Nuvole in scatola
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Da una parte i buoni, dall'altra i cattivi: il mondo dei bambini (e anche di molti adulti, purtroppo) è spesso nettamente polarizzato, diviso senza scampo in opposti che non dialogano tra loro.
È nella ricchezza delle storie che possiamo trovare la via per raccontare le sfumature, le complessità, ma anche le motivazioni di un comportamento e la possibilità di cambiare.

bill il cattivo

Bill il cattivo (ora buonissimo), di Beisler editore, inizia proprio con una netta polarizzazione: il protagonista, Bill, è proprio cattivo. Fa tutte le cose che un cattivo farebbe.

bill il cattivo

Se ora vi state immaginando furti, incendi dolosi, rapine e omicidi, cambiate prospettiva ed entrate in quella di un bambino.
Bill il cattivo ruba le mele a un fruttivendolo, costringe gli amici al bar a ridere alle proprie barzellette, prende la palla ai bambini e annoda le loro corde per saltare!
bill il cattivo


Il tratto ironico di Ole Könnecke rende la narrazione molto più interessante di quanto ci si possa aspettare da una semplice descrizione di "cattive azioni": la stazza di Bill, un adulto grande e grosso, lo rende ridicolo nel suo bullarsi dei più piccoli, e le reazioni caricaturali delle sue "vittime" (che si nascondono dietro a un giornale per non farsi notare da lui!) contribuiscono a creare un'atmosfera comica che smorza il "terribile" ritratto dato dal testo.

bill il cattivo

E poi arriva il momento della svolta: Bill viene sorpreso in preda agli incubi, proprio dai bambini che aveva bullizzato.
I suoi genitori, severi e intransigenti, lo tormentano ancora nel sonno, ed è quindi nella sua infanzia che si trovano le radici del suo comportamento.

Anche qui, lo stile di Ole Könnecke trasforma in vignetta quella che potrebbe essere una situazione densa di negatività e rende semplice quello che è un concetto tipico di un'analisi adulta: da sopra il divano dove Bill sta singhiozzando, i ritratti dei genitori sembrano guardarlo con aria severa, ma con un effetto indubbiamente comico.

bill il cattivo

Sarà l'ingegno dei bambini a trovare una soluzione, forse troppo semplice per essere realistica, ma certamente d'effetto, trasformando Bill in un essere buono, semplicemente perché ora si sente amato.

Con il suo testo breve in stampatello maiuscolo, Bill il cattivo (ora buonissimo) si presta sia a una lettura condivisa sia alle prime letture autonome, offrendo al piccolo lettore un testo semplice ma ricco di ritmo.

Non manca una strizzatina d'occhio finale al lettore, un ultimo piccolo contrasto tra testo e immagini, che ci fa vedere che Bill qualche marachella la combina ancora, anche se ora a fin di bene.
D'altra parte, la potenza delle belle narrazioni è proprio questa: non offrire soluzioni nette, bianche o nere, buone o cattive, ma raccontare, sorridendo, che la vita è un po' più complicata, e anche molto più affascinante, di quanto sembri.

Un minuscolo pugnetto che stringe un dito: è una delle prime foto che facciamo, quando nasce un bambino.
Rappresenta la connessione tra due esseri umani, genitore e figlio: uno "grande" e uno "piccolo", indissolubilmente legati. In quell'immagine c'è amore, protezione, uguaglianza e differenza.


Dentro Io grande tu piccino di Lilli L'Arronge (Pulce edizioni) ci sono tutte queste sensazioni, e un po' di ironia in più.
Con un testo ritmato e musicale, ricco di rime e assonanze, il libro presenta una serie di azioni e caratteristiche che contrappongono due tenere donnole: un genitore (non definito: potrebbe essere mamma o papà) e suo figlio (o figlia).


A ogni situazione si accompagnano pochissime parole, scelte con cura, che definiscono un "io" e un "tu".

Io grande, tu piccino,
io mucca, tu maialino,
io bacio, tu bacino 


Quello che potrebbe essere un elenco scontato si concretizza in una sequenza piena di sorprese e di variazioni da scoprire: si passa dal gioco alle attività quotidiane, dalle coccole alle piccole divergenze tra genitori e figli.

Scopriamo che a volte "io" e "tu" si rovesciano, e non sempre "ino" appartiene al più piccolo:
tu auto, io pulmino.


Così come non sempre spetta al bambino l'azione più modesta. In una pozzanghera infatti:
io schizzino, tu schizzone.
Pagina dopo pagina, vediamo il cucciolo instancabile e il genitore stanco, vediamo bua e consolazione, vediamo capricci e urla che poi si mitigano nella complicità di un'attività svolta insieme. È un rapporto quotidiano, riletto attraverso l'ottica speciale che valorizza allo stesso tempo somiglianze e differenze. 


C'è spazio anche per tavole in cui "io" e "tu" sembrano fondersi in un'unica entità, e le differenze si appianano.


L'alternanza di situazioni tenere, comiche e ironiche provoca pelle d'oca e risate (non mancano naturalmente pipì e cacca, due evergreen per tutti i bambini!).
Nelle sue 40 pagine, Io grande tu piccino fotografa con altrettante vignette le sfumature di un rapporto non sempre perfetto, ma  unico e speciale.

Mi piace pensare a Io grande tu piccino come al punto di partenza per un gioco che prosegue oltre il libro: quanti oggetti o quante azioni potete trovare nella vita comune, che rispondano a questo schema? E se provate a pronunciare il vostro "io", vostro figlio saprà rispondere con il suo "tu"?

Io forchetta, tu forchettina
io manona, tu manina.
Io tg, tu cartone,
tu corri, io fiatone.

Volete continuare voi?


Spoiler alert: tenere lontano questo libro da chi ancora crede a Babbo Natale.


L'ultimo regalo di Babbo Natale inizia infatti così:
I suoi genitori non la smettevano di parlare di Babbo Natale, così Julien aveva deciso di fingere di crederci per un altro anno.

Ma se dopo questo incipit vi aspettate una storia disincantata e materiale, be': preparatevi a restare sorpresi. Al contrario: L'ultimo regalo di Babbo Natale Ã¨ il libro perfetto per chi, nonostante abbia mangiato la foglia, non vuole rinunciare alla magia.



È incredibile come il tratto delle illustrazioni di Quentin Blake riesca a esprimere così bene atmosfere tanto diverse come quelle "cattive" dei libri di Dahl e questa: poetica, delicata, dolce.

La storia è quella di Julien, un bambino ormai cresciutello, che come abbiamo visto non crede più a Babbo Natale (ma decide di crederci ancora un po') .
Il giorno di Natale, Julien riceve la console che aveva chiesto, e anche un altro regalo.



Anche i genitori sembrano sorpresi da questo pacchetto (ma non sarà – inizia a chiedersi il lettore – che Babbo Natale esiste davvero?).
Dentro c'è una locomotiva di legno. Un gioco per bambini piccoli: sicuramente Babbo Natale si è sbagliato, era per un altro bambino. Ma Julien ne è affascinato, inizia a giocarci e presto Juliette (così l'ha chiamata) diventa per lui una compagna di giochi inseparabile.


È la rivincita del gioco tradizionale sul digitale: le autrici, le sorelle Marie-Aude ed Elvire Murail, lo raccontano con garbo e delicatezza, sottolineando la cura che Julien dimostra per il suo giocattolo.
Finché, l'anno successivo, Julien prova ad evitare l'appuntamento con Babbo Natale, temendo che questi si riprenda la locomotiva: prima si dichiara troppo grande, poi cerca di fare qualche cattiva azione per non rientrare più nell'elenco dei "bambini buoni", ma non servirà: Babbo Natale passerà, e avrà un ultimo, inaspettato regalo per lui.

L'ultimo regalo di Babbo Natale gioca sul filo tra credulità e disillusione. I protagonisti sanno che Babbo Natale non esiste, eppure ne ricevono la visita.
È una presa di posizione netta: la magia c'è anche se non ci si crede più, ed è dentro le cose più autentiche, quelle di una volta, quelle che ci fanno tornare piccoli.
O magari, dentro un bel libro regalato per Natale.



Vi è mai capitato di chiedere ai vostri figli un assaggio di quel che stavano mangiando e di ricevere briciole di dimensioni appena sufficienti a coprire una papilla gustativa?
La condivisione è un piacere che non si può certo definire innato, negli esseri umani. Ma forse, praticandola un po', si riesce a scoprire il suo lato gratificante.



Jörg Mühle lo racconta, con leggerezza, in Due a me, uno a te, un albo semplice e delizioso uscito per Terre di mezzo editore.
La storia inizia da un orso, che trova tre funghi.


Li raccoglie e li porta a casa, dove la donnola li cucina con cura.


Al momento di mangiarli, però, sorge il problema di come dividerli: i funghi sono dispari e loro sono in due.
All'orso sembra naturale tenersene due, perché è più grosso, ma la donnola vuole il terzo fungo per sé, perché è piccola e deve crescere.


Inizia così un botta e risposta sempre più incalzante, in cui ognuno dei due protagonisti cerca una motivazione razionale per tenersi il fungo in più: l'orso perché li ha raccolti, la donnola perché li ha cucinati e così via.
I toni si accendono, le voci si accavallano e si fanno invadenti, anche tipograficamente, sulla pagina.


Finché arriva una volpe, che aderendo al detto "tra i due litiganti il terzo gode", si pappa il fungo in più. Basterà questa soluzione a mettere d'accordo orso e donnola?
Il finale, a sorpresa, resta aperto e strappa una risata.

A dare forza a una storia semplice e diretta, che veicola in modo efficace riflessioni e soluzioni attorno al tema della condivisione, due personaggi divertenti e ben caratterizzati, e il tratto fumettistico di Jörg Mühle, che fonde tenerezza ed espressività.
Meravigliosa la casa nel bosco dei due protagonisti, senza pareti ed integrata tra gli elementi naturali (la cucina della donnola con le padelle appese ai rami mi ha ricordato le mille capanne costruite da bambina nel bosco d'estate).

Due a me, uno a te, amatissimo dal Piccolo D, è stato l'occasione per improvvisare un gioco (o forse sarebbe meglio chiamarla attività) su numeri, distribuzione e condivisione.


Ho preso un foglio quadrettato e ho disegnato due colonne di riquadri, colorando gli ultimi due di ogni fila di rosso. Ho poi preso un dado e una manciata di fagioli secchi.

Il gioco si svolge così: ognuno tira un dado e distribuisce i fagioli lungo le due colonne.
Può iniziare dalla colonna che preferisce: l'unico vincolo è, una volta iniziato, proseguire mettendo un fagiolo in una colonna e uno nell'altra, alternandole.
Vince chi arriva a riempire almeno uno dei riquadri rossi in entrambe le colonne, ma senza oltrepassare la fine delle colonne.


Il gioco è molto semplice ma permette di acquisire qualche nozione matematica e qualche prima idea di strategia: oltre al rispetto dei turni di gioco, si impara che con i numeri pari le colonne restano sempre riempite allo stesso modo, mentre con i numeri dispari una colonna "avanza".
Che iniziando da una colonna, si finirà sulla colonna opposta in caso di numero pari, e sulla stessa in caso di numero dispari.
E si impara a capire l'incidenza della strategia (scegliere da che colonna iniziare) e della fortuna.

È anche un buon allenamento per "fare le conte", pilotando il risultato in base al numero di sillabe della filastrocca e, nel caso il risultato non sia quello voluto, aggiungere qualche parola all'ultimo momento: lo so, da piccoli lo avete fatto anche voi.


L'assenza, l'altrove: i bambini ne scoprono l'esistenza da piccolissimi, con il gioco del cucù: la mamma c'è, anche se non la vedo. Crescendo, scoprono l'esistenza di moltissimi altrove: quelli dove vivono le persone care, quelli visti in tv, l'asilo quando si è a casa, la casa, quando si è all'asilo. Ma cosa accade in quegli altrove che non abbiamo nemmeno mai visto, oltre confini che non abbiamo mai valicato?


In mezzo al libro Il muro in mezzo al libro (ed. Il castoro) c'è un muro (presumo lo aveste già intuito dal titolo).
Jon Agee (lo avevamo conosciuto e adorato in Roar! Come diventare un leone e Il piccolo B) lo ha piazzato lì, proprio in corrispondenza dell'incontro delle due pagine rilegate, così da fondere l'oggetto-libro con il suo contenuto.
Va da sotto a sopra, fino in cima: è impossibile valicarlo.


Al di qua (il "di qua", definito dall'ordine di lettura, è a sinistra) c'è un piccolo cavaliere in armatura medievale, che prende una scala per rimettere al suo posto un mattone che è caduto.

Il muro, dice, è una cosa buona:

Il muro protegge questo lato del libro dall'altro lato.
Questo lato del libro è sicuro. L'altro no.

Dall'altro lato, ci sono animali feroci (che però si spaventano vedendo un topolino), e soprattutto c'è un orco, "la cosa più pericolosa dell'altro lato del libro".



Il muro in mezzo al libro mette il lettore in una posizione privilegiata: il suo sguardo, da una posizione esterna rispetto al "di là" e al "di qua", è quello di un narratore onnisciente, che vede anche ciò che il protagonista, che parla in prima persona, non può vedere.

E le limitazioni percettive del piccolo cavaliere non riguardano solo il muro e il suo "altrove": mentre è concentrato a rimettere al suo posto il mattone, non si accorge nemmeno di ciò che accade sotto di lui, dove l'acqua sale e si riempie di creature pericolose.


Sarà proprio l'orco, superando i confini della pagine e del libro in un "sopra" ipotetico che non vediamo, a salvare il piccolo cavaliere portandolo "al di là".



È interessante il lavoro che Jon Agee fa con il concetto di limite, calandolo sia nella materialità del libro (che gioca con il contrapporsi delle due facciate, ma anche con i margini superiori della pagina), sia nella distanza percettiva tra personaggi e lettore.
Chi legge vede al di qua e vede al di là del muro, allo stesso momento, e proprio per questo riesce a capire l'insensatezza di questo confine.

Chicca finale (e iniziale!), i risguardi, diversi tra loro, che contrappongono un mondo diviso dal muro e uno che non lo è.

Da un libro come Il muro in mezzo al libro possono nascere riflessioni senza fine, che si agganciano a storia e attualità: discorsi sui muri, sui confini, sul nostro sguardo limitato su ciò che conosciamo, sulla paura dell'ignoto e del diverso,  da qui sull'immigrazione, e l'accoglienza, e l'essere "altro".

Possono nascere tutte queste riflessioni, ma non devono per forza.
Un'altra possibilità è lasciare che i messaggi decantino da soli dentro chi legge e chi ascolta e godersi la storia, così com'è.


Sapete chi è un toddler?
La parola si riferisce a un bambino di un'età che va a grandi linee da uno a tre anni, e deriva da "to toddle", ovvero "camminare in modo incerto". Non c'è un equivalente italiano altrettanto efficace.

In quell'immagine di camminata incerta si racchiude tutto: la voglia e la caparbietà di esplorare il mondo da solo e il bisogno ancora forte di essere accompagnato. E questo delicato equilibrio tra autonomia e dipendenza è la chiave di tutta la relazione che l'adulto costruisce con lui.
È un'età straordinaria, in cui i bambini compiono balzi evolutivi stupefacenti, dal punto di vista fisico e cognitivo, e questo spesso è destabilizzante tanto per loro quanto per noi che dovremmo sostenere il loro percorso di crescita.

Non è raro che un genitore-lettore si ritrovi improvvisamente spiazzato: quel bimbo angelico che ascoltava con attenzione ogni libro, ridendo, guardando attento le pagine o il volto di mamma e papà, ora sembra non ascoltare più. Non resta seduto davanti al libro, salta qua e là, sguscia via da tutte le parti.
Che fare? Rinunciare al proposito di leggere per lui?
Naturalmente no: sappiamo che la lettura ad alta voce è fondamentale per lo sviluppo cognitivo del bambino, per migliorare il suo linguaggio, la sua creatività, la sua conoscenza del mondo. E poi, non dimentichiamolo, la lettura condivisa crea tra genitori e figli una connessione irrinunciabile, regalando momenti di coccole, condivisione, divertimento.

Proviamo allora a cercare delle strategie diverse, a trovare la chiave giusta che ci permetta di leggere a un bambino di uno-due anni che non vuole stare fermo.

Foto: Pixabay

Le direzioni sono essenzialmente due: adottare delle nuove modalità di lettura e scegliere i libri adatti a suscitare il loro interesse.

Come leggere a un toddler.


Il bambino, dicevamo, è in piena scoperta del suo corpo, delle sue potenzialità, del movimento, della sensorialità. Una scoperta che va valorizzata e assecondata, e non inibita.
Come conciliarla con la lettura? Ecco qualche piccolo suggerimento.

1. Approfittare dei momenti tranquilli
Sembra scontato, ma è bene ricordarlo: il momento ideale per leggere a un bambino, lo decide il bambino. Inutile tentare di leggere quando ne abbiamo voglia noi, se in quel momento lui (o lei) ha voglia di correre o di giocare a palla.
Ma anche i bimbi più scalmanati, a un certo punto, hanno bisogno di trovare pace tra le braccia di mamma e papà, ed è in quel momento che potrete aprire il libro e leggere per loro: piano piano, impareranno ad associare il libro al momento della coccola, e anche a fermarsi ad ascoltarlo.

2. Movimentare le letture
Avete presente quella faccenda di Maometto e della montagna? Ecco: vale anche qui.
Se il bambino non vuole stare fermo davanti a un libro, sarà il libro a muoversi con il bambino.
Questo non significa che dovete rincorrere vostro figlio con il libro in mano, ma che dovrete scegliere il libro giusto (quali? Ne parleremo dopo) e leggerlo assecondando i suoi bisogni di stimoli.
Mimate, imitate suoni e rumori, fate vocine e vocione, usate il libro come un oggetto dietro il quale fare cucù, coinvolgetelo nei gesti. L'essenziale è rispettare il testo: non improvvisate spettacoli teatrali su un libro che teatrale non è, ma scegliete libri che per loro essenza richiedono questa modalità di lettura. Capirà presto che leggere può essere molto divertente.

3. Lasciarsi guidare
Capita spesso che un bimbo, soprattutto i più piccoli, cominci a girare le pagine da solo mentre il genitore legge, a indicare le figure, a ignorare beatamente la lettura che il genitore sta facendo per esplorare il libro a modo suo.
È il suo modo di conoscere il libro, il suo funzionamento, la sua sequenza (se io torno indietro, trovo ancora la stessa figura? E la mamma legge di nuovo la stessa cosa? Dov'è quell'animaletto che ho visto prima?).
È una fase di scoperta e sperimentazione, ed è parte naturale del processo di avvicinamento al libro e alla lettura.
Assecondatelo, rispondete alle sue domande, seguite la sua logica: il vostro bimbo non vi sta dimostrando il suo disinteresse per i libri, ma l'esatto contrario.

4. Continuare a leggere, comunque
Anche se sembra di no, quella specie di scimmietta che salta dal divano e si arrampica sulla libreria mentre cercate di leggergli un libro vi sta ascoltando.
Nei bambini, la corteccia prefrontale, quella che serve a regolare le proprie azioni, è ancora immatura. Come spiega anche Daniele Fedeli, psicologo e professore di pedagogia (ad esempio in Mio figlio non riesce a stare fermo), spesso per i bambini l'inibizione del movimento è molto faticosa, per cui imporre loro di fermarsi potrebbe essere controproducente: il bambino metterebbe tutte le proprie energie nel forzarsi a stare fermo e non riuscirebbe più a dedicare la giusta attenzione al resto. Viceversa, spesso per il bambino è più semplice seguire la lettura se può lasciare il proprio corpo libero di muoversi.
Quindi non mollate la lettura appena vostro figlio si stacca da voi e ricomincia a muoversi: spesso è semplicemente il suo modo di ascoltare.

Cosa leggere a un toddler.

Abbiamo parlato di "come" leggere, ora passiamo al "cosa". Come dovrebbe essere un libro per bambini di uno o due anni?

1. Risponde ai suoi interessi
La prima raccomandazione sembra ovvia, ma non è detto lo sia.
La cosa più importante, per appassionare un bambino alla lettura, è seguire le sue inclinazioni.
È fondamentale tenere bene a mente che i bimbi trovano rassicurante ciò che già conoscono. È il motivo per cui amano le ripetizioni, o vogliono farsi leggere mille volte di seguito lo stesso albo.
Per catturare la loro attenzione, quindi, meglio partire da qualcosa che conoscono bene e per la quale hanno già espresso interesse.
Per quanto vi sembrino affascinanti le storie di fate, di pianeti lontani o (peggio) le riflessioni astratte su cosa significhi la vera ricchezza della vita, no: non fanno per loro.
Partite quindi dall'esperienza quotidiana, dalle loro emozioni, dai loro giochi, oppure da elementi che hanno particolare presa su di loro, come ad esempio gli animali.

2. Risponde alle sue esigenze di scoperta
Il "toddler", dicevamo, è in piena fase di scoperta: del mondo attorno a sé ma prima di tutto del mondo che lui rappresenta: il suo corpo, la sua fisicità.
Scegliamo allora letture che rispondano ai loro bisogni di movimento, di esplorazione, di scoperta. Un libro che gli dia stimoli sensoriali, che lo accompagni verso la consapevolezza del proprio corpo, della sua voce, dei suoi movimenti.
Oppure coinvolgiamolo in una lettura di tipo dialogico (qui un mio post su questo tema), in cui il bambino possa indicare e nominare un oggetto, o chiedere al genitore di cosa si tratta, accontentando contemporaneamente il suo bisogno di comunicazione e relazione affettiva e quello di scoprire il mondo.

3. Risponde alle sue capacità di attenzione e al suo sviluppo cognitivo
Impensabile leggere una favola con lunghi testi e poche immagini a un bambino che non vuole stare fermo: il solo stimolo uditivo non basterebbe ad agganciare la sua attenzione.
Ma anche, dall'altro lato, un libro-dizionario, di quelli che trovate su molti scaffali per la prima infanzia, con una figura per pagina e un nome sotto la figura, potrebbe non essere adatto allo scopo, perché troppo semplice, quindi noioso, soprattutto dopo i 18 mesi.

È un'età, questa, in cui le capacità cognitive evolvono a ritmi incredibili, e anche i libri dovrebbero stare al loro passo, offrendo contenuti né troppo semplici (annoierebbero e non stimolerebbero), né troppo complessi (verrebbero ignorati).

Da un anno a 18 mesi
Scegliamo libri semplici, senza una storia in sequenza, in modo che possano essere sfogliati anche in modo non lineare (i bambini gireranno le pagine avanti e indietro e indicheranno gli oggetti che voi nominerete). Le immagini devono essere semplici, con sfondi neutri, povere di dettagli. I bimbi più irrequieti possono essere coinvolti da onomatopee e coccole.

Dai 18 mesi
Il bambino inizia a padroneggiare i nessi di causa-effetto: ora è il momento di proporre le prime protostorie, con azioni semplici che il bambino può conoscere. Oltre ai suoni e ai giochi con il corpo del bimbo, possiamo introdurre le finestrelle, che incuriosiscono il bambino e lo tengono attivo.

Dai 2 anni
Al bambino ora è chiaro "come funziona" un libro. Per coinvolgere i bimbi più dinamici, ora potete osare e giocare proponendogli libri "interattivi" in cui il lettore può immaginare di modificare storia e contenuto del libro con le proprie azioni.

Allora, passiamo ai titoli? Ecco le mie proposte di libri "a prova di toddler"

Libri per bambini "irrefrenabili", di uno e due anni.

(lo so, alcuni non sono disponibili, ma è l'occasione perfetta per fare un bel giro in biblioteca!)

L'uccellino fa... (da 1 anno e anche prima)

Tra le tante cose che sperimenta un bambino a questa età c'è la voce: come faranno mamma e papà ad articolare quelle belle parole? E io, come faccio a urlare, a soffiare, a fare rumore?
L'uccellino fa è un libro pieno di versi, tutti da ascoltare e da provare a ripetere. Il primo passo per imparare a parlare. La mia recensione, qui.

Tutti i baci del mondo (da 1 anno)


Trasmettere l'amore per la lettura significa far capire chiaramente che leggere è relazione, è coccola, è gioco. Questo libro è un "catalogo di baci", da sfogliare e provare immediatamente con il bambino, trasformando la lettura in contatto fisico. Le pagine cartonate e fustellate "a rubrica" permettono al bambino di sfogliarlo autonomamente, indicando al genitore quale bacio vuole ricevere (e prendendo così confidenza con il "funzionamento" del libro).
Qui la mia recensione.

Morsicotti (da 18 mesi)

Insieme alla voce, il bambino scopre che il suo corpo è fatto da tanti pezzi, e ognuno si muove in modo diverso, ha una forma diversa e dà sensazioni diverse. Attraverso un topolino che mordicchia e solletica pancini, orecchie, manine e piedini, Morsicotti è un libro che si trasforma in un gioco (e in una coccola) tra lettore e bambino. E in più, ci sono gli animali da imitare, nel verso e nel movimento. Un libro che non vuole proprio stare fermo. La mia recensione, qui.


Lupo Baldo, Lindo Porcello e gli altri della collana "I bohemini" (da 18 mesi)

Anche qui ci sono molti versi e molte onomatopee, tutti da recitare, ma anche dei personaggi che rispecchiano moltissimo i pensieri dei bambini, una struttura narrativa semplice semplice, fatta di rassicuranti ripetizioni, e illustrazioni a contrasto su fondo neutro, per attirare l'attenzione anche dei più distratti. La mia recensione, qui.

Gnam! A me piace... o un altro libro con le finestrelle di Yusuke Yonezu (da 18 mesi)


Se anche le dita dei vostri bimbi non vogliono stare ferme, intrattenetele con un bel libro con buchi e finestrelle, come questo di Yonezu.
Le immagini sono semplici, ben definite e molto espressive, e il meccanismo dell'animale che mangia il suo cibo preferito è molto coinvolgente. Ne avevo parlato in questo post dedicato ai libri per i primi mesi.

Pina fa la spesa (da 18 mesi)

Un libro dalle figure semplici e dalla situazione quotidiana, con un testo ricco di domande che coinvolgono il bambino e con immagini ricche di elementi che stimolano la lettura dialogica ("Cos'è questo?" "È un pomodoro!"). Ne ho parlato qui.



Dalla testa ai piedi, di Eric Carle (dai 2 anni)

dalla testa ai piedi

Una carrellata di animali che "sfidano" i bambini a muoversi come loro. Un libro che invita al movimento e all'interazione, che gioca con i piccoli lettori rivolgendosi direttamente a loro, che li aiuta a prendere consapevolezza del proprio corpo. Ne ho parlato qui.

Il libro cane o altri libri interattivi

Il bimbo fa qualcosa su una pagina (soffia, schiaccia, strofina) e nella pagina successiva il suo gesto fa succedere qualcosa: è la versione cartacea dei videogiochi, in cui la fantasia fa da degnissima sostituta alla tecnologia.
Un meccanismo che affascina e diverte anche i bimbi più dinamici. Oltre a Il libro cane (di cui ho parlato qui) e Il libro gatto di Minibombo, potete pensare a Un libro e altri titoli simili di Tullet, oppure sbirciare tra le mie recensioni di Su e giù con Bunny e Coniglietto fa il bagnetto.

Caterina e l'orso, a zonzo per il mondo

Questo è un libro che non si può proprio leggere stando fermi! Bisogna seguire e imitare Caterina e l'orso, che vanno in giro muovendosi nei modi più strani: su una zampa, a tre zampe, saltando o rotolando. Ne ho parlato qui.

Pandino cosa fa?
Quante cose potete imitare con posture e movimenti? Questo libro (di cui vi ho parlato qui) permette ai bambini non solo di sfogarsi e muoversi, ma anche di prendere consapevolezza delle capacità espressive del proprio corpo.

Vogliamo scommettere che in questo modo anche i toddler più irrefrenabili impareranno quanto è bello leggere?


In questo post vi ho parlato di:

   

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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