"Not all those who wander are lost"
Mi è venuta in mente questa frase di Tolkien quando ho preso in mano Quattro passi, l'ultimo albo di Chiara Carminati e Massimiliano Tappari edito da Lapis.
Quattro passi si inserisce nel filone già collaudato dai due autori in Occhio Ladro (di cui vi avevo parlato qui) e Ninna no, e in modo più laterale in A fior di pelle (di cui vi avevo parlato qui): quello di intrecciare suggestioni visive a storie e parole.
Una sorta di poesia di strada, in cui l'occhio ruba dettagli, l'immaginazione li veste e la parola li racconta.
Quattro passi è, forse più degli altri, un gioco a cercare connessioni.
Non vi è un unica immagine che "sembra" qualcos'altro, ma un'accostamento che fa nascere idee. L'unico elemento di vera continuità è proprio il numero quattro, riportato in copertina attraverso fotografie che "ritagliano" le cifre negli elementi ambientali.
Ogni doppia pagina presenta sulla destra quattro immagini tra loro variamente legate: possono essere quattro varianti di uno stesso cartello, quattro facce "scovate" nei campanelli, quattro cortecce d'albero diverse tra loro.
La logica che unisce le quattro immagini cambia di volta in volta, e forse più ancora della poesia che le affianca stimola a riflettere, scovare, inventare.
Le parole della Carminati, dal suono e dalla musicalità sempre eccellenti, hanno la funzione del cantastorie che dà un senso narrativo a ciò che vede l'occhio errante.
Può essere soltanto letto, per apprezzare la musicalità della poesia o abituare a quel suono letterario un orecchio anche molto molto piccolo.
0 commenti