Nuvole in scatola
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Lo conoscete il paradosso del lampione? Lo teorizzò il filosofo Abraham Kaplan e lo psicologo Paul Watzlawick contribuì alla sua fama.

È un fenomeno della mente umana esemplificato dalla storiella di un ubriaco che cerca le proprie chiavi sotto un lampione. Quando un poliziotto gli chiede dove le ha perse, lui indica un'altra zona, poco più in là.
"Ma allora perché le cerchi qui?" 
"Perché qui c'è luce".

Fuga in punta di piedi

Questa simpatica parabola dovrebbe rappresentare la tendenza umana a evitare la complessità cercando soluzioni semplici, anche se sbagliate. 

Leggere Fuga in punta di piedi di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli, un graphic novel di Sinnos dedicato ai primi lettori, mi ha fatto pensare a questo paradosso, non tanto per la sua "morale", quanto per la metafora della ricerca che porta altrove, ma anche per una specifica scena, quella in cui la protagonista cerca la sua scarpa perduta in una chiesa, non perché pensa di trovarla lì, ma "perché nessuno andrebbe a cercare una scarpa in chiesa".

Fuga in punta di piedi

Se c'è una chiave in Fuga in punta di piedi, in effetti, è proprio il sovvertimento delle consuetudini, e anche un po' della logica. I protagonisti, Adele e Alfio, sono due abitudinari. Stanno per partire per il loro consueto mese in montagna, con una caterva di bagagli, quando lei si accorge di aver perso la sua scarpa preferita.

Fuga in punta di piedi

Il viaggio va a monte e si trasforma in un'avventura cittadina in cerca della scarpa (che pare essere fuggita di propria volontà), che prosegue con l'incontro con Aristide, il figlio della donna delle pulizie, che ad ogni agosto era solito stabilirsi, a loro insaputa, nella casa che Adele e Alfio lasciavano libera per le vacanze.

Adele e Alfio, curiosamente, non cacciano Aristide, ma si lasciano travolgere dal suo stile di vita: parteciperanno alle sue feste e conosceranno una serie di personaggi stravaganti, scoprendo un mondo diverso, fatto di improvvisazione e spontaneità. 

Tutto, in Fuga in punta di piedi, tende a fuggire dall'ordine e dalla noia, a partire dalla coppia improbabile formata dai due protagonisti, che hanno le sembianze di un uccello e un predatore (forse una volpe). Il testo di Daniela Palumbo, ricco di giochi di parole un po' nonsense, e le illustrazioni di Francesca Carabelli, con i suoi tratti vignettistici e l'insieme caotico di dettagli stravaganti, completano l'opera regalando alla storia dei tratti decisamente fuori dalle logiche consuete.

L'impressione è che, sottesa alla narrazione, vi sia una sorta di contrapposizione generazionale tra l'adulto, intrappolato nelle convenzioni che lui stesso ha costruito, e il giovane, ancora libero di esplorare, scoprire e stupirsi. 

L'intero albo, insomma, è una sorta di "paradosso del lampione" sovvertito: a volte, cercare una cosa nel posto sbagliato aiuta, se non a ritrovarla, perlomeno a scoprire qualcosa di nuovo.


Scorretti, incorreggibili, surreali, esilaranti: sono tornati gli Sgraffignoni!
E se pensate che delle "macchiette" come loro non possano che essere sempre uguali a se stessi, resterete stupiti: una piccola evoluzione c'è (forse non quella che vi aspettate).

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

Il diamante d'oro è il secondo titolo della serie sulla famiglia Sgraffignoni degli svedesi Anders Sparring e Per Gustavsson, edita da Sinnos nella collana Leggimi!, ad alta leggibilità, e arriva dopo Il furto di compleanno, che vi avevo già presentato.

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

Questa volta l'incorreggibile famiglia di ladruncoli è alle prese con il furto di un oggetto prezioso che fa ridere già dal nome: il diamante d'oro, per l'appunto.  

Le risate iniziano già dalle prime scene di vita familiare, in cui i genitori, incapaci di resistere al proprio istinto di ladri, rubano i calzini al figlio Fausto (l'unico onesto della famiglia), per poi negare l'evidenza di fronte alle sue domande.

L'avventura porterà Fausto e la sorella Ale sulle tracce di nonna Ruby, rinchiusa in carcere. Anche i nuovi personaggi della serie, noterete, sono sempre caratterizzati da nomi esilaranti, come Ruby e la sua vicina di cella spiona, Maria Laspia. Seguiranno evasioni, colpi di fulmine e avventure varie, sempre all'insegna del'ilarità.

la famiglia sgraffignoni - il diamante d oro

E l'evoluzione di cui parlavo prima? No, non saranno i ladruncoli a pentirsi, ma Fausto, l'unico onesto della famiglia, che imparerà finalmente, per la gioia dei genitori, a mentire (ma solo a fin di bene, sia chiaro!).

Leggera, scorrevole e ricca di trovate umoristiche, la famiglia Sgraffignoni si conferma un'ottima serie di intrattenimento, perfetta per lettori alle prime armi che hanno bisogno di imparare quanto può essere divertente leggere (e mentre lo scrivo, ve lo giuro, non ho le dita incrociate dietro la schiena!).

 

Scommetto che è capitato anche a voi di avere, nella vita, quell'amico che ai genitori non piace granché.
E anche voi avrete vissuto quella sensazione strana, di essere combattuti tra il desiderio di ribellione e rivalsa, quel bisogno di dimostrare ai genitori che avevano torto, e il dubbio tormentato che forse invece sotto sotto avessero un po' ragione.

La Ester più Ester del mondo
(Le collane realizzate con biglie vintage che vedete nella foto sono della mia amica Monia di Paperart Roma, che no, non mi ha pagato per questo, ma credo meriti un po' di pubblicità)

La Ester più Ester del mondo, dello svedese Anton Bergman, pubblicato in italia da Beisler con la traduzione di Samanta K. Milton Knowles, ci porta lì, in quel confine labile su cui si cammina crescendo, tra la sensazione di essere trascinato a forza da una cattiva compagnia e quella di aver scoperto che quella parte ribelle era già dentro di te, sospesi tra la paura e il desiderio di fare qualcosa che non si fa, tra il bisogno di essere accettati e quello di essere se stessi.

Signe è una bambina normale che vive una vita normale. Si sente poco accettata e compresa dal gruppo, come capita a molti. Quando arriva a scuola Ester, una nuova bambina, a Signe si spalanca un mondo nuovo.

Ester vive in modo molto più libero degli altri coetanei: ha un telefono, le chiavi di casa, può uscire da scuola da sola. Come accade con tutti coloro che sembrano "più grandi", stare con lei dà a Signe un brivido nuovo, che è quello di essere accettata e scelta come migliore amica, ma anche quello di fare molte cose per la prima volta. È con Ester che Signe inizia a tornare a casa da sola, o ad andare a casa di qualcun altro senza i genitori presenti.

Le chiavi di casa, rappresentate da un disegno che orna ogni capitolo, sono il simbolo di un rito di passaggio, che non è mai indolore.

 La Ester più Ester del mondo

Signe è attratta e spaventata da Ester. Le invidia la libertà ma inizia a sospettare di lei quando scopre che le racconta piccole bugie e vivrà una forte crisi di coscienza quando Ester la trascinerà in un furtarello di caramelle in un negozio.

È evidente il contrasto tra il rapporto profondo e leale che ha Signe con i suoi genitori (quel rapporto che la aiuterà a mantenersi salda anche di fronte a situazioni di forte tormento) e l'assenza di figure adulte di riferimento nella vita di Ester, che dietro la sua sicurezza nasconde un evidente bisogno di affetto, di compagnia e di guida. Non c'è cattiveria, in Ester, soltanto la necessità di comprendersi e comprendere la vita. Il suo affetto per Signe, suggellato dal dono di una collana come segno di amicizia, è sincero e capace di superare le incomprensioni.

A raccontarlo così, mi rendo conto che La Ester più Ester del mondo sembra un romanzo pedagogico e un po' pedante, invece la straordinaria capacità narrativa dell'autore riesce a infilare questi temi e queste sensazioni in una storia coinvolgente, in cui l'analisi psicologica e la spiegazione dei comportamenti dei personaggi non emergono mai dalla superficie, ma smuovono il lettore nel profondo, emozionandolo e lasciandolo indentificarsi in personaggi credibili, multisfaccettati, profondamente umani.

L'abilità di illustratrice di Emma Adbåge (che già avevamo visto in un albo per bimbi più piccoli) esprime perfettamente, con le sue prospettive incerte, la fragilità d'animo che muove i personaggi, il calore dei sentimenti, la familiarità.

La Ester più Ester del mondo

Non passa mai la sensazione della spiegazione pedante, perché le azioni si dipanano con straordinaria naturalezza, e la lettura si fa incalzante perché anche il lettore è dentro la storia, e si sente a sua volta trascinato dal bisogno di risolvere il groviglio intricato di pensieri e sensazioni che sta vivendo, lì, insieme ai personaggi.



Ci avete fatto caso? Gli horror più riusciti non partono da mostri terribili o da catastrofi improbabili, ma dalle cose più familiari, trasformate per l'occasione in qualcosa di spaventoso. Solo così l'inquietudine provata durante la lettura (o la visione del film) si prolunga nella vita quotidiana, legando a quelle cose familiari una sottile sensazione di disagio.

Il mostro di neve

Credo sia questo il punto di forza di Il mostro di neve, breve romanzo ad alta leggibilità di Gillian Cross con le illustrazioni di Ross Collins, edito da Biancoenero edizioni nella collana Zoom. A diventare spaventosa è qui una delle cose più innocenti che si possano immaginare: un pupazzo di neve.

Il romanzo è pensato per bambini dagli otto anni, quell'età in cui iniziano a provare piacere per le prove di coraggio e l'approccio ai contenuti di intrattenimento basati sulla paura.

Il mostro di neve

Protagonisti sono tre ragazzi, Jack, Ryan e Sam, che si suppone siano poco più grandi del target di riferimento del romanzo, dal momento che possiedono un telefonino. I tre escono di casa di nascosto per andare a costruire un pupazzo di neve nel giardino di una casa abbandonata. Con gusto tipico dell'età, lo creano più spaventoso possibile, con lampadine per gli occhi, un collo di bottiglia rotta al posto del naso e i cocci di vetro rimanenti a formare una bocca di denti taglienti. Per renderlo ancora più originale, gli lasciano tra le mani fatte di rami un vecchio telefonino rotto.

Il mostro di neve

E così, la sera, quando Jack riceverà un messaggio da un numero strano, che gli dà appuntamento alla casa abbandonata, ci andrà senza pensarci due volte, credendo che il messaggio arrivi da uno degli amici, ma arrivati sul posto i tre troveranno una terribile sorpresa: il pupazzo ha preso vita e si scatena contro di loro.

In un susseguirsi serrato di capitoli brevi e ricchi di azione, i ragazzi dovranno difendersi dalla creatura e poi scendere a patti con lei, per potersi salvare.

Come si conviene per l'età, il romanzo non prenderà mai pieghe eccessivamente truculente, ma manterrà alto il livello di suspense e terminerà con un piccolo e inquietante colpo di scena.

Una proposta originale e coinvolgente, perfetta per gratificare piccoli lettori che si sentono grandi e coraggiosi.


Lo so, lo so, che leggere non fa diventare necessariamente buoni. Che per quanto i libri favoriscano l'empatia e la riflessione esistono lettori intolleranti e poco ragionevoli. Lo so, ma lasciatemi pensare che le storie possano, almeno in parte, cambiare il mondo, o almeno lasciatemelo raccontare ai miei figli.

Rapimento in biblioteca

È quello che fa Margaret Mahy (supportata dalle illustrazioni meravigliosamente divertenti del celebre Quentin Blake) in Rapimento in biblioteca, un breve romanzo del 1979 che Le Rane di Interlinea ha riportato in Italia dopo anni di assenza dagli scaffali.

Rapimento in biblioteca fa incontrare due mondi: quello ordinato, composto e bon ton della bibliotecaria Serena (un nome certamente non casuale) e quello rozzo, burbero e fuorilegge della banda di briganti capitanata da Sally, soprannome per Salvatore (anche qui, non un caso).

Rapimento in biblioteca

Gli avvenimenti narrati superano i confini dell'inverosimile, ma sono narrati con tanta semplice naturalezza da apparire credibili nel loro mondo incredibile. La banda rapisce la bibliotecaria, che però è malata di varicella e li contagia tutti. Mentre sono a letto, inizia a leggere loro le storie di Peter Coniglio e l'ascolto delle parole narrate sarà per loro una rivelazione, una gioia da cui non vorranno più staccarsi.

Quello che potrebbe facilmente diventare un testo moraleggiante è in realtà costellato da momenti ilari in cui si mette a nudo talvolta la fragilità dei rapitori, talvolta la rigidità delle istituzioni:

"Com'è la procedura in caso di rapimento della bibliotecaria?" domandò un consigliere. "Rientra nelle spese per il personale o nel capitolo cultura?".

Rapimento in biblioteca

Per fortuna la bibliotecaria si dimostra più flessibile delle leggi e così al percorso di redenzione dei briganti si contrappone qualche piccola insubordinazione della protagonista, che si ribella alla legge a modo suo, rompendo gli schemi dentro gli schemi (saranno i libri a darle questa elasticità mentale?).

Per salvare il brigante capo, di cui si è innamorata, lo mette a scaffale etichettato come un libro e lo prende in prestito, rendendo così impossibile la cattura da parte del poliziotto, che non vuole certo infrangere il regolamento della biblioteca. Seguiranno avventure, disgrazie, atti di eroismo e riscatti (in senso morale, stavolta): la trama, insomma, non lascia modo di annoiarsi.

Rapimento in biblioteca

Il gusto un po' nonsense della trama e i suoi personaggi allegri e un po' caricaturali fanno scorrere la lettura con grande piacevolezza.

Si ride e si sorride molto, leggendo Rapimento in biblioteca, e ci si sente dalla parte del giusto: quella in cui le storie danno strumenti e sapore alla vita.






Perché si scrive a qualcuno? E più in generale, perché si scrive?

Tra le tante riflessioni sottese alla trama di Caro Mr. Henshaw c'è anche questa: su quale sia il significato di scrivere e su come tale significato cambi tra emittente e ricevente.

caro mr henshaw


Caro Mr. Henshaw è un romanzo epistolare, scritto dall'americana Beverly Cleary nel 1983 e portato oggi in Italia da Il Barbagianni editore.

Se è vero che tra le pagine emergono fortemente tematiche come il disagio di un bambino in una nuova scuola, la separazione dei genitori, la sofferenza per un padre lontano e assente o la ricerca del proprio talento, io credo che il senso più importante del libro sia un altro, più sfumato e ineffabile ma non per questo inconsistente: l'asimmetria della comunicazione.

L'undicenne Leigh Botts inizia a scrivere una lettera a Boyd Henshaw, il suo scrittore preferito, come compito scolastico. Henshaw gli risponde (anche se non al primo tentativo) e inizia così la corrispondenza su cui si basa il romanzo.

In tutto il libro, non leggiamo mai le risposte di Henshaw, le intuiamo solamente da ciò che scrive il bambino. L'asimmetria sta prima di tutto, quindi, nella forma del romanzo, che materialmente ci mostra soltanto un lato della storia, ma anche nel suo contenuto: lo scrittore non sembra particolarmente coinvolto in questa corrispondenza, sembra spesso che risponda soltanto per senso del dovere, anche se, man mano che lo scambio si dipana, darà a Leigh utili consigli su come migliorare nella scrittura per partecipare a un concorso scolastico.

caro mr henshaw

Il bambino ha una scrittura spontanea ed emotiva: leggendo le sue parole (e le sue firme) comprendiamo subito il suo stato d'animo e la sua disposizione: a volte scrive per dovere, a volte perché ne sente la necessità. A un certo punto, un po' per seguire il consiglio di Henshaw e un po' perché ha capito che lo scrittore non è così felice di partecipare a questo scambio, Leigh inizia a scrivere a "Mr-Henshaw-per-finta" (molto convincente la traduzione di Susanna Mattiangeli), ovvero a tenere un diario, la comunicazione epistolare asimmetrica per eccellenza.

Si crea inoltre un certo parallelismo tra due personaggi apparentemente molto distanti tra loro: il padre di Leigh e Mr Henshaw: entrambi lontani, sfuggenti, anche se il bambino agogna un rapporto con loro. Entrambi non rispondono sempre ai suoi tentativi di comunicazione, e quando lo fanno non è con il trasporto che Leigh si attenderebbe.

Il percorso di crescita di Leigh durante il romanzo lo porterà a un maggiore equilibrio verso queste due figure: imparerà a ritenerle meno necessarie, pur non rinnegando il suo legame.

 

caro mr henshaw

Leigh imparerà a difendersi dal male intorno a sé, materialmente (inventando un "allarme" per scovare il ladro che gli ruba il pranzo a scuola) e psicologicamente, accettando l'asimmetria delle relazioni nella sua vita.

Imparerà anche  che scrivere a qualcuno è prima di tutto scrivere a se stessi e che la scrittura, come la vita, è faticosa, ma con un po' di impegno le cose riescono meglio.


Con le iniziative private di Elon Musk e Jeff Bezos affiancate ai progetti internazionali come la nostra ESA, il 2021 è stato decisamente l'anno dello spazio, lontano come sempre eppure sempre più vicino, tanto che perfino l'idea di arrivare su Marte non sembra più fantascienza.

Viaggio su marte

E così Jon Agee ci porta addirittura un bambino, in Viaggio su Marte, un divertente albo edito da Il Castoro. E come accade in ogni gioco di bambino, l'impresa è incredibile e naturalissima al tempo stesso:

Eccomi su Marte.
È stato un lungo viaggio dalla Terra.
Sono qui per trovare vita.

L'espressione del bambino è semplice, felice e curiosa ma senza eccessi. Quasi la gita su Marte fosse una visita a un amico, il bimbo porta con sé un regalo: una tortina al cioccolato da consegnare, nel caso trovasse qualche abitante.


Viaggio su marte

La trama prosegue come in una classica commedia degli equivoci, la cui comicità si basa su una differente consapevolezza tra narratore esterno e personaggio (in narratologia si parlerebbe di focalizzazione esterna e interna).
Qui le due focalizzazioni si materializzano nel doppio registro dell'albo illustrato: immagini e parole. Mentre le illustrazioni ci portano il punto di vista di un narratore che vede e descrive l'intera situazione, il testo, in prima persona, rappresenta la visione, necessariamente limitata, del bambino protagonista.
 
Viaggio su marte
 
E così, mentre sentiamo il bambino lamentarsi di quanto il pianeta sia inospitale e inadatto alla vita, vediamo un marziano, sempre più ingombrante e difficile da non notare, la cui presenza contrasta con l'ingenuità del bambino, che arriva addirittura a salirgli sopra senza notarlo.

Viaggio su marte

Il bambino troverà infine un fiore: il suo Viaggio su Marte non sarà del tutto sprecato, e tornerà a casa soddisfatto di aver trovato "vita" sul pianeta, anche se il finale gli lascerà infine il dubbio che qualcosa gli sia sfuggito.

Il tratto semplice e fumettistico di Jon Agee e i suoi personaggi sempre un po' inconsapevoli, che avevamo già apprezzato in Il muro in mezzo al libro, Roar! Come diventare un leone e Il piccolo B) regala a questo albo un'aura sognante e lievemente ironica al tempo stesso.

Con la sua leggerezza Jon Agee riesce a portarci su Marte e a riportarci a casa, carichi di sogni esauditi, di occasioni mancate e di qualche nuovo sorriso.


       

Il potere dell'immaginazione, la logica bambina che sovverte la logica, la magia delle cose sognate che diventano reali: ecco, se c'è un immaginario a cui Harold appartiene, è proprio quello del Natale.

E allora vi saluto e vi faccio gli auguri, prima della pausa natalizia, proprio con lui, l'ultimo titolo uscito di questa meravigliosa serie.

Harold al polo nord

Harold al Polo Nord arriva dopo Harold e la matita viola (di cui vi avevo già parlato qui), La fiaba di Harold e Harold nello spazio (qui), tutti editi in Italia da Camelozampa.

Il tratto essenziale, spesso e morbido di Crockett Johnson si accompagna alla sua prosa semplice e musicale, sapientemente tradotta da Sara Saorin, per farci entrare in una dimensione in cui l'incredulità è sospesa e ogni cosa immaginata esiste.

Come negli altri titoli, Harold disegna e disegnando crea mondi che lui stesso abita e vive.

Harold al polo nord

Come negli altri titoli, ogni regola viene sovvertita da un semplice tratto di matita: le stelle diventano fiocchi di neve, una duna innevata il tetto di una casa, il dentro è fuori e il fuori è dentro.

Ma è un sovvertimento che coglie di sorpresa, in fondo, solo l'adulto, perché i bambini, specialmente i più piccoli, lo sanno benissimo che è così che funziona il disegno: quante volte avete visto vostro figlio scarabocchiare dei segni a caso e poi decidere soltanto a posteriori cos'aveva disegnato?

E così, a volte disegnando consapevolmente, a volte interpretando ciò che la sua matita traccia quasi per caso, Harold viaggia verso nord, e si ritrova sopra la casa di Babbo Natale, intrappolata nella neve, ma per liberarlo, insieme alle sue renne, basterà solamente disegnarli.

Harold al polo nord

Per vivere un sogno, un'avventura o una fiaba, in fondo, non basta altro che crearli attorno a sé, ed è questo il mio augurio di Natale per voi.


  

C'è sempre il timore, in una saga di narrativa, di quello che chiamo "l'effetto Lost" (scusate il paragone, ma ne sono uscita traumatizzata): che si aprano troppe linee narrative e troppi misteri, tanto da impedire di riprenderne i fili e chiuderli coerentemente.

Ed erano molti i fili lasciati aperti nei primi due capitoli della trilogia della Signora Lana, di Jutta Richter.

La signora Lana e il mondo oltre il mondo

La signora Lana e il mondo oltre il mondo arriva dunque dopo La signora Lana e il profumo della cioccolata e La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi, tutti editi da Beisler (gli ultimi due titoli usciti sono disponibili anche in formato audiolibro con l'app Beisler Leggi e ascolta), e la nostra aspettativa è quella di risolvere i misteri lasciati aperti e chiudere il senso di questa storia.

Abbiamo accompagnato i fratelli Merle e Moritz nel mondo oscuro di Fanciullopoli, popolato da creature curiose e spesso pericolose, mentre la voce del padre giungeva loro da una ricetrasmittente, lontana nello spazio.
Ma dov'era il padre? Chi è la signora Lana? Che significato hanno i tanti rimandi tra Fanciullopoli e il mondo reale?
Mai come in questo ultimo capitolo le due realtà si intrecciano, portando i personaggi dall'una all'altra: la Volpe Lacrima d'Argento, ad esempio, diventa insegnante alla scuola di Merle e insieme ai bambini tornerà a Fanciullopoli per liberarla dallo Stump, un essere vanesio e disgustoso che ne ha preso il comando, osannato dalle sue fedeli falene.

 La signora Lana e il mondo oltre il mondo

In questo ultimo capitolo il padre non è più soltanto una voce ma torna tra i bambini, una presenza fisica rassicurante in un mondo in cui si fatica a capire a chi credere. Gli abitanti di Fanciullopoli si accusano a vicenda di doppio gioco ed è sempre più destabilizzante, per i protagonisti, affrontare le avventure del "mondo oltre il mondo", senza sapere esattamente quale ne sia lo scopo.

La signora Lana e il mondo oltre il mondo

La signora Lana e il mondo oltre il mondo non risponde a tutte le domande lasciate aperte, come è giusto che sia, in un contesto così denso di misteri, piuttosto le incornicia in un insieme coerente, costruisce insomma le fondamenta di un bellissimo castello tra le nuvole.

Troviamo alcune risposte, alcune scontate (era ovvio chi fosse la signora Lana, vero?), altre più inaspettate, ma il mondo di Fanciullopoli resta almeno in parte inafferrabile, mentre almeno nell'altro, quello reale, tutto torna al suo posto.

Nel concludersi di questa avventura si ha la sensazione di atterrare dopo un lungo volo nello spazio: non si è riusciti ad afferrare ogni cosa, ma c'è stato un inizio e una fine, stare in cielo è stato emozionante, essere tornati ci rasserena. È stato un bel viaggio.


   

Quello di cambiare punto di vista, uscendo non solo dalla mia prospettiva personale, ma proprio da quella umana, è un esercizio che non faccio spesso.

Mi capita guardando le stelle, quando ci si sente piccoli piccoli nell'universo, o a volte salendo in montagna. Oppure quando leggo notizie e programmi sul cambiamento climatico, e penso al pianeta che potrebbe proseguire indifferente la sua orbita anche se diventasse invivibile per noi.

Però

Ma è sempre un esercizio utile guardarsi dal di fuori: in Però, edito da Edizioni Lapis, Gek Tessaro esce dal nostro ruolo di umani ma anche dal nostro tempo, catapultandoci in una preistoria che almeno nelle immagini è più stereotipata di quella reale, ma non per questo è meno efficace nel raccontare questa storia.

Però

Il testo attacca in rima, in prima persona, prima ancora che le immagini ci svelino qualcosa:

Mio padre ha il nasone
e i denti di fuori
Come gambe ha due tronchi
e almeno due cuori.


Mia madre è cicciona
e dunque è molto bella
ed è così spettinata
che sembra una stella.

Alle nostre orecchie, almeno a quelle adulte, c'è subito qualcosa che suona strano: quel "cicciona dunque bella" arriva a turbare le nostre solite equazioni mentali, e anche il nostro senso del politicamente corretto.
Ci rispondiamo (noi adulti) ricordando che la copertina ci mostra un mammut e un uomo preistorico: forse il testo si rifà a canoni di bellezza (e di correttezza) antichi.

Passano ancora due pagine prima che le immagini ci svelino la realtà: a parlare è un cucciolo di mammut, che vivrebbe sereno e felice se non fosse per la presenza degli umani: rumorosi, fastidiosi, questi terribili animali tormentano la sua specie con la caccia e il piccolo proprio non capisce perché debbano esistere.

Però

È allora che papà mammut porta il suo piccolo sopra un'altura, per fargli vedere il mondo dall'alto e fargli capire, in un messaggio di tolleranza, che anche ciò che non comprendiamo ha una sua collocazione nel mondo.

Il mondo è dei microbi
del muschio dei laghi
dei rospi dei lampi
delle mosche e dei draghi.

Al piccolo mammut ancora non basta: gli umani devastano la natura, distruggono boschi e fiumi, sono evidentemente un danno per il pianeta! Però...

"Però forse ieri
ho visto un però."

dirà la mamma.

Forse c'è qualcosa, qualcosa che solo gli umani sanno fare, che può dare significato a tutto.
Nemmeno mamma mammut, che ne ha intuito la grandezza, lo capisce pienamente: lo capirà il lettore, che sta dall'altro lato, quello dell'uomo del presente.

Però

Le illustrazioni di Gek Tessaro, sproporzionate e nodose, ci ricordano in qualche modo proprio le pitture rupestri e sembrano davvero portarci indietro nel tempo, e il percorso che compiamo nella lettura, allontanandoci dall'umanità per guardarla da fuori, prima con repulsione, poi con rinnovato trasporto, è uno di quei viaggi che solo la letteratura può dare. 

Un salto da un punto di vista a un punto di vista altro, per vedere tutto con occhi nuovi.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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