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Vi dico sempre che una delle cose che più caratterizza l'uomo è la capacità di creare, ascoltare, amare le storie. Non si tratta di un'abilità riservata ai grandi scrittori: tutti noi, quotidianamente, mettiamo insieme dei fatti in rapporti di causa-effetto, e diamo a episodi della nostra vita dei significati narrativi (se non fossi andato in quel locale non avrei mai conosciuto quella persona...).

In realtà, per il cervello umano, è molto più difficile accettare la casualità degli eventi che creare storie che ne mostrino i nessi causali.
Ecco perché il nonsense ci lascia sempre stupiti, con quel senso di straniamento che ci fa ridere e porta la nostra mente a lavorare per coprire quei vuoti che percepiamo.

Il canadese Jon Klassen, in questo, è un vero maestro (vi ho mai detto che amo Jon Klassen? Sì che ve l'ho detto) e lo dimostra perfettamente con Il sasso dal cielo, una novità edita in Italia da Zoolibri.

Il sasso dal cielo

Il sasso dal cielo è formato da cinque capitoli distinti, quasi cinque episodi in qualche modo autoconclusivi e al tempo stesso legati l'uno all'altro. In essi ritroviamo come personaggi alcuni degli animali che avevamo già visto in uno dei capolavori di Klassen, Voglio il mio cappello! (a proposito: è appena stato ristampato): una tartaruga, una marmotta (o almeno, io la interpreto come tale) un armadillo (ne ho avuto conferma dall'editore!), un serpente. Personaggi di poche parole e molti sottintesi.

Il sasso dal cielo

L'asciuttezza e il minimalismo di Klassen si esprimono negli sguardi fissi dei personaggi,  il suo grande marchio di fabbrica, capace di esprimere grande ironia, e nei testi: un puro susseguirsi di battute minimali, in cui il non detto prevale sul detto e tutto il gioco di inferenze viene lasciato al lettore.

Klassen non si concede nemmeno di segnalare chi dice cosa. Non c'è alcun narratore a spiegare "disse la tartaruga" o "rispose la marmotta l'armadillo". Il campo di voce è segnalato dal colore del testo, e tutto è così chiaro e ovvio che non ci chiediamo mai chi abbia detto cosa.

Il sasso dal cielo

Nonostante l'assoluta semplicità dell'albo (semplici le espressioni, semplice l'ambientazione, semplice il testo) l'intervento interpretativo richiesto al lettore è elevato: è lui a riempire i vuoti, immaginare stati d'animo, fare supposizioni e previsioni, ed è da questo lavoro che il lettore trae il maggiore godimento. Gran parte di questo coinvolgimento risiede in un classico meccanismo di suspense: il lettore conosce più cose di quelle che conoscono i personaggi e perciò resta in tensione in attesa degli eventi.

Mentre tartaruga e chiamiamola-marmotta armadillo si scambiano dialoghi apparentemente futili su quanto sia bello un posto o quanto sia meglio l'altro, il lettore vede qualcosa che loro non hanno visto: un sasso che sta cadendo dal cielo. Sa, quindi, che dalla scelta del posto dipende anche la loro salvezza.

Il "sasso che cade dal cielo" irrompe nel racconto in pagine mute che interrompono il dialogo. La sua immagine è completamente decontestualizzata: non sappiamo dove sia, rispetto ai personaggi, pur intuendo che stia da qualche parte sopra di loro (ma su quale dei due posti? Quello preferito dalla tartaruga o quello preferito dalla diciamo-marmotta dall'armadillo?).
A dirla tutta, non siamo molto certi nemmeno delle sue dimensioni: intuiamo sia grande perché occupa quasi una pagina intera ma non abbiamo riferimenti a riguardo, e supponiamo che stia cadendo solo da una piccolissima scia di sassolini che lascia sopra di sé (oltre che, naturalmente, dal titolo del libro stesso).

Il sasso dal cielo

Le piccole scaramucce tra i personaggi acquisiscono quindi un significato completamente diverso.
La sapiente composizione dell'immagine da parte di Klassen (lo so, sono un po' di parte quando si parla di Klassen) pone peraltro i personaggi in una porzione piccola e molto bassa rispetto all'ampiezza della pagina, lasciando sopra di loro una grande area di cielo, che lungi dal trasmettere libertà e serenità, ci ricorda continuamente che qualcosa incombe su di loro.

Non vorrei però, con la descrizione di questo meccanismo di suspense, del pericolo che arriva da cielo e dell'incertezza dell'esito di questo arrivo, avervi dato la sensazione di un libro cupo o pauroso.

In perfetto stile Klassen, Il sasso dal cielo è un albo decisamente divertente.

I malintesi e le bugie insiti nei dialoghi, la ripetizione di alcuni tormentoni ripresi in numerosi punti dell'albo ("NON TI SENTO! SEI TROPPO LONTANO!"), lo sguardo vacuo dei personaggi, la presenza così priva di senso di questo sasso che scende dal cielo costruiscono un effetto comico impareggiabile, un effetto che viene amplificato da quello spiazzamento che ci provoca da sempre il nonsense.

È come se il libro si svolgesse su due piani: quello tradizionale dell'interazione tra i personaggi e quello irrazionale, inaspettato, totalmente privo di causalità della caduta del sasso. Cosa ancora più spiazzante, in certi momenti anche i dialoghi ci appaiono privi di senso, così futili e pieni di incomprensioni, e in questo contesto il sasso, nella sua assoluta mancanza di significato, diventa il deus ex machina che risolve la situazione, in modo completamente casuale ma a suo modo perfetto.

Non abbiamo il controllo su tutte le cose, non tutto ciò che riguarda la nostra storia ha un senso. A volte questo ci fa paura. A volte, dovrebbe semplicemente farci ridere.



 

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