Nuvole in scatola
  • Home
  • Libri
    • Dalla nascita
    • Da 1 anno
    • Da 2 anni
    • Dai 3 anni
    • Dai 4 anni
    • Dai 5 anni
    • Dai 6 anni
    • Dai 7 anni
    • Dagli 8 anni
    • Dai 9 anni
    • Dai 10 anni
    • Dagli 11 anni
    • Per adulti
    • Per papà
  • Chi sono
  • Contatti
  • Affiliazione

Il nord Europa che immaginiamo, o anche quello che leggiamo da alcuni suoi autori di narrativa per adulti, quello freddo, malinconico, dalla natura feroce, fa decisamente contrasto con quello che ci portano i suoi splendidi autori di libri per bambini.

La norvegese Maria Parr ne è un esempio perfetto: i suoi romanzi comunicano divertimento, contatto con la natura e un rapporto con le figure adulte che, pur con le criticità del caso, è lontano dal nostro, in qualche modo più libero.

Cuori di Waffel e Tonjia Valdiluce

Cogliendo l'occasione di inserirli in formato audiolibro nella sua app Leggi e Ascolta (ve ne avevo parlato poco meno di un anno fa), Beisler ha da poco riedito due dei suoi titoli: il più famoso Cuori di Waffel e Tonja Valdiluce, due libri in cui spiccano protagoniste femminili forti, libere e dirompenti, ma mai superficiali, che un po' ricordano una tra i personaggi più famosi della letteratura nordeuropea, Pippi Calzelunghe.

Cuori di Waffel

Cuori di Waffel, in realtà, è narrato in prima persona da un bambino, Trille, ma è evidente che il personaggio chiave del libro non è lui, ma la sua migliore amica Lena: unica ragazza in una classe di maschi, ma sicuramente più "maschiaccio" di lui.

Cuori di Waffel

La incontriamo nel primo capitolo mentre cerca di lanciarsi, in una sorta di funicolare umana, da una finestra a quella della casa di fronte, salvata grazie a un materasso proprio da Trille. E da lì alla fine del libro, di incidenti, botte, trovate e sotterfugi ne seguiranno parecchi, compreso un pugno sferrato da Lena a un compagno di classe che l'ha offesa.
Dietro all'inquietudine di Lena c'è la mancanza di un papà, un sentimento che a tratti sembra appena accennato, in altri momenti emerge preponderante nel suo rapporto con gli altri, adulti e bambini, e anche nelle sue trovate (come piazzare un annuncio per la ricerca di un papà nel negozio del paese).

Lena e Trille si trovano in quell'età-soglia che non è ancora adolescenza ma inizia ad assumerne alcune domande e consapevolezze, e con queste si accostano a temi e passaggi importanti, come la morte della tanto amata "zia-nonna" che cucinava per loro i waffel e la condivisione della tristezza con il nonno.

La vita dei bambini è anche la vita del paese, che si fa a sua volta personaggio: sembra che lo svolgersi degli eventi abbia sempre un aspetto corale, come se i protagonisti non appartenessero alla propria famiglia, ma al villaggio intero, vissuto nella sua quotidianità e nei suoi eventi tradizionali, come la festa di mezza estate.

L'ingenuità del pensiero bambino appare con grande naturalezza e altrettanto rispetto nella scrittura di Maria Parr:

"Tra l'altro qui non abbiamo nemmeno lo spazio per un papà", proseguì la madre da sotto la motocicletta.
Lena non era d'accordo. Potevano fare ordine in cantina.
L'autrice coglie con rara sensibilità scorci di una logica che sfugge agli adulti, come quando Lena e Trille portano con sé Ricciola, sorellina di Trille:

Ricciola aveva lo stivale destro al piede sinistro e viceversa, quindi bisognava trascinarla su per le salite.

Un adulto avrebbe semplicemente scambiato gli stivali rimettendoli nel piede giusto, ma un bambino no, ed è in dettagli come questo che si annida la leggera profondità di questa scrittura. 

Tonja Valdiluce


E poi c'è Tonja Valdiluce: meno famosa del titolo precedente, Tonja ci ha in realtà travolto nella lettura portando con sé un vortice di emozioni e coinvolgendoci in un arco narrativo più solido e delineato rispetto a Cuori di Waffle.

Anche in questo romanzo emerge in modo preponderante l'animo del paese, la coralità di un'avventura e la solidarietà tra i personaggi, e anche in questo caso la superficie delle avventure e degli eventi ironici e divertenti poggia su un ampio strato di sensazioni e sentimenti sotterranei sul rapporto genitori-figli.

Al contrario di Lena, Tonja vive sola con il padre (la madre ce l'ha, ma lavora lontano e riesce a stare con loro soltanto per pochi mesi all'anno), in un paese, Valdiluce appunto, in cui mancano i bambini.

Tonya Valdiluce

L'incontro con il lettore avviene ancora una volta in piena azione, mentre Tonja sfreccia giù da un pendio con i suoi sci, nella speranza di riuscire ad eseguire un salto mortale.

Il migliore amico di Tonja è l'anziano Gunnvald, suo complice nel costruire slitte potenti e nel contrastare il terribile Klaus Hagen, proprietario di un rigido campeggio salutista vietato ai bambini. Gunnvald nasconde un segreto che diventerà gradualmente il tema portante del libro e farà sì che la narrazione scenda in profondità negli animi, dipingendo la complessità di personaggi che non sono mai solo buoni o solo cattivi.

L'esuberanza di Tonja si legge nei suoi giochi, nella sua caparbietà, ma anche nel suo linguaggio fantasioso e colorato, come quando ricorda i bei tempi in cui il campeggio ancora non esisteva:

"Arrivavano bambini a litri [...] C'era solo da andarci e si raccoglievano bambini come mirtilli"

Tonja Valdiluce

Così, tra misteri, incidenti, avventure, nuove amicizie e sentimenti che si esprimono attraverso il suono di un violino, non possiamo che fare il tifo per Tonja e per tutta Valdiluce, di cui leggendo riusciamo a percepire la magia.

A proposito: solo al termine della lettura mi sono resa conto che i risguardi nascondevano una mappa del paese e della valle. Era tutto esattamente dove lo avevo visualizzato nella mia mente. Anche questo significa essere ottimi narratori.


 

Ci sono libri per bambini che strizzano un po' troppo l'occhio agli adulti.

E poi ce ne sono altri che gli adulti li tengono proprio alla larga, perché scelgono programmaticamente un linguaggio bambino, una logica bambina, uno humour bambino.

Max Halters appartiene senza dubbio alla seconda categoria: un adulto difficilmente riuscirà a entrare nelle sue corde, ma poco importa, perché è al lettore bambino che si rivolge.

Scritto da Stefan Boonen con illustrazioni di Melvin e pubblicato in Italia da Sinnos nella sua collana per primi lettori, Max Halters racconta, o meglio, mette in scena, l'omonimo protagonista, di mestiere stuntman e supereroe.

Ma in realtà di questo personaggio non vengono presentate che poche cose sconnesse. L'intero libro è una sorta di manuale un po' iperbolico e un po' assurdo di trucchetti per cavarsela nelle situazioni difficili.

Vuoi startene a dormire a letto? Fai come Max Halters: apri la finestra e batti il record mondiale di lancio della sveglia.

Sei senza costume? Vuoi evitare la torta della zia? Avere un animale domestico? Per ogni situazione, c'è una "super-impresa da compiere", con la sua ricetta bizzarra e sconclusionata.

Domina il gusto per il tomentone: "Fai come Max Halters!", oppure "non fai come il maestro Tom". Piccoli slogan che, assieme a una spiccata vocazione per il nonsense, appagano il senso dell'umorismo tipico di questa età.

Queste "soluzioni da manuale" sono intervallate da brevissimi momenti biografici sul protagonista, presentati con una logica illogica e caotica.

Le illustrazioni, tra occhi sgranati e personaggi improbabili, completano l'opera (ah, e c'è anche un Max Halters di cartoncino da ritagliare e costruire).

Insomma, se la vostra super-impresa è far leggere vostro figlio, fate come Max Halters! Offritegli un libro che parli la sua lingua.


La semplice azione di leggere a un bambino ha moltissime prospettive: quella del bambino, dell'autore, del lettore, del libraio o del bibliotecario, anche quella del personaggio.

Leggero leggerò

Anche Leggero leggerò, piccolo saggio sulla lettura dello scrittore Antonio Ferrara pubblicato da Interlinea edizioni, spazia tra diversi punti di vista. Sembra quasi muoversi incessantemente, occhieggiare una volta qua e una volta là, lasciando ogni volta qualche piccolo spunto di pensiero.

È un libro sulla lettura, Leggero leggerò, ma un libro sui generis, senza una solida struttura argomentativa che lo percorre dall'inizio alla fine. I brevissimi capitoli (una o due pagine) di cui è composto sembrano più delle annotazioni veloci, dei pensieri che l'autore si è voluto appuntare, ma questo volo leggero (come promette il titolo) lascia semi da far crescere e da coltivare poi nell'atto pratico di leggere, scrivere o ascoltare.

Già, perché anche il lettore implicito di questo saggio sembra multiforme: a volte Ferrara sembra rivolgersi a chi sceglie un libro, a volte al genitore che lo legge, a volte al saggista che lo critica, a volte perfino a un autore che lo scrive.

Leggero leggerò

E saltellando da un tema all'altro, Ferrara ci parla della profondità che anche un libro per bambini deve avere, di alcuni canoni retorici e stilistici della scrittura, di buone tecniche narrative, della rappresentazione reale o "menzognera" della realtà, con qualche capatina nelle neuroscienze, per raccontarci cosa accade nella nostra mente quando leggiamo o ascoltiamo una storia.

Ogni scritto è impreziosito, in apertura ma anche all'interno del testo, da citazioni eclettiche di scrittori, studiosi e personalità degli ambiti più vari, da Montale a Nabokov, da Paolo Sorrentino a Ghandi, da Virginia Woolf a Marco Malvaldi, da Hemingway a Freud.


Leggero leggerò

(Nota all'immagine: perdonatemi, non ho mano ferma quando sottolineo)

Leggero leggerò chiede di essere letto così, come un libro di poesie in prosa o di aforismi un po' più lunghi del solito, viaggiando tra i diversi ambiti della lettura e della scrittura, alla ricerca di un senso più profondo, un senso proprio e di nessun altro.
Perché, tanto per finire con una citazione, 

Calvino sostiene che sempre scrivere significhi, in fondo, nascondere qualcosa perché qualcuno possa scoprirlo.


 Piccioni? Ma non si diceva "andare a letto con le galline"?

 Ecco, però, questo non è un libro sulla nanna molto tradizionale.

È oradi dormire piccione

È ora di dormire, piccione! ci porta in Italia (grazie a Editrice il Castoro) uno dei personaggi più celebri di Mo Willems, insieme a Reginald e Tina: il suo capriccioso, incontenibile piccione.

Maestro nello sfondare la quarta parete e tutte le soglie del libro (lo abbiamo già visto in Non è una buona idea), Willems fa iniziare il suo albo prima ancora del frontespizio: è da qui che un uomo si rivolge direttamente al lettore chiedendogli aiuto per mettere a dormire il piccione.

È oradi dormire piccione

Anche il piccione non si cura troppo di starsene nel suo mondo finzionale e inizia subito a rivolgere direttamente al lettore una serie di scuse e motivazioni per non dormire. Il testo sottintende un dialogo tra il lettore e il piccione, che interloquendo con un "come dici?" lascia intuire che da parte del bambino ci sia stata una frase, un'interazione.

L'albo si presta quindi a una doppia modalità di lettura: il testo può essere seguito così com'è (lasciando sottinteso l'apporto del lettore), oppure si può invitare il bambino all'interazione, spronandolo a convincere il piccione. 

È oradi dormire piccione

I  tentativi del piccione si via via fanno sempre più concitati e capricciosi.
In una doppia pagina, il piccione sembra fare un pandemonio, poco dopo lo spazio del foglio si riempie di scuse incalzanti, una di seguito all'altra, senza dare nemmeno il tempo di una risposta.

È oradi dormire piccione

La variazione del ritmo, che ricorda da vicino le varie fasi del "capriccio" di un bambino che non vuole arrendersi, caratterizza la voce del libro, che alterna pagine quasi vuote, con la sola immagine del piccione e un singolo fumetto, ad altre più ricche di "vignette", con testi a volte sussurrati e a volte urlati. 

Resta dominante l'assoluto minimalismo della grafica e delle illustrazioni, in cui è presente quasi solamente lui, il piccione, con il suo viso che è tutt'occhio, un occhio che buca la pagina per guardare il lettore dritto in faccia.

Lanciato con Don't Let the Pigeon Drive the Bus! (che speriamo arrivi presto in Italia!), questo personaggio di Mo Willems spicca per la sua originalità e per la sua impertinente simpatia. In pochi tratti riesce a trasmettere un universo di atteggiamenti e un carattere ben identificato, ma soprattutto a farci ridere di gusto.


"Non sono stato io!" è il mantra di quasi tutti i bambini, e la ricerca di un capro espiatorio per i piccoli pasticci quotidiani è uno sport molto praticato nell'infanzia.
Immaginate quanto possa essere catartica la lettura di un libro in cui in effetti il protagonista può dire a ragion veduta "È stato lui".

Ho catturato uno gnomo 

Ho catturato uno gnomo, di Alberto Lot (Sinnos editrice) unisce la vocazione al pensiero magico dell'infanzia, la curiosità entomologica dei bambini e il piacere di dare la colpa a qualcun altro.

Ho catturato uno gnomo

Quando iniziano ad accadergli strani piccoli incidenti, il protagonista di Ho catturato uno gnomo, che ci racconta la sua storia in prima persona, dà inizialmente la colpa ad Anselmo, il terribile gatto dei vicini, finché un giorno coglie sul fatto il colpevole: uno gnomo, che corre velocissimo lasciando dietro di sé una scia di profumo di rosmarino.

Ho catturato uno gnomo 

Non è lo gnomo che tutti ci aspettiamo, un placido e sereno abitante dei boschi, ma un essere dispettoso e bisbetico, che non ha nemmeno una giustificazione per le proprie malefatte. Insomma, non immaginatevi storie moraleggianti, come il riscatto di un essere vicino alla natura che si scaglia contro l'uomo che lo disturba. Niente di tutto questo: Ho catturato uno gnomo parla ai bambini con la voce dei bambini, risponde al loro bisogno di esplorare e di inventare storie, senza dar loro troppe spiegazioni.

 Ho catturato uno gnomo

È deliziosamente bambina anche la trappola con cui il protagonista cattura il piccolo gnomo: un vasetto di vetro legato a un filo, e come esca una caramella alla fragola.

Ho catturato uno gnomo

E poco importa come andrà avanti la storia (perché sì, andrà avanti, e avrà ancora tranelli, e scherzi e anche un finale dal sapore dolce), perché da questo momento l'attenzione del libro (e del bambino, c'è da giurarci) sarà tutta lì: su questo gnomo catturato e chiuso nel vasetto come un insetto trovato in giardino. Un essere da scrutare e analizzare con curiosità scientifica, perché mai prima d'ora si è visto uno gnomo così da vicino.

Le illustrazioni indulgono su questi primi piani della creatura nel barattolo, che si ripetono lungo le pagine. Lo gnomo è trattato per metà come essere senziente, per metà come oggetto di studio: il protagonista prova a nutrirlo, a esaminarlo, a dialogare con lui. Quale bambino non farebbe altrettanto? Il piccolo lettore può godere di questa esperienza per interposta persona e provare nella sua mente parte dello stesso piacere, mentre nel mondo reale fa esperienza di un piacere diverso, più concreto: quello delle su prime letture.

Ho catturato uno gnomo, scritto in stampatello maiuscolo ad alta leggibilità e con poche semplici frasi, dà al lettore la soddisfazione di una storia articolata in più momenti e con un arco narrativo sufficientemente lungo da avvincere e coinvolgere, eppure alla portata delle sue capacità. Una storia che guarda oltre e apre a nuove immaginazioni.

 Gnomo in vasetto

(Cosa fareste, voi, se riusciste a mettere uno gnomo in un vasetto?)


Drago in vasetto


(E perché non un drago?).


Insegnare a leggere è qualcosa di più che istruire sulla decodifica dei simboli alfabetici, o almeno dovrebbe. 
Il rischio di molta didattica tradizionale è dare per scontate alcune competenze e pensare che "comprensione del testo" sia solo saper scegliere la casella giusta in cui mettere la crocetta in un questionario a fondo pagina. Un approccio così didattico alla didattica (se perdonate il gioco di parole) rischia non solo di non formare le giuste competenze per l'interpretazione del testo, ma anche di mortificare il gusto di leggere, che la scuola dovrebbe coltivare come uno dei frutti più preziosi.

Leggere comprendere condividere

Coltivare il piacere della lettura anche a scuola è un valore in cui credo molto, ed è per questo che seguo con attenzione (pur da semplice curiosa che non lavora in questo settore) il lavoro degli Italian Writing Teachers, un gruppo di docenti di scuole di diverso ordine e grado che segue e reinventa quotidianamente il metodo di origine statunitense del Writing and Reading workshop, con lo scopo di formare "scrittori competenti e lettori a vita".

Si tratta di una modalità di insegnamento della lingua che mette al centro lettura e scrittura insegnate come metodo e processo, e non come risultato, stimolando una riflessione profonda sui meccanismi sintattici, semantici, narrativi.

Leggere, comprendere, condividere. Guida all'analisi del testo narrativo, scritto per Pearson da tre insegnanti della secondaria di primo grado, Agnese Pianigiani, Linda Cavadini e Loretta De Martin, è una guida operativa molto concreta per la progettazione dei laboratori di lettura che si rifanno a questo metodo.

Leggere comprendere condividere

Si tratta di un libro rivolto agli insegnanti (focalizzato sulla fascia della secondaria di primo grado, ma adattabile anche a classi inferiori o superiori), ma ammetto che ho preso spunto da alcune delle strategie indicate per accompagnare anche mio figlio verso una lettura più consapevole e, a dirla tutta, alcuni passaggi possono fare da guida anche per un lettore già maturo che voglia cimentarsi in un'analisi più profonda di un libro che sta leggendo.

Dopo un'introduzione sull'organizzazione del lavoro in classe e sul senso dei laboratori di lettura, il libro va subito al sodo, proponendo metodi e strategie da applicare in classe per aumentare la consapevolezza dei ragazzi sul loro essere lettori, sulla lettura e sui libri.

Leggere comprendere condividere

Si tratta di un percorso che scava sia dentro il lettore, sia dentro il libro. Vengono portati alla coscienza e potenziati i processi naturali che avvengono inconsciamente durante la lettura di un testo narrativo, come la visualizzazione della scena, la ricostruzione di un contesto, il riempimento degli spazi vuoti lasciati dal testo. In seguito, si passa all'analisi della trama, del'arco narrativo, dei personaggi, del tono di voce, di tutti quegli elementi che rendono unico un testo letterario.

L'analisi è supportata da organizzatori grafici dal gusto squisitamente adolescente (sembra di guardare una pagina dei vecchi diari di scuola!), che si possono scaricare attraverso QR code.

Leggere comprendere condividere

Non si tratta di schede, perché l'approccio è esattamente opposto a quel genere di didattica: qui l'insegnamento è maieutico, mira a sviscerare emozioni e pensieri, a entrare in un rapporto personale e proficuo con il testo. Ad appassionare.

È il lector in fabula che ritrova pienamente il suo ruolo.


Non so quale sia la top ten dei sogni dei ragazzini di oggi, ma credo che in classifica ci sia ancora, così come negli anni '80 e prima ancora, quello di diventare calciatore.

Uno a zero

Nonostante la crisi, le pay tv, i cartellini ultramilionari che hanno cancellato dal panorama i giocatori-bandiera, quel gioco e quel pallone continuano ad essere impressi nel DNA dei bambini italiani. E anche di quelli inglesi, come ci racconta Uno a zero palla al centro, di Tony Bradman pubblicato nella collana Zoom di Biancoenero edizioni con le illustrazioni di Gabriele Ghisalberti e la traduzione di Francesco Piperno.

Uno a zero

Uno a zero palla al centro Ã¨ uno di quei romanzi da leggere per alimentare la speranza dei ragazzi in quelle fortuite combinazioni che capitano per caso ed esaudiscono un sogno (un po' come quando da piccola speravo che atterrassero nel mio giardino i gattini di Creamy, ma più credibile). 

È la storia di Luke, il protagonista, e dell'amico Jamy, il cui padre si occupa della manutenzione del campo della squadra locale e che svela al figlio che la nazionale inglese terrà un allenamento segreto proprio in quello stadio.

Con qualche stratagemma Luke riesce a marinare la scuola e a presentarsi con l'amico sul campo, dove i due possono coronare il sogno di vedere i loro campioni allenarsi dal vivo e, presi in simpatia dal mister, addirittura giocare con loro.

Uno a zero

L'infrazione di Luke, insomma, dà i suoi frutti, anche se il mister non mancherà di sottolineare quanto lo studio sia importante e alla fine la madre di Luke scoprirà tutto.

Le illustrazioni accompagnano il testo come una presenza delicata e minimale, lasciando spazio all'immaginazione. La trama rientra nell'universo dell'improbabile, ma non dell'impossibile. Tutto procede fin troppo liscio e la disponibilità del mister a coinvolgere i due ragazzi, così come ciò che accadrà durante lo svolgersi della partita, sembrano più un sogno ad occhi aperti che una realtà credibile.

Ma i sogni vanno così, e questo è uno di quelli a misura di ragazzino, proprio come questa lettura, pensata da Biancoenero per i primi lettori, con una prosa semplice, un font ad alta leggibilità e un'impaginazione ariosa che rende la lettura più fluida.

Uno a zero palla al centro Ã¨ una buona soluzione per avvicinare alla lettura autonoma i piccoli appassionati di pallone (sono sicura che ne conoscete qualcuno anche voi).


Non è un animale che si trova spesso nella narrativa, il fennec.

Eppure ha in sé qualcosa che lo rende un perfetto abitante della nostra immaginazione: sarà il suono inconsueto del suo nome, il taglio obliquo dei suoi occhi che gli dà uno sguardo elfico, o forse le grandi orecchie, quasi caricaturali.

Teneré

Della Passarelli lo ha reso protagonista, nel 1994, di un romanzo, Teneré, riedito ora da Sinnos con le illustrazioni di Asia Carbone.

Pur narrato in terza persona, Teneré raccoglie due voci: quella del piccolo fennec che dà il nome al libro e quella di Matteo, un bambino italiano in vacanza in Tunisia con mamma e papà.

Teneré

Il romanzo inizia proprio alternando i loro due punti di vista ed entrando subito nel profondo dei loro pensieri: il piccolo fennec triste, rimasto senza madre,  vuole fuggire dallo zoo dove è rinchiuso, e Matteo, un po' annoiato,  si rifuita di entrare in quello stesso zoo con i genitori per non vedere gli animali chiusi in gabbia.

Teneré

Le illustrazioni di Asia Carbone ci mostrano un cucciolo tenero e spaurito, che però è anche un animale fiero della propria identità e della libertà che vuole conquistarsi.

Matteo, con i suoi grandi occhi che vedono dove molti adulti non arrivano, lo comprende, lo accoglie nella sua fuga, lo nasconde nel suo zaino e lo aiuterà a ritrovare il proprio ambiente naturale dove crescere tra i suoi simili. 

Teneré


La voce di Tenerè pervade il libro: nonostante la narrazione sia in terza persona, i protagonisti vengono spesso chiamati con gli appellativi che dà loro il piccolo fennec, che basso com'è coglie con lo sguardo soltanto la parte inferiore degli umani. I genitori di Matteo diventeranno così Gambe Magre e Scarponi Grossi, mentre il bambino, che si abbassa alla sua altezza e lo tratta da pari, sarà Occhi Grandi.

Nonostante qualche perplessità, i genitori di Matteo accettano e comprendono (fin troppo facilmente!) il suo desiderio di aiutare il fennec, e lo accompagnano in un viaggio ricco di atmosfere, colori e profumi d'Africa, in fuga da Faccia Lunga, il terribile guardiano dello zoo, e inseguendo il mistero del Roumi, leggendario straniero che vive nel deserto, la cui figura è stata ispirata da una storia familiare dell'autrice, riportata in appendice.

Teneré  è una storia di culture che si incontrano, di esplorazione, di rispetto per la natura, ma soprattutto è una storia che si percepisce a livello sensoriale, nei piatti speziati, nel calore del sole, nei colori vivi e caldi di una Tunisia in cui pagina dopo pagina ci si ritrova immersi.


Alzare la cornetta, comporre un numero a memoria o copiandolo da un vecchio foglietto, chiedersi se dall'altro lato c'è qualcuno o se la casa è vuota e chi, della famiglia, risponderà: sono sensazioni che gradualmente vanno sparendo, relegate alla nostra memoria, mentre l'uso dei telefonini rimpiazza quello della linea fissa.

Il grande caos dei telefoni

Ritroviamo questa atmosfera in  Il grande caos dei telefoni, un racconto dell'inglese Sally Nicholls, illustrato da Naida Mazzenga per la collana Zoom di Biancoenero edizioni.

Si tratta di un racconto corale, ispirato a una storia vera accaduta in Inghilterra: a seguito di un temporale, le linee telefoniche di un paesino si sono guastate e, nel riattivarle, qualcosa è andato storto e sono state confuse tra loro in modo tale che, chiamando una persona, rispondeva un'altra.

Il grande caos dei telefoni

La forza del racconto risiede nei ritratti dei diversi personaggi coinvolti, ognuno con un suo diverso approccio al telefono: c'è Margaret, attiva nell'organizzazione di fiere ed eventi, che riceve moltissime telefonate di lavoro, Will, bimbo monello i cui genitori ricevono sovente telefonate di protesta, Jai e Aditi, amici che si sentono spesso al telefono, l'anziana Emily che invece di telefonate ne riceve pochissime e Arthur, appena trasferito, che ancora non conosce nessuno che lo possa chiamare.

Il grande caos dei telefoni

Quello che accade al villaggio si trasforma in un'esercizio globale di empatia e di solidarietà: ognuno dei personaggi si ritrova nei panni di qualcun altro, e lo stato di necessità genera soluzioni creative di cooperazione e condivisione, tanto che, come spesso accede nelle situazioni che più ci mettono alla prova, alla fine i protagonisti saranno quasi dispiaciuti di tornare alla solita routine.

Il grande caos dei telefoni

Il racconto, scritto in font ad alta leggibilità, con frasi corte e semplici nella sintassi, è adatto ai primi lettori che ancora non hanno confidenza con romanzi più articolati e complessi, e porta loro un sapore di coralità e di solidarietà che oggi purtroppo ci appare un po' démodé, come un telefono fisso.


C'è ancora qualche pezzetto di Lionni da scoprire, a quanto pare: è da poco arrivato in Italia, con Babalibri, Un uovo straordinario, pubblicato in lingua inglese nel 1994 ma ancora inedito fino ad ora nel nostro Paese.

Un uovo straordinario

Vi ritroviamo, insieme a uno stile pittorico delicato ma materico e ricco di texture, uno dei temi più cari all'autore: l'importanza dei sognatori. Questa volta, però, la narrazione contiene anche una nota umoristica che nasce da un rapporto non lineare tra testo e immagini e aggiunge alla poesia di Lionni un tocco più vivace.

Un uovo straordinario narra la storie di tre rane dalle forme antropomorfe:

Sull'Isola dei Sassolini vivevano tre rane:
Marilyn, August e una terza che era sempre da qualche altra parte.

Un uovo straordinario

È questa terza rana, Jessica, la vera protagonista del gruppo: un'esploratrice che ama spingersi oltre, un animo osservatore che sa stupirsi delle piccole cose, un'entusiasta che di fronte alle cose più semplici esclama "Non è straordinario?".

Un uovo straordinario

Un giorno Jessica porta a casa un ciottolo che le sembra diverso dagli altri. Marilyn, "che sapeva sempre tutto di tutto" le spiega che si tratta di un uovo, un uovo di gallina. Come le altre, anche Marilyn non ha mai visto un uovo di gallina, ma "ci sono cose che si sanno e basta".

Un uovo straordinario


Quando l'uovo si schiude, il lettore vede nelle immagini il nuovo nato: un coccodrillo, evidentemente, ma le rane continueranno a chiamarlo gallina. Con le rane, il coccodrillo imparerà a nuotare, vivrà alcune avventure, e infine ritroverà sua madre, ma mai verrà messa in dubbio la sua identità di gallina. 

All'apertura dell'uovo, si apre anche la spaccatura tra immagini e testo: la voce narrante, sebbene esterna, prende il punto di vista delle rane e continuerà fino all'ultima pagina a chiamare l'animale "gallina".

L'ode alla fantasia, al desiderio di esplorare, alla capacità di meravigliarsi, in Un uovo straordinario si affianca a questo piccolo gioco che l'autore instaura con il lettore, rendendolo complice dell'autoinganno delle protagoniste, incantato dalla loro capacità di accogliere un animale tanto pericoloso e divertito dalla loro ingenuità.

Non c'è giudizio nell'albo, l'errore delle rane non viene ridicolizzato ma accolto: è in fondo foriero di un'esperienza nuova e appagante. Un uovo straordinario ci mostra tutto ciò che conta, sugli errori: la capacità di sorriderci sopra e quella di trarne qualcosa di buono.


Post più recenti Post più vecchi Home page

Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

Segui le nuvole

Newsletter

* indicates required

POPULAR POSTS

  • A.A.A. capelli cercasi.
  • Io, il nemico.
  • Gira la carta e trovi... la mamma!
  • Il mostro mangiacapelli
  • Svish, splash, squelch, scric, fiuuu!

Temi

animali 68 scienza 43 amicizia 29 diversità 28 fantasia 27 natale 25 papà 22 cani 21 disegno 19 rime 19 nanna 18 natura 17 regali 17 paure 14 scuola 14 fratelli e sorelle 13 condivisione 12 emozioni 12 onomatopee 11 avventura 10 pannolino 10 cibo 9 corpo umano 9 crescita 9 ecologia 9 halloween 9 mostri 9 nonni 9 amore 8 autostima 8 lettura 8 mamma 8 morte 8 punti di vista 8 silent book 8 ambiente 7 bullismo 7 esperimenti 7 interattivo 7 gatti 6 mare 6 noia 6 scrittura 6 storia 6 educazione 5 matematica 5 neve 5 supereroi 5 compleanno 4 difetti 4 dinosauri 4 famiglia 4 favole 4 primavera 4 regole 4 capricci 3 esplorazione 3 gallucci 3 in viaggio 3 inserimento 3 lentezza 3 maestra 3 neogenitori 3 neonato 3 resilienza 3 vacanze 3 buio 2 carnevale 2 cucu 2 disabilità 2 estate 2 macchine 2 tempo 2 autonomia 1 autunno 1

Search This Blog

Blog Archive

  • ▼  2023 (15)
    • ▼  marzo (8)
      • Mostri che non fanno cose.
      • La fortuna nel bosco
      • Tanto di cappello
      • Animali coi baffi.
      • A.A.A. capelli cercasi.
      • Io, il nemico.
      • Un osso a sorpresa.
      • I colori dell'immaginazione
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2022 (81)
    • ►  dicembre (6)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (8)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2021 (111)
    • ►  dicembre (13)
    • ►  novembre (14)
    • ►  ottobre (12)
    • ►  settembre (12)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (12)
    • ►  aprile (12)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (8)
  • ►  2020 (103)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (12)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (9)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (9)
  • ►  2019 (101)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (12)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (8)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2018 (79)
    • ►  dicembre (8)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (3)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (7)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (6)
  • ►  2017 (62)
    • ►  dicembre (7)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (5)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (7)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2016 (44)
    • ►  dicembre (2)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (4)
    • ►  giugno (4)
    • ►  maggio (5)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (2)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2015 (38)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (4)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (2)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (5)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2014 (34)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (2)
    • ►  giugno (3)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (2)

Copyright © Nuvole in scatola. Designed by OddThemes