Lo conoscete il paradosso del lampione? Lo teorizzò il filosofo Abraham Kaplan e lo psicologo Paul Watzlawick contribuì alla sua fama.
È un fenomeno della mente umana esemplificato dalla storiella di un ubriaco che cerca le proprie chiavi sotto un lampione. Quando un poliziotto gli chiede dove le ha perse, lui indica un'altra zona, poco più in là .
"Ma allora perché le cerchi qui?"
"Perché qui c'è luce".
Questa simpatica parabola dovrebbe rappresentare la tendenza umana a evitare la complessità cercando soluzioni semplici, anche se sbagliate.
Leggere Fuga in punta di piedi di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli, un graphic novel di Sinnos dedicato ai primi lettori, mi ha fatto pensare a questo paradosso, non tanto per la sua "morale", quanto per la metafora della ricerca che porta altrove, ma anche per una specifica scena, quella in cui la protagonista cerca la sua scarpa perduta in una chiesa, non perché pensa di trovarla lì, ma "perché nessuno andrebbe a cercare una scarpa in chiesa".
Se c'è una chiave in Fuga in punta di piedi, in effetti, è proprio il sovvertimento delle consuetudini, e anche un po' della logica. I protagonisti, Adele e Alfio, sono due abitudinari. Stanno per partire per il loro consueto mese in montagna, con una caterva di bagagli, quando lei si accorge di aver perso la sua scarpa preferita.
Il viaggio va a monte e si trasforma in un'avventura cittadina in cerca della scarpa (che pare essere fuggita di propria volontà ), che prosegue con l'incontro con Aristide, il figlio della donna delle pulizie, che ad ogni agosto era solito stabilirsi, a loro insaputa, nella casa che Adele e Alfio lasciavano libera per le vacanze.
Adele e Alfio, curiosamente, non cacciano Aristide, ma si lasciano travolgere dal suo stile di vita: parteciperanno alle sue feste e conosceranno una serie di personaggi stravaganti, scoprendo un mondo diverso, fatto di improvvisazione e spontaneità .
Tutto, in Fuga in punta di piedi, tende a fuggire dall'ordine e dalla noia, a partire dalla coppia improbabile formata dai due protagonisti, che hanno le sembianze di un uccello e un predatore (forse una volpe). Il testo di Daniela Palumbo, ricco di giochi di parole un po' nonsense, e le illustrazioni di Francesca Carabelli, con i suoi tratti vignettistici e l'insieme caotico di dettagli stravaganti, completano l'opera regalando alla storia dei tratti decisamente fuori dalle logiche consuete.
L'impressione è che, sottesa alla narrazione, vi sia una sorta di contrapposizione generazionale tra l'adulto, intrappolato nelle convenzioni che lui stesso ha costruito, e il giovane, ancora libero di esplorare, scoprire e stupirsi.
L'intero albo, insomma, è una sorta di "paradosso del lampione" sovvertito: a volte, cercare una cosa nel posto sbagliato aiuta, se non a ritrovarla, perlomeno a scoprire qualcosa di nuovo.