Nuvole in scatola
  • Home
  • Libri
    • Dalla nascita
    • Da 1 anno
    • Da 2 anni
    • Dai 3 anni
    • Dai 4 anni
    • Dai 5 anni
    • Dai 6 anni
    • Dai 7 anni
    • Dagli 8 anni
    • Dai 9 anni
    • Dai 10 anni
    • Dagli 11 anni
    • Per adulti
    • Per papà
  • Chi sono
  • Contatti
  • Affiliazione

E così, arrivata a *#§#t'anni, scopro che in Francia esiste la professione di conteur, un po' come il raccontastorie d'altri tempi.

L'ho scoperto leggendo un libro strano, da cui – lo ammetto – mi aspettavo altro, probabilmente qualche riflessione sull'importanza delle storie, o una sorta di manuale per raccontarle.

lettere a un giovane narratore
 

Lettere a un giovane narratore. L'arte di raccontare storie di Bruno de La Salle, edito da Equilibri è invece un saggio difficile da inquadrare in un genere, e bisogna ammettere che il suo titolo è il modo più onesto per definirlo.

Attraverso le sue pagine, infatti, Bruno de La Salle, importante promotore della cultura orale e del mestiere del conteur in Francia, si rivolge a un giovane che desidera iniziare il suo stesso lavoro.

Lo fa con tono paterno e rassicurante, con delicatezza e poesia, rivolgendosi direttamente a un "tu" che legge, come se fosse davanti a lui, emozionato, un po'insicuro, ma pieno di buona volontà. 

In brevi capitoli, racconta le qualità che un "cantastorie" dovrebbe avere: la leggerezza, perché le storie dovrebbero risollevare l'animo, la modestia, perché dovrebbe essere il narratore a servire la storia, e non la storia a portare il narratore sul palco. Spiega come scegliere le storie e come portarle al pubblico, ma l'impressione generale, durante la lettura, è che l'intento non sia tanto quello di fornire istruzioni, quanto quello di trasmettere l'amore per le storie e per il loro significato nella vita umana.

Ed è un amore che si manifesta soprattutto come responsabilità: quella di portare le storie rispettandole e trasmettendo insieme ad esse tutto il loro valore.

In quasi ogni capitolo è presente un breve racconto, che dovrebbe fungere da esempio, ma sembra anche esprimere l'urgenza stessa di raccontare, come se chi nasce cantastorie non potesse fare a meno di narrare, in ogni momento della sua vita.
Come se le storie fossero l'unico vero modo di trasmettere conoscenza ed emozione.

Il "nostro" libro di Halloween non è esattamente uno di quelli da raccontare con una torcia sotto il viso per mettere paura a chi ascolta. No, perché se ci spezza il fiato, casomai, è solo per le risate.

Notte di botte - ossaspasso

Con Notte di botte continua la spassosa serie di Ossaspasso, di Allan Ahlberg e André Amstutz, che era già proseguita altri libri pubblicati da Camelozampa.

Torniamo a trovare i nostri amici scheletri nella loro cantina scura scura (l'anafora ritorna e ci porta quel senso di familiarità che attendevamo). Troppo scura: i due infatti si scontrano e devono andare dal Dottor Osso.

Notte di botte - ossaspasso

Come di consueto, l'avventura continua in un gioco di ripetizioni, variazioni e accumuli, in cui gli scheletri trovano sempre nuovi modi per farsi male, e ogni volta il dottor Osso applica loro un cerotto in più.

Notte di botte - ossaspasso

Ai meccanismi che hanno fatto la fortuna dei precedenti titoli si aggiunge qui la dimensione comica data dalle caduta e dallo scontro, in tutte le loro varianti, che trasformano questa avventura in una Notte di botte. 

Tutti colpi accidentali e non dettati dalla volontà umana (o scheletrica, insomma), tutti espedienti per portare un po' di leggerezza in un'atmosfera che spaventa solo chi non ha fantasia.

 Siamo animali stanziali, ma come molte cose che non fanno parte della nostra natura (volare, o anche semplicemente leggere), i viaggi hanno su di noi un fascino irresistibile.

Beh, su di me perlomeno sì.

viaggi

In questo albo edito da Lupoguido, Anna Benotto illustra e racconta il senso, o meglio, i tanti sensi del viaggio. Lo fa con un linguaggio evocativo, fatto di poche parole e immagini suggestive.

Protagonista di Viaggi è un orso bruno, non certo un animale migratore (anzi, lo associamo al letargo!), in cui proprio per questo riusciamo a identificarci. Lo vediamo quasi sempre in soggettiva o semisoggettiva, come se guardassimo il mondo attraverso i suoi occhi, e il mondo che vediamo è dipinto al tratto, un po' come la sua pelliccia, come se in ogni cosa che vede ci mettesse un po' di sé.

viaggi

Il testo, minimale, ci illustra i diversi modi di viaggiare, rappresentati visivamente dalle immagini dell'orso (e in un paio di casi, di altri animali vicino a lui): c'è chi pianifica e chi improvvisa, chi segue strade tracciate e chi esplora, chi parte solo e chi in compagnia.

Non c'è giudizio, solo accoglienza di tutti i sensi del viaggio, di tutto ciò che può rappresentare. Si potrebbe dire che Viaggi è a sua volta un viaggio attraverso le diverse sensazioni di ogni viaggiatore, compresa quella tensione tra il desiderio di partire e quello di tornare.

Nell'ultima pagina, un breve testo ci svela le location che abbiamo intravisto nelle tavole disegnate, i luoghi che l'orso ha toccato durante il suo viaggio, dall'Himalaya alla foce del Po.

viaggi

C'è, in questa semplicità apparente, una profondità e un sottinteso lirico che solo chi viaggia (e ama farlo) coglie.

Per questo, nonostante l'apparente semplicità del testo, mi viene da pensare a Viaggi come a un albo da regalare a un adulto (magari il proprio compagno di viaggi preferito), o perlomeno a un bambino già ben consapevole del vero senso della parola viaggiare.

Che il sole sia una stella è una delle tante verità inconcepibili che si trova ad affrontare un bambino.

È inconcepibile perché i suoi sensi raccontano qualcosa di diverso: il sole è grande e caldo, e sta nel cielo di giorno, le stelle sono piccole e poco luminose, sembrano esistere solo di notte.

grande storia delle stelle

Dopo averci parlato di una Terra da proteggere e dei problemi (e delle risorse) della plastica, Neal Layton alza la testa e, con il suo stile leggero e vicino al fumetto, ci racconta la Grande storia delle stelle, sempre con Editoriale Scienza.  

Il titolo è leggermente improprio: più che la storia delle stelle, l'albo affronta la storia della loro scoperta, dai miti e le costellazioni, fino a raccontarci ciò che sappiamo ora, passando dall'invenzione del telescopio e alle scoperte che hanno sfatato alcune credenze.

grande storia delle stelle

Ma infine, Layton arriva anche a raccontare come nasce una stella, e come muore, e come la "nostra" stella sia fondamentale per la vita sulla Terra.

Quella che compie Grande storia delle stelle non è un'analisi approfondita di tutto ciò che sappiamo, ma più un volo rapido e leggero sulle nozioni principali: un testo destinato ai primissimi lettori, che non si sono mai interrogati su questi temi, o lo fanno per la prima volta. Un albo pensato non per chi esce "a riveder le stelle", ma per chi le guarda in un certo modo per la prima volta.

Le sue pagine colorate e allegre non esauriscono la curiosità ma la accendono, dando alcune risposte (cos'è una galassia? quanto è lontano il sole? come è nata l'astronomia?) e lasciando ampi spazi per nuove domande.

Che è un po' quello che ci succede ogni volta che guardiamo il cielo.


"Chi nasce tondo può morire quadrato", dice un vecchio detto.

Ma essere tondi può significare molte cose diverse, sembra aggiungere questo albo.

Pango e Dillo

Pango e Dillo, di Francesca Ortona e Lorenzo Sangiò per Il Castoro, racconta due mondi molto simili e molto diversi: quello di un pangolino e di un armadillo alle prese con il primo giorno di scuola.

Fin dalle prime pagine è chiaro il parallelismo tra i due personaggi, entrambi bambini che vengono svegliati dalla mamma per andare a scuola.
Come in un gioco di specchi di immediata comprensione anche per i bambini in età prescolare (a cui sembra rivolgersi questo albo), vediamo ripetersi la grafica delle pagine, la scansione degli eventi, e con qualche opportuna variazione anche le formule testuali.

Pango e Dillo

Ma è da subito evidente anche un'altra cosa: i due protagonisti hanno personalità molto differenti l'uno dall'altro. Dillo è entusiasta, espansivo, esplosivo, mentre Pango è timoroso, timido e insicuro.

La mamma dell'armadillo, vedendolo impaziente di andare, gli chiede:

"Dillo, un po' di pazienza per favore!"

mentre nel caso del Pangolino, che ha bisogno di qualche minuto in più sotto le coperte, è lui a chiedere:

"Mammalina, un po' di pazienza per favore!"

Le specie dei due personaggi non sono scelte a caso: entrambe si caratterizzano per la capacità di "chiudersi a palla". Ma mentre la palla di Dillo salta e rimbalza per arrivare a scuola per prima, quella di Pango è fatta per essere raccolta dalla mamma e portata tra le braccia fino alla maestra.

Dillo naturalmente chiede a tutti di giocare, mentre Pango resta in disparte. Quando Dillo arriva da lui, resta chiuso a palla. Ma Dillo smette di insistere, capisce la sua difficoltà, si mette accanto a lui, appallottolato, finché non è Pango ad aprirsi.
Solo allora scopriranno (in modo molto divertente, anche per il lettore) tutte le potenzialità di questo "stare a palla" che li unisce, e supereranno le loro differenze.

Pango e Dillo

Accanto alla storia, tenera, allegra e rassicurante, soprattutto per un bambino particolarmente timido che si riconosce facilmente nei panni di Pango, Pango e Dillo lascia al lettore un messaggio che mi ha ricordato molto quello di un altro titolo della stessa casa editrice, Ascolta: l'idea di lasciare a ognuno il tempo di cui ha bisogno, di restare in ascolto, di accogliere anche chi a volte non riesce a esprimersi, aspettando semplicemente il suo momento.

Ci sono bambini che sembrano capaci solo di chiudersi a palla, ma poi, a palla, si possono anche aprire.


Una delle tracce della maturità, nell'anno precedente al mio, riguardava il rapporto tra matematica e poesia. Quando la lessi, e provai a ragionare su quello che avrei potuto scrivere, mi venne in mente solo qualche riferimento al ritmo, alla metrica, e alla fine quello che conclusi fu: "Per fortuna che la mia maturità è l'anno prossimo".

Il fatto è che siamo immersi in una cultura che sembra tracciare una dicotomia insormontabile tra materie umanistiche e materie scientifiche, settorializzando il sapere (e spesso le persone) da un lato o dall'altro. Eppure i punti di contatto sono molti di più di quanti non appaiano a un primo sguardo.

L arte incontra la scienza

Lo dimostra bene un albo divulgativo interessante sia per i presupposti sia per le nozioni che porta: L'arte incontra la scienza di Mary Auld (con illustrazioni di Sue Downing), edito in Italia da Editoriale Scienza.

Le sue pagine esplorano i punti di contatto tra le due discipline nel modo più ampio possibile: ogni pagina spalanca un nuovo spunto di riflessione, un "non ci avevo pensato", o perlomeno un "non ci avevo pensato abbastanza".

L arte incontra la scienza

Non avevo pensato abbastanza che le pitture rupestri nascono anche da uno studio su come ricavare pigmenti dalla natura.

Non avevo pensato abbastanza a come astronomia e immaginazione si siano incontrate nel dare vita alle costellazioni. 

Non avevo pensato abbastanza a quanto il puntinismo debba alla teoria del colore e allo studio di come il nostro occhio lo percepisca.

Il viaggio che passa da accostamenti ed esempi più noti (come la centralità dello studio anatomico nella scultura classica o la ricerca leonardesca di macchine volanti) ad altri più insoliti, come l'arte tridimensionale dell'americana Jen Stark, o l'arte pirotecnica del cinese Cai Guo-Qiang, offrendo nozioni storiche, suggestioni artistiche, intuizioni e spiegazioni scientifiche, in un panorama ampio che aiuta prima di tutto a capire quanto arte e scienza siano discipline vaste, che abbracciano molto di più dell'immagine che abbiamo di esse.

L'arte incontra la scienza non scende in profondità nelle spiegazioni tecniche o nella critica artistica: è un albo rivolto a un pubblico attorno agli otto anni, con l'obiettivo di aprire le menti, più che di riempirle, ma soprattutto di coinvolgere i piccoli lettori.

L arte incontra la scienza

Le pagine descrittive si intervallano infatti a proposte di esperimenti, di attività e di progetti artistici e scientifici, dai più semplici che i bambini saranno in grado di svolgere in autonomia, ai più complessi che richiederanno l'aiuto di un genitore. I lettori saranno così chiamati a costruire piccole macchine volanti di carta, a creare la loro opera puntinista, a studiare l'anatomia per disegnare un corpo o a sperimentare piccole reazioni chimiche.

Perché diventare artisti è anche un po' diventare scienziati.



Amo il mio nome, perché mi piace come suona, ma anche perché è lungo: Elisabetta, 10 lettere.

E in quanto lungo, tutti quelli che in qualche modo sono entrati in confidenza con me lo hanno abbreviato, ognuno a modo suo, come segno di un rapporto speciale, oltre le formalità anagrafiche. E così sono Elisabetta, ma sono anche Eli, Betta, "la Betty", Bettina e alcune ulteriori variazioni sul tema che non intendo condividere qui.

Cosa c'entra tutto questo con un libro?, vi chiederete.

ti aspetto a san qualcosa

C'entra. Perché l'incipit di Ti aspetto a San Qualcosa, di Beniamino Sidoti, edito da Camelozampa, parte proprio da una riflessione sui nomi.
Simone, il protagonista, si è da poco trasferito in un paese nuovo e fatica ad accettare questo cambiamento. Sa di doverci entrare in confidenza, con questo posto, di doverlo conoscere, ma lo rifiuta, e per questo non lo chiama per nome, ma "San Qualcosa".

Questo "San Qualcosa" diventerà una delle due cifre stilistiche che caratterizzano il libro: il nuovo paese di Simone non verrà mai chiamato due volte allo stesso modo, ma cambierà nome assorbendo di volta in volta punti di vista, stati d'animo, caratteristiche che riflettono l'attenzione del ragazzino.

Sarà un anonimo San Paesino, San Questo, San Caseconstrade, ma gradualmente assumerà toni più caldi e personali. Diventerà San Pistaciclabile, San Spuntino, San Delusione in un momento di tristezza, ma anche San Tihotrovato dopo l'incontro con Sara, una ragazzina solitaria come Simone, che farà cambiare tutto, come accade sempre quando due solitudini si incontrano.

Accade così che, senza che Simone se ne renda conto, proprio attraverso questi nomignoli pensati per allontanarla, la città diventa sua, sua come mai potrebbe esserlo se la chiamasse semplicemente con il suo vero nome.

ti aspetto a san qualcosa

La seconda, forte cifra stilistica che accompagna tutto il libro, è il gioco, o meglio l'esercizio mentale, con cui Simone vive le sue giornate.Ogni giono, il ragazzo si cala dentro un libro, un film, una canzone, per guardare attraverso un filtro diverso il paese .
Ne annusa le tracce animali come se fosse Zanna Bianca, ne osserva le case con la cura di un Hobbit, ne cerca la magia come fosse Harry Potter (mentre il paese diventa San Terradimezzo e San Hogwarts).

È una selezione per nulla snob o intellettuale, che spazia dai Queen a Nonna Papera, e riflette quel bisogno di gioco che c'è ancora in un bambino non del tutto cresciuto e quel bisogno di incasellare le cose e dare loro un ordine, che è tipico degli adolescenti.

La storia si snoda così, tra queste trovate linguistiche e stilistiche che rendono la lettura più curiosa ed espressiva e danno ad ogni capitolo un colore e un umore che si percepiscono chiaramente, senza troppe parole, senza che note troppo esplicite rovinino la magia.

Pagina dopo pagina si svelano al lettore la storia di Simone, i drammi che sta affrontando, le affinità con Sara, il rapporto con il padre e la famiglia. Temi profondi, trattati con delicatezza, a tratti con velata ironia: un tocco sapiente che rende la lettura dolce senza fare sconti sulla sua profondità.


Il libro di oggi inizia con un invito a guardare un fantasma.

E se vi state immaginando una figura stilizzata con un lenzuolo e due buchi per gli occhi, no: si tratta proprio di un fantasma che non si vede.

Questo incipit è in qualche modo emblematico dell'essenza di questo albo, che coinvolge il lettore in un gioco a tre tra lui, i protagonisti e la voce narrante, un gioco che scardina i meccanismi della narrazione, del detto e non detto, del visto e non visto.


guarda il fantasma

Se vi sembra di aver già sentito qualcosa di simile, è perché Guarda il fantasma, l'albo di cui vi parlo oggi, è il seguito ideale di Guarda il gatto, di David LaRochelle e Mike Wohnoutka, edito anch'esso da Biancoenero edizioni, che vi avevo presentato qui, e di Guarda il cane.

Protagonisti, stavolta, tre personaggi invisibili: un fantasma, il vento, una fata.

Anche in questo albo saltano i normali meccanismi della narrazione: i personaggi (il solito cane, il solito gatto, e poi fantasma, vento e fata) non si limitano a interagire tra loro ma si appellano direttamente al narratore, che non soltanto agisce da voce onnisciente ma ha anche il potere di modificare gli eventi, portando in scena oggetti e personaggi e contrattando con loro gli sviluppi della storia.

guarda il fantasma

Ancora una volta, leggere diventa una riflessione su "come funziona un libro", anche perché entrano nella storia gli elementi materiali del libro stesso: quando il vento porta via le parole dalla pagina, ad esempio, si rende conto che poi non può più fare nulla.

guarda il fantasma

Ho la sensazione che albi come Guarda il fantasma non si limitino a intrattenere e a divertire, ma rendano anche l'oggetto-libro qualcosa di più curioso e più familiare al tempo stesso, qualcosa di magico, non solo perché racconta storie, ma perché le fa in qualche modo accadere. E per chi ancora non sa leggere, questa può essere una scoperta fondamentale.


Tra i vari pensieri che si scontrano, quando si parla di istruzione, c'è la dicotomia tra una scuola più concreta, che forma lavoratori, e una più astratta, che forma cittadini consapevoli.

Economia la scelta è tua

Il dilemma è più arduo di quanto non sembri a prima vista e le sue implicazioni e sfaccettature sono troppe per parlarne qui. L'ho citato perché mi è venuto in mente quando ho sfogliato per la prima volta Economia, la scelta è tua, un libro divulgativo scritto da un'economista (Ilaria De Angelis) e una scrittrice (Maria Clara Restivo) per Editoriale Scienza.

Sì, perché mi pare che, almeno in questo campo e per questa fascia d'età (dai 9-10 anni), questo libro trovi una buona sintesi tra astrazione e concretezza, senza perdere mai di efficacia. Ed è al tempo stesso semplice, profondo, concreto e chiarificatore il concetto con cui si apre il libro: economia significa scegliere.

 Economia la scelta è tua

Quando pensiamo alla parola "economia" si affollano nella nostra mente equazioni, grafici, valori, eppure, sebbene la materia possa spaventare (non ho ricordi molto sereni del mio esame di Economia Politica all'università!), parte tutto da qui: dalla scelta tra risorse limitate. Guardandola da questo aspetto, si trasforma da materia per tecnici ad argomento necessario per la vita di tutti i giorni.

Economia la scelta è tua

A partire da questo principio, Economia, la scelta è tua introduce poi il ruolo dello Stato, del lavoro, dei beni pubblici, dei diversi modi di pensare l'uguaglianza: tutti concetti spiegati in modo semplice ma senza tralasciarne la complessità di fondo. È molto interessante, ad esempio, vedere come molti aspetti (dalle tasse ai servizi pubblici, dal sistema pensionistico alla parità di genere) sono affrontati e legiferati in modo differente in diversi stati o culture. Tutto questo viene esposto in modo semplice e neutro, senza inclinazioni politiche.

C'è molto da imparare anche per noi grandi!

A intervallare i capitoli, brevissime biografie di grandi nomi dell'economia, che aiutano a inserire i diversi concetti in una prospettiva storica, ma anche numerosi spunti di riflessione ed "esercizi" che coinvolgono il piccolo lettore in prima persona.

Economia, la scelta è tua è insomma un libro che contribuisce a formare buoni cittadini, senza trascurare la praticità. Fosse tutta così, la scuola!



Sarà per lo stile delle illustrazioni di F.J. Tripp, per il protagonista bambino ma in grado di viaggiare e cavarsela da solo come fosse un adulto, per la curiosa varietà dei personaggi umani e non umani, per la mole del libro che, a dispetto del target (dai 5 anni in lettura condivisa, dai 7-8 in lettura autonoma) è piuttosto corposo, ma Robbi, Tobbi e il vonapè di Boy Lornsen mi ha ricordato molto Pluk (vi ricordate di Pluk, vero?).

Robbi Tobbi e il Vonape


In realtà, sia dal punto di vista concreto sia da quello stilistico i due titoli non hanno molto in comune: autori e illustratori sono diversi, tedeschi nel caso di Robbi, Tobbi e il vonapè, olandesi nel caso di Pluk, e lo snodarsi della storia lascia al lettore sensazioni molto differenti.

Ma quella del libro di narrativa "lungo" per un target più basso di quanto ci si aspetterebbe è una scommessa che Lupoguido continua a vincere, anche grazie alla ricerca di testi adatti, alla cura editoriale, alle traduzioni efficaci e piacevoli di Valentina Freschi.

Robbi Tobbi e il Vonape

Robbi, Tobbi e il vonapè è un libro multiforme, con un incipit fulminante, sia per la scrittura, sia per l'idea di fondo, e una struttura che nel suo dipanarsi non sempre sa tenere elevati ritmo e attenzione.

L'idea, dicevo, ha qualcosa di semplice e di incredibile al tempo stesso. Tobbi, il protagonista, è un bambino inventore, che ha progettato il Vonapè, un veicolo in grado di volare (vo), navigare (na) e andare su strada, suonando il clacson (pè). Se siete come me curiosi delle scelte linguistiche nei libri, il nome originale di questo veicolo è Fliewatüüt: mi sembra quindi una traduzione ben azzeccata, anche nel tono.

Nell'incipit, l'autore si rivolge direttamente al lettore (non accadrà più nel resto del libro) con uno stile particolarmente schietto e divertente (anche questo resterà confinato a questo incipit):

"In questa storia, le cose si fanno tecniche. Non posso farci niente. Comunque non così tecniche da diventare incomprensibili. Se sapete qualcosa di tecnica, bene! Se non ci capite niente, va bene lo stesso: imparerete tutto man mano che la storia procede."

In realtà non ci sarà poi molto di tecnico, o meglio: sarà un tecnico decisamente sui generis, perché il Vonapè va a succo di lampone e (come scopriremo poi) a olio di balena.

Robbi Tobbi e il Vonape

Sì, perché qui arriva la grande idea del libro: il Vonapè non è solo un progetto, ma esiste davvero.

Il robot Robbi atterrerà nel prato di Tobbi proprio con il veicolo che il bambino aveva progettato. Qui il libro aggancia davvero il piccolo lettore, che di sicuro nella sua vita avrà disegnato o costruito con i mattoncini centinaia di veicoli fantasiosi, e si sarà certamente chiesto "come sarebbe se diventassero veri?".

Robbi si presenta come un "robot di terza": va infatti alla scuola per robot e ha costruito il Vonapè, copiando il progetto di Tobbi, per un proprio compito. Ed è proprio per portare a termine le missioni per il suo esame scolastico che il robot coinvolgerà Tobbi in un viaggio alla ricerca di un faro giallo e nero, dei misteri di un castello triangolare e così via.

L'idea di un "robot di terza elementare" fa tenerezza e contribuisce a umanizzare il personaggio. In generale, Robbi, Tobbi e il vonapè ha tutte le premesse per coinvolgere il lettore in un meccanismo di rispecchiamento e poi portarlo con sé lontano, lontanissimo.

Sì, perché Robbi, Tobbi e il vonapè è un libro di viaggio e di avventura, che ci porta in Groenlandia e in Scozia facendoci conoscere gentili guardiani di fari, allegri eschimesi, delfini e topini parlanti, un celebre mostro del lago e persino il simpatico fantasma di un vecchio castello: una carrellata fantasiosa e curiosissima, per bambini che amano correre con l'immaginazione, ma che non sembra andare molto a fondo nella psicologia dei singoli personaggi, nel costruire un legame con loro o nella loro evoluzione.

Sarà un libro apprezzato da chi ama i dettagli, gli incontri, i racconti di viaggio. E da tutti coloro che sognano di partire con un veicolo che una volta hanno abbozzato su un foglio da disegno.

Post più recenti Post più vecchi Home page

Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

Segui le nuvole

Newsletter

* indicates required

POPULAR POSTS

  • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
  • Svish, splash, squelch, scric, fiuuu!
  • Nuvole in barattolo.
  • Mio figlio non parla! I libri per stimolare il linguaggio.
  • Mio figlio non legge! Sette consigli per crescere lettori in un mondo digitale.

Temi

animali 70 scienza 44 amicizia 29 diversità 29 fantasia 29 natale 28 papà 24 cani 23 nanna 21 disegno 19 regali 19 rime 19 natura 18 scuola 16 condivisione 14 fratelli e sorelle 14 paure 14 emozioni 12 halloween 12 avventura 11 morte 11 onomatopee 11 cibo 10 corpo umano 10 lettura 10 pannolino 10 amore 9 autostima 9 crescita 9 ecologia 9 mamma 9 mostri 9 nonni 9 silent book 9 punti di vista 8 ambiente 7 bullismo 7 esperimenti 7 gatti 7 interattivo 7 supereroi 7 mare 6 matematica 6 noia 6 scrittura 6 storia 6 educazione 5 favole 5 inserimento 5 neve 5 regole 5 compleanno 4 difetti 4 dinosauri 4 famiglia 4 primavera 4 capricci 3 esplorazione 3 estate 3 gallucci 3 in viaggio 3 lentezza 3 maestra 3 neogenitori 3 neonato 3 resilienza 3 tempo 3 vacanze 3 autonomia 2 buio 2 carnevale 2 cucu 2 disabilità 2 macchine 2 autunno 1

Search This Blog

Blog Archive

  • ▼  2024 (32)
    • ▼  dicembre (1)
      • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (2)
    • ►  settembre (3)
    • ►  giugno (5)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (3)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2023 (54)
    • ►  dicembre (5)
    • ►  novembre (7)
    • ►  ottobre (5)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (6)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2022 (81)
    • ►  dicembre (6)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (8)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2021 (111)
    • ►  dicembre (13)
    • ►  novembre (14)
    • ►  ottobre (12)
    • ►  settembre (12)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (12)
    • ►  aprile (12)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (8)
  • ►  2020 (102)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (11)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (9)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (9)
  • ►  2019 (101)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (12)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (8)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2018 (79)
    • ►  dicembre (8)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (3)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (7)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (6)
  • ►  2017 (62)
    • ►  dicembre (7)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (5)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (7)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2016 (44)
    • ►  dicembre (2)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (4)
    • ►  giugno (4)
    • ►  maggio (5)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (2)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2015 (38)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (4)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (2)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (5)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2014 (34)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (2)
    • ►  giugno (3)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (2)

Copyright © Nuvole in scatola. Designed by OddThemes