Nuvole in scatola
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Lo sguardo bambino sulle cose ha in sé la curiosità di un esploratore, che si sta costruendo una sua mappa del mondo, e l'ingenuità di una visione non ancora incasellata in categorie già costruite.

bertolt

È questo meraviglioso sguardo che ritroviamo in Bertolt, albo di Jascques Goldstyn da poco edito da LupoGuido con traduzione di Gabriella Tonoli.

Protagonista è un bambino, buffo con il suo grande berretto in testa. Lo vediamo cercare un guanto all'ufficio oggetti smarriti della scuola, perché ne ha perso uno.
Un incipit, questo, apparentemente casuale, che sembra messo lì soltanto a spiegare come il piccolo sia incurante delle convenzioni e abbastanza stravagante da andare in giro con due guanti di colore diverso.
In realtà, questa sequenza è anche un piccolo gancio lanciato con finta noncuranza per essere ripreso nel finale, come accade nelle grandi narrazioni.

bertolt

Il bambino parla in prima persona. Inizia dall'episodio del guanto per poi allargarsi a raccontare le sue giornate, il suo carattere solitario, il suo sentirsi diverso.
Ecco, se un difetto va trovato in questo albo è quello di essere troppo esplicito nel dichiarare la sensazione di diversità, che sarebbe potuta emergere semplicemente dalla narrazione, non detta ma raccontata.

Con tratto da vignettista e colori a pastello, Jascques Goldstyn riesce a fondere con grande efficacia poesia e ironia. Il lettore si ritrova catapultato in questo piccolo mondo, in questo piccolo sguardo, con una grande varietà di prospettive che rendono conto della viva curiosità del protagonista, che vede cose che sfuggono al mondo adulto.
Meravigliosa l'immagine, dall'alto, in cui il piccolo scala la sua quercia. Già, perché il Bertolt del titolo non è il bambino, ma un albero: il suo albero. O forse dovremmo dire il suo migliore amico.


bertolt

Bertolt è il rifugio del bambino, che ci si arrampica e si nasconde tra le foglie, e da questo rifugio guarda il mondo, a modo suo.
Grande osservatore, vede anche quello che gli altri non vorrebbero che vedesse (le illustrazioni, qui, strizzano l'occhio anche a un pubblico adulto).

bertolt
 
Bertolt rispecchia lo spirito dei bimbi di una volta, quelli che vivevano all'aria aperta e conoscevano ogni segreto dell'ambiente circostante. Quando arriva la primavera, il piccolo protagonista ammira la natura che si risveglia. Per lui gli alberi non sono "alberi", ma tiglio, olmo, pruno e salice: li chiama per nome, con perizia da botanico.
E nota che tutti hanno indossato il loro mantello verde; tutti tranne Bertolt. Il suo albero è morto.

bertolt

Ed ecco, di nuovo, lo sguardo bambino, l'indagine su come funziona il mondo: il piccolo cerca di capire l'incomprensibile, la morte.
Riflette, paragona le sue esperienze. Osserva che quando muore un animale lo si vede subito, mentre con un albero è diverso, perché l'albero resta lì, dritto, come quando era vivo.


bertolt

Non si perde d'animo, il bambino. Si percepisce la sua tristezza, ma a prevalere è la sua gratitudine verso l'amico che gli ha dato tanto. Come celebrarlo un'ultima volta?
In una lunga sequenza senza parole (e ancora una volta, con una grande varietà cinematografica di inquadrature e punti di vista), il bimbo troverà una soluzione che ci riporta a quella prima immagine del libro. Un'idea che, nella morte, celebra la vita.
Il tocco bambino che, sorridendo, ringrazia l'amico che non c'è più.

PS: Tra un sorriso ironico e una lacrima di commozione, non dimenticate di dare un'occhiata ai risguardi del libro, quello iniziale e quello finale. Perché sono anche i dettagli a fare di un libro un grande libro.


Pochi cani, come i bassotti, si prestano a essere trasformati, nella fantasia della narrazione. La loro evidente sproporzione dimensionale (zampe corte, corpo lungo) li presta a diventare cani-salsiccia, hot dog e via dicendo.

ralf

L'idea alla base di Ralf, curioso albo di Jean Jullien edito in Italia da Lapis (traduzione di Alessandro Riccioni) è proprio quella di giocare sulla fisicità del bassotto che dà il titolo al libro.

ralf

Con i suoi tipici disegni molto decisi, segnati da grossi contorni e campiture piene, Jean Jullien ci presenta questo simpatico cagnolino domestico, che ha il difetto di occupare tanto spazio: nel letto, sul divano, persino in braccio.

ralf

Così, pur se gli vogliono bene, i membri della sua famiglia lo cacciano via spesso e volentieri.

ralf

Finché una sera, dalla sua cuccia in giardino, Ralf sente un forte odore di fumo provenire dalla casa: c'è un incendio!
Nel tentativo di salvare i suoi padroni, però, Ralf resta incastrato nella porta.

ralf

Non gli resta altro da fare che tirare più che può, e far allungare il suo corpo a dismisura, in modo da riuscire a raggiungere i soccorsi con la testa, mentre il suo posteriore è ancora attaccato alla porta.

ralf

Naturalmente, tutto finirà bene, e la famiglia di Ralf imparerà ad essere più accogliente con il bassotto, ora più lungo che mai, ma al di là della trama, ad incantare è il gioco materico compiuto sul protagonista.
Le immagini di Jullien danno forma a un'immaginazione tipicamente bambina: quella di poter plasmare ogni oggetto, allungando e tirando, come se fosse di plastilina. L'impaginazione si snoda su doppie pagine, che enfatizzano la fisicità di Ralf, già bel rappresentata dal tratto marcato del disegno: il suo corpo invade lo spazio, attraversa il limite della rilegatura centrale e si mostra in tutta la sua lunghezza. Ogni tavola riesce a comunicare in modo straordinario la sua presenza, dando materialità a ciò che le parole descrivono e componendo un albo che trasmette sensazioni quasi fisiche, dando alla lettura un coinvolgimento che va oltre la semplice trama.

Impossibile non  voler ricreare un Ralf di pongo, da tirare finché si può.
Oppure, inventarsi un gioco:

L'allungabassotto.

Vi serviranno:
  • una plancia di gioco per ogni giocatore (tra poco vi spiego tutto)
  • vari "pezzi" di cane, tra cui una testa e una coda per ogni giocatore
  • un dado
La plancia di gioco potete facilmente disegnarla a mano su un foglio a quadretti grandi: piazzate una partenza, un arrivo (l'osso) e una serie di ostacoli qua e là (i quadretti neri).
Ne servirà una per giocatore, identiche tra loro.

ralf

Quanto al cane, potete disegnare da soli dei pezzi dritti e dei pezzi curvi, oppure stamparli e ritagliarli dal mio pdf.

[piccola digressione per i possessori di Silhouette Cameo o aspiranti tali]
Se avete la Silhouette Cameo (ve ne ho parlato qui) potete anche usare il mio file Silhouette Studio per ritagliare i pezzetti dalla carta o, come ho fatto io, dalla gomma crepla: il risultato è molto più godibile e plastico, oltre che duraturo.
Per ritagliare la gomma crepla, ho usato la lama kraft blade, con il suo adattatore, impostando la profondità della lama a 20 (questa operazione va fatta a mano prima di inserire la lama nella macchina) e selezionando come impostazioni sul software forza 30, velocità 4 e 2 passaggi (le impostazioni automatiche che il software consiglia per la gomma crepla non sono sufficienti a tagliarla).

[fine della piccola digressione per i possessori di Silhouette Cameo o aspiranti tali]

ralf

Ora, si gioca.
Posizionate la coda in corrispondenza della partenza e attaccatele davanti il muso.
Mettete i restanti pezzi in un mucchio.

Lanciate il dado, e comportatevi secondo il numero che esce:

1: raccogli dal mucchio un pezzo dritto
2: raccogli dal mucchio un pezzo curvo
3 e 4: raccogli dal mucchio un pezzo a tua scelta
5: posa sulla plancia un pezzo a tua scelta
6: posa sulla plancia tre pezzi a tua scelta

L'obiettivo è naturalmente allungare il cane fino a fargli raggiungere l'osso con il muso, evitando gli ostacoli.

ralf

È un gioco elementare, adatto ai più piccoli (dai 3 anni), che però già sviluppa le prime capacità strategiche (quale pezzo scegliere, quale percorso compiere per arrivare prima al traguardo), liberissimamente ispirato a La corsa dei lombrichi, che è arrivato a casa nostra per Natale e ha avuto grandissimo successo tra grandi e piccoli.

Leggere e giocare, ormai lo sapete, sono solo declinazioni del verbo crescere.


 
È tornato Pandino!
E non è solo.

panda e pandino cosa fanno

Terre di mezzo editore ci ripropone il simpatico protagonista di Pandino cosa fa di Satoshi Itiyama (trad. Annalisa Lombardo) insieme al suo papà Panda, in Panda e Pandino cosa fanno.

panda e pandino cosa fanno

Panda e Pandino cosa fanno porta il gioco con il corpo proposto nel primo volume a un nuovo livello.
All'autoconsapevolezza delle proprie forme e dei propri movimenti, si aggiunge quella del proprio essere in relazione. Una relazione che si esprime per prima cosa con il proprio genitore, un grande che qui si fa piccolo e gioca alla pari, o quasi.

panda e pandino cosa fanno

Come nel primo albo, testo e immagini mostrano il protagonista intento a imitare alcuni oggetti con il proprio corpo, e invitano il piccolo lettore a fare altrettanto.

La prima forma riprodotta da Panda e Pandino sono i germogli di bambù, un tocco giapponese che connota geograficamente il libro: fin qui, sembra ancora una mera riproposizione dello stesso gioco del titolo precedente, con l'unica variante della compagnia.


panda e pandino cosa fanno
Proseguendo tra le pagine, però, scopriamo che la carrellata di movimenti e oggetti proposti è anche un catalogo delle possibili forme di relazione tra i due corpi, che si muovono insieme, poi uno contro l'altro, o in direzioni opposte, poggiandosi uno sull'altro o ancora con il grande che solleva il più piccolo da terra per imitare il pendolo.

panda e pandino cosa fanno

Così, il gioco di Panda e Pandino li pone alle volte sullo stesso piano, altre volte sottolinea il ruolo protettivo e accogliente del genitore, che si fa centro di equilibrio e di forze per guidare il piccolo verso nuove possibilità della sua immaginazione.

Panda e Pandino cosa fanno è un libro che non si legge nel modo più consueto: è un libro che si gioca. Insieme, genitore e bimbo, trasformandosi in morbidi animali in una nuova avventura nella fantasia.


 
L'udienza è aperta.
Nella sala del tribunale entra l'imputato, in manette. Il giudice ha un'aria professionale e severa.
Sembra il più classico dei processi, se non fosse che tutti – imputato, giudice, avvocati e testimoni – sono animali.

processo al lupo

È il Processo al lupo, che viviamo attraverso le parole e le immagini di Stéphane Henrich in questa nuova uscita di Biancoenero edizioni (traduzione di Flavio Sorrentino).

processo al lupo

Il crimine di cui è accusato il lupo non ci stupisce: pare abbia divorato un agnello.
Come in un vero processo, si susseguono testimoni, periti, avvocati dell'accusa e della difesa.

 processo al lupo

Ognuno dice la sua sul caso, con risvolti spesso comici, come quando la talpa, cieca come una talpa, dichiara "Io ho visto tutto, signor Giudice!" (il testimone viene congedato, perché considerato poco attendibile).
processo al lupo

O come quando la madre dell'imputato lo descrive come "Dolce e tenero come un agn..." (non le faranno finire la frase).
L'attenuante concessa al lupo, su cui farà leva la difesa, è la sua proverbiale, atavica fame.

Processo al lupo procede in modo lineare verso la conclusione, senza colpi di scena inaspettati, ma mette in scena una mimesi accurata del meccanismo processuale.
Attraverso il fascino degli animali e qualche momento di leggera comicità, racconta ai bambini il funzionamento dei tribunali, levandogli quella noia che inevitabilmente si porta con sé nella sua rappresentazione reale, nelle cronache di giornali e telegiornali.

Le immagini ricordano quelle di certa cronaca illlustrata d'altri tempi: schizzi all'apparenza veloci colorati da acquerello, che riescono però a riprodurre fedelmente le scene, le espressioni, le prospettive e i rapporti di forza tra i protagonisti, fotografando come in un reportage i momenti più densi di emozione del processo.


processo al lupo

Il lupo sotto accusa è lo stesso personaggio delle favole, umanizzato ma intrappolato nel suo cliché, e sembra pagare il fio di tutte le malefatte compiute in ogni storia raccontata ai bambini.
E i bambini tirano un sospiro di sollievo quando la giustizia, pur punendolo, gli salva la vita, perché senza un lupo nessuna favola può esistere.


Quando pensiamo a come immagini e parole concorrano alla costruzione della storia, in un albo, diamo a volte per scontato che ciò che conta, nelle illustrazioni, sia il contenuto. Ci soffermiamo sulla scelta degli oggetti da mostrare e di quelli da nascondere, al limite sull'inquadratura e sul punto di vista.
Ci sono albi, però, in cui a comunicare è soprattutto la tecnica usata.

ospite inatteso

È il caso di L'ospite inatteso della tedesca Antje Damm, pubblicato da Terre di Mezzo editore.
Il mondo di carta in cui vive la protagonista trasmette la sua fragilità, ma anche una semplicità da cui può scaturire meraviglia.

ospite inatteso

Elsa aveva paura di tutto.
Dei ragni, delle persone, e persino degli alberi.
E così stava sempre chiusa in casa, giorno e notte.

E la casa di Elsa è ritagliata e costruita con la carta, come un modellino, e poi fotografata. Una forma di illustrazione materica che riesce a creare un piccolo mondo dal grande fascino.
È una casa in bianco e nero, ricca di chiaroscuri, in cui tutto sembra un po' precario.

ospite inatteso

Un giorno, dalla finestra di Elsa, entra un aeroplanino colorato. Elsa ne ha paura.
Ma il giorno dopo, suona alla porta un bimbo.
Il bimbo è colorato, come lo spiraglio di luce che sembra entrare dall'esterno della casa. Quando entra in casa per cercare il suo aeroplano e andare in bagno, il bimbo lascia dietro sé una scia di colore, come se la sua ombra, anziché scurire l'ambiente, lo illuminasse.


ospite inatteso

La sua curiosità nel chiedere spiegazioni sui quadri o nel guardare i volumi allineati sugli scaffali della libreria sparge colore in tutto l'ambiente: il colore della vitalità dell'infanzia, che in quella casa mancava.

Ricco finalmente di colori, tutto l'ambiente non sembra più tanto fragile e precario, come se il passaggio del bambino avesse ridato non solo allegria ma anche solidità a tutta la casa.
Elsa riscopre la fantasia, il sorriso, la vita, e il mondo attorno a lei si trasforma.

ospite inatteso

La vicenda non è nuova in letteratura: la casa di Elsa è un po' il giardino del Gigante Egoista di Wilde, ma la tecnica usata, oltre a trasmettere efficacemente sensazioni che vanno ben oltre la storia narrata, è un incanto per gli occhi, che spaziano sulla pagina alla ricerca di dettagli e riescono quasi a sentire la materialità dietro la pagina stampata.

La lettura di L'ospite inatteso lascia un'irresistibile voglia di prendere carta e forbici e costruire la propria

casa di carta


Se ne può costruire una pieghevole, che si ripone facilmente su uno scaffale, o dentro un libro.
Si comincia da quattro rettangoli di carta, in cui (importante) una dimensione deve essere il doppio dell'altra, in modo che, piegati a metà, formino un quadrato perfetto.

ospite inatteso

Se volete ritagliare gli spazi di porte e finestre, fatelo prima di iniziare il montaggio.

Si affiancano due rettangoli in modo che abbiano la piega opposta (uno in avanti, uno all'indietro) e si attaccano tra loro nella metà superiore con il nastro adesivo (in modo che la parte inferiore possa essere ripiegata).



Si ripiega l'insieme ottenuto lungo il nastro adesivo e si prosegue, attaccando il terzo rettangolo e poi il quarto.

ospite inatteso

Si ottiene così un "libretto" che può essere aperto, mettendo in piedi i quadrati superiori in forma di croce, a formare le pareti, e adagiando i riquadri inferiori in modo che formino i pavimenti.

ospite inatteso

ospite inatteso

E adesso? Si arreda!
Ho voluto provare a creare, prendendo spunto da un blog trovato su Pinterest, alcuni "elementi d'arredo" con la Silhouette Cameo 4 di Creativamente Plotter: una porta, una finestra, uno steccato, un piccolo orto con le piantine (per creare l'orto, basta ripiegare un cartoncino marrone facendo i tagli dove infilerete le piante). Trovate il file pronto per la Silhouette qui.

ospite inatteso

Ma la tecnica che più assomiglia al libro è sicuramente quella a mano libera: disegnate su un foglio i vostri mobili e ritagliateli, lasciandoli bidimensionali se volete incollarli alle pareti, oppure pensando a un sostegno ripiegato se volete renderli tridimensionali.

ospite inatteso

È anche il modo migliore per coinvolgere i bambini nel gioco: piccoli arredatori crescono.

ospite inatteso


Leggere, si sa, serve a volare.
A raggiungere con l'immaginazione posti che non potresti raggiungere altrimenti.
E a volte anche a identificarsi in chi, come te, sogna cose irraggiungibili.

superbaba

I protagonisti di Cara Bertilla... la luna di gruviera e Super CG, due novità Babalibri uscite nella collana Superbaba, dedicata ai primi lettori, pur nella loro diversità hanno un tratto comune: sono bambini, sono sognatori, sono visionari.

cara bertilla

La topolina Bertilla, narrata da Clémentine Mélois con le illustrazioni di Rudy Spiessert, vorrebbe andare sulla luna per le vacanze estive, anche per scoprire se davvero, come ha sentito, è fatta di formaggio.
Non sapendo come fare, scrive una lettera al cane Pavel, bis-bis-bis-bis-nipote di Laika (è interessante vedere la fantasia che si intreccia alla realtà, perché diventa l'occasione per raccontare ai bambini anche un'altra storia, quella delle missioni spaziali).
Pavel però è un pasticcere e non può aiutarla, ma promette che cercherà tra i diari della sua antenata per lei.

Inizia così uno scambio epistolare graficamente marcato dall'icona del protagonista disegnata accanto alla data. Un vezzo grafico, forse, ma anche un utile indicatore, per i primi lettori non ancora avvezzi a questo genere di letture, che aiuta a identificare subito il mittente della lettera.
Lo scambio, infatti, si allarga presto a nuovi interlocutori, tutti ben disposti ad aiutare Bertilla nel suo intento.

cara bertilla

Oltre alla freschezza e al candore delle lettere, che dipingono un mondo gentile e lieto di accogliere e aiutare gli altri, spicca la creatività della piccola protagonista, che cerca di costruirsi una tuta spaziale con della stagnola e una lampadina, e per il razzo prova a usare una scatola di fiammiferi, delle puntine, una penna e delle candeline di compleanno.

cara bertilla

La narrazione resta così sospesa tra due mondi: quello reale e quello giocato.
Il testo non allude mai a un viaggio "per finta", e dunque il lettore sospende la sua incredulità e fa il tifo per questa piccola topolina, che sogna in grande con oggetti piccoli, un po' come fa ogni bambino quando gioca.

E se Bertilla non riuscirà a raggiungere la sua luna di formaggio, pazienza: ha già pronto un altro sogno da inseguire.

Cara Bertilla... la luna di gruviera ha 45 agili pagine in stampatello minuscolo (scritto grande), con il testo intervallato da immagini a tutta pagina e capitoli molti brevi (2-4 pagine) per incoraggiare i piccoli lettori.

È un sognatore anche Carlo Giuseppe, il tasso che Jean Leroy (lo avevamo conosciuto con Un lupetto ben educato) ci racconta in Super CG, con le illustrazioni di Marie-Anne Abesdris.

super cg

Carlo Giuseppe trova in soffitta uno scatolone di vecchi fumetti del padre, e come farebbe ogni bambino che si rispetti, inizia a sognare di essere un eroe. Anzi, decide proprio di diventarlo.

Le pagine piene e dai colori forti dei giornalini contrastano con i disegni essenziali, dal tratto e dai confini incerti, che rappresentano la realtà del protagonista: è nel mondo dei supereroi che si trova la compiutezza, la realizzazione, l'avventura.

super cg

Dal momento della sua decisione, tutto quello che fa Carlo Giuseppe, lo fa per diventare un supereroe: si allena da mattina a sera, e, come tutti i bambini, si aspetta che i risultati arrivino immediatamente. Dopo una settimana, si sente già "Super CG", pronto a fronteggiare il bullo della scuola, che ha preso di mira la sua amica Emma.

super cg

Il bullo, molto più grosso di lui, lo mette a terra rapidamente, ma Carlo Giuseppe guadagnerà l'affetto e la simpatia di molti compagni di classe, e capirà che l'amicizia è più importante di ogni superpotere.

Super CG ha 45 pagine scritte in stampatello maiuscolo, poche righe per pagina (da 2 a 8): anche questa è una proposta semplice semplice per i primi approcci alla lettura.

Cara Bertilla... la luna di gruviera e Super CG raccontano di bambini che giocano, e che vogliono volare. E insegnano a leggere, che in fondo è l'unico modo per realizzare quel sogno.

 
Da piccola avevo un certo numero di amici di penna, o quasi. Erano bambini con cui giocavo d'estate, in montagna, e con cui durante il resto dell'anno mantenevo il rapporto d'amicizia in forma epistolare.
Ricordo bene l'emozione dell'attesa: quando imbucavo la busta, sapevo che ci avrebbe messo cinque giorni ad arrivare al mio amico di Genova (avevo confrontato i timbri postali), sapevo che lui mi avrebbe risposto subito e quindi dopo una decina di giorni mi sarebbe arrivata la sua lettera.
C'era una certa magia, in quel senso di attesa, in quell'immaginarsi le proprie parole trasportate lontano, nell'aprire la cassetta delle lettere per vedere se la risposta era arrivata. 

caro giraffa caro pinguino

Ho ritrovato quella stessa magia in Caro giraffa, caro pinguino, scritto da Megumi Iwasa e illustrato da Jun Takabatake, e edito da Lupoguido con traduzione d Laura Testaverde.

caro giraffa caro pinguino

Si tratta di un romanzo "semiepistolare", se mi passate il termine, perché raccontato in parte in terza persona, in parte attraverso le lettere dei protagonisti.
Tutto inizia con la noia di Giraffa, che decide di scrivere una lettera a qualcuno, e con quella di Pellicano, che decide di mettersi a fare il portalettere.

Breve nota linguistica: i nomi propri degli animali utilizzati nel libro corrispondono ai nomi comuni della specie, così la giraffa si chiama Giraffa, il pellicano Pellicano, ecc. Questa scelta crea, perlomeno nella traduzione italiana, un piccolo ma interessante cortocircuito mentale, perché siamo abituati a sentire la parola "giraffa" (o "foca") declinata al femminile, mentre il protagonista, qui, è  maschio. Così, si attiva una inconsapevole riflessione sui generi linguistici, e su come a volte li diamo per scontati (se pensate a una giraffa, non la immaginate per prima cosa femmina?).

caro giraffa caro pinguino

Ad ogni modo, dicevamo, Pellicano prende in carico la lettera di Giraffa, e la porta, come richiesto "al primo animale che incontra oltre la linea dell'orizzonte".
Il primo animale è Foca, che a sua volta consegna la lettera a Pinguino.
Inizia così uno scambio epistolare sintetico, un po' ingenuo, ma che apre a molte riflessioni.

I due animali si scrivono senza essersi mai visti, e così provano a descriversi l'uno all'altro.
Giraffa si presenta così:

A te che vivi oltre l'orizzone, io mi chiamo Giraffa e vivo in Africa.
Sono famoso per il mio lungo collo.
Raccontami di te, per favore.

caro giraffa caro pinguino

Il pinguino, che data la sua forma non ha idea di cosa sia un collo, lo chiede a Balena, suo maestro, dando il via a una curiosa riflessione: se il collo è la parte sottile che tiene attaccata la testa al corpo, Pinguino non ha collo o è tutto collo? E Balena, che si assottiglia solo in prossimità della coda, allora è tutta testa?

Giraffa, a sua volta, resta particolarmente incuriosito dalla descrizione di questo animale che è tutto collo, o forse senza collo, e inizia a chiedergli maggiori dettagli: vuole provare a imitarlo, per poi travestirsi da Pinguino e andare a trovare il suo nuovo amico di penna.
Il risultato, natualmente, non sarà affatto somigliante a un pinguino, ma i due lo scopriranno solo al momento del loro incontro.

Con la sua prosa leggera che a volte ammicca al lettore ("E tu? Hai capito chi ha ricevuto la lettera di Giraffa?"), le trovate buffe, le illustrazioni lievi e curiose, Caro giraffa, caro pinguino è un romanzo che si lascia leggere con trasporto anche da lettori alle prime armi, e si rivela una scatola cinese di temi, suggestioni e riflessioni. Tra le righe, si parla dell'emozione dell'attesa, dei fraintendimenti, della difficoltà di comunicare senza un sostrato di punti di riferimento comuni, della curiosità di conoscere mondi lontani dai nostri.

Trovo che Caro giraffa, caro pinguino rispecchi bene la ricchezza nascosta in uno scambio epistolare. E se oggi questo mezzo, soppiantato dalle mille opportunità di real time, risulta obsoleto, forse lo si può riproporre almeno tra le pareti di casa, ad esempio creando delle piccole cassette della posta da appendere nelle stanza di ognuno.

Basta una semplice busta di cartone (ehm... sono sicura che di queste ne avete un bel po').

posta

Dipingetela di rosso (io ho usato del colore spray), ritagliate la fessura per le lettere e personalizzatela con colori, pennelli, adesivi.
Io ho voluto approfittare di questo progetto per sperimentare con la mia Silhouette Cameo 4 (ve la ricordate?) il mio primo taglio di vinile adesivo.

posta

Se vi piace (e avete la Silhouette), potete scaricare il mio file Silhouette Studio pronto per l'uso, altrimenti preparate voi stessi una scritta (ad esempio il nome del proprietario della cassetta di posta) e un simbolo.
Ritagliate il vinile con la Silohuette, e staccate le parti attorno al vostro disegno.

posta


Per applicare l'adesivo alla superficie, è utile servirsi dell'application tape, che permetterà a ogni elemento della fustella creata di restare al suo posto. Fatelo aderire bene al disegno in vinile appena ritagliato.

posta

Poi staccate delicatamente la pellicola bianca dal vinile in modo che la parte adesiva resti esposta.

posta

Applicatela alla superficie e rimuovete l'application tape, in modo che resti attaccato solo il vostro disegno.

posta

Ecco la vostra cassetta. Per "ritirare la posta" potete lasciare un'apertura sul retro (come ho fatto io) oppure aprire una porticina sul davanti.

posta

Non dimenticate di lasciare di tanto in tanto qualche messaggio a vostro figlio. Da parte vostra o – se volete – anche di Giraffa e Pinguino.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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