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Tutti i bambini sono inventori. Basta mettergli in mano un oggetto qualsiasi per vederlo trasformarsi in astronave, castello, sottomarino, casa.
Dev'essere per questo che i personaggi "inventori" hanno una presa così forte su di loro (o vale così solo per me e la mia generazione di piccoli nerd?).


Gli acchiappacattivi ci ha catturato prima di tutto per questo: perché non si può resistere a un gatto che ha costruito una macchina per prendere a calci i cani (o i gatti cattivi).

Ma torniamo all'inizio: Mus, il primo dei due protagonisti, è un topo a cui piace sferruzzare. Crea dei bellissimi berretti di lana, che però non sono molto apprezzati dai suoi amici topi.


Un brutto giorno, Mus incontra il cattivo gatto Kat.



Ma per fortuna, in suo aiuto, interviene Mis, il gatto inventore (un gatto che però non mangia i topi!), con la sua scalciacani.


Mus e Mis, ognuno a suo modo diverso dagli altri esemplari della propria specie, diventano amici, anzi: alleati. Sono gli Acchiappacattivi!
Con il loro ingegno e la loro collaborazione, costruiranno un rifugio che nasconde il laboratorio segreto, dentro al quale sapranno creare un'ingegnosa macchina acchiappacattivi che metteranno subito all'opera.

Con Gli acchiappacattivi di Rasmus Bregnhøi, Sinnos ci regala una nuova "quasi-graphic novel" (come era stato ad esempio per Il ladro di panini di cui vi avevo parlato qui), adattissima per avvicinare al genere i bambini, ma anche per accompagnarli alla lettura autonoma di testi più lunghi di quelli a cui sono abituati, grazie al font ad alta leggibilità e la ricchezza delle immagini che rende leggero il testo.


I dettagli delle illustrazioni sembrano fatti apposta per incuriosire i piccoli inventori, sfidandoli a capire i meccanismi, a ricostruire il percorso di creazione del gatto inventore.
A questo si uniscono un linguaggio semplice ma non piatto, la giusta alternanza di pagine piene o a fondo bianco, pagine con  molto o poco testo, pagine con soli fumetti, con testi descrittivi o entrambi, a rendere più avvincente e movimentata la lettura.


Viene naturale sentirsi parte della "squadra", e magari diventare un po' inventori e provare a costruire una propria versione di

macchina acchiappacattivi.

La nostra, ad esempio, è fatta quasi interamente di Lego.
Dopo vari studi, e ispirandoci al libro, abbiamo cercato di creare un meccanismo che scattasse appena il cattivo lo avesse calpestato.
Serviva quindi una leva, che al suo passaggio facesse attivare qualcosa, ad esempio una biglia, che scivolando su un piano inclinato scorresse poi in avanti per far scattare qualche altro meccanismo (lo vedremo dopo).
Se volete replicarla, guardate bene la figura, facendo attenzione ad alcune cose:
  • meglio fermare le ruote con due pezzi sottili per tenere la leva al suo posto.
  • dal lato della biglia, ho preferito aggiungere un piccolo rialzo, altrimenti la forza del "cattivo" non sarebbe bastata a farla alzare.
  • il piano inclinato, non essendo ortogonale rispetto agli altri Lego, non può essere bloccato, va quindi semplicemente appoggiato, avendo cura di mettere attorno ad esso dei pezzi che lo tengano al suo posto.

E il meccanismo da far scattare? Ho preso un bicchiere di plastica e l'ho tagliato (se ne avete uno da caffè, basterà usare quello), aggiungendo un peso per farlo cadere giù una volta scattato il meccanismo.
Ho legato uno spago sottile al fondo del bicchiere e aggiunto una graffetta aperta all'altra estremità.
L'altro lato della graffetta dovrà avere una piega leggerissima, per permettere al meccanismo di restare agganciato ma anche di sganciarsi facilmente al passare della pallina.


Ora, è necessario aggiungere un sistema a carrucola che tenga sollevata la trappola-bicchiere, agganciandosi, con la piega della graffetta, al bordo finale della trappola.
Passando sulla leva, il cattivo farà andare sul piano inclinato la pallina, che sgancerà la graffetta facendo cadere il bicchiere e intrappolando il cattivo.


Esattamente così:



Non sarebbe bello, se fosse sempre così facile catturare i cattivi?


Uno dei modi per rendere meno traumatico il rientro dalle vacanze è sempre quello di riorganizzare i ricordi raccolti, sfogliare le foto, preparare gli album, rivivere ancora per un attimo le stesse emozioni e sensazioni.
E così voglio fare anche per il "rientro dalle ferie" del blog, rivivendo il nostro ultimo viaggio con la scusa di darvi qualche consiglio su come

viaggiare con i bambini.


Viaggiare, visitare posti nuovi, scoprire città, culture e paesaggi è per me vitale come l'aria, e mi sono rifiutata di trasformare le mie vacanze in "15 giorni in villaggio al mare" con l'arrivo dei bimbi.
Ho peccato semmai, quando il Piccolo T era ancora più piccolo, del peccato opposto, trascinandolo in viaggi e ritmi più miei che suoi, ma si sa: finché dormono nel passeggino è tutto più semplice, e a loro non cambia granché. È quando devono muoversi con le proprie gambe che la faccenda diventa più complicata. Occorre trovare il modo di coinvolgerli, intrattenerli, rendere loro il viaggio più piacevole e divertente, con l'auspicio di crescere ed educare dei piccoli globetrotter.

Come fare? Senza trasformare radicalmente la mia idea di viaggio, io adotto cinque piccole tecniche.

1. condividere l'itinerario.



Prima di partire, sfogliamo insieme un atlante (il nostro, non uno specifico per bambini), facendo vedere il punto di partenza e quello di arrivo, l'itinerario che percorreremo, le diverse tappe, i mezzi che utilizzeremo.
Non manca mai una sfogliata a Mappe, il libro di cui vi avevo parlato qui, per individuare le caratteristiche più curiose del paese che stiamo per visitare.
Infine, per il viaggio, preparo e stampo qualche screenshot di Google maps. Al Piccolo T piace seguire giorno per giorno i nostri spostamenti, anche ripassandoli con un pennarello, per vedere a che punto siamo.

2. trasformare il viaggio in un gioco.


Ci sono mille modi per far diventare un viaggio un piccolo gioco e far sentire i bimbi protagonisti.
Quelli che abbiamo adottato nel tempo, seguendo le inclinazioni del momento del Piccolo T, sono essenzialmente tre:
  • il diario di viaggio. Da scrivere liberamente su un quadernetto (come fa ora il Piccolo T), oppure su fogli prestampati da compilare, indicando ogni giorno tappa, cose viste, cibo, tempo e altri dettagli. Se volete il nostro modello prestampato, è in regalo per chi si iscrive alla newsletter di Nuvole in Scatola.
  • la caccia al tesoro. Qui serve un po' di preparazione. Gli elementi da scovare possono variare secondo il tipo di viaggio che fate, il mezzo che prenderete, il paese che visiterete, oltre naturalmente all'età del bambino. L'essenziale è comporre e stampare un foglio con alcuni elementi da trovare durante il viaggio, elementi che il bambino potrà segnare ogni volta che li troverà.
    In un viaggio in macchina, possono essere le targhe automobilistiche (potete prepararne una lista, oppure stampare una cartina dell'Europa e colorare una nazione ogni volta che vedete un'auto che proviene da lì), oppure i cartelli stradali.
    Per il nostro viaggio in Spagna, poco più di un anno fa, avevo preparato invece un elenco di immagini che rappresentassero alcuni elementi tipici: la paella, il toro, le maracas, il vestito da flamenco, la bandieta spagnola, ecc. Il bambino può giocare da solo o sfidare un altro membro della famiglia a chi trova più elementi.
  • la "sfida". Qui la preparazione è ancora più importante: è fondamentale studiarsi bene il viaggio e le caratteristiche di ogni posto che visiterete.
    Quest'estate, per il nostro tour tra Austria e Baviera, ho cercato alcune particolarità sulle diverse città che avremmo visitato, e per ognuna ho preparato una carta. Ogni carta conteneva una curiosità (o un quiz) e una "sfida" da superare. Tutte cose, naturalmente, scelte in modo da rientrare nei gusti del Piccolo T.
    Qualche esempio? Per Nördlingen avevo raccontato che era stata costruita al centro di una pianura nata dall'impatto di un meteorite. La sfida era invece quella di salire sul campanile e contare le torri che sorgevano sulle mura della città. Di Rothenburg ob der Tauber ho raccontato la leggenda della bevuta del Borgomastro, chiedendogli di riconoscere le due figure animate che rappresentavano questa storia e che sarebbero dall'orologio allo scoccare delle 21.
    Le sfide erano molto semplici in modo da gratificarlo, e anche perché il superamento delle sfide avrebbe portato a una tappa "a sorpresa" (che però avevamo già organizzato, e quindi non potevamo permetterci di fargli perdere!).
    Importante: siccome è difficile programmare un viaggio nei minimi dettagli, e il bello di un tour itinerante è anche l'improvvisazione, preparate alcune carte alternative, lasciandovi la libertà di scegliere all'ultimo momento quale paese visitare.

3. preparare un "kit da viaggio".



Belle le tappe, con i paesi e i dettagli da scoprire, ma in un viaggio ci sono anche i lunghi spostamenti, le attese in ristorante, i momenti di riposo in albergo.
Riciclando una valigetta di plastica che in origine conteneva dei colori a dita, ho preparato un kit di intrattenimento che, a differenza dei precedenti punti, andasse bene anche per intrattenere il Piccolo D.
Il contenuto? Andrà tarato sui gusti e i giochi preferiti dei bambini, scegliendo ovviamente oggetti piccoli e compatti.
La nostra valigetta conteneva dei fogli bianchi ritagliati su misura, qualche colore e un po' di macchinine magnetiche (quelle della pista dei trenini) con i relativi omini, e ci ha salvato la vita in più di un'occasione di attesa.

4. dedicare loro qualche tappa.


Anche se i miei viaggi non sono cambiati poi molto da quando ho figli, è inevitabile inserire qualche tappa o qualche meta pensata specificamente per loro: un parco, un gioco, un negozio, un'attrazione o anche solo qualcosa che più delle altre attiri la loro attenzione.
In questo ultimo viaggio abbiamo visitato un negozio dedicato al Natale, pieno di magnifiche ricostruzioni, a Rothenburg, abbiamo camminato sulle mura medievali di Nördlingen immaginando di essere soldati a difesa della città, e scoprendo perché le feritoie hanno quella forma,


abbiamo dormito in campeggio in una carrozza, visitato una "casa capovolta" e passato una giornata intera a Legoland (il "premio" per le sfide superate).
Ehm, in effetti alcune di queste tappe non erano pensate solo ed esclusivamente per divertire i bambini.

5. ovviamente, leggere!



Se seguite questo blog, immaginerete di sicuro che, anche in viaggio, i libri per bambini non possono mancare.
Ma quali scegliere?
Se vostro figlio ha un preferito del momento, è una buona idea portarlo con sé: lo aiuterà a ritrovare un momento di familiarità e di sicurezza.
Per il resto, via alle edizioni tascabili, leggere e che occupano poco spazio in borsa e in valigia, così potrete portarle ovunque. Tra tutte, le nostre preferite sono gli albumini, tascabili dei libri di Emme edizioni, e i Bababum, tascabili dei Babalibri. Si tratta, in entrambi i casi, della versione economica, con copertina flessibile, che non toglie nulla a storia e illustrazioni.
I nostri compagni in questo ultimo viaggio sono stati Il gigante più elegante di Julia Donaldson e Axel Scheffler, Alice cascherina di Gianni Rodari e Sono io il più forte! di Mario Ramos, vero tormentone del viaggio.
Letti tenendo il libro aperto tra i due sedili davanti, in modo che da dietro i bimbi vedessero le illustrazioni, hanno intrattenuto la famiglia (e stancato le corde vocali della mamma).
Ma per la prima volta, in questa vacanza, complice anche l'attacco USB della macchina nuova, abbiamo sperimentato anche gli audiolibri, ottimi intrattenitori durante gli spostamenti più lunghi, e acquistabili in cd o scaricabili tramite app come Audible.
Ci hanno fatto compagnia Il trattamento ridarelli letto da Neri Marcorè e La torta in cielo letto da Claudia Pandolfi, due splendide interpretazioni per due splendidi testi (del Trattamento ridarelli avevo parlato qui).

Perché leggere è un modo splendido per viaggiare, ma chi viaggia leggendo può viaggiare due volte.


         
Non so quante volte (ma sono tante), da piccola, mi sono detta "Quando sarò mamma io, questo non lo vieterò".
E non so quante volte (ma sono tantissime), da grande, ho disatteso i miei propositi.
Tutta la foga di esplorare e di essere liberi, a un certo punto, si scontra con i "facciamo tardi", i "non voglio lavare anche questo vestito", i "basta cianfrusaglie inutili per casa".


Poi, a riportarci indietro, a insegnare agli adulti com'erano da bambini, arriva lei, TempeStina,  classico svedese (annata 1989, quando probabilmente stavo riempiendo la mia casa di cianfrusaglie inutili, per l'appunto) di Lena Anderson, portato in Italia da Lupo Guido.


Stina ogni estate va in vacanza dal nonno, nella sua casa su un'isola. E come tanti bambini, Stina ama raccogliere e conservare tutto quello che il mare porta a riva.
Stina è curiosa, attenta, osservatrice. Le sue giornate si riempiono senza tv o giocattoli, soltanto (soltanto?!) esplorando la natura.


Gli acquerelli di Lena Anderson ci portano tutte le sensazioni dell'estate svedese: guardandoli, sembra di sentire il profumo del mare, la brezza marina, l'aria salmastra arricchita dall'aroma del caffè del nonno.


Stina vive con il nonno una vita "come una volta": vanno a pesca e poi mangiano il pesce appena pescato. E quando arriva la tempesta, e lei esce, e ne ha paura, il nonno la ritrova, se la porta in casa e... no, non la tiene ben chiusa.
Le fa indossare una cerata ed esce insieme a lei, perché le tempeste si affrontano in compagnia e ben equipaggiati.
O come diceva Baden-Powell (era davvero lui, o sono finita nel tranello delle citazioni false su internet?) "Non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento".


Il nonno non frena Stina - Tempestina. Non le impedisce di raccogliere ciò che il mare lascia sulla battigia, non la tiene chiusa in casa quando vuole uscire.
Sa che ogni cosa è una scoperta, un'esperienza, che nulla è "inutile".

Così, in questo ultimo post prima della pausa estiva del blog, vi lascio con qualche spunto che vi faccia pensare in modo diverso, quest'estate, alle innumerevoli collezioni di conchiglie che vi troverete in borse e secchielli.

Perché una conchiglia non è solo una conchiglia, ma può essere...

un paesaggio (fonte: Pinterest)



un attrezzo da stampa (fonte: TheKimSix Fix)

e anche se un po' fuori stagione, un pupazzo di neve (fonte: Pinterest)


o, meglio ancora, una bella pallina per l'albero,
per chi ha sempre un po' di nostalgia dell'estate (fonte: Pinterest).


Con queste immagini marine, al sapore di sale, vi saluto per un po'.
Il blog va in ferie, io non ancora (ma manca poco). Sulla pagina Facebook continuerò a tenervi compagnia riproponendovi foto, citazioni e qualche vecchio link.
Mi preparo per le novità di settembre: saranno novità importanti, soprattutto per me. ;)





I personaggi base delle fiabe, qui, ci sono un po' tutti, anzi: forse qualcuno in più.
Se ci sono un cavaliere e una principessa, deve esserci per forza anche un drago, e fin qui nulla da obiettare. Ma il lupo, allora, che cosa ci fa?


Si capisce subito che La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago (Terre di mezzo editore) non è una fiaba come tutte le altre.
E d'altra parte se si mettono insieme un autore come Jean Leroy ("Un lupetto ben educato" e "Quando sarò grande", di cui avevo parlato qui), e Béatrice Rodriguez ("Il ladro di polli" e "Una pesca straordinaria"), ci si deve aspettare di tutto.

E infatti scopriamo subito che la principessa non è la solita ragazza inerme dedita solo al cucito e alle buone maniere.


Anzi, il suo hobby preferito è... attaccar briga. E a farne le spese è il lupo.



E anche il cavaliere ha la stessa tempra di questa ragazzina. Cosa succederà?
Come sempre accade tra i personaggi e le storie della Rodriguez, nulla è scontato e secondo gli schemi.
La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago è un libretto agile, di poche pagine e dimensioni tascabili, che racconta una storia veloce, allegra, scanzonata.
Una storia da godersi così, con il suo ritmo, o da assaporare più lentamente godendosi i dettagli, come il lupo che gioca col retino e il drago che fa le bolle.


Un libro nato per sovvertire l'ordine precostituito delle cose. Non a caso, quando, spogliati da una appassionata baruffa, cavaliere e principessa si ritrovano in mutande, lui indossa dei boxer a cuoricini rosa, e lei dei mutandoni con i teschi.


Ha poche parole, questo albo, e potrebbe tranquillamente averne ancora meno ed essere letto come un silent book (nei quali la Rodriguez esprime tutto il suo talento): la storia si dipana tra le immagini, i volti, l'azione incalzante, fino al finale inaspettato.

E se vi è venuta voglia di vestire i panni di un prode cavaliere, ecco un elmo facile facile da costruire.
Basta prendere del cartoncino, tagliarne cinque strisce abbastanza sottili e due più larghe.


Su tutte, si devono praticare due fori alle estremità. Le due più larghe vanno ritagliate a formare la visiera (con fessure orizzontali) e la protezione per bocca e collo, appuntita all'ingiù.


Ora non resta che curvare tutte le componenti e assemblarle con dei fermacampioni.



Per questioni fotografiche, ho creato un elmo a misura peluche, ma secondo le dimensioni del cartoncino, può essere adattato a qualsiasi pupazzo, bimbo o adulto.


Perché tutti, se lo vogliono, possono diventare cavalieri. Anche con i mutandoni a cuori.


         
Chissà se i lupi si raccontano favole sugli umani feroci.
Abituati come siamo a considerare il lupo come il personaggio cattivo di tante favole, capita spesso che ci dimentichiamo del suo essere animale, della sua vita, del suo essere, semplicemente, un lupo.


Lupinella. La vita di una lupa nei boschi delle Alpi racconta proprio questo lato così trascurato nella letteratura per l'infanzia.
Scritto da Giuseppe Festa per Editoriale Scienza, Lupinella è nato da un’idea del Muse di Trento ed è stato realizzato grazie al progetto europeo Life Wolfalps, che ha come obiettivo la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo, attraverso il monitoraggio della specie, numerose azioni concrete come il contrasto del bracconaggio e, infine, la diffusione della cultura su questo affascinante animale.


Il libro procede attraverso una doppia voce: la storia della piccola Lupinella è narrata in prima persona dalla lupa stessa, e accanto ad ogni tappa e capitolo vediamo il box con le spiegazioni (semplici, chiare, mai pedanti) della "lupologa" del progetto Wolfalps.


Il libro è trattato come un diario personale, che segue le tappe di crescita della piccola lupa, dalla nascita all'avvio della sua vita adulta e alla formazione del suo branco, indipendente da quello in cui è nata.
Si parla di ciò che accade, ma anche di quello che prova Lupinella, delle cose che capisce e di quelle che non capisce. Si affrontano lo sviluppo fisico (i lupacchiotti appena nati sono ciechi, poi iniziano a vedere), le dinamiche del branco, le strategie di caccia.
Leggendo, cresciamo insieme a Lupinella e ai suoi fratelli, e con lei scopriamo il mondo dei lupi.


Il fascino delle illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio ci trasporta ancora di più in questo mondo di cui leggendo sentiamo di far parte (e non a caso, al libro è allegato un poster, per godere anche sulle pareti della cameretta di questa magia).

Senza forzature, ogni episodio raccontato dalla piccola lupa affronta un aspetto della vita individuale e sociale dei lupi, che poi viene approfondito nel riquadro a cura della lupologa, con le sue spiegazioni altrettanto avvincenti (e guai a saltarne una: "E la lupologa, mamma? Cosa dice?").


Alla fine del libro, qualche nota di approfondimento sul progetto Life Wolfalps e sulla presenza del lupo sulle Alpi, ma anche alcune proposte di gioco-esperimento all'aria aperta, per scoprire la natura come piccoli lupacchiotti.
E quando il tempo non permette di uscire? Be', si può sempre provare a

esplorare la casa con sensi di lupo.


Basta indossare una benda, farsi girare un po' su se stessi per perdere l'orientamento, e poi ascoltare, e provare a capire dove ci si trova.


Da dove arriva il suono della tv? E quel rubinetto aperto, sarà quello del bagno o della cucina?
E questa? Deve essere la mamma che cambia il pannolino al Piccolo D. In certi casi, anche l'olfatto si dimostra utile, ahimè.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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