Nuvole in scatola
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La quarantena ci ha fatto scoprire angoli della nostra casa che prima ignoravamo. O, se non altro, nuovi modi di viverli.
Chi non ha un giardino ha probabilmente organizzato corse a ostacoli in corridoio e pic nic in soggiorno, chi lavora da casa e ha figli in età scolare ha dovuto organizzare uffici, aule e sale riunioni. Ogni famiglia a modo suo, perché poche cose, come la casa, raccontano ciò che siamo.

le case degli animali

Potrebbe essere allora il momento ideale per scoprire o riscoprire un albo famosissimo e meraviglioso come Le case degli animali di Marianne Dubuc, tradotto da Paolo Cesari per Orecchio acerbo.

Le case degli animali è un albo dai due (e più) piani di lettura. Il primo è quello della storia scritta: quella di un topolino che un lunedì porta la posta (a casa mia il libro è stato presto ribattezzato "Topo postino").
Osservato semplicemente da questo punto di vista, quello del filo narrativo che si dipana dal testo, il libro è estremamente semplice, lineare, privo di momenti di rottura, di un climax che poi si risolve. Sembrerebbe adatto soltanto ai lettori piccolissimi, dai due anni, che trovano godimento anche in una semplice sequenza di azioni.

Ma il viaggio di Topo Postino, raccontato dalle parole, è qui soltanto l'espediente che accompagna un'altra narrazione, molto più potente: quella delle immagini.

le case degli animali

Di tutte le case che incontra Topo Postino lungo la strada vediamo infatti uno spaccato, come se fosse stata tolta la quarta parete. E in ogni casa ci divertiamo a scoprire dettagli, indizi, particolarità: talmente tanti che, lettura dopo lettura, non ci stancheremo mai di scoprirne di nuovi.

le case degli animali

C'è la casa dei conigli, che si sviluppa principalmente sotto terra (quanti letti a castello ci sono? E dove saranno tutti i coniglietti che li occupano? Scovarli e contarli è uno dei tanti giochi nel gioco della lettura di questo libro).
C'è la casa della tartaruga, ospitata sì nel suo guscio, ma ricca di ogni comfort. C'è la casa delle galline, dotata di cove in ogni stanza e di un ingegnoso sistema di raccolta delle uova. O quella del serpente, bassa e lunga, così lunga da estendersi su più pagine del libro.

le case degli animali

Ecco, dunque, il perché di questa narrazione testuale così semplice: la meraviglia di questo albo è tutta nella ricchezza di invenzioni, trovate e peculiarità visibili e nascoste tra le immagini.
Leggendo ci divertiamo a indagare le case, sì, ma anche i giardini, e anche i pacchi che Topo Postino consegna: lungo la strada, il suo carretto si svuota e intuiamo, dalla forma di ogni pacco, o dal momento in cui viene consegnato, contenuto e destinatario.

le case degli animali

Le case degli animali potrebbe essere considerato un wimmelbuch con le parole, tante solo le scenette, le storie, i dettagli da scovare in ogni pagina.
E ce n'è per tutte le età. Nonostante la semplicità della trama lo renda adatto ai più piccoli (dai 2-3 anni), anche i bimbi della scuola  primaria si divertiranno cogliendo particolari, meccanismi di funzionamento dei peculiari "impianti" domestici e riferimenti alle fiabe (chi sarà mai la bimba bionda a casa del Signor Orso?).

Perché, e mai come ora ce ne rendiamo conto, ogni casa è un mondo.


Leggere a un bambino è un atto di relazione.
Significa tenerlo sulle proprie ginocchia, o sedersi accanto a lui, dedicargli un momento esclusivo, donargli la propria voce, immergersi con lui in una dimensione diversa da quella reale. Qualunque genitore che abbia mai letto al proprio figlio lo ha sperimentato.

Quando il bambino è molto piccolo, però, leggere è qualcosa di più: è linguaggio, prima delle parole.

Quando nasce un bambino, uno degli aspetti che più mettono in difficoltà un genitore è la mancanza di un linguaggio comune.
L'adulto sa esprimersi con le parole per chiedere, rispondere, spiegare. E già con le parole, bisogna ammetterlo, non sempre ce la caviamo benissimo. Il bambino, no. Per il bambino il nostro linguaggio è un continuum di suoni senza senso, da cui pian piano, col tempo, riesce a estrapolare degli spezzoni riconoscibili, e dare loro un senso. E per parecchio tempo, anche dopo aver iniziato a comprendere alcune parole, la sua padronanza della lingua si ferma a una fase ricettiva: l'articolazione dei suoni e la produzione di parole intelleggibili arriveranno molto più tardi. Capisce, ma non lo sa dire.
È frustrante: adulto e bambino cercano di comunicare, ma spesso non trovano nell'altro un feedback che li rassicuri sul fatto che il loro messaggio è stato capito.

È in questa fase che la lettura ad alta voce può fare la differenza e diventare un linguaggio comune tra adulto e bambino. Il libro, e specialmente l'albo illustrato, diventa un patrimonio di simboli che i due condividono.
La corrispondenza tra significante e significato è più semplice in un libro che nella vita reale, e il bambino inizia a fare i suoi accoppiamenti tra un suono e un'immagine in modo molto più sicuro: quando la mamma o il papà arriva a quella pagina e indica quel disegno fa sempre lo stesso suono. È una ripetitività rassicurante, che insegna al bambino delle regole di abbinamento: una figura, una parola o un gesto.

È così che spesso, in questa relazione tutta da costruire, i primi segnali che ci dicono che la comunicazione funziona passano proprio attraverso il libro.
Il genitore chiede "Dov'è il gattino?" e il bimbo lo indica col dito.
Il genitore arriva a una certa pagina e il bimbo lo anticipa con il suono onomatopeico che il grande stava per leggere, o imitando il gesto che stava per fare.

Non sono ancora parole, ma sono segnali che il bambino manda per dire al genitore "Stiamo comunicando, sto capendo quello che dici". È un momento rassicurante per entrambi, in cui il bambino riesce finalmente, e con grande soddisfazione, ad entrare nel meccanismo del linguaggio simbolico, e l'adulto si rende conto che quello che legge e racconta viene recepito ed elaborato.

Molte delle prime parole, dei primi suoni o dei primi feedback gestuali emessi dai miei bimbi sono passati attraverso libri letti insieme.
Ricordo il "verso" del pesce del Piccolo T, che apriva e chiudeva le labbra quando arrivavo alla pagina corrispondente di L'uccellino fa (non sapendo ancora parlare, ha iniziato imitando un animale muto!).
Oppure lo schioccare della lingua del Piccolo D per chiedermi il biberon: un suono che mi aveva sentito fare sempre leggendo L'uccellino fa.
O ancora, il gesto della Piccola M, che ancora oggi appoggia le due dita di una mano sul dorso dell'altra per chiedermi di fare "La formica delle dita", una delle filastrocche-coccola di A fior di pelle, e tocca col suo indice il mio quando arrivo alle pagine finali di Il sogno di ditino.

Ilsogno di ditino

È essenziale, in questa fase (a spanne, a partire dai 10 mesi fino ai 18), che i libri proposti al bambino siano adatti al suo sviluppo, che abbiamo immagini identificabili (con poco sfondo e una sola figura protagonista alla volta) e catturino il bambino con suoni onomatopeici, rime che facilitano l'imitazione e l'anticipazione, piccoli semplici movimenti che possono accompagnare la lettura coinvolgendolo anche fisicamente, come lo "ssh!" fatto col dito davanti alla bocca, una carezza, un piccolo gesto di solletico (un altro esempio? Morsicotti, che contiene almeno tre di questi ingredienti: figure ben distinte, onomatopee, solletico o pizzicotti).

È importante anche affrontare la lettura in modo dialogico, chiedendo al bambino di indicare un oggetto, rispondendo alle sue domande implicite, fatte senza parlare ma indicando col ditino una figura (i libri della topolina Pina, attorno ai 18 mesi, sono ottimi per questo genere di approccio).

È lì, attraverso le storie, le immagini, le parole, che nasce quel primo dialogo tra adulto e bambino. Un dialogo ancora privo di parole, nella lingua comune dell'immaginazione.

In questo post ho parlato di:

   
Il gioco del nascondino è una splendida avventura per i bambini.
Improvvisamente una casa, un parco, un giardino si trasformano in teatri di avventure, di rifugi segreti, di calcoli strategici per celarsi agli occhi dell'avversario.

mamma volpe

È il gioco della presenza e dell'assenza, quello in cui, come nel "cucù", si testano i limiti, la persistenza dell'altro anche quando non siamo con lui.
Mamma volpe, di Amandine Momenceau, Pulce edizioni, racconta questo gioco nel suo aspetto più istintivo, calandolo nella natura, tra i cuccioli e la loro mamma.

mamma volpe

È inverno, il bosco è innevato e mamma Volpe va a spasso con i suoi cuccioli che, giocando, si allontanano da lei fino a scomparire.
È un po' in apprensione quando non li vede più, ma è un'apprensione appena accennata. Si intuisce che non è la prima volta che i piccoli si nascondono, e che si fida di loro.

mamma volpe

Nella ricerca di mamma Volpe, il libro viene coinvolto nel gioco, con la sua fisicità.
Le pagine fustellate, con il foglio diviso in settori orizzontali, fori che simulano tane e ritagli che ricreano la forma degli alberi, nascondono o rivelano i cuccioli.
Sfogliando Mamma volpe, il lettore partecipa all'esplorazione. Solleva lembi di pagina come fossero veli dietro cui i piccoli si rifugiano, gira pagina lasciandosi alle spalle tronchi d'albero, come se stesse entrando nella foresta.

mamma volpe

L'intera parte centrale del libro non è altro che un gioco a nascondino, in cui grafica e cartotecnica rappresentano un vagare che non è quello ordinato di chi ha una meta, ma quello casuale di chi si lascia guidare dallo sguardo e dall'istinto per scoprire un nascondiglio.

Anche il testo, privo di un narratore e interamente affidato al discorso diretto dei protagonisti, non avanza, ma "vaga":


Dove sono i miei volpacchiotti?
Saranno andati di là?
Forse laggiù?
Li cerco dappertutto, ma non li trovo da nessuna parte.


La pagina più affascinante è senza dubbio quella in cui la sagoma da sfogliare come fosse una pagina è quella di mamma Volpe stessa.

mamma volpe

Sembra di vederla girarsi, voltare lo sguardo, e scoprire il cucciolo nascosto dietro di lei.

mamma volpe

I volpacchiotti amano giocare perché così possono restare fuori più a lungo, ma alla fine si lasciano trovare dalla mamma, perché la sera è lei il rifugio migliore.
Mamma volpe racconta l'istinto del gioco e l'amore di mamma, la voglia di indipendenza e il bisogno di tornare. È un racconto universale, in cui ogni cucciolo d'uomo si può rispecchiare.

Un bosco di carta


Questa mamma umana che vi sta scrivendo, invece, è restata affascinata dal bosco di carta, tanto da volerne ricreare uno.
Ho preparato un file Silhouette Studio* che potete usare se avete la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter). Altrimenti, con un po' di attenzione, basteranno carta e forbici, o una buona taglierina.

*NB: ho preparato un file che tenesse tutti i riquadri nello stesso foglio A4, ma vi consiglio di ingrandirli per ottenere un bosco "giocabile".

bosco silhouette cameo

Ho preparato quattro rettangoli: uno sfondo marrone e poi varie tonalità di verde, con alberi via via più fitti.

bosco silhouette cameo

Li ho fissati dal lato più largo, in alto, con del nastro adesivo, in modo da poterli "sfogliare".

bosco silhouette cameo

E poi?
Il bosco può diventare un originale biglietto d'auguri (potete scrivere dei messaggi anche sui tronchi degli alberi, in modo che si svelino un po' alla volta), o lo scenario di un gioco, ritagliando piccoli animali di carta che giochino a nascondino tra tronchi e rami.

E se vi perdete


L'arte non sta soltanto nella tecnica, ma nella capacità di creare qualcosa di nuovo, di compiere una frattura.

lo specchio di henri

Ce lo racconta Roberto Prual-Reavis in Lo specchio di Henri (Sinnos editrice, traduzione di Federico Appel).
Henri è una lucertola che ama dipingere. Si sveglia di notte per uscire con la sua tela e i suoi pennelli e immortalare la natura.

lo specchio di henri

Le tavole che lo ritraggono sembrano già quadri esse stesse, bordate da vegetazione che fa da cornice sul fondo bianco della pagina.

lo specchio di henri

In un registro narrativo che alterna umorismo e poesia, vediamo Henri impegnarsi e non lasciarsi mai scoraggiare.
Sale la nebbia che offusca il soggetto da ritrarre? Tanto meglio: Henri si eserciterà nello sfumato.

lo specchio di henri

Sarà il suo amico Omar, un rospo, un intenditore d'arte che crede nel talento di Henri, a fargli conoscere il genio di Leonardo e a suggerirgli una nuova sfida: dipingere uno specchio.
Ancora una volta, la tenacia di Henri lo porterà a provare e riprovare, e a dipingere nei luoghi e nei modi più impensati.

lo specchio di henri

Finché Henri ce la farà: dipingerà un quadro in cui chiunque può specchiarsi, un quadro che, metaforicamente parlando, è un po' la quintessenza dell'arte, perché ognuno ci può scoprire qualcosa di se stesso.

lo specchio di henri

Sarà appagato, Henri, da questo successo?
Nessun artista vero può esserlo. E allora, quale sarà la sua prossima sfida?

Lo specchio di Henri riesce a toccare in modo coinvolgente e leggero, con numerosi momenti umoristici, delle corde profonde, che ci insegnano quale sia l'essenza dell'arte, e dell'artista.
Lo specchio è una metafora potente e comprensibile, che ci racconta che in un'opera, per amarla, dobbiamo prima di tutto riconoscerci.

Uno specchio per esplorare l'arte


Lo specchio è anche uno strumento affascinante per esplorare il disegno, le forme, le simmetrie.
Muovendo un piccolo specchio su un disegno o su una fotografia si possono creare singolari effetti visivi; piazzandolo sulla linea mediana dell'immagine di un volto umano, scopriamo come sarebbe strana una faccia perfettamente simmetrica.

lo specchio di henri

Con uno specchio possiamo costruire le metà mancanti: basta disegnare la metà di un disegno simmetrico (una casa, una farfalla) e poi completarlo virtualmente appoggiando lo specchio sul suo limite.

lo specchio di henri

Infine, possiamo usare a nostro favore un'illusione ottica che nasce dalla visione stereoscopica: basta piazzare lo specchio a metà del foglio, con la superficie riflettente rivolta verso la metà disegnata, e appoggiare il naso sul bordo superiore.
Ci sembrerà di vedere, al di là della barriera dello specchio, sul foglio bianco, la metà mancante del disegno. Con un po' di attenzione possiamo provare a ripassare queste linee immaginate con un pennarello, per poi togliere lo specchio e scoprirne il risultato.

Quante riflessioni possono nascere da una riflessione?

 
Amore, morte: non è facile affrontare i grandi temi della vita con i bambini. Eppure è necessario.
Non per dare loro le nostre risposte, ma per aprirli alle domande.


Ci vuole un po' di coraggio per parlarne, e ce ne vuole anche per pubblicarci un libro.
Ma Lupoguido ha già dimostrato di essere una casa editrice coraggiosa, e ancora una volta non si smentisce: con Piccolo sonno di Alessandro Riccioni e Francesca Ballarini prova a raccontare l'amore anche oltre la morte.


La storia è quella di Giuseppe, un anziano signore che un giorno, nel parco, salva un uccellino dalle grinfie di un gatto. Non si tratta però di un uccellino qualsiasi: è un uccellino nero, "nelle piume, negli occhi e perfino nel becco" (ma con delle brillanti zampe arancioni). È il messaggero della morte.


Nemmeno Giuseppe è un anziano come tutti gli altri. Lui della morte non ha paura. È un uomo solo: da quando sua moglie è morta, alcuni anni prima, trova felicità soltanto nei ricordi.
L'uccellino è commosso dalla sua gentilezza e gli concede un desiderio, e una notte per pensarci.
Il giorno dopo, Giuseppe porta all'uccellino un biscotto.


È un uomo gentile, Giuseppe, un uomo che si prende cura della solitudine altrui, forse perché conosce bene la propria.
E il suo desiderio è soltanto uno: rivedere la moglie.
Naturalmente, per esaudirlo, il piccolo uccellino dovrebbe farlo morire, ma la sua gentilezza lo ha talmente colpito che trova una soluzione diversa: gli regala un giaietto, la pietra nera del "piccolo sonno". Messa sotto il cuscino ogni prima notte del mese, regalerà a Giuseppe un sonno profondo che gli farà incontrare la moglie in sogno.



Raccontando il rapporto tra un messaggero di morte e la sua vittima predestinata, Piccolo sonno ricorda da vicino un classico sullo stesso tema, L'anatra, la morte e il tulipano di Wolf Erlbruch, ma innesta nella narrazione un elemento nuovo: un amore che fa da ponte tra il mondo mortale e l'aldilà.

Un amore che, anche nell'assenza, non rende aridi, ma ingentilisce gli animi.
La delicatezza, la gentilezza, la poesia di questo racconto si esprimono nel tono semplice e pacato delle parole e negli acquerelli dai toni lievi e vividi allo stesso tempo. Le sfumature dolci e le linee morbide si accompagnano a colori accesi. Ci sembra di sentire il peso leggero dell'uccellino sulla spalla, la materialità del biscotto che si sbriciola, perfino il profumo dei fiori evocati dall'anziano nel ricordo della moglie.
Il messaggero della morte è un uccellino tenero, a cui la tecnica pittorica riesce a dare morbidezza nonostante il colore nero: non fa paura.
Dispiace, anzi, alla fine del libro, che la narrazione non sia andata fino in fondo, accompagnando il protagonista verso una fine di cui non aveva timore e che era pronto ad affrontare.

L'appuntamento con la morte è rimandato, resta sospeso.
Così come restano aperte, nel lettore, le porte della riflessione.


Quand'è che si inizia a capire l'amore?
Mai, probabilmente.
Allora riformulo la domanda: quand'è che si inizia a pensare all'amore?

amore a 126 cm da terra

Ci sono bimbi che lo provano già negli anni dell'asilo, che sviluppano legami speciali, esclusivi, altri per i quali l'amore è soltanto tempo rubato al gioco, inutile e incomprensibile.

L'amore a 126 cm da terra (Pulce edizioni) prova a insinuarsi tra questi due poli, raccontando in trentatré poesie le tante sfaccettature dell'amore bambino, ancora troppo basso per volare di qualche metro sopra il cielo.

Sara Carpani e Luca Tozzi fanno sorridere e fanno pensare, con versi talvolta ironici e arguti, talvolta ingenui, a riflettere l'inconsapevolezza dei protagonisti immaginari di queste piccole storie rimate.

Dicon tutti che l'amore
sta di casa dentro al cuore.

Ma se vedo Lara Cocchi
mi riluccica negli occhi.

Se la bacio sulla guancia
mi ribolle nella pancia.

[...]
Io non penso che l'amore
stia soltanto dentro al cuore.


– Dove abita? – mi chiedi:
dalla testa fino ai piedi!

L'ngenuità della rima cuore-amore ci racconta il primo approccio con un sentimento nuovo, ancora non compreso, che il bambino impara a sperimentare nei suoi pensieri ma anche nelle reazioni emotive del suo corpo.

amore a 126 cm da terra


C'è la relazione tenuta segreta, così segreta che nemmeno l'amata lo sa.
E poi ci sono amori solo all'apparenza minori, eppure altrettanto totalizzanti nella vita di un bambino: quello per il nonno, per un cane o un gatto, per una pianta, per il migliore amico:

Io comandante,
tu copilota.
Io semiasse,
tu la mia ruota.
[...]
Ora il tuo nome
sarà nel mio diario.
Ora il tuo bullo
sarò il mio avversario.

Piove, ma a noi

basta un ombrello,
perché ti ho scelto
come fratello.

amore a 126 cm da terra

Le illustrazioni accompagnando con leggerezza, spaziando dall'ironia di una caricatura alla profondità della metafora, seguendo il tono delle parole.

Parole semplici, quotidiane, a volte buffe, che raccontano di banchi di scuola e di giochi.
Parole che si affacciano timide in un mondo di emozioni ancora sconosciute, spesso rifiutate:

L'amore mi fa schifo.
Come una caccola gialla e verde
o il sacco dell'umido quando perde.

[...]
L'amore mi fa schifo.
Ma quest'altr'anno Viola
forse cambia scuola
e quando l'ho saputo
un po' mi è dipiaciuto.

Parole che accolgono tutte le sfumature di sentimento, senza ridicolizzarle mai.
Non è mai troppo presto per l'amore, e neanche per la poesia.


L'adulto che si affaccia per la prima volta al mondo dell'editoria per bambini può restare disorientato.
Ad avere la visibilità, sugli scaffali, sono soprattutto i prodotti più commerciali, quelli nati per vendere, quelli pensati per far leva sui genitori ("Con tanti effetti sonori per imparare i versi degli animali"!), quelli che ci sembrano buoni libri solo perché ci ricordano qualcosa che già conosciamo. In fondo, se la Disney fa bei film per bambini, farà anche bei, libri, no? (spoiler: no).

dentro e fuori le pagine quando i grandi leggono ai bambini

Per fortuna di bussole per orientarsi nel panorama editoriale ce ne sono tante: i bravi librai, i bravi bibliotecari, i corsi e gli incontri organizzati da Nati per Leggere, alcuni blog (non necessariamente il mio).
Naturalmente, ci sono anche bei libri che parlano di libri. Tuttavia, il rischio è, in questi casi, di trovarsi di fronte a un libro troppo teorico, interessante per gli addetti ai lavori ma arduo da tradurre in realtà, oppure troppo pratico, una mera bibliografia tematica fine a sé stessa.

In questo ampio panorama di saggi, ne sono nati recentemente due che ho particolarmente apprezzato per l'equilibrio e la validità dei contenuti. Facilmente fruibili anche per un pubblico non particolarmente preparato in pedagogia e letteratura, integrano bene nozioni metodologiche di base, consigli pratici ed esempi concreti che non si esauriscono in una mera indicazione sul singolo libro ma aiutano il lettore a mettere in pratica quanto letto. Si tratta di Quando i grandi leggono ai bambini e Dentro e fuori le pagine alla Scuola dell'Infanzia.

Ho avuto modo di ascoltare Angela Dal Gobbo più volte, partecipando a incontri organizzati per genitori e lettori volontari da Nati per Leggere: è una donna dalla cultura profonda e dalla profonda passione per illustrazione e letteratura, capace di incantare e trasmettere incanto.
Tuttavia, ero un po' perplessa su un progetto come Quando i grandi leggono ai bambini (Donzelli), presentato come una semplice bibliografia dei libri più belli destinati all'infanzia. Ho voluto dare fiducia all'autrice (e a Nati per Leggere) e acquistarlo, e la sua lettura è andata decisamente oltre le mie aspettative.
È decisamente riduttivo pensare a Quando i grandi leggono ai bambini come a una semplice bibliografia.
Ogni capitolo inizia con un'introduzione teorica, chiara, completa, ben documentata, che spazia dallo sviluppo cognitivo del bambino nei suoi primi anni di vita agli elementi che compongono l'albo illustrato (intreccio, personaggi, illustrazioni e così via). Si tratta di nozioni che si traducono facilmente in pratica, e costituiscono una serie di indicazioni chiare per scegliere un albo di qualità, ben scritto, ben illustrato e adatto alla fase di sviluppo del proprio figlio.


quando i grandi leggono ai bambini

A ogni capitolo segue una bibliografia con un'analisi approfondita di alcuni testi seguita dalla presentazione più sbrigativa di altre proposte, a titolo di esempio.
Quella che può sembrare una semplice indagine su un singolo testo si trasforma in realtà in una preziosa indicazione metodologica: accompagnandoci alla scoperta del ritmo narrativo, del punto di vista, del registro linguistico dell'albo di cui parla, Angela Dal Gobbo ci insegna a riconoscere queste stesse caratteristiche in ogni libro con cui abbiamo a che fare, offrendoci non solo una carrellata di libri "belli", ma soprattutto un metodo per riconoscere la qualità anche nelle proposte editoriali non comprese nel suo saggio.
Piccola chicca finale per appassionati, una ricca serie di biografie dei più grandi autori per bambini e ragazzi.
Quando i grandi leggono ai bambini  è una bussola indispensabile per lettori, genitori, educatori e semplici appassionati di letteratura per l'infanzia.


Dentro e fuori le pagine alla Scuola dell'Infanzia (Bacchilega Junior) si rivolge invece a un target più specifico, quello delle insegnanti della scuola dell'infanzia (pur essendo certamente interessante anche per genitori). Lo hanno scritto Francesca Tamberlani, autrice di milkbook.it, e Carla Colussi, scegliendo un approccio molto pratico e operativo.

Il saggio, dal formato di "quaderno", propone infatti alcune letture adatte alla fascia 3-5 anni e le collega ad attività e laboratori da proporre ai bambini. Anche in questo caso, il libro si apre con alcuni capitoli introduttivi, che raccontano l'importanza della lettura, indicano le caratteristiche di un libro di qualità e suggeriscono alcuni trucchi per la lettura ad alta voce.

dentro e fuori le pagine

Propone poi alcuni esempi di libri da leggere e di attività ad essi collegate.
So che può suonare strano, detto da me, che sui libri e sui giochi ispirati ad essi ho costruito quasi l'intero blog, ma ho spesso perplessità sui "lavoretti" da affiancare alla lettura: sono profondamente convinta che la lettura debba essere un piacere fine a se stesso e non trasformarsi in "compito".

L'operazione che fa Dentro e fuori le pagine alla Scuola dell'Infanzia va però molto oltre il "lavoretto dell'asilo". Le autrici propongono per ogni lettura degli spunti di discussione improntati alla maieutica, in cui l'insegnante non cerca la "risposta esatta" dal bambino, ma una semplice espressione di sé.
Allo stesso modo, le attività suggerite non sono i classici "lavoretti", basati su un modello da seguire pedissequamente e spesso realizzati più dalle maestre che dai bambini, per assicurare un certo standard nel risultato. Si tratta invece di proposte che liberano l'espressione dei bambini, la riflessione, stimolano la cooperazione, avvicinano all'approccio con materiali poveri e destrutturati.

Gli albi suggeriti dal libro sono dieci, più altri dieci trattati in modo più rapido, ma ciò che conta, al di là della scelta dei titoli, è l'approccio metodologico, che una volta interiorizzato potrà essere speso su qualsiasi albo illustrato di qualità (ad esempio, uno di quelli suggeriti da Angela Dal Gobbo!).

dentro e fuori le pagine

La lettura proposta viene quindi interiorizzata non attraverso uno schema prefissato, ma un percorso interiore personale del bambino, senza fornire una chiave di lettura esterna, ma accompagnando il bambino a trovare la propria, unica strada.
Una strada diversa per ognuno, che solo le buone storie sanno indicare.

PS: Su cosa significa "albo illustrato di qualità" avevo scritto un post qualche tempo fa, mentre qui avevo approfondito il rapporto tra immagini e testo in un albo.

 
Quello che distingue un bravo autore per bambini da uno che non lo è non è tanto la fantasia, o l'abilità nell'intrecciare le storie, quanto la capacità di mettersi all'altezza del bambino, di vedere ginocchia anziché volti, di scrollarsi di dosso il bagaglio di pensieri e conoscenze di una vita e tornare a quella logica del "qui e ora" che tutti avevamo da piccoli.

il regalo

Emma Adbåge, scrittrice e illustratrice svedese, ha certamente questo dono, e il suo Il regalo, uscito in Italia con Beisler editore, ne è una perfetta dimostrazione.

Quando la lancetta lunga punta dritta in su io e la mamma andiamo alla festa di compleanno di Frej.

È il bambino che parla, e ce ne accorgiamo non solo perché il testo è in prima persona, ma perché suoi sono i riferimenti temporali: non un orario, ma la posizione della lancetta.

il regalo

Anche la sequenza di gesti in preparazione della festa ci mostra immagini reali: né stereotipate, né patinate. La mamma in intimo in attesa di vestirsi è una mamma "vera", quella di casa e non quella delle pubblicità. E così i capelli pettinati, con i nodi che tirano, e il phon che soffia troppo forte.
La carrellata di espressioni dei protagonisti, dalla prima all'ultima pagina, riesce a trasmettere emozioni credibili e perfettamente riconoscibili, senza teatralità.

il regalo

Ma la cosa in cui il lettore si riconoscerà meglio è l'atteggiamento del protagonista verso il regalo.
Il piccolo ha scelto per l'amico un castello, un castello uguale al suo, ma rosso.

Il mio però è verde.
Verde, brutto e stupido. 
E che non mi piace più!
Il castello rosso è molto più bello.
Inutile convincere la mamma a scambiarli: ormai il regalo di Frej è impacchettato, e va consegnato.

il regalo

Non abbiamo provato tutti questa sensazione, di voler tenere per noi un regalo fatto a un amico?
Non ci è sembrato sempre più bello del nostro, il gioco degli altri?

Mentre si avvia verso il curioso e rassicurante finale, che riappacificherà il protagonista con il proprio castello, Il regalo non indugia in morali o insegnamenti: è semplicemente una storia, non una lezione.
E, proprio per questo, riesce a toccare corde che una lezione e una morale non potrebbero mai fare: fa sentire il bambino compreso, legittimato nel suo sentire. Lo conquista, perché il bambino, in questa storia di straordinaria quotidianità, ci si può identificare, semplicemente.

Né verde, né rosso, in questi giorni di caotica (almeno a casa nostra) quarantena, il nostro castello ce lo siamo costruito.
È bastato prendere una scatola di cartone, ritagliare i merli nel bordo superiore, incidere un portone e alcune finestre.


castello di cartone

Le torrette erano rotoli di carta igienica, fissati agli angoli con dei fermacampioni.
Il ponte levatoio, fissato in basso con del nastro adesivo, era legato dal lato esterno con due pezzi di spago, per poterlo sollevare all'arrivo dei nemici.

castello di cartone

E poi, con le tempere, ci abbiamo aggiunto mattoni, e piante rampicanti, e perfino guardie e draghi.
Ci piace così tanto che non lo regaliamo a nessuno. ;)


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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