Nuvole in scatola
  • Home
  • Libri
    • Dalla nascita
    • Da 1 anno
    • Da 2 anni
    • Dai 3 anni
    • Dai 4 anni
    • Dai 5 anni
    • Dai 6 anni
    • Dai 7 anni
    • Dagli 8 anni
    • Dai 9 anni
    • Dai 10 anni
    • Dagli 11 anni
    • Per adulti
    • Per papà
  • Chi sono
  • Contatti
  • Affiliazione

C'è vita, nella natura, anche dove non la vediamo. C'è vita che dorme e vita che si risveglia.

Il giorno felice

Con un testo dal ritmo poetico e immagini fortemente suggestive, Il giorno felice di Ruth Krauss, illustrato da Marc Simont, ci svela questa vita, raccontandoci l'attesa della primavera.

L'albo, pubblicato nel 1949 appare ora per la prima volta in Italia, edito da Camelozampa con la musicale traduzione di Sara Saorin e con un'edizione di qualità, in cui spicca il giallo vivace della copertina ruvida, che fa da cornice a una "tana" bianca: un gioco di contrasti che troveremo anche all'interno.

Nella pagina imbiancata di neve compaiono le macchie scure delle tane: le vediamo come fossero scoperchiate.

I topi di campagna dormono,
gli orsi dormono,
le chioccioline dormono nei loro gusci

Parole e immagini fotografano il letargo di questi animali. Li vediamo in un paesaggio immobile e ci sembra quasi di disturbarli, di far prendere loro freddo, sollevando il velo di neve che le ricopre e guardando dentro le tane.


Il giorno felice

Le illustrazioni sono un gioco di pieni e di vuoti. Gli spaccati scuri delle tane "bucano" l'immagine, evidenziati dai forti contrasti del bianco e nero (che sarà rotto soltanto da un tocco di colore finale). 

Il giorno felice

Testo e immagini si succedono in un'anafora che segue tutti gli animali, sempre nello stesso ordine, nel loro risveglio.
I topi di campagna annusano,
gli orsi annusano,
le chioccioline annusano dai loro gusci.
Le stesse inquadrature, le stesse frasi si ripetono con la modifica di volta in volta di un piccolo dettaglio, che dà il senso di questo lento risveglio curioso verso la primavera.


Il giorno felice

Quello che all'inizio sembra un mondo immobile, si risveglia e si fa sempre più brulicante di vita: i nasi annusano, gli occhietti curiosi guardano.
Nella natura ancora immacolata, una moltitudine di animali si muove, dopo una lunga attesa, per osservare la meraviglia della primavera.

Il giorno felice Ã¨ un albo dal forte potere suggestivo. Racconta senza una trama, incanta e suscita sensazioni profonde, quasi tattili in chi guarda.

È una sinestesia del risveglio, un invito a lasciarsi trasportare dalle emozioni, e a osservare le cose più a fondo.


Cosa si aspetta un bambino quando un adulto gli legge un libro?

Molto probabilmente che la voce del lettore gli racconti qualcosa di molto simile a quello che vede nelle illustrazioni. Come scrivevo in un post di qualche tempo fa, il rapporto tra testo e immagini in un albo illustrato  per le fasce di età più piccole in genere è abbastanza lineare e scontato, con illustrazioni molto didascaliche rispetto alla storia.

Proporre un libro (verso i 3-4 anni) che mette in discussione questo stato di cose può avere un effetto inizialmente destabilizzante, provocare quell'attimo di perplessità che fa scattare qualcosa, per poi lasciare spazio all'ilarità, al fascino e a una nuova comprensione dei tanti meccanismi possibili della narrazione.

Può diventare un nuovo momento di scoperta delle potenzialità di un libro.

Guarda il gatto
 

Guarda il gatto. Tre storie su un cane, di David LaRochelle e Mike Wohnoutka, edito da Biancoenero edizioni, è fin dalla prima pagina un albo che rompe le regole classiche del libro.

Guarda il gatto.

recita il testo. Ma nella pagina accanto vediamo un simpatico e "fumettoso" cagnolino che protesta:

Non sono un gatto.
Sono un cane.

Guarda il gatto

 La voce narrante (il testo sulla pagina di sinistra) resta misteriosa: non sappiamo a chi appartiene, probabilmente al libro stesso. Per quasi tutta la narrazione mantiene un tono neutro e sembra indifferente al cane, ma il cane la sente eccome, e le risponde.

Guarda il gatto

La voce inizia a costruire una descrizione sempre più dettagliata del gatto, e il cane protesta sempre più vibratamente, finché, in uno spassoso colpo di scena finale, scopriremo che la voce non ha poi tutti i torti.

Come preannunciato dal titolo Guarda il gatto. Tre storie su un cane, a questa prima storia ne seguono altre due, nelle quali il meccanismo di interazione varia leggermente, in modo da mantenere vive la sorpresa e l'ilarità.

L'aspetto sorprendente di questo albo sta nel contrasto tra un linguaggio (sia iconico che lessicale) molto semplice e adatto anche a bambini piccoli e un meccanismo narrativo e metanarrativo insolito e raffinato.

Al piccolo lettore viene voglia di interagire con la voce narrante, correggerla, arrabbiarsi, fare il tifo per il cane. E ridendo a crepapelle scoprirà che sì: è anche così che può funzionare un libro.


La cosiddetta sospensione dell'incredulità, quel contratto implicito tra il testo narrativo e il suo fruitore che gli consente di mettere in pausa lo spirito critico ed entrare in un mondo dotato di leggi proprie, è una facoltà molto ben allenata nei bambini. Riescono ad accenderla e spegnerla molte volte in pochissimo tempo, un po' come fanno quando scoprono l'interruttore della luce, e sono perfino capaci di mantenere il pulsante a metà.

Ellen e il leone

L'avventura di leggere Ellen e il leone, piccolo capolavoro di Crockett Johnson, efficacemente tradotto da Sara Saorin per Camelozampa, trova la sua chiave proprio in quell'interruttore e nelle diverse posizioni che solo un bambino sa dargli.

Raffinato cantore dell'immaginazione infantile, dopo aver descritto con Harold e la matita viola e gli altri albi della serie la facoltà di creare mondi giocando, ora si sposta sul piano del gioco simbolico, del "facciamo che ero", del sentimento animista dei bambini che dona una coscienza agli oggetti e ai pupazzi.

Ellen sembra proprio "sorella" di Harold, nel tratto grafico inconfondibile di Johnson ma anche nella sua capacità di isolarsi in un mondo fantastico in cui nessun altro può entrare: per tutto il libro compaiono soltanto lei e il leone di pezza con cui gioca (con qualche breve incursione di altri pupazzi).

Per prima cosa, Ellen gli dà voce: lo racconta il primo dei dodici racconti di cui è composto il libro, "Conversazioni e canzoni". 

"Hai una voce profonda, così buffa!"
"Trovo che la mia voce assomigli incredibilmente alla tua" disse il leone.

e poi:

"Non possiamo cantare tutti e due assieme?" chiese Ellen.
Il leone ci pensò su.
"Non credo che potremmo", rispose. "Tu ci riesci?"

C'è sempre qualcosa che resta sul piano del non-detto, in cui si esprime la potenza narrativa di questa raccolta: l'autore non rivela mai esplicitamente che è Ellen a dare vita al leone di pezza con la propria immaginazione, ma lo insinua continuamente, e proprio questo gioco di inferenze diventa la cifra narrativa principale dei racconti.

Il sottinteso dà infatti all'opera una dimensione contemporaneamente umoristica e poetica: se da un lato sorridiamo notando gli indizi che ci suggeriscono che l'anima del leone sia Ellen stessa, dall'altro la labilità dei confini tra realtà e fantasia ci mantiene sospesi in un mondo fuori dal tempo e dalla logica, un microcosmo di sogno in cui riconosciamo l'essenza stessa del gioco.

E così il leone viaggia in Arabia sul trenino giocattolo di Ellen, diventa un paziente sotto le mani di Ellen-dottore, e con i suoi occhi di bottone controlla che dietro Ellen non ci siano le Cose che al buio le fanno paura.

Ellen e il leone

Gioco e realtà, ruoli veri e fittizi si intrecciano continuamente, e quell'interruttore tra reale e immaginario continua ad assumere tutte le posizioni possibili e anche qualcuna impossibile, mentre la bella prosa di Crockett Johnson ci porta ancora una volta in un mondo così fantastico da diventare autentico.


    

Lo conoscete il paradosso del lampione? Lo teorizzò il filosofo Abraham Kaplan e lo psicologo Paul Watzlawick contribuì alla sua fama.

È un fenomeno della mente umana esemplificato dalla storiella di un ubriaco che cerca le proprie chiavi sotto un lampione. Quando un poliziotto gli chiede dove le ha perse, lui indica un'altra zona, poco più in là.
"Ma allora perché le cerchi qui?" 
"Perché qui c'è luce".

Fuga in punta di piedi

Questa simpatica parabola dovrebbe rappresentare la tendenza umana a evitare la complessità cercando soluzioni semplici, anche se sbagliate. 

Leggere Fuga in punta di piedi di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli, un graphic novel di Sinnos dedicato ai primi lettori, mi ha fatto pensare a questo paradosso, non tanto per la sua "morale", quanto per la metafora della ricerca che porta altrove, ma anche per una specifica scena, quella in cui la protagonista cerca la sua scarpa perduta in una chiesa, non perché pensa di trovarla lì, ma "perché nessuno andrebbe a cercare una scarpa in chiesa".

Fuga in punta di piedi

Se c'è una chiave in Fuga in punta di piedi, in effetti, è proprio il sovvertimento delle consuetudini, e anche un po' della logica. I protagonisti, Adele e Alfio, sono due abitudinari. Stanno per partire per il loro consueto mese in montagna, con una caterva di bagagli, quando lei si accorge di aver perso la sua scarpa preferita.

Fuga in punta di piedi

Il viaggio va a monte e si trasforma in un'avventura cittadina in cerca della scarpa (che pare essere fuggita di propria volontà), che prosegue con l'incontro con Aristide, il figlio della donna delle pulizie, che ad ogni agosto era solito stabilirsi, a loro insaputa, nella casa che Adele e Alfio lasciavano libera per le vacanze.

Adele e Alfio, curiosamente, non cacciano Aristide, ma si lasciano travolgere dal suo stile di vita: parteciperanno alle sue feste e conosceranno una serie di personaggi stravaganti, scoprendo un mondo diverso, fatto di improvvisazione e spontaneità. 

Tutto, in Fuga in punta di piedi, tende a fuggire dall'ordine e dalla noia, a partire dalla coppia improbabile formata dai due protagonisti, che hanno le sembianze di un uccello e un predatore (forse una volpe). Il testo di Daniela Palumbo, ricco di giochi di parole un po' nonsense, e le illustrazioni di Francesca Carabelli, con i suoi tratti vignettistici e l'insieme caotico di dettagli stravaganti, completano l'opera regalando alla storia dei tratti decisamente fuori dalle logiche consuete.

L'impressione è che, sottesa alla narrazione, vi sia una sorta di contrapposizione generazionale tra l'adulto, intrappolato nelle convenzioni che lui stesso ha costruito, e il giovane, ancora libero di esplorare, scoprire e stupirsi. 

L'intero albo, insomma, è una sorta di "paradosso del lampione" sovvertito: a volte, cercare una cosa nel posto sbagliato aiuta, se non a ritrovarla, perlomeno a scoprire qualcosa di nuovo.


Scorretti, incorreggibili, surreali, esilaranti: sono tornati gli Sgraffignoni!
E se pensate che delle "macchiette" come loro non possano che essere sempre uguali a se stessi, resterete stupiti: una piccola evoluzione c'è (forse non quella che vi aspettate).

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

Il diamante d'oro è il secondo titolo della serie sulla famiglia Sgraffignoni degli svedesi Anders Sparring e Per Gustavsson, edita da Sinnos nella collana Leggimi!, ad alta leggibilità, e arriva dopo Il furto di compleanno, che vi avevo già presentato.

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

Questa volta l'incorreggibile famiglia di ladruncoli è alle prese con il furto di un oggetto prezioso che fa ridere già dal nome: il diamante d'oro, per l'appunto.  

Le risate iniziano già dalle prime scene di vita familiare, in cui i genitori, incapaci di resistere al proprio istinto di ladri, rubano i calzini al figlio Fausto (l'unico onesto della famiglia), per poi negare l'evidenza di fronte alle sue domande.

L'avventura porterà Fausto e la sorella Ale sulle tracce di nonna Ruby, rinchiusa in carcere. Anche i nuovi personaggi della serie, noterete, sono sempre caratterizzati da nomi esilaranti, come Ruby e la sua vicina di cella spiona, Maria Laspia. Seguiranno evasioni, colpi di fulmine e avventure varie, sempre all'insegna del'ilarità.

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

E l'evoluzione di cui parlavo prima? No, non saranno i ladruncoli a pentirsi, ma Fausto, l'unico onesto della famiglia, che imparerà finalmente, per la gioia dei genitori, a mentire (ma solo a fin di bene, sia chiaro!).

Leggera, scorrevole e ricca di trovate umoristiche, la famiglia Sgraffignoni si conferma un'ottima serie di intrattenimento, perfetta per lettori alle prime armi che hanno bisogno di imparare quanto può essere divertente leggere (e mentre lo scrivo, ve lo giuro, non ho le dita incrociate dietro la schiena!).

 

Scommetto che è capitato anche a voi di avere, nella vita, quell'amico che ai genitori non piace granché.
E anche voi avrete vissuto quella sensazione strana, di essere combattuti tra il desiderio di ribellione e rivalsa, quel bisogno di dimostrare ai genitori che avevano torto, e il dubbio tormentato che forse invece sotto sotto avessero un po' ragione.

La Ester più Ester del mondo
(Le collane realizzate con biglie vintage che vedete nella foto sono della mia amica Monia di Paperart Roma, che no, non mi ha pagato per questo, ma credo meriti un po' di pubblicità)

La Ester più Ester del mondo, dello svedese Anton Bergman, pubblicato in italia da Beisler con la traduzione di Samanta K. Milton Knowles, ci porta lì, in quel confine labile su cui si cammina crescendo, tra la sensazione di essere trascinato a forza da una cattiva compagnia e quella di aver scoperto che quella parte ribelle era già dentro di te, sospesi tra la paura e il desiderio di fare qualcosa che non si fa, tra il bisogno di essere accettati e quello di essere se stessi.

Signe è una bambina normale che vive una vita normale. Si sente poco accettata e compresa dal gruppo, come capita a molti. Quando arriva a scuola Ester, una nuova bambina, a Signe si spalanca un mondo nuovo.

Ester vive in modo molto più libero degli altri coetanei: ha un telefono, le chiavi di casa, può uscire da scuola da sola. Come accade con tutti coloro che sembrano "più grandi", stare con lei dà a Signe un brivido nuovo, che è quello di essere accettata e scelta come migliore amica, ma anche quello di fare molte cose per la prima volta. È con Ester che Signe inizia a tornare a casa da sola, o ad andare a casa di qualcun altro senza i genitori presenti.

Le chiavi di casa, rappresentate da un disegno che orna ogni capitolo, sono il simbolo di un rito di passaggio, che non è mai indolore.

 La Ester più Ester del mondo

Signe è attratta e spaventata da Ester. Le invidia la libertà ma inizia a sospettare di lei quando scopre che le racconta piccole bugie e vivrà una forte crisi di coscienza quando Ester la trascinerà in un furtarello di caramelle in un negozio.

È evidente il contrasto tra il rapporto profondo e leale che ha Signe con i suoi genitori (quel rapporto che la aiuterà a mantenersi salda anche di fronte a situazioni di forte tormento) e l'assenza di figure adulte di riferimento nella vita di Ester, che dietro la sua sicurezza nasconde un evidente bisogno di affetto, di compagnia e di guida. Non c'è cattiveria, in Ester, soltanto la necessità di comprendersi e comprendere la vita. Il suo affetto per Signe, suggellato dal dono di una collana come segno di amicizia, è sincero e capace di superare le incomprensioni.

A raccontarlo così, mi rendo conto che La Ester più Ester del mondo sembra un romanzo pedagogico e un po' pedante, invece la straordinaria capacità narrativa dell'autore riesce a infilare questi temi e queste sensazioni in una storia coinvolgente, in cui l'analisi psicologica e la spiegazione dei comportamenti dei personaggi non emergono mai dalla superficie, ma smuovono il lettore nel profondo, emozionandolo e lasciandolo indentificarsi in personaggi credibili, multisfaccettati, profondamente umani.

L'abilità di illustratrice di Emma Adbåge (che già avevamo visto in un albo per bimbi più piccoli) esprime perfettamente, con le sue prospettive incerte, la fragilità d'animo che muove i personaggi, il calore dei sentimenti, la familiarità.

La Ester più Ester del mondo

Non passa mai la sensazione della spiegazione pedante, perché le azioni si dipanano con straordinaria naturalezza, e la lettura si fa incalzante perché anche il lettore è dentro la storia, e si sente a sua volta trascinato dal bisogno di risolvere il groviglio intricato di pensieri e sensazioni che sta vivendo, lì, insieme ai personaggi.



Ci avete fatto caso? Gli horror più riusciti non partono da mostri terribili o da catastrofi improbabili, ma dalle cose più familiari, trasformate per l'occasione in qualcosa di spaventoso. Solo così l'inquietudine provata durante la lettura (o la visione del film) si prolunga nella vita quotidiana, legando a quelle cose familiari una sottile sensazione di disagio.

Il mostro di neve

Credo sia questo il punto di forza di Il mostro di neve, breve romanzo ad alta leggibilità di Gillian Cross con le illustrazioni di Ross Collins, edito da Biancoenero edizioni nella collana Zoom. A diventare spaventosa è qui una delle cose più innocenti che si possano immaginare: un pupazzo di neve.

Il romanzo è pensato per bambini dagli otto anni, quell'età in cui iniziano a provare piacere per le prove di coraggio e l'approccio ai contenuti di intrattenimento basati sulla paura.

Il mostro di neve

Protagonisti sono tre ragazzi, Jack, Ryan e Sam, che si suppone siano poco più grandi del target di riferimento del romanzo, dal momento che possiedono un telefonino. I tre escono di casa di nascosto per andare a costruire un pupazzo di neve nel giardino di una casa abbandonata. Con gusto tipico dell'età, lo creano più spaventoso possibile, con lampadine per gli occhi, un collo di bottiglia rotta al posto del naso e i cocci di vetro rimanenti a formare una bocca di denti taglienti. Per renderlo ancora più originale, gli lasciano tra le mani fatte di rami un vecchio telefonino rotto.

Il mostro di neve

E così, la sera, quando Jack riceverà un messaggio da un numero strano, che gli dà appuntamento alla casa abbandonata, ci andrà senza pensarci due volte, credendo che il messaggio arrivi da uno degli amici, ma arrivati sul posto i tre troveranno una terribile sorpresa: il pupazzo ha preso vita e si scatena contro di loro.

In un susseguirsi serrato di capitoli brevi e ricchi di azione, i ragazzi dovranno difendersi dalla creatura e poi scendere a patti con lei, per potersi salvare.

Come si conviene per l'età, il romanzo non prenderà mai pieghe eccessivamente truculente, ma manterrà alto il livello di suspense e terminerà con un piccolo e inquietante colpo di scena.

Una proposta originale e coinvolgente, perfetta per gratificare piccoli lettori che si sentono grandi e coraggiosi.


Lo so, lo so, che leggere non fa diventare necessariamente buoni. Che per quanto i libri favoriscano l'empatia e la riflessione esistono lettori intolleranti e poco ragionevoli. Lo so, ma lasciatemi pensare che le storie possano, almeno in parte, cambiare il mondo, o almeno lasciatemelo raccontare ai miei figli.

Rapimento in biblioteca

È quello che fa Margaret Mahy (supportata dalle illustrazioni meravigliosamente divertenti del celebre Quentin Blake) in Rapimento in biblioteca, un breve romanzo del 1979 che Le Rane di Interlinea ha riportato in Italia dopo anni di assenza dagli scaffali.

Rapimento in biblioteca fa incontrare due mondi: quello ordinato, composto e bon ton della bibliotecaria Serena (un nome certamente non casuale) e quello rozzo, burbero e fuorilegge della banda di briganti capitanata da Sally, soprannome per Salvatore (anche qui, non un caso).

Rapimento in biblioteca

Gli avvenimenti narrati superano i confini dell'inverosimile, ma sono narrati con tanta semplice naturalezza da apparire credibili nel loro mondo incredibile. La banda rapisce la bibliotecaria, che però è malata di varicella e li contagia tutti. Mentre sono a letto, inizia a leggere loro le storie di Peter Coniglio e l'ascolto delle parole narrate sarà per loro una rivelazione, una gioia da cui non vorranno più staccarsi.

Quello che potrebbe facilmente diventare un testo moraleggiante è in realtà costellato da momenti ilari in cui si mette a nudo talvolta la fragilità dei rapitori, talvolta la rigidità delle istituzioni:

"Com'è la procedura in caso di rapimento della bibliotecaria?" domandò un consigliere. "Rientra nelle spese per il personale o nel capitolo cultura?".

Rapimento in biblioteca

Per fortuna la bibliotecaria si dimostra più flessibile delle leggi e così al percorso di redenzione dei briganti si contrappone qualche piccola insubordinazione della protagonista, che si ribella alla legge a modo suo, rompendo gli schemi dentro gli schemi (saranno i libri a darle questa elasticità mentale?).

Per salvare il brigante capo, di cui si è innamorata, lo mette a scaffale etichettato come un libro e lo prende in prestito, rendendo così impossibile la cattura da parte del poliziotto, che non vuole certo infrangere il regolamento della biblioteca. Seguiranno avventure, disgrazie, atti di eroismo e riscatti (in senso morale, stavolta): la trama, insomma, non lascia modo di annoiarsi.

Rapimento in biblioteca

Il gusto un po' nonsense della trama e i suoi personaggi allegri e un po' caricaturali fanno scorrere la lettura con grande piacevolezza.

Si ride e si sorride molto, leggendo Rapimento in biblioteca, e ci si sente dalla parte del giusto: quella in cui le storie danno strumenti e sapore alla vita.






Perché si scrive a qualcuno? E più in generale, perché si scrive?

Tra le tante riflessioni sottese alla trama di Caro Mr. Henshaw c'è anche questa: su quale sia il significato di scrivere e su come tale significato cambi tra emittente e ricevente.

caro mr henshaw


Caro Mr. Henshaw è un romanzo epistolare, scritto dall'americana Beverly Cleary nel 1983 e portato oggi in Italia da Il Barbagianni editore.

Se è vero che tra le pagine emergono fortemente tematiche come il disagio di un bambino in una nuova scuola, la separazione dei genitori, la sofferenza per un padre lontano e assente o la ricerca del proprio talento, io credo che il senso più importante del libro sia un altro, più sfumato e ineffabile ma non per questo inconsistente: l'asimmetria della comunicazione.

L'undicenne Leigh Botts inizia a scrivere una lettera a Boyd Henshaw, il suo scrittore preferito, come compito scolastico. Henshaw gli risponde (anche se non al primo tentativo) e inizia così la corrispondenza su cui si basa il romanzo.

In tutto il libro, non leggiamo mai le risposte di Henshaw, le intuiamo solamente da ciò che scrive il bambino. L'asimmetria sta prima di tutto, quindi, nella forma del romanzo, che materialmente ci mostra soltanto un lato della storia, ma anche nel suo contenuto: lo scrittore non sembra particolarmente coinvolto in questa corrispondenza, sembra spesso che risponda soltanto per senso del dovere, anche se, man mano che lo scambio si dipana, darà a Leigh utili consigli su come migliorare nella scrittura per partecipare a un concorso scolastico.

caro mr henshaw

Il bambino ha una scrittura spontanea ed emotiva: leggendo le sue parole (e le sue firme) comprendiamo subito il suo stato d'animo e la sua disposizione: a volte scrive per dovere, a volte perché ne sente la necessità. A un certo punto, un po' per seguire il consiglio di Henshaw e un po' perché ha capito che lo scrittore non è così felice di partecipare a questo scambio, Leigh inizia a scrivere a "Mr-Henshaw-per-finta" (molto convincente la traduzione di Susanna Mattiangeli), ovvero a tenere un diario, la comunicazione epistolare asimmetrica per eccellenza.

Si crea inoltre un certo parallelismo tra due personaggi apparentemente molto distanti tra loro: il padre di Leigh e Mr Henshaw: entrambi lontani, sfuggenti, anche se il bambino agogna un rapporto con loro. Entrambi non rispondono sempre ai suoi tentativi di comunicazione, e quando lo fanno non è con il trasporto che Leigh si attenderebbe.

Il percorso di crescita di Leigh durante il romanzo lo porterà a un maggiore equilibrio verso queste due figure: imparerà a ritenerle meno necessarie, pur non rinnegando il suo legame.

 

caro mr henshaw

Leigh imparerà a difendersi dal male intorno a sé, materialmente (inventando un "allarme" per scovare il ladro che gli ruba il pranzo a scuola) e psicologicamente, accettando l'asimmetria delle relazioni nella sua vita.

Imparerà anche  che scrivere a qualcuno è prima di tutto scrivere a se stessi e che la scrittura, come la vita, è faticosa, ma con un po' di impegno le cose riescono meglio.


Con le iniziative private di Elon Musk e Jeff Bezos affiancate ai progetti internazionali come la nostra ESA, il 2021 è stato decisamente l'anno dello spazio, lontano come sempre eppure sempre più vicino, tanto che perfino l'idea di arrivare su Marte non sembra più fantascienza.

Viaggio su marte

E così Jon Agee ci porta addirittura un bambino, in Viaggio su Marte, un divertente albo edito da Il Castoro. E come accade in ogni gioco di bambino, l'impresa è incredibile e naturalissima al tempo stesso:

Eccomi su Marte.
È stato un lungo viaggio dalla Terra.
Sono qui per trovare vita.

L'espressione del bambino è semplice, felice e curiosa ma senza eccessi. Quasi la gita su Marte fosse una visita a un amico, il bimbo porta con sé un regalo: una tortina al cioccolato da consegnare, nel caso trovasse qualche abitante.


Viaggio su marte

La trama prosegue come in una classica commedia degli equivoci, la cui comicità si basa su una differente consapevolezza tra narratore esterno e personaggio (in narratologia si parlerebbe di focalizzazione esterna e interna).
Qui le due focalizzazioni si materializzano nel doppio registro dell'albo illustrato: immagini e parole. Mentre le illustrazioni ci portano il punto di vista di un narratore che vede e descrive l'intera situazione, il testo, in prima persona, rappresenta la visione, necessariamente limitata, del bambino protagonista.
 
Viaggio su marte
 
E così, mentre sentiamo il bambino lamentarsi di quanto il pianeta sia inospitale e inadatto alla vita, vediamo un marziano, sempre più ingombrante e difficile da non notare, la cui presenza contrasta con l'ingenuità del bambino, che arriva addirittura a salirgli sopra senza notarlo.

Viaggio su marte

Il bambino troverà infine un fiore: il suo Viaggio su Marte non sarà del tutto sprecato, e tornerà a casa soddisfatto di aver trovato "vita" sul pianeta, anche se il finale gli lascerà infine il dubbio che qualcosa gli sia sfuggito.

Il tratto semplice e fumettistico di Jon Agee e i suoi personaggi sempre un po' inconsapevoli, che avevamo già apprezzato in Il muro in mezzo al libro, Roar! Come diventare un leone e Il piccolo B) regala a questo albo un'aura sognante e lievemente ironica al tempo stesso.

Con la sua leggerezza Jon Agee riesce a portarci su Marte e a riportarci a casa, carichi di sogni esauditi, di occasioni mancate e di qualche nuovo sorriso.


       
Post più recenti Post più vecchi Home page

Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

Segui le nuvole

Newsletter

* indicates required

POPULAR POSTS

  • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
  • Svish, splash, squelch, scric, fiuuu!
  • Nuvole in barattolo.
  • Mio figlio non parla! I libri per stimolare il linguaggio.
  • Mio figlio non legge! Sette consigli per crescere lettori in un mondo digitale.

Temi

animali 70 scienza 44 amicizia 29 diversità 29 fantasia 29 natale 28 papà 24 cani 23 nanna 21 disegno 19 regali 19 rime 19 natura 18 scuola 16 condivisione 14 fratelli e sorelle 14 paure 14 emozioni 12 halloween 12 avventura 11 morte 11 onomatopee 11 cibo 10 corpo umano 10 lettura 10 pannolino 10 amore 9 autostima 9 crescita 9 ecologia 9 mamma 9 mostri 9 nonni 9 silent book 9 punti di vista 8 ambiente 7 bullismo 7 esperimenti 7 gatti 7 interattivo 7 supereroi 7 mare 6 matematica 6 noia 6 scrittura 6 storia 6 educazione 5 favole 5 inserimento 5 neve 5 regole 5 compleanno 4 difetti 4 dinosauri 4 famiglia 4 primavera 4 capricci 3 esplorazione 3 estate 3 gallucci 3 in viaggio 3 lentezza 3 maestra 3 neogenitori 3 neonato 3 resilienza 3 tempo 3 vacanze 3 autonomia 2 buio 2 carnevale 2 cucu 2 disabilità 2 macchine 2 autunno 1

Search This Blog

Blog Archive

  • ▼  2024 (32)
    • ▼  dicembre (1)
      • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (2)
    • ►  settembre (3)
    • ►  giugno (5)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (3)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2023 (54)
    • ►  dicembre (5)
    • ►  novembre (7)
    • ►  ottobre (5)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (6)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2022 (81)
    • ►  dicembre (6)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (8)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2021 (111)
    • ►  dicembre (13)
    • ►  novembre (14)
    • ►  ottobre (12)
    • ►  settembre (12)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (12)
    • ►  aprile (12)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (8)
  • ►  2020 (102)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (11)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (9)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (9)
  • ►  2019 (101)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (12)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (8)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2018 (79)
    • ►  dicembre (8)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (3)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (7)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (6)
  • ►  2017 (62)
    • ►  dicembre (7)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (5)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (7)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2016 (44)
    • ►  dicembre (2)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (4)
    • ►  giugno (4)
    • ►  maggio (5)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (2)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2015 (38)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (4)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (2)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (5)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2014 (34)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (2)
    • ►  giugno (3)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (2)

Copyright © Nuvole in scatola. Designed by OddThemes