Nuvole in scatola
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Hanno vita facile i supereroi con i classici superpoteri: la super vista, il super udito, la super forza.
Ma cosa succede quando invece qualcuno è super lento?


Ce lo racconta Robert Starling in Super Brando, edito in Italia da Lapis.
Brando è un bradipo come tanti, che un giorno trova "una strana foglia". La foglia è in realtà un fumetto, abbandonato nella giungla da un paio di turisti che vediamo allontanarsi.


Brando lo legge avidamente, a velocità bradipo, e decide che vuole diventare un supereroe, come il protagonista della storia.


Trova un mantello e si prepara a salvare il mondo (con calma).


Brando ci si mette d'impegno, ma fare il supereroe è più difficile di quel che sembri: arriva sempre tardi quando lo chiamano in soccorso, e non gli basta certo un mantello per imparare a volare.

Le immagini fanno sorridere, mostrando alcuni paradossi della lentezza di Brando, come quando si arrampica su un albero per aiutare il Tucano e scoprire chi gli ha rubato i manghi, ma arriva in cima molto dopo di lui.


Con un po' di ironia (e qualche passaggio linguisticamente un po' forzato, a causa forse di una traduzione un po' frettolosa), Brando ha finalmente l'illuminazione decisiva: un bradipo non potrà volare o essere più veloce degli altri, ma la sua lentezza può diventare un pregio, se gli permette di muoversi senza farsi notare.

È così che aiuterà gli altri animali sconfiggendo il ladro di manghi.

E dopo aver raccontato le avventure di questo personaggio, il risguardo finale ci offre alcune curiosità scientifiche sul bradipo come animale.


Leggero, divertente, avventuroso, Super Brando apre con il sorriso la strada a una riflessione importante: ognuno può essere un supereroe se trova il proprio superpotere.
Ma anche: ogni difetto può essere volto a proprio vantaggio, se lo si sfrutta nel modo giusto.

Ecco allora che si può giocare a inventare il proprio superpotere. Basta infilarsi un mantello, anche fatto in casa col pannolenci (come quello che avevo creato per la super-festa del Piccolo T). Oppure semplicemente vestirsi solo della propria fantasia.


Scovare il proprio superpotere, o quello dei propri familiari, è un esercizio che aumenta l'introspezione, l'osservazione, l'autostima, e perché no, anche l'autoironia, che è sempre il mio superpotere preferito.
Io, ad esempio, sono dotata di super-disordine: confondo i miei nemici che non saranno mai in grado di trovare quello che cercano.
E anche di super-pigrizia-domestica, che mi permette di allevare dei super-gatti-di-polvere, che fanno la guardia alla casa.

E voi, che super-non-potere avete?


I bambini sono vivi, anche nei colori. Non hanno sfumature.
Non ne hanno con la gioia, non ne hanno con la tristezza. È una questione di prospettiva: in una vita durata finora pochi anni, mezz'ora di attesa è un tempo infinito e un pomeriggio da un amico saltato è un'occasione che potrebbe non ripresentarsi mai più.

Se qualcosa va male, ci viene da dire "Non è niente", ma è una bugia. Per noi non è niente, per loro è tutto.


E allora forse "Non è niente" non è l'approccio ideale da utilizzare con loro, perché non è quello che sentono. È molto più efficace cercare di vedere le cose semplicemente da un altro punto di vista: ogni sfortuna può diventare una fortuna, e in questo i bambini sono molto più bravi di noi, perché sanno spazzare le nuvole e far tornare il sereno in un batter d'occhio.

È questo che racconta Pom e Pim, albo degli svedesi Lena e Olof Landström portato in Italia da Beisler.
In un'ambientazione è quotidiana, rappresenta situazioni in cui ogni bambino può rispecchiarsi, l'albo  racconta le vicende di Pom e del suo pupazzo Pim.


Con una logica narrativa che vi ricorderà quella del celebre Fortunatamente (seppur con un ritmo meno cadenzato e lasciando più spazio alla narrazione che ai continui cambiamenti di fronte) vediamo alternarsi eventi fortunati e sfortunati che cambiano iimmediatamente la prospettiva del protagonista.


Pom cade (che sfortuna!) ma grazie alla caduta trova una banconota a terra (che fortuna!)


Scopriamo così che da ogni evento avverso può nascere qualcosa di buono.
E se non nasce... basta lavorarci un po'.


Da un palloncino rotto, ad esempio, può nascere un impermeabile per Pim.
Perché Pom e Pim è così: mostra che crucciarsi è inutile, è molto meglio ribaltare la prospettiva e scoprire la fortuna dentro la sfortuna.


Semplice nel linguaggio sia testuale che visivo, Pom e Pim è adatto ai bimbi fin dai due anni, che non faticheranno a riconoscersi nel protagonista.

E il tormentone "che sfortuna!" / "che fortuna!" può diventare un simpatico esercizio per imparare (e parlo anche di noi adulti) a vedere il lato bello delle cose, oppure a costruirselo, come fa Pom con l'impermeabile di Pim.

Oh, oh, ci si è bucato un calzino, che sfortuna!


E se gli tagliassimo la punta e lo trasformassimo in uno scaldacollo per pupazzi?


O, con un paio di tagli in più, in un bel vestito elegante?


Avere tempo libero e un pizzico di fantasia: che fortuna!

C'è qualcosa che scatta in noi, lettori voraci, dal momento che i nostri figli iniziano la primaria. Li vorremmo subito vedere con un libro in mano, magari uno dei classici che abbiamo amato da piccoli, a fare le ore piccole accendendo di nascosto una lucina in camera, proprio come facevamo noi.

La realtà spesso è ben diversa, per una serie di ragioni che comprendono il cambiamento generazionale, ma forse anche la nostra scarsa memoria: siamo sicuri che da piccoli, appena dopo aver imparato l'abc, fossimo subito partiti ad affrontare Ventimila leghe sotto i mari?


Se è vero che esistono bambini da subito curiosi e motivati alla lettura autonoma, sono probabilmente più diffusi quelli che vanno stimolati un po', attraverso la scelta di argomenti da cui sono attratti, ma anche di modalità di lettura che accompagnino verso il romanzo in modo leggero e semplificato.

Olga e la creatura senza nome di Elisa Gravel, una delle più recenti uscite di Terre di Mezzo editore, si colloca esattamente nella categoria dei libri di transizione tra l'albo illustrato e il romanzo.
L'aspetto materiale è quello di un libro "serio": copertina rigida, un bello spessore (180 pagine), ma l'uso di fumetti, colori, disegni e didascalie fa capire fin dalla copertina che siamo di fronte a una lettura leggera e semplificata.


All'interno, i blocchi di testo non superano mai la mezza pagina. Protagoniste sono le immagini, ricchissime di "appunti" sparsi: Olga e la creatura senza nomesi presenta infatti come un quaderno di osservazioni, quello di Olga, appunto.
Olga è una ragazzina curiosa, con un animo da scienziata e una grande passione per gli animali, come si capisce bene anche dalla sua stanza.


Le sue osservazioni sono più umoristiche che scientifiche. Con un candore bambino ci spiega ad esempio perché gli animali sono quasi sempre migliori degli umani, dato che molte cose carine che fanno non sarebbero affatto tali se a farle fossero degli uomini: che cose pensereste di un umano che annusa il sedere a un altro umano?


In un tipico spirito preadolescente, Olga ama gli animali anche perché non sempre riesce a capire gli esseri umani, o ad andarci d'accordo. Meglio allora rifugiarsi nel proprio mondo e nelle proprie osservazioni.

Un giorno, osservando e catalogando le sue scoperte, Olga incontra una "cosa", un animale decisamente bizzarro, che non ha un buon odore, ma sembra inoffensivo e le si affeziona presto.
Olga già si immagina grandi riconoscimenti per questa scoperta: "Meh" (così chiamato perché questo è il suo verso) appartiene a una specie nuova, che lei battezza "Olgamus Ridiculus", a causa del suo aspetto.
Fa una cacca color arcobaleno, ma non si sa bene di cosa si nutra.



Olga inizia allora la sua ricerca per capire come prendersi cura di un Olgamus, sempre arricchendo il suo quaderno di appunti e osservazioni.
Come ogni percorso di ricerca, anche questo porterà a cose aspettate e cose inaspettate, come scoprire che certe persone con cui non riusciva ad entrare in connessione, alla fine non sono poi male come credeva.
Tra piccoli gialli (la scomparsa di Meh), scoperte e nuovi amici, Olga riempie il suo quaderno, e i lettori alle prime armi riusciranno a finirlo di leggere, incoraggiati da una scrittura semplice ma non banale e da una struttura a fumetto che rende tutto più allegro e divertente.

Il romanzo si chiude ma non del tutto: un nuovo titolo è pronto a uscire. L'Olgamus è una creatura davvero bizzarra e probabilmente ci saranno ancora molte cose da scoprire su di essa.
Una cosa l'ho scoperta anch'io: non solo l'Olgamus fa la cacca più sorprendente di tutto l'universo, ma è indubitabilmente l'animale più semplice da realizzare con il didò.

Quindi, se i vostri bimbi hanno bisogno di un po' di incoraggiamento e di autostima non solo nella lettura ma anche nella scultura, Meh è perfetto per cominciare!
Basta formare un salsicciotto piuttosto grosso e arrotondato, e un altro sottilissimo, che schiaccerete col dito.


Segnate la bocca con uno stuzzicadenti.


Attaccate il naso e "pizzicate" sopra la testa per creare le orecchie (o se preferite attaccatele).


Con uno stuzzicadenti fate due buchi per gli occhi e tante lineette per il pelo. Poi usate altri stuzzicadenti per zampe e coda.


Ecco qua: non è carino?


Forse no, in effetti. Ma Olga lo troverebbe bellissimo.


Avete anche voi a volte la sensazione di non aver dato alla luce dei bambini, ma dei piccoli koala, di cui voi siete il ramo?
Quante volte anche i  più grandicelli chiedono di salirvi in braccio per stanchezza, timidezza o anche solo per insicurezza di fronte a una sensazione nuova? La realtà è che tutti noi, adulti compresi, abbiamo delle comfort zone, fisiche o immateriali che siano, da cui difficilmente ci stacchiamo.


Ce lo racconta con un'iperbole Un giorno da koala, recente uscita di Zoolibri, di Rachel Bright e Jim Field. Il libro narra la storia di Cesare, un koala che ha passato tutta la vita ben attaccato al suo ramo.


Non che se ne stia a fare nulla (scopriamo dalle varie immagini che ha una collezione di foglie e anche una bella libreria, nella quale si possono notare piccoli cammei come Un leone dentro, opera degli stessi autori), ma di scendere non ne vuole sapere, nonostante i numerosi inviti degli amici.


Cesare ha troppa paura, chissà cosa potrebbe succedere là sotto. Scendere è decisamente troppo pericoloso.



Le illustrazioni di Jim Field ci mostrano la storia dai diversi punti di vista, con le tre diverse prospettive: frontale, quando a vedere le cose è il narratore onnisciente, dall'alto, quando vediamo le cose con gli occhi di Cesare, o dal basso, con quelli dei suoi amici.


E se Cesare non vuole scendere dal suo ramo, cosa accadrà quando sarà il ramo stesso a cadere?


Un giorno da koala è una metafora, forse un po' troppo esplicita, sul superamento delle proprie paure e dei propri limiti, un invito alla sfida con se stessi, ad andare oltre, per scoprire che forse i nostri timori ci fanno perdere delle opportunità.
Una storia un po' didattica, arricchita da una carrellata di colorati personaggi e da un protagonista tenero a cui è difficile resistere.

Se anche voi amate i koala, potete trasformare questo loro... attaccamento morboso in qualcosa di utile, come un segnalibro.
Potete divertirvi con i bimbi scoprendo che per disegnare un muso di koala bastano tre cerchi: uno per il viso, due per le orecchie. Disegnate poi il corpo come una I maiuscola con le grazie, molto grossa.



Piegate il corpo in due, attaccate testa e orecchie e fissate del nastro adesivo magnetico sulle zampe.


Il vostro koala si terrà ben stretto alla pagina del libro. A meno che, come Cesare, non scopra improvvisamente la libertà.

 
"Al menu di oggi do 7"
Da quando il Piccolo T ha scoperto "Quattro ristoranti", a ogni pasto mi aspetto una votazione, non sempre clemente, a dire il vero.


Ma quel programma televisivo è stato anche uno sprone a voler imparare qualcosa in più sul cibo, verso il quale non aveva mai avuto molto interesse (se non quello di mangiarlo).

Il tema dell'alimentazione ha molte sfaccettature oltre a quella del gusto, e un libro come Apprendisti chef, di Editoriale Scienza, lo affronta a 360°. Non si tratta di un semplice libro di "ricette facili", ma di un manuale che guida il bambino alla scoperta di tutto ciò che significa cibo e ristorazione.

Si inizia da una presentazione del ruolo di chef, e poi via, ad esplorare i nutrienti e il loro ruolo nella nostra alimentazione.


Da qui, il passaggio logico successivo è quello verso i gruppi di alimenti: cereali, latticini, frutta, verdura, carne e pesce, ma anche i condimenti, necessari per esaltare il sapore dei piatti.


Con un blind test, scopriamo anche il senso del gusto e i diversi sapori percepiti dalle nostre papille, per poi conoscere piatti e sapori dalle cucine di tutto il mondo.

È poi il momento di scoprire come è composta e come si segue una ricetta (la prima proposta è il gelato alla fragola).

Si passa poi in cucina, dove conosciamo attrezzi e tecniche di preparazione e cottura, ma anche le norme di igiene e l'utilizzo corretto di frigo e dispensa.


Infine, passiamo al livello professionale: quali sono i ruoli in cucina? Come si organizza un ristorante? Come si compone un menu? Come si impiatta?
Non mancano nemmeno nozioni di amministrazione, su come calcolare il rincaro rispetto al costo delle materie prime.


Come negli altri libri della serie "Apprendisti" (vi avevo parlato qui di Apprendisti scienziati e qui di Apprendisti coder), anche Apprendisti chef prevede uno sticker da applicare al termine di ogni lezione e alcuni poster e giochi da staccare e montare, come il gioco "crea la tua pizza" o gli stencil per decorare i cupcakes.

Insomma: Apprendisti chef è un'esperienza a tutto tondo sul mondo del cibo, dell'alimentazione, della ristorazione, per imparare non solo a cucinare, ma anche a mangiare, ma soprattutto a capire il cibo.

E quando  vostri bimbi (anche i più piccoli) vogliono "mettere le mani in pasta" ma voi preferite tenere la cucina pulita, allora affidatevi al gioco simbolico.

Ecco

tre cibi giocattolo da fare in casa con materiali di riciclo

Direttamente da un mio vecchio post (al quale vi rimando per istruzioni più dettagliate):

1. la pizza

Con la "pasta" di cartone e ingredienti a scelta come mozzarella, funghi e carciofini ricavati da ritagli di pannolenci, potete comporre ogni volta un gusto diverso, dalla margherita alla capricciosa (l'ananas non usatelo, mi raccomando!).


2. l'uovo all'occhio di bue

 Lo potete preparare con un ritaglio di pannolenci bianco al centro del quale incollare un cerchio di feltro giallo. Se lo inserite dentro un contenitore di sorpresina di ovetto di cioccolata, avrete anche il guscio da aprire.


3. Il panino.

Con cosa volete farcirlo? Noi abbiamo creato del formaggio coi buchi con una spugna da cucina gialla, l'insalata con del pannolenci e un hamburger tondo tondo con un pezzo di feltro marrone.


Per il pane, abbiamo usato una spugnetta da piatti di quelle bicolori, dalla quale abbiamo tolto la parte verde, ritagliandola a forma di pane in cassetta e dipingendo i bordi (la crosta) di marrone.


E ora, siete pronti a servire il vostro piatto, vero o simbolico che sia.
Ma attenzione: il voto di vostro figlio potrà confermare o ribaltare tutto. Anche la vostra autostima.

   
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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