il testo sottintende un dialogo tra il lettore e il piccione, che interloquendo con un "come dici?" lascia intuire che da parte del bambino ci sia stata una frase, un'interazione.

L'albo si presta quindi a una doppia modalità di lettura: il testo può essere seguito così com'è (lasciando sottinteso l'apporto del lettore), oppure si può invitare il bambino all'interazione, spronandolo a convincere il piccione. 

È oradi dormire piccione

I  tentativi del piccione si via via fanno sempre più concitati e capricciosi.
In una doppia pagina, il piccione sembra fare un pandemonio, poco dopo lo spazio del foglio si riempie di scuse incalzanti, una di seguito all'altra, senza dare nemmeno il tempo di una risposta.

È oradi dormire piccione

La variazione del ritmo, che ricorda da vicino le varie fasi del "capriccio" di un bambino che non vuole arrendersi, caratterizza la voce del libro, che alterna pagine quasi vuote, con la sola immagine del piccione e un singolo fumetto, ad altre più ricche di "vignette", con testi a volte sussurrati e a volte urlati. 

Resta dominante l'assoluto minimalismo della grafica e delle illustrazioni, in cui è presente quasi solamente lui, il piccione, con il suo viso che è tutt'occhio, un occhio che buca la pagina per guardare il lettore dritto in faccia.

Lanciato con Don't Let the Pigeon Drive the Bus! (che speriamo arrivi presto in Italia!), questo personaggio di Mo Willems spicca per la sua originalità e per la sua impertinente simpatia. In pochi tratti riesce a trasmettere un universo di atteggiamenti e un carattere ben identificato, ma soprattutto a farci ridere di gusto.


"Non sono stato io!" è il mantra di quasi tutti i bambini, e la ricerca di un capro espiatorio per i piccoli pasticci quotidiani è uno sport molto praticato nell'infanzia.
Immaginate quanto possa essere catartica la lettura di un libro in cui in effetti il protagonista può dire a ragion veduta "È stato lui".

Ho catturato uno gnomo 

Ho catturato uno gnomo, di Alberto Lot (Sinnos editrice) unisce la vocazione al pensiero magico dell'infanzia, la curiosità entomologica dei bambini e il piacere di dare la colpa a qualcun altro.

Ho catturato uno gnomo

Quando iniziano ad accadergli strani piccoli incidenti, il protagonista di Ho catturato uno gnomo, che ci racconta la sua storia in prima persona, dà inizialmente la colpa ad Anselmo, il terribile gatto dei vicini, finché un giorno coglie sul fatto il colpevole: uno gnomo, che corre velocissimo lasciando dietro di sé una scia di profumo di rosmarino.

Ho catturato uno gnomo 

Non è lo gnomo che tutti ci aspettiamo, un placido e sereno abitante dei boschi, ma un essere dispettoso e bisbetico, che non ha nemmeno una giustificazione per le proprie malefatte. Insomma, non immaginatevi storie moraleggianti, come il riscatto di un essere vicino alla natura che si scaglia contro l'uomo che lo disturba. Niente di tutto questo: Ho catturato uno gnomo parla ai bambini con la voce dei bambini, risponde al loro bisogno di esplorare e di inventare storie, senza dar loro troppe spiegazioni.

 Ho catturato uno gnomo

È deliziosamente bambina anche la trappola con cui il protagonista cattura il piccolo gnomo: un vasetto di vetro legato a un filo, e come esca una caramella alla fragola.

Ho catturato uno gnomo

E poco importa come andrà avanti la storia (perché sì, andrà avanti, e avrà ancora tranelli, e scherzi e anche un finale dal sapore dolce), perché da questo momento l'attenzione del libro (e del bambino, c'è da giurarci) sarà tutta lì: su questo gnomo catturato e chiuso nel vasetto come un insetto trovato in giardino. Un essere da scrutare e analizzare con curiosità scientifica, perché mai prima d'ora si è visto uno gnomo così da vicino.

Le illustrazioni indulgono su questi primi piani della creatura nel barattolo, che si ripetono lungo le pagine. Lo gnomo è trattato per metà come essere senziente, per metà come oggetto di studio: il protagonista prova a nutrirlo, a esaminarlo, a dialogare con lui. Quale bambino non farebbe altrettanto? Il piccolo lettore può godere di questa esperienza per interposta persona e provare nella sua mente parte dello stesso piacere, mentre nel mondo reale fa esperienza di un piacere diverso, più concreto: quello delle su prime letture.

Ho catturato uno gnomo, scritto in stampatello maiuscolo ad alta leggibilità e con poche semplici frasi, dà al lettore la soddisfazione di una storia articolata in più momenti e con un arco narrativo sufficientemente lungo da avvincere e coinvolgere, eppure alla portata delle sue capacità. Una storia che guarda oltre e apre a nuove immaginazioni.

 Gnomo in vasetto

(Cosa fareste, voi, se riusciste a mettere uno gnomo in un vasetto?)


Drago in vasetto


(E perché non un drago?).


Insegnare a leggere è qualcosa di più che istruire sulla decodifica dei simboli alfabetici, o almeno dovrebbe. 
Il rischio di molta didattica tradizionale è dare per scontate alcune competenze e pensare che "comprensione del testo" sia solo saper scegliere la casella giusta in cui mettere la crocetta in un questionario a fondo pagina. Un approccio così didattico alla didattica (se perdonate il gioco di parole) rischia non solo di non formare le giuste competenze per l'interpretazione del testo, ma anche di mortificare il gusto di leggere, che la scuola dovrebbe coltivare come uno dei frutti più preziosi.

Leggere comprendere condividere

Coltivare il piacere della lettura anche a scuola è un valore in cui credo molto, ed è per questo che seguo con attenzione (pur da semplice curiosa che non lavora in questo settore) il lavoro degli Italian Writing Teachers, un gruppo di docenti di scuole di diverso ordine e grado che segue e reinventa quotidianamente il metodo di origine statunitense del Writing and Reading workshop, con lo scopo di formare "scrittori competenti e lettori a vita".

Si tratta di una modalità di insegnamento della lingua che mette al centro lettura e scrittura insegnate come metodo e processo, e non come risultato, stimolando una riflessione profonda sui meccanismi sintattici, semantici, narrativi.

Leggere, comprendere, condividere. Guida all'analisi del testo narrativo, scritto per Pearson da tre insegnanti della secondaria di primo grado, Agnese Pianigiani, Linda Cavadini e Loretta De Martin, è una guida operativa molto concreta per la progettazione dei laboratori di lettura che si rifanno a questo metodo.

Leggere comprendere condividere

Si tratta di un libro rivolto agli insegnanti (focalizzato sulla fascia della secondaria di primo grado, ma adattabile anche a classi inferiori o superiori), ma ammetto che ho preso spunto da alcune delle strategie indicate per accompagnare anche mio figlio verso una lettura più consapevole e, a dirla tutta, alcuni passaggi possono fare da guida anche per un lettore già maturo che voglia cimentarsi in un'analisi più profonda di un libro che sta leggendo.

Dopo un'introduzione sull'organizzazione del lavoro in classe e sul senso dei laboratori di lettura, il libro va subito al sodo, proponendo metodi e strategie da applicare in classe per aumentare la consapevolezza dei ragazzi sul loro essere lettori, sulla lettura e sui libri.

Leggere comprendere condividere

Si tratta di un percorso che scava sia dentro il lettore, sia dentro il libro. Vengono portati alla coscienza e potenziati i processi naturali che avvengono inconsciamente durante la lettura di un testo narrativo, come la visualizzazione della scena, la ricostruzione di un contesto, il riempimento degli spazi vuoti lasciati dal testo. In seguito, si passa all'analisi della trama, del'arco narrativo, dei personaggi, del tono di voce, di tutti quegli elementi che rendono unico un testo letterario.

L'analisi è supportata da organizzatori grafici dal gusto squisitamente adolescente (sembra di guardare una pagina dei vecchi diari di scuola!), che si possono scaricare attraverso QR code.

Leggere comprendere condividere

Non si tratta di schede, perché l'approccio è esattamente opposto a quel genere di didattica: qui l'insegnamento è maieutico, mira a sviscerare emozioni e pensieri, a entrare in un rapporto personale e proficuo con il testo. Ad appassionare.

È il lector in fabula che ritrova pienamente il suo ruolo.


Non so quale sia la top ten dei sogni dei ragazzini di oggi, ma credo che in classifica ci sia ancora, così come negli anni '80 e prima ancora, quello di diventare calciatore.

Uno a zero

Nonostante la crisi, le pay tv, i cartellini ultramilionari che hanno cancellato dal panorama i giocatori-bandiera, quel gioco e quel pallone continuano ad essere impressi nel DNA dei bambini italiani. E anche di quelli inglesi, come ci racconta Uno a zero palla al centro, di Tony Bradman pubblicato nella collana Zoom di Biancoenero edizioni con le illustrazioni di Gabriele Ghisalberti e la traduzione di Francesco Piperno.

Uno a zero

Uno a zero palla al centro Ã¨ uno di quei romanzi da leggere per alimentare la speranza dei ragazzi in quelle fortuite combinazioni che capitano per caso ed esaudiscono un sogno (un po' come quando da piccola speravo che atterrassero nel mio giardino i gattini di Creamy, ma più credibile). 

È la storia di Luke, il protagonista, e dell'amico Jamy, il cui padre si occupa della manutenzione del campo della squadra locale e che svela al figlio che la nazionale inglese terrà un allenamento segreto proprio in quello stadio.

Con qualche stratagemma Luke riesce a marinare la scuola e a presentarsi con l'amico sul campo, dove i due possono coronare il sogno di vedere i loro campioni allenarsi dal vivo e, presi in simpatia dal mister, addirittura giocare con loro.

Uno a zero

L'infrazione di Luke, insomma, dà i suoi frutti, anche se il mister non mancherà di sottolineare quanto lo studio sia importante e alla fine la madre di Luke scoprirà tutto.

Le illustrazioni accompagnano il testo come una presenza delicata e minimale, lasciando spazio all'immaginazione. La trama rientra nell'universo dell'improbabile, ma non dell'impossibile. Tutto procede fin troppo liscio e la disponibilità del mister a coinvolgere i due ragazzi, così come ciò che accadrà durante lo svolgersi della partita, sembrano più un sogno ad occhi aperti che una realtà credibile.

Ma i sogni vanno così, e questo è uno di quelli a misura di ragazzino, proprio come questa lettura, pensata da Biancoenero per i primi lettori, con una prosa semplice, un font ad alta leggibilità e un'impaginazione ariosa che rende la lettura più fluida.

Uno a zero palla al centro Ã¨ una buona soluzione per avvicinare alla lettura autonoma i piccoli appassionati di pallone (sono sicura che ne conoscete qualcuno anche voi).


Non è un animale che si trova spesso nella narrativa, il fennec.

Eppure ha in sé qualcosa che lo rende un perfetto abitante della nostra immaginazione: sarà il suono inconsueto del suo nome, il taglio obliquo dei suoi occhi che gli dà uno sguardo elfico, o forse le grandi orecchie, quasi caricaturali.

Teneré

Della Passarelli lo ha reso protagonista, nel 1994, di un romanzo, Teneré, riedito ora da Sinnos con le illustrazioni di Asia Carbone.

Pur narrato in terza persona, Teneré raccoglie due voci: quella del piccolo fennec che dà il nome al libro e quella di Matteo, un bambino italiano in vacanza in Tunisia con mamma e papà.

Teneré

Il romanzo inizia proprio alternando i loro due punti di vista ed entrando subito nel profondo dei loro pensieri: il piccolo fennec triste, rimasto senza madre,  vuole fuggire dallo zoo dove è rinchiuso, e Matteo, un po' annoiato,  si rifuita di entrare in quello stesso zoo con i genitori per non vedere gli animali chiusi in gabbia.

Teneré

Le illustrazioni di Asia Carbone ci mostrano un cucciolo tenero e spaurito, che però è anche un animale fiero della propria identità e della libertà che vuole conquistarsi.

Matteo, con i suoi grandi occhi che vedono dove molti adulti non arrivano, lo comprende, lo accoglie nella sua fuga, lo nasconde nel suo zaino e lo aiuterà a ritrovare il proprio ambiente naturale dove crescere tra i suoi simili. 

Teneré


La voce di Tenerè pervade il libro: nonostante la narrazione sia in terza persona, i protagonisti vengono spesso chiamati con gli appellativi che dà loro il piccolo fennec, che basso com'è coglie con lo sguardo soltanto la parte inferiore degli umani. I genitori di Matteo diventeranno così Gambe Magre e Scarponi Grossi, mentre il bambino, che si abbassa alla sua altezza e lo tratta da pari, sarà Occhi Grandi.

Nonostante qualche perplessità, i genitori di Matteo accettano e comprendono (fin troppo facilmente!) il suo desiderio di aiutare il fennec, e lo accompagnano in un viaggio ricco di atmosfere, colori e profumi d'Africa, in fuga da Faccia Lunga, il terribile guardiano dello zoo, e inseguendo il mistero del Roumi, leggendario straniero che vive nel deserto, la cui figura è stata ispirata da una storia familiare dell'autrice, riportata in appendice.

Teneré  è una storia di culture che si incontrano, di esplorazione, di rispetto per la natura, ma soprattutto è una storia che si percepisce a livello sensoriale, nei piatti speziati, nel calore del sole, nei colori vivi e caldi di una Tunisia in cui pagina dopo pagina ci si ritrova immersi.


Alzare la cornetta, comporre un numero a memoria o copiandolo da un vecchio foglietto, chiedersi se dall'altro lato c'è qualcuno o se la casa è vuota e chi, della famiglia, risponderà: sono sensazioni che gradualmente vanno sparendo, relegate alla nostra memoria, mentre l'uso dei telefonini rimpiazza quello della linea fissa.

Il grande caos dei telefoni

Ritroviamo questa atmosfera in  Il grande caos dei telefoni, un racconto dell'inglese Sally Nicholls, illustrato da Naida Mazzenga per la collana Zoom di Biancoenero edizioni.

Si tratta di un racconto corale, ispirato a una storia vera accaduta in Inghilterra: a seguito di un temporale, le linee telefoniche di un paesino si sono guastate e, nel riattivarle, qualcosa è andato storto e sono state confuse tra loro in modo tale che, chiamando una persona, rispondeva un'altra.

Il grande caos dei telefoni

La forza del racconto risiede nei ritratti dei diversi personaggi coinvolti, ognuno con un suo diverso approccio al telefono: c'è Margaret, attiva nell'organizzazione di fiere ed eventi, che riceve moltissime telefonate di lavoro, Will, bimbo monello i cui genitori ricevono sovente telefonate di protesta, Jai e Aditi, amici che si sentono spesso al telefono, l'anziana Emily che invece di telefonate ne riceve pochissime e Arthur, appena trasferito, che ancora non conosce nessuno che lo possa chiamare.

Il grande caos dei telefoni

Quello che accade al villaggio si trasforma in un'esercizio globale di empatia e di solidarietà: ognuno dei personaggi si ritrova nei panni di qualcun altro, e lo stato di necessità genera soluzioni creative di cooperazione e condivisione, tanto che, come spesso accede nelle situazioni che più ci mettono alla prova, alla fine i protagonisti saranno quasi dispiaciuti di tornare alla solita routine.

Il grande caos dei telefoni

Il racconto, scritto in font ad alta leggibilità, con frasi corte e semplici nella sintassi, è adatto ai primi lettori che ancora non hanno confidenza con romanzi più articolati e complessi, e porta loro un sapore di coralità e di solidarietà che oggi purtroppo ci appare un po' démodé, come un telefono fisso.


C'è ancora qualche pezzetto di Lionni da scoprire, a quanto pare: è da poco arrivato in Italia, con Babalibri, Un uovo straordinario, pubblicato in lingua inglese nel 1994 ma ancora inedito fino ad ora nel nostro Paese.

Un uovo straordinario

Vi ritroviamo, insieme a uno stile pittorico delicato ma materico e ricco di texture, uno dei temi più cari all'autore: l'importanza dei sognatori. Questa volta, però, la narrazione contiene anche una nota umoristica che nasce da un rapporto non lineare tra testo e immagini e aggiunge alla poesia di Lionni un tocco più vivace.

Un uovo straordinario narra la storie di tre rane dalle forme antropomorfe:

Sull'Isola dei Sassolini vivevano tre rane:
Marilyn, August e una terza che era sempre da qualche altra parte.

Un uovo straordinario

È questa terza rana, Jessica, la vera protagonista del gruppo: un'esploratrice che ama spingersi oltre, un animo osservatore che sa stupirsi delle piccole cose, un'entusiasta che di fronte alle cose più semplici esclama "Non è straordinario?".

Un uovo straordinario

Un giorno Jessica porta a casa un ciottolo che le sembra diverso dagli altri. Marilyn, "che sapeva sempre tutto di tutto" le spiega che si tratta di un uovo, un uovo di gallina. Come le altre, anche Marilyn non ha mai visto un uovo di gallina, ma "ci sono cose che si sanno e basta".

Un uovo straordinario


Quando l'uovo si schiude, il lettore vede nelle immagini il nuovo nato: un coccodrillo, evidentemente, ma le rane continueranno a chiamarlo gallina. Con le rane, il coccodrillo imparerà a nuotare, vivrà alcune avventure, e infine ritroverà sua madre, ma mai verrà messa in dubbio la sua identità di gallina. 

All'apertura dell'uovo, si apre anche la spaccatura tra immagini e testo: la voce narrante, sebbene esterna, prende il punto di vista delle rane e continuerà fino all'ultima pagina a chiamare l'animale "gallina".

L'ode alla fantasia, al desiderio di esplorare, alla capacità di meravigliarsi, in Un uovo straordinario si affianca a questo piccolo gioco che l'autore instaura con il lettore, rendendolo complice dell'autoinganno delle protagoniste, incantato dalla loro capacità di accogliere un animale tanto pericoloso e divertito dalla loro ingenuità.

Non c'è giudizio nell'albo, l'errore delle rane non viene ridicolizzato ma accolto: è in fondo foriero di un'esperienza nuova e appagante. Un uovo straordinario ci mostra tutto ciò che conta, sugli errori: la capacità di sorriderci sopra e quella di trarne qualcosa di buono.


Alzi la mano chi, in una giornata di smart working, non ha concesso ai figli qualche vizio non previsto pur di trovare un'oretta di concentrazione in più.

I cavallucci marini sono esauriti

In I cavallucci marini sono esauriti, albo scritto (forse non a caso) nel 2020 e pubblicato in Italia da Babalibri, Constanze Spengler e Katja Gehrmann (illustratrice) costruiscono una divertente iperbole partendo proprio da questa situazione ormai fin troppo comune.

I cavallucci marini sono esauriti

Il papà lavora in casa e il figlio lo incalza perché vorrebbe giocare con lui.

Pur di trovare un po' di pace, il papà (un uomo occhialuto, magro e dall'aspetto mite, si direbbe un po' geek), cede a un desiderio a lungo espresso dal bambino e lo lascia andare a comprarsi un animale da compagnia.


I cavallucci marini sono esauriti
 
Sotto lo sguardo sospettoso del negoziante (che evidentemente non si fida molto di un bambino che compra un animale senza i genitori), il piccolo protagonista sceglie un topolino, che darà il via a una serie di eventi che porteranno in casa animali sempre più improbabili: prima un cane per trovare il topolino che si è nascosto, poi una foca per insegnare al cane a usare il gabinetto, quindi un pinguino per insegnare al topo a nuotare e così via.

I cavallucci marini sono esauriti

L'escalation si svolge con il tacito assenso del papà che, impegnatissimo nel suo lavoro, si limita a dire dei "sì" alle domande del figlio, senza ascoltarle davvero. Per fortuna, quando il papà concluderà finalmente il suo lavoro e si troverà di fronte ai nuovi ospiti in casa, saprà prendere la cosa con allegria.

I cavallucci marini sono esauriti affronta con leggerezza e ironia un tema spesso ricco di tensioni domestiche: il genitore impegnatissimo nei propri affari, il figlio che ne combina qualcuna di troppo. L'albo però dipinge questo quadro con ironia e umorismo, sdrammatizzando e sottolineando l'affetto che lega la famiglia, nonostante i momenti di incomunicabilità.

Nessuno dei protagonisti fa una brutta figura: non la fa il padre, che al termine del lavoro è felice di dedicarsi al figlio e non se la prende con lui, e non la fa il piccolo, che a sua volta non si arrabbia e se la cava da solo nel trovare la sua soluzione, per quanto assurda sia.

Il risultato è un racconto irreale, ma che mette una toppa, con la fantasia e il divertimento, ai piccoli strappi che siamo abituati a vivere.


Non mi è mai capitato, credo, di affrontare un libro così diverso dal canone narrativo e al tempo stesso così ricco, ai miei occhi, di rimandi letterari come L'erbaccia di Quentin Blake.

Erbaccia

Edito da Camelozampa e dedicato a Greenpeace,  L'erbaccia ha innanzitutto l'impronta di Blake, che per me è prima di tutto l'illustratore di Roald Dahl, e già da questo tratto mi aspetto dunque una storia con una certa portata di irriverenza, o perlmomeno di umorismo.

L'immagine con cui si apre il libro, poi, con una buca profonda che penetra la pagina dall'alto in basso, mi riporta alle illustrazioni di Klassen in Sam e Dave scavano una buca, e le mie aspettative corrono quindi a quel pizzico di nonsense che rende unico quel titolo.

Erbaccia

Non so quali immagini e quali suggestioni avesse in mente Blake scrivendo questa storia, ma certamente l'effetto finale è curioso e spiazzante.

L'incipit vede la famiglia Dolciprati finita sul fondo di una buca, così, senza troppe ulteriori spiegazioni.

Uscirne è impossibile, ma decidono di mandare fuori l'unico di loro che può farlo: Octavia, il merlo indiano, che vola e torna con un seme, tra reminiscenze bibliche di colombe e arche di Noè.

Erbaccia

Non inaspettatamente, il seme si fa pianta, e come il più classico dei fagioli magici (ancora un rimando!) trasporta la famiglia Dolciprati verso l'alto, e nella salita fa loro da letto, da cibo, da protezione.

Erbaccia

In mezzo a tutti questi echi letterari, L'erbaccia intreccia una trama che non percorre un arco narrativo, ma più una retta: ostacolo e soluzione (la buca e la pianta) appaiono già nelle prime pagine, senza troppo contesto, e tutto il resto della storia ospita un lungo e ricco epilogo, che veicola un messaggio ecologista di natura benigna a cu affidarsi con serenità. 

Tra tante citazioni che ce lo fanno sembrare un libro già noto, L'erbaccia spicca alla fine per la sua originalità, per il suo modo di spiazzare le aspettative del lettore avvezzo alle storie offrendogliene una insolita, dal fluire inaspettato.


Passata la "fase dei perché", quella in cui i bambini si producono in una serie interminabile di domande che mettono alla prova qualsiasi genitore, ne inizia una più subdola, ma più pericolosa: quella in cui le domande se le fanno da soli, oppure non se le fanno più.

Immersi in un sistema scolastico che dà loro moltissime nozioni teoriche e poche applicazioni  spendibilinel mondo che li circonda, si ritrovano spesso a dare per scontate le cose, a prenderle per assodate senza cercare di capire.

15 domande

Il sovvertimento di questa logica è l'aspetto che ho trovato più interessante nei primi due volumi di Le 15 domande, la nuova "enciclopedia" di Il castoro a cura di Pierdomenico Baccalario e Federico Taddia: A cosa servono i soldi?  e Cosa c'è nella mia testa?.

In forma agile e accattivante, i volumi attraversano con 15 domande – per l'appunto – temi complessi con un approccio semplice ma non semplificato, alleggerendo la complessità con un tono di voce alla portata dei ragazzi (a partire dai 10 anni) e con illustrazioni che aiutano a sdrammatizzare o rendere più immediati gli argomenti trattati.
Soprattutto, portano alla luce alcuni aspetti insoliti e inspettati dei temi che affrontano, in un approccio molto poco scolastico e molto concreto e curioso.

15 domande - testa
 
Cosa c'è nella mia testa? Le 15 domande inizia raccontando il funzionamento del cervello e delle sue componenti, come i neuroni.
Approfondisce argomenti che crediamo di conoscere, come i ricordi, analizzandone le diverse tipologie, oppure i sensi, aggiungendone di poco noti come la propriocezione.
 15 domande - testa
 
Non disdegna di proporre piccoli esperimenti e di coinvolgere il lettore in riflessioni come quella sulla difficoltà di misurare l'intelligenza.
 
15 domande - testa 
Rallegrato e ravvivato dalle illustrazioni di Claudia Petrazzi, Luca Bonfanti tocca, con rigore scientifico, temi come la creatività, le idee, il ruolo del sonno, l'evoluzione prevista del cervello del futuro.

Ancora più efficace in termini di umorismo, anche grazie alle illustrazioni-fumetto di Gud, è A cosa servono i soldi? Le 15 domande, che parte da interrogativi astratti sul senso dell'economia, della moneta, del lavoro, portando esempi concreti e comprensibili.

15 domande - soldi

I grandi temi dell'economia diventano semplici e diretti, e lasciano spazio a qualche risata e a qualche tormentone che fa un po' da fil rouge a tutto il libro.
 
15 domande - soldi
 
Catena distributiva, pubblicità e promozione, ruolo delle banche: sono tutte tematiche approcciate con lo stesso approccio semplice e concreto.
Non manca lnemmeno un po' di critica sociale, con un accenno al gender gap e alle differenze salariali tra uomo e donna.

15 domande - soldi
 
Se continuerà su questa linea, Le 15 domande si prepara ad essere una nuova enciclopedia, pensata con volumi tematici che non finiranno a fare soltanto bella mostra sugli scaffali, ma uniscono teoria e pratica in un mix convincente sia nei contenuti, sia nel progetto editoriale.


 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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