Nuvole in scatola
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Prototipo del perfetto libro da spiaggia: leggero, senza troppo coinvolgimento emotivo, che poi le emozioni ti restano sullo stomaco e devi aspettare due ore prima di fare il bagno. Suddiviso in unità brevi, così se il vicino di ombrellone ti chiama per costruire la piste delle biglie, puoi chiudere il capitolo in tempo per decidere con lui che circuito progettare. E magari con qualche elemento che solletica l'intuito, perché si sa, ombrellone ed enigmistica vanno sempre d'accordo.

che mistero anche se

Ecco: Che mistero anche se... 31 storie per 31 enigmi tutti da svelare!, edito da Storybook risponde perfettamente ai requisiti del perfetto "libro da spiaggia".

Lo hanno scritto 31 diversi autori dell'ICWA, associazione italiana scrittori per ragazzi, giocando in vario modo attorno al tema del mistero, dell'investigazione, dell'equivoco. 160 pagine ad alta leggibilità, suddivise in 31 racconti (tutti, quindi, leggibili nel tempo di una pausa tra un bagno e un castello di sabbia), ai quali si aggiunge un incipit a firma di un improbabile ma divertente Sherlock Holmes.

che mistero anche se

Come sottolinea Fulvia Degl'Innocenti, presidente dell'ICWA, nella postfazione, il vantaggio di avere tanti scrittori sta nella varietà e in effetti in questa raccolta vari sono i temi, varie le ambientazioni, dal quotidiano al mondo delle favole, vari gli stili di scrittura e i toni di voce, dal serio all'ironico, vari i livelli di difficoltà dell'eventuale mistero da risolvere, che a volte è da subito evidente, altre volte è reso inaccessibile al lettore fino allo svelamento finale. Varia anche, va detto, la qualità della scrittura, che in alcuni racconti appare un po' dilettantesca, pur restando sempre formalmente corretta.

Ma anche la semplicità di linguaggio ha una sua funzione: in un libro come questo il lettore non si riconosce tanto nelle storie, quanto nella scrittura stessa. La struttura e la tipologia dei racconti sprona il desiderio di emulazione. Accanto allo stimolo a decifrare i biglietti o a risolvere un caso, emerge la voglia di mettersi in gioco e scrivere il trentaduesimo racconto del libro.

Che mistero anche se..., in effetti, termina proprio con un invito alla scrittura. Quello stesso Sherlock Holmes che aveva aperto il libro, lascia al bambino alcune suggestioni, decisamente curiose, per stimolare la sua fantasia e scrivere a sua volta un racconto del mistero.

L'attività ideale per rilassarsi nelle ore più calde, prima di tornare sotto l'ombrellone.

Si chiama pareidolia, ed è la capacità (o meglio, l'illusione) del cervello umano, che riconosce forme familiari (spesso volti) in altri oggetti. È un meccanismo che sperimentiamo quotidianamente, ma spesso per i bambini è ancora più marcato, forse a causa di un'immaginazione più libera, oppure perché ancora non hanno grande esperienza delle "cose" che trasformano con la mente in "altre cose".

La pareidolia è un'illusione, ma può diventare anche un gioco che i bambini mettono in atto spontaneamente e che è fatto di creatività, flessibilità, esperienza.

Arcimboldo ci ha, possiamo dire, costruito una carriera, con i suoi quadri burleschi in cui delle nature morte di frutta e ortaggi si trasformavano in ritratti di persone e personaggi. Ora, prendiamo l'Arcimboldo, manteniamone l'aspetto ludico ed epuriamolo da quella sensazione di inquietudine ci lasciano le sue opere: ciò che resta è un bellissimo gioco per bambini, che l'autrice belga Geert Vervaeke ha tradotto nell'albo Arrivano gli insettangoli!, pubblicato in Italia da Beisler.

arrivano gli insettangoli
 

Così come si conviene a un libro dedicato ai piccolini (dai 2 anni circa), il meccanismo di Arrivano gli insettangoli! è molto semplice: una ventina di tavole che riproducono degli insetti utilizzando forme che richiamano quelle di frutti e ortaggi.

Il tratto è piatto, molto grafico, i diversi elementi sembrano quasi dei timbri. 


arrivano gli insettangoli

Nell'angolo in basso a sinistra, una sorta di legenda dei vegetali utilizzati, con i quali il bimbo potrà giocare a "cerca-trova", riconoscendoli nel disegno, che verrà così scomposto nelle sue unità.

arrivano gli insettangoli

Nell'ultima pagina, infine, troviamo un riepilogo di tutti i vegetali, accostati al loro nome, per aiutarlo a conoscere quelli con cui non ha ancora familiarità.

Arrivano gli insettangoli! è un gioco di scoperta, di osservazione, di scomposizione e ricomposizione, di riflessione sulla creatività, sulle forme, sul tutto e sulle parti.

È anche, soprattutto per i bimbi un po' più grandi, un invito a provarci in autonomia: a unire più forme per crearne una nuova.

Un'infinità di strumenti di crescita e conoscenza è racchiusa in poche pagine, sempici e gustose come frutta matura.


Il ritmo.

Quando si pensa a un libro per bambini, ci si focalizza sulle parole, sulle immagini, tutt'al più sul formato. Difficilmente si dà peso a un elemento che invece è fondamentale, tantopiù nei prodotti per bimbi più piccoli: è il ritmo, che rassicura e aiuta il bambino a notare somiglianze e differenze tra i diversi elementi, accompagnandolo nel suo gioco di scoperta, esplorazione, memorizzazione.

Il ritmo può prendere forma in diversi modi: è più evidente in una filastrocca, o in un racconto in cui l'anafora sottolinea il ripetersi di alcune scene, ma può essere costituito anche da semplici immagini, come nel libro di cui vi parlo oggi.

Look book

Look book Ã¨ un silent book del 1997 della fotografa americana Tana Hoban, che Camelozampa ha da poco portato in Italia. Attenta allo sviluppo cognitivo dei bambini, Hoban ha creato molti prodotti basati su immagini reali, variamente trattate, come ad esempio Bianco e nero, un cartonato a fisarmonica adatto ai primi mesi (ve ne avevo parlato in un post sulla prima biblioteca essenziale per un bambino).

In Look book, che si rivolge a un pubblico appena un po' più grande (uno-due anni), Hoban lavora ancora sullo sguardo, creando un ritmo di scoperta degli oggetti attorno a sé. Vi troviamo nove elementi più o meno naturali (perlopiù animali, ma anche due vegetali e... un brezel!) che vengono presentati tutti attraverso una medesima scansione tripartita.

Uno: dapprima vediamo un dettaglio attraverso un foro rotondo su una pagina. È il gioco del "cucù" tanto caro ai bambini (e tanto importante per il loro sviluppo cognitivo). Il lettore/osservatore è sfidato a riconoscere l'oggetto da un suo piccolo particolare, a volte rappresentativo (riconosciamo il pelo di un animale, anche se non riusciamo a vedere di che animale si tratti), altre volte del tutto astratto (impossibile riconoscere, da un degradare di puntini rossi e gialli, i pistilli del girasole).

Interessante, e azzeccata, la scelta del fondo nero per la pagina forata. Il suo non-colore aiuta a concentrare lo sguardo sul centro e alimenta il mistero, la sensazione di spiare da un piccolo foro.

Look book

Due: solleviamo ora la pagina nera forata. E già in questo gesto troviamo stupore ed emozione: scopriamo che le pagine possono ingannare, nascondere segreti, che non necessariamente sono "tutte intere".

Di fronte ai nostri occhi vediamo finalmente la fotografia completa: il fiore, la farfalla, il cane. Non sempre la figura è intera, non sempre riusciamo a capire bene la sua collocazione. A volte all'elemento manca un pezzo (del piccione vediamo solo la parte posteriore), a volte l'inquadratura è molto stretta.

Look book

Tre: è girando pagina che lo sguardo si allarga e scopriamo il contesto. E si tratta di una vera scoperta: ciò che sta attorno al soggetto della foto può confermare la nostra prima impressione, oppure cambiarne il senso. Un fiore reciso, in vendita in un negozio, non è il fiore di campo che forse ci aspettavamo. 
Il bambino è troppo piccolo per comprendere il concetto astratto di contesto e scardinarne il meccanismo, ma inizia a farne esperienza. Scopre gli oggetti visti da angolazioni diverse da quella iniziale, o più completi, o ancora affiancati da altri elementi simili (i piccioni sono tanti, non uno solo!).

Look book

Il gioco di scoperta impegna la mente lasciando suggestioni diverse, mentre il fascino delle fotografie, così aderenti alla realtà pur essendo  ugualmente rappresentazioni, conquista l'occhio.

Il ritmo continua, nove volte: si sbircia dal buco, si scopre, si allarga lo sguardo: l'esplorazione è il gioco più bello del mondo.



Vi dicevo pochi giorni fa di come sia difficile trovare testi semplici da leggere per i primi lettori, ma che abbiano al tempo stesso uno spessore adatto alla loro età, e vi facevo una piccola rassegna di libri da leggere per l'estate.

Ecco, se questo libro mi fosse arrivato solo un paio di settimane prima, in quella rassegna ci sarebbe finito subito, di diritto.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Sì, perché Le nuove avventure di Lester & Bob racchiude tutte le caratteristiche di un buon libro per primi lettori di qualità: poche frasi scritte in stampatello maiuscolo e una sintassi semplice, ma curatissima, arricchita da un ritmo sempre perfetto e dall'uso dosato e sapiente di piccole figure retoriche (l'anafora in primis) che sottolineano il contenuto comico delle storie.

Così come nel primo capitolo di questa serie (sempre edito da Beisler) che vi invito caldamente a recuperare, Ole Könnecke tratteggia i due protagonisti accompagnando a questa prosa misurata, asciutta e arguta il suo tratto fumettistico che contribuisce a dare ai personaggi un'identità irresistibile.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Lester, l'anatra, è astuta e ingorda e sempre pronta a qualche trucchetto, mentre l'orso Bob, più placido e ingenuo, subisce quasi sempre.

Vediamo così travestimenti, messinscena, giochi in cui Lester ne inventa sempre una nuova per fare bella figura con l'amico o riuscire a rubargli un pezzo di torta, come quando si finge ispettore per assaggiare il dolce che Bob ha appena sfornato. Si direbbe un'amicizia sbilanciata, poco simmetrica, forse, ma questa è solo l'apparenza.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Come nelle migliori coppie comiche, Lester e Bob si vogliono un bene sincero, e sono pronti a deporre le armi e mettere da parte ogni scaramuccia quando uno dei due ha bisogno dell'altro.

Accompagna queste avventure una voce narrante esterna, che non commenta, non giudica, non dice una parola di troppo: sta a chi legga cogliere la discrepanza tra testo e immagine, la sfumatura di significato, la strizzatina d'occhio, ed è proprio questo "lavoro" del lettore a rendere Le nuove avventure di Lester & Bob  un testo non banale né eccessivamente infantile. Un albo che accoglie i lettori alle prime armi in un mondo di sottintesi, inferenze e umorismo che farà loro amare, insieme a Lester e Bob, anche il piacere di leggere.


Penso di averlo già detto, ma lo ribadisco: credo che non ci sia niente di cui non si possa parlare con un bambino, a patto che si usi il messaggio corretto in base all'età.

Tenere lontani i bambini dalla morte, pensando di proteggerli dal dolore, è sbagliato. Lo dicono persone che hanno studiato la psicologia dell'età evolutiva, ma a ben pensarci lo dice il buon senso stesso.

Il fatto è che la morte fa parte della vita e che non possiamo sapere quando un bambino la dovrà affrontare, e allora è meglio non escluderla dai discorsi, dalla quotidianità e nemmeno dalle storie. Il mio consiglio (che in realtà è il consiglio di una psicologa che avevo ascoltato a un corso di Nati per Leggere) è quello di non aspettare che i bambini vivano un lutto per parlargliene, e questa credo si possa considerare una regola universale.

Resta molto personale, invece, la scelta dell'approccio che si desidera dare al tema: più o meno religioso, scientifico, materiale. Io, come ho detto altrove, amo pensare alla morte come a qualcosa che lascia un segno nel ricordo di chi resta. Come mi ha detto un giorno una persona saggia, per farmi una carezza in un momento di grave lutto personale: "Le persone che non sono più con noi, le abbiamo perse. Ma prima di questo, le abbiamo avute".

L albero dei ricordi

Volevo raccogliere in questo post una piccola rassegna di libri dedicati al tema della morte.
Per farlo, inizio da un libro che non è nuovo, ma non ho mai recensito.

È L'albero dei ricordi di Britta Teckentrup, edito da Gallucci.
Si tratta decisamente di un libro a tema, un libro "fatto per" parlare di morte ai bambini, ma ho molto apprezzato la sua delicatezza e il tipo di messaggio che dà.

L albero dei ricordi

L'albero dei ricordi racconta la storia di Volpe, della sua morte e del ricordo che resta in chi l'ha amata.
 
Volpe aveva avuto una vita lunga e felice, ma ormai era molto stanca. 
 
E così, nel suo bosco, si addormenta per sempre. È una morte dolce, serena, naturale, in uno scenario ovattato dalla caduta della neve.
Pur nel freddo inverno, la prosa e le immagini di Teckentrup, vive nei colori e nette nei contorni, eppure così morbide, trasmettono un forte calore.
E così gli animali che hanno conosciuto Volpe iniziano a ricordarla, in una sorta di lunga veglia funebre. E man mano che raccontano qualche storia su di lei, un albero arancione cresce e si fa grande e forte: è l'albero dei ricordi menzionato nel titolo. È la vita che vince la morte nel ricordo di chi abbiamo amato.
 
Ecco: è questa l'immagine della morte che cerco di dare ai miei figli.

L'ultimo canto

 
In modo simile (ma vagamente più astratto e letterario, meno "a tema"), anche in L'ultimo canto di Pablo Albo, forse il mio albo preferito su questo argomento, la morte è vista come un'eredità immateriale, rappresentata in questo caso da un talento (quello del canto) che il vecchio gallo ha trasmesso al figlio, che ora canta per onorarlo e ricordarlo, ma anche per prendere il suo posto nel villaggio. Trovate qui la mia recensione.

Il cuore e la bottiglia

E poi c'è la morte come lutto, come difficoltà per chi resta.

In un albo dalle immagini bambine (con il genio di Oliver Jeffers) ma dal sentire adulto, come Il cuore e la bottiglia, la morte non è raccontata, ma evocata da una poltrona improvvisamente vuota, e la protagonista, rimasta sola, mette il cuore in una bottiglia per non soffrire più. 

In un racconto fortemente metaforico e delicato, attraversiamo il lutto insieme alla protagonista, fino a uscirne. Ne avevo parlato qui.


Bertolt

Ci sono poi albi che sulla morte ci riflettono, anche se non è la morte a cui siamo abituati.

Bertolt, di Jascques Goldstyn, è un albero, ed è lui a morire. Ma non è un albero qualsiasi: è il migliore amico del piccolo protagonista, che con la natura attorno a sé ha un rapporto molto stretto.

Attraverso questa morte, il bambino conosce un nuovo aspetto della vita e della natura, ma troverà il modo di celebrare la vita (qui la mia recensione).

bertolt


Piccolo sonno

E quando la morte mette fine a un lungo rapporto d'amore?

Lo racconta  Piccolo sonno di Alessandro Riccioni e Francesca Ballarini, visualizzando la morte come qualcosa di piccolo e inoffensivo: un dolce uccellino, che aiuterà un anziano a rivedere la moglie scomparsa.

Il gattolaio

Ci sono anche albi e libri di narrativa dedicati alla morte di un animale domestico: ad esempio Il gattolaio, di Stella Nosella ed Evelise Obinu (qui la recensione), in cui un bambino non si rassegna e vorrebbe riavere il suo gattino perduto. 

Il gattolaio


Olle

Oppure, Olle, di Guus Kuijer, un intenso ritratto del cane di questo sensibile autore, sospeso tra il quotidiano e il paranormale (il cane parla davvero?), per lettori autonomi dai 7-8 anni. Qui la mia recensione.

Olle

I tre funerali del mio cane

E per un target ancora un po' più maturo, dai 10 anni, c'è I tre funerali del mio cane, di Guillaume Guéraud, sospeso tra tristezza ed ironia (e qui trovate la mia recensione).

I tre funerali del mio cane

Non deve far paura, la morte. È triste, ma non è un tabù, non è innominabile, non è inenarrabile.

Basta raccontarla nel modo giusto, al momento giusto.

 


   
 

La scuola è un elemento fondamentale per lo sviluppo dei bambini, ma è inutile negarlo: i veri scatti di crescita e di maturazione arrivano durante le vacanze. Non sto dicendo che la scuola sia inefficace (ci sarebbe qui da aprire un discorso troppo lungo e complesso), ma è proprio lo stacco dalla routine, il trovarsi a fare qualcosa di diverso che porta alla scoperta di sé. È una pausa che necessita di una routine, di qualcosa da cui fare pausa: se fosse estate tutto l'anno, non funzionerebbe così.

Se ai bimbi appena entrati in età scolare qualche giorno fa ho proposto un'estate di buone letture, oggi mi rivolgo a quelli in età prescolare per un'estate di esperienze nuove.

Io so

Sono usciti da poco, per Lupoguido, Io so fare l'orto e Io so prepararmi la colazione, di Elena Odriozola, che proseguono la serie iniziata con  Io so vestirmi da sola, che vi avevo raccontato qui.

Non è facile dare vita a una serie coerente ma originale. È necessario ritrovare una stessa cifra stilistica, ma al tempo stesso una chiave nuova, altrimenti si rischia di pubblicare un clone del primo titolo e non un libro nuovo.

Odriozola la chiave nuova la riesce a trovare, e anche se forse il risultato non è perfettamente "rotondo" come nel primo volume, non mancano degli spunti interessanti.

Io so fare l'orto

Io so fare l'orto, ad esempio, non è solo il racconto di una competenza acquisita, ma di un nuovo rapporto con il mondo esterno.

Il target a cui è destinata questa serie (2-3 anni, 4 al massimo) è fortemente egoriferito, e fa facilmente fare i conti con qualcosa che non dipende da sé. Nelle poche semplici frasi e nelle illustrazioni dal gusto vintage, arricchite anche questa volta da pagine che si aprono ad aletta per concludere l'azione intrapresa, emerge invece il tema del rapporto con il tempo e la natura.

Io so fare l'orto

Non è la protagonista a governare le azioni: stavolta deve imparare ad ascoltare, ad attendere. Se serve innaffia, se piove non fa nulla. Il tempo della maturazione è qualcosa che dipende solo parzialmente da lei.

Lei deve però imparare a restare in osservazione per capirlo.

Io so fare l'orto

Io so prepararmi la colazione introduce un elemento ancora diverso: l'apprendimento tramite il gioco.

Se il titolo lascia immaginare una bambina che si riempie la tazza del latte, appena iniziamo a leggere scopriamo invece uno scenario più inconsueto: si sta costruendo una casetta con le fette imburrate.

Io so prepararmi la colazione

L'elemento ludico si intreccia a quello alimentare: la bimba costruisce e poi gioca e poi mangia, senza soluzione di continuità tra le diverse funzioni che assume l'alimento.

Io so prepararmi la colazione

È un gioco autodeterminato: in questa serie di libri non c'è un adulto che guida, ma solo la curiosità di sperimentare.

Nessun adulto le avrebbe insegnato a preparare la colazione costruendo una casa di pane, ma questo è il suo metodo, quello che si è scelta lei. E proprio per questo, probabilmente, è il più efficace.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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