Nuvole in scatola
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Le macchinine del Piccolo T: ricordate? Le abbiamo lavate, abbiamo fatto il pieno; per strada abbiamo trovato qualche semaforo rosso, ma lo abbiamo superato. E ora? 
Be', ora da qualche parte bisognerà pure parcheggiare. Magari in un parcheggio multipiano di cartone riciclato.


Ecco cosa serve per realizzarlo:
  • una scatola di scarpe
  • quattro rotoli di carta igienica
  • una base di cartone più altri ritagli vari
  • colla
  • un fermacampioni
  • colori e nastro adesivo per decorare.


La base di cartone inferiore deve avere un lato pari al lato lungo della scatola e l'altro lato più largo.
Prima di incollare, meglio fare una prova di assemblaggio: appoggiate la scatola sopra la base tenendola sollevata con i quattro rotoli; ritagliate un'apertura nella scatola, senza staccare del tutto il bordo; preparate una rampa di cartone che sia più larga dell'apertura, in modo da riuscire a creare una rampa con dei bordi sollevati, e lasciate lo spazio per la sbarra di accesso.

Come creare la sbarra.
Preparate due piccole colonne di cartone e aprite in entrambe un fessura alta quanto la sbarra.
Posizionate le due colonnine con le due fessure una di fronte all'altra, a una distanza tale che la sbarra di cartone possa infilarsi in entrambe le fessure.
Fissate la sbarra a una delle colonnine con un fermcampioni, in modo che la sbarra possa sollevarsi.

 
Ora non resta che aggiungere, a pennarello, i segni delle corsie e dei posti auto (fatelo anche al piano di sotto, prima di incollare la scatola in alto).


Assemblate tutti i pezzi, incollando la rampa da un lato sulla linguetta di cartone che avete ricavato dall'apertura della scatola, e dall'altro lato sulla base inferiore.


Infine, aggiungete qualche decorazione, con colori e nastro colorato, sui bordi, la sbarra e le colonne. E  anche l'insegna del parcheggio, naturalmente.



Scusi, signor parcheggiatore, quanto si paga qui all'ora?
Saper leggere i disegni è una cosa che diamo spesso per scontata: la riscopriamo un po' quando abbiamo dei figli.
Ricordo lo stupore nel vedere come il Piccolo T imparava ad associare il concetto di "cane" alla figura stilizzatissima in bianco e nero di uno dei suoi libri, a quella colorata, in tutt'altro stile, di un altro albo, a una foto e infine al cane in carne, ossa e pelo dei nonni. Un'operazione cognitiva che compiamo tutti i giorni, ma che, osservata per la prima volta su un bambino, sembra magica.

In fondo, giocare con i disegni è sempre un atto di astrazione.
E così, il gioco può diventare una sorta di esercizio mentale, di sforzo a guardare oltre, che aiuta a sviluppare la fantasia e la creatività dei bimbi. Ne è un perfetto esempio Trasformattrezzi, edizioni Lapis.



Trasformattrezzi è un libro che gioca con i segni e in un certo senso dimostra che il disegno non è la cosa che rappresenta, ma la ricorda solo per somiglianza, e che può arrivare a rappresentare altro.
Ok: mi sono persa troppo nella semiotica (scusate, a volte mi sento ancora universitaria). Meglio farvi vedere come funziona.

Ogni doppia pagina presenta uno strumento di lavoro (ad esempio "Prendo una bella carriola arancione").



Sollevando l'aletta (sulla quale c'è scritto "e la trasformo..."), un dettaglio del disegno iniziale diventa la parte di un nuovo disegno (in questo caso "un terribile serpentone").



Il testo procede, in rima, presentando sempre nuovi attrezzi e nuove trasformazioni.
La musicalità delle parole, l'attimo di sorpresa nello svelamento, i colori forti e il divertimento di poter indovinare il risultato della trasformazione fanno di questo libro un successo assicurato con i bambini.

Al di là dell'apparente semplicità, penso che questo meccanismo contenga un lavoro mentale davvero potente; motivo in più per continuare a sperimentare lo stesso gioco con carta, matita e scotch.


Su una strisciolina lunga, ho fatto un disegno che avesse un particolare sporgente. Ho poi piegato il foglio coprendo tutto il disegno tranne quel particolare.
L'ho fissato al tavolo col nastro adesivo, perché conosco il mio Piccolo T, e sapevo che avrebbe come prima cosa tentato di aprire il foglio.
L'ho poi invitato a completare il disegno come preferiva.

Se non vi piace disegnare, potete coprire con un foglio parte delle illustrazioni di un libro: ecco qui come abbiamo trasformato (il Piccolo T era la mente, io il braccio) un elefante in polpo e un albero in uccello giocando con gli elementi di Tatiana struzza africana, un divertente albo sugli animali africani e sulla vanità.


O ancora, potete stampare il pdf che ho preparato, ripiegando poi il foglio fino alla linea tratteggiata:




Insomma: disegnate voi, usate un libro, stampate: quello che conta è mettersi all'opera!


Lo sapevate che una carota può diventare un topino con la coda intrecciata?



PS: nella stessa collana trovate anche Trasformanatura, con frutti, alberi e altri elementi naturali che si trasformano in nuovi disegni.

   
Qui da noi le cannucce sono un evergreen. Non so quale oscuro potere magico abbiano, ma appena il Piccolo T le vede, siano destinate a una bibita o a un gioco (ve lo ricordate il soffiabirinto?) gli si illuminano gli occhi.

È stato così anche quel pomeriggio in cui, per lui e un suo compagno di giochi, ho inventato il soffio al bersaglio.



Come nei migliori giochi improvvisati in casa, per il soffio al bersaglio bastano pochi minuti e pochissimi materiali: un rotolo di scotch carta, due cannucce, due pompon.


Che si fa, quindi?

Con lo scotch carta si delimitano sul pavimento:
  • una linea di partenza
  • due "corridoi"
  • un'area bersaglio.
Si posizionano i pompon dietro la linea di partenza e ognuno dei due giocatori, soffiando attraverso le cannucce, dovrà mandare il pompon nell'area bersaglio, passando attraverso il corridoio.
Secondo l'abilità dei giocatori, è possibile creare percorsi più complessi, con diversi passaggi obbligati e magari dei punti aggiuntivi per chi passa attraverso un certo punto del percorso.



È assicurato: i vostri bimbi resteranno senza fiato (letteralmente!).

 
Tira il boccino, lancia la boccia. Adesso tocca a te. Ecco, misuriamo: la gialla è più vicina. No, guarda! È più vicina la rossa!
Belle le bocce in spiaggia, eh, però alla lunga...

Ma perché dovremmo usare le bocce solo per giocare a bocce?



Anche questa volta ho preso spunto da Giochi da spiaggia di Editoriale Scienza, il libro di cui vi avevo parlato la settimana scorsa.
Nell'attività numero 17, il libro invita a utilizzare quello che offre la spiaggia o poco più per creare dei giochi da fare in compagnia.



Ed è stato proprio ispirandomi alle "breccette" (una via di mezzo tra bocce e freccette) di Giochi da spiaggia che ho inventato

il sabbiagolf


Il tutorial, oggi, sarà velocissimo: non solo perché il gioco è facile facile, ma anche perché sono riuscita a scattare una sola foto a tradimento prima di essere richiamata all'ordine a continuare la partita.

Quindi:
  1. Preparate uno spiazzo stretto e lungo.
  2. Armatevi di bocce (o biglie)
  3. Scavate una, due o più buche, grandi a sufficienza perché ci entrino le biglie.
  4. Assegnate a ogni buca (se ne avete fatta più di una) un punteggio.
  5. Opzionale: aggiungete dossi, tunnel e ostacoli, proprio come in un percorso di minigolf.



Ora armatevi di paletta e colpite le bocce (oppure, se usate le biglie, tiratele a mano) come fossero palline da golf.
La buca più difficile da raggiungere sarà quella con il punteggio più alto.

Chi vincerà?
Il Piccolo T, ovviamente (e no, non perché lo faccio vincere io: è che sono più imbranata di un quattrenne).

Buone vacanze a tutti!

     
E dopo una buca, due castelli, una partita a bocce e due bagni in mare (con frisbee) sento ancora: "Mamma, a cosa giochiamo adesso?". È questo il momento in cui sogno di essere in ufficio... ehm... metto in moto le mie risorse che si erano addormentate sotto l'ombrellone per inventare qualcosa.
E quest'anno ho anche un piccolo aiutino.



Giochi da spiaggia di Editoriale Scienza è la risposta a tutti i "cosa facciamo adesso?" dell'estate, con 68 (sessantotto!) attività di tutti i tipi, per tutti i gusti e per tutte le età.
Il libro, è vero, è indicato dai 7 anni, perché pensato per una lettura autonoma: si rivolge direttamente ai bambini, con un linguaggio agile e coinvolgente. Ma selezionando le proposte più semplici, può diventare un manuale perfetto anche per genitori di quattrenni annoiati.



Non importa di che spiaggia si tratti: le proposte includono sabbia, sassi e rocce, mari, fiumi e torrenti, e spaziano dalle creazioni artistiche all'esplorazione, dal gioco simbolico al riciclo creativo.

Non mancano naturalmente i giochi con le biglie, i primi che abbiamo messo in opera.



Ma la più trasversale di tutte le attività, quella perfetta dai tre ai 99 anni (almeno fino a 37 ve lo posso garantire personalmente) sono le sculture di sabbia.



Giochi da spiaggia offre tanti spunti diversi su temi e tecniche, ma l'ispirazione del momento (o più probabilmente l'afa asfissiante e il conseguente desiderio di frescura) ha spinto me e il Piccolo T verso un soggetto - come dire – un po' fuori stagione. Ed è così che è nato:

il pupazzo di sabbia. 

Come nella stragrande maggioranza di tutti i giochi da spiaggia, si parte da una costruzione con il secchiello.



La si modella dandole una forma tondeggiante e formando al centro un avvallamento, dove andrà appoggiata la testa.



La testa, dicevamo: per creare una sfera resistente e abbastanza grande si procede un po' come per le palle di neve, che si ingrandiscono facendole rotolare su altra neve.
Partendo da una prima "polpetta" di sabbia, la si bagna leggermente con un innaffiatoio (il compito preferito dal Piccolo T) e poi la si rotola nella sabbia asciutta. La si compatta bene con le mani, la si bagna nuovamente e così via.



Dopo aver ottenuto una testa abbastanza resistente, la si può modellare creando una bella bocca sorridente. Un bastoncino e due conchiglie saranno naso e occhi.



Ancora due bastoncini per le braccia, due "polpette" per i piedi, qualche conchiglia per i bottoni.
Il risultato non è proprio identico a Olaf di Frozen (anche se confesso di aver cantato "Do you wanna build a sandman" per qualche ora), ma costruirlo è stato divertente.



Lo sentite anche voi, tra tutta la salsedine e le creme solari, un certo profumo di abete, cannella e biscottini di zenzero?


     
Il Piccolo T ha paura dell'acqua in faccia, ha paura che le sue cose volino via portate dal vento, ha paura di dimenticarsi a che punto del gioco era arrivato quando si deve interrompere.
Mario il pinguino temerario, invece, non ha paura di nulla, o almeno così credono i suoi amici pinguini.



In realtà ha paura dell’acqua e delle strane creature in agguato negli abissi marini, ma preferisce non farlo sapere troppo in giro. E così, pagina dopo pagina, si cimenta in invenzioni sempre nuove per riuscire a volare fino all'iceberg numero 9, dove i suoi amici lo aspettano per mangiare il pesce fritto.



Che succederà?
Succederà che le invenzioni di Mario non si riveleranno molto efficaci: Mario finirà proprio in mezzo alle strane creature in agguato negli abissi marini e... scoprirà che nuotare gli piace tantissimo.



Succederà anche che, leggendo Mario il pinguino temerario, i vostri bimbi saranno attratti dalle illustrazioni vivaci e dai dialoghi incalzanti, in stile fumetto, sogghigneranno di fronte ai piccoli equivoci nati tra i protagonisti, osserveranno curiosi le invenzioni e le evoluzioni di Mario, tiferanno per lui, rideranno di lui e alla fine, come succede con i migliori albi, vi chiederanno: "Me lo rileggi ancora?".

Mario il pinguino temerario (edizioni Il Castoro) ha il giusto mix di storia, empatia, divertimento e azione (con tanto di boing, sdeng e splash, che rendono più teatrale e coinvolgente la lettura) per conquistare tutti. Anche me, che mi sono riconosciuta in Mario, forse perché amo costruire oggetti, o forse perché ho un po' paura dell'acqua, e ho voluto aiutarlo costruendo per il Piccolo T una

catapulta lanciapinguini

Per costruirla, procuratevi:
  • bastoncini da gelato
  • elastici colorati 
  • un tappo di plastica grande e uno piccolo
  • colla a caldo


Per prima cosa, incollate un tappo grande (quelli da latte) su uno dei bastoncini. Potete colorare a piacere tappi e bastoncini, o lasciare fare a vostro figlio una volta finita la catapulta.
Sovrapponete un altro bastoncino a quello a cui avete incollato il tappo e fissateli con un elastico all'altra estremità (quella senza tappo). Mettete l'elastico bene in fondo: la catapulta funzonerà meglio.
Ora, prendete quattro-cinque bastoncini e fatene un blocchetto, fissandoli tra loro con due elastici: servirà a creare uno spessore.



Fatto? Adesso unite i due pezzi creati: infilate il blocchetto di bastoncini in mezzo alla leva della catapulta, divaricando i due bastoncini. Spingete bene finché riuscite, poi fissate le due parti con un altro elastico. Ecco la vostra catapulta.
Più facile a farsi che a spiegarsi.



Cosa manca? Ah, sì: Mario.
Per farlo, ho ricalcato una delle illustrazioni del libro, l'ho "plastificato" ricoprendolo di nastro adesivo, ritagliato e infine incollato in un tappo di bottiglia che gli facesse da base.


Infine, ho preso una stoffa azzurra (un foglio o una striscia di nastro adesivo andranno bene lo stesso) per creare il mare che Mario deve superare con la sua catapulta.


Per azionare la catapulta e far volare Mario, basta appoggiare il tappo piccolo sul tappo grande, tirare verso il basso la leva della catapulta e lasciarla andare.
Sei pronto al lancio, Mario?



Ehi, stavolta l'invenzione funziona!

     
Si dice che solo quando si hanno figli si inizia a capire i propri genitori. Ecco: ora capisco perché mia madre, in spiaggia, giocava sempre con me a "polenta": perché è uno dei pochi giochi che si possono fare stando comodamente sedute sul proprio lettino, senza necessariamente sporcarsi di sabbia.
Che è bellissimo e divertente e per tuo figlio lo fai sempre volentieri, eh, ma ci sono giorni in cui proprio non ti va.
Volete conoscerlo anche voi? Eccolo.



Si comincia dalla base del castello di sabbia, ovvero facendo una "torre" di sabbia con il secchiello (la polenta, appunto). Questo passaggio lo farete fare a vostro figlio, naturalmente, mentre voi vi godrete cinque minuti distese al sole.


Al centro della torre, va piantato un bastoncino. Potete usare lo stecco di un gelato oppure, se vi fidate, mandare vostro figlio alla ricerca di un bastoncino nella spiaggia attorno a voi (altri cinque minuti di sole guadagnati).



Si gioca così: a turno, bisogna togliere con la paletta una "fetta" di sabbia cercando di non far cadere il bastoncino piantato al centro.
Se costruite la "polenta" abbastanza vicino al vostro lettino, potrete giocare restando sedute.



Chi fa cadere il bastoncino ha perso.
Comunque finisca, però, voi potreste aver vinto da cinque a quindici minuti di riposo sotto l'ombrellone, che alla fine, diciamocelo, è la vittoria che conta di più.


   
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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