Nuvole in scatola
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Sole di candito, luna caramella.
La vita ha più sapore insieme a una sorella.
(Luna di gelato sole caramello, di Chiara Carminati e Simona Mulazzani; Carthusia)



Benvenuta al mondo, Piccola M.
Un mondo senza istruzioni, ma con qualche buon compagno di viaggio
che non vede l'ora di scoprirlo insieme a te.

Cos'ha di così affascinante il tendone di un circo?
Forse il fatto di nascondere un mondo a cui può accedere solo chi paga il biglietto, forse la promessa di meraviglie mai viste prima, forse il suo essere "a termine", perché si ferma per un po' e poi se ne va.


E non serve che il circo prometta spettacoli in grande quantità. Ne può bastare anche uno solo, se è veramente fuori dal comune. Ad esempio, se dentro il tendone vi aspetta La più straordinaria bestia del mondo.


Il breve romanzo di Guido Sgardoli (Notes edizioni), agile da leggere anche per i primi lettori autonomi che abbiano preso confidenza con testi un po' più lunghi del normale albo, inizia così: con un uomo che arriva di notte nella piazza del paese e allestisce il suo tendone, con tanto di insegna che promette di mostrare, per l'appunto, La più straordinaria bestia del mondo.


La narrazione si dipana in un racconto corale, che tratteggia il microcosmo di paese, con i negozianti, gli artigiani e i diversi personaggi che lo animano e che, uno dopo l'altro, vengono attratti da questa misteriosa creatura.
All'interno del tendone può entrare una sola persona per volta, e anche questa regola ferrea contribuisce ad alimentare la curiosità attorno all'evento.
La protagonista è Miriam, una bambina molto curiosa ma troppo povera per potersi permettere il soldo del biglietto.


Passando tra i concittadini in fila per entrare e quelli che sono appena usciti, Miriam sente le voci e le esperienze sull'aspetto di questa strana bestia. Incredibilmente, sembra che ognuno abbia visto delle cose diverse. Qualcuno dice che ha peli, qualcuno che ha squame, qualcuno è certo di aver visto delle strane orecchie, altri giurano che si tratti di corna.
Come spesso accade, soprattutto tra le "voci di paese", la verità non è mai una sola, e ognuno ne ha una sua versione. Ognuno, nelle cose, vede quello che vuole vedere.

Ma come sarà fatta davvero questa creatura?


Sarà proprio Miriam a scoprirlo, e a capire che la cosa più straordinaria non sempre è l'aspetto, ma il cuore.

La più straordinaria bestia del mondo colpisce per la curiosità che suscita, per il mistero che sottende, ma anche per i siparietti tra i diversi personaggi, per la loro visione diversa di una stessa cosa, per come le caratteristiche dei personaggi si riflettano a volte sul loro modo di vedere "la bestia".

Il lettore non saprà mai, nemmeno alla fine del libro, l'aspetto reale di questa creatura, ma avrà sognato e immaginato, mettendo assieme i pezzi e gli indizi, e formando nella propria testa una sua idea di come possa essere.

Col Piccolo T mi sono divertita a inventare anche una "nostra" bestia, che fosse corale come il libro, in un gioco di disegno e fantasia che abbiamo chiamato

L'inventabestie.

Per giocare, serve un dado.
Un dado da personalizzare con dei simboli ad hoc, da disegnare e incollare sulle sei facce con del nastro biadesivo (proprio come avevo fatto nel mio post precedente).
Ogni simbolo indicherà una parte della bestia da disegnare: corpo, occhi, viso, mani, piedi, bocca.


A turno (si può giocare in due o più) si tira il dado e ognuno disegna la parte del corpo che esce.
Se esce due volte la stessa parte, si può arricchire di particolari ("viso" significa tracciarne la forma, ma anche le orecchie, i capelli, o le corna) o aggiungere qualcosa (ci sono già due occhi? E chi lo dice che non può essercene un terzo?).


Il disegno finisce dopo un certo numero predefinito di lanci oppure quando i giocatori si dichiarano soddisfatti.
Non c'è un vincitore, solo il gusto di creare qualcosa insieme.


Questo il nostro primo risultato.
Oh, be', la "bestia" doveva essere straordinaria, mica bella, giusto?







I libri fanno sognare, viaggiare, imparare. Questo vale per tutti i libri del mondo (vabbe', facciamo che escludiamo Moccia e simili?).
Ma i libri per bambini hanno una magia in più: creano relazione.
Un libro letto insieme al papà o alla mamma è molto più di una storia con delle belle immagini: è una coccola, un momento passato insieme, un modo per conoscersi e per scambiarsi affetto.


E ci sono libri che più di altri rappresentano questa idea di "libro-coccola". Uno tra i miei preferiti è senza dubbio Morsicotti, letto, straletto e consumato dal Piccolo T e dal Piccolo D.

Più protostoria che storia (e perfetto per questo già da un anno di età se non prima), Morsicotti ha come protagonisti un topolino e un bimbo (gli stessi di Cucù. Di chi è questa manina?, sempre di Cri e Ninie e sempre edito da Zoolibri, di cui vi avevo parlato qui).
Il topolino inizia a chiederedere al bimbo cosa succederebbe se lui gli desse un "morsicotto". Ogni volta, il bimbo risponde con dei versi di animali.
"E se ti mordicchio una guancia?"
"Bau! Bau! Abbaio come un cane."


A volte i versi sono casuali, a volte sono legati alla parte del corpo rosicchiata. Così, al morsetto su una mano, il bimbo risponde pizzicando come un granchio, con le manine trasformate in chele, mentre in risposta a un morso sul culetto, be'... fa "Prooot!" come una puzzola!


E di volta in volta, nelle diverse pagine, il bimbo si trasforma nell'animale di cui parla, finché il topo non rinuncia ai suoi morsicotti e dà un bacino al bimbo, che si addormenta.


I motivi per amare Morsicotti e per proporlo ai bimbi sono tanti:
  • le illustrazioni tenere, simpatiche e adatte anche ai più piccoli, con colori e contorni netti e figure di facile comprensione.
  • La struttura ripetitiva (provocazione del topolino - reazione del bimbo, con verso e spiegazione), che rassicura i bambini e li invita ad imparare a memoria il libro e ad anticiparne i passaggi.
  • Le onomatopee, che catturano, coinvolgono e divertono.
  • Gli animali, sempre fonte di grande curiosità per i bambini.
  • Il valore didattico: leggendo, il bimbo impara a conoscere i versi degli animali, ma anche le parti del corpo, e ad acquisire consapevolezza di sé.
Ma il motivo principale, quello che lo rende un libro speciale, è un altro: Morsicotti non è solo un libro (divertentissimo), ma un'occasione per riempire di coccole e solletico il vostro bimbo.


Sì, perché è praticamente d'obbligo, leggendo, rifare al bimbo le stesse cose che gli farebbe il topolino: pizzicottare il nasino, mordicchiare l'orecchio o la pancia, fare solletico sul pancino.
Così il vostro bimbo lo vorrà ascoltare (e voi lo vorrete leggere) non solo per il testo, le immagini e i suoni, ma anche perché ogni lettura si trasformerà in un momento di gioco e contatto con voi.

È uno splendido modo per avvicinare alla lettura anche i bimbi più restii, o i genitori convinti che leggere a un bimbo significhi solo raccontare fiabe con lunghi testi e nessuna interazione. Scopriranno entrambi che leggere è tutt'altro che un'attività statica e noiosa.

E per continuare la coccola anche dopo aver riposto il libro (dopo le consuete duemila letture di seguito), ci siamo ispirati al bimbo e al topolino per creare

i dadi delle coccole


Per prima cosa, abbiamo creato  simboli da mettere sui dadi.
Un dado indica il gesto da fare: bacino, solletico e carezza (ho evitato pizzicotti e morsi nel timore che il gioco degenerasse, o di creare meccanismi che poi potessero essere ripetuti all'asilo con i compagni).
L'altro dado indica la parte del corpo a cui il gesto si rivolge: piedini, pancino, orecchio, viso, manina o gamba (in questo caso ho evitato parti intime come il culetto, proprio per non avallarle come gioco, in un'ottica di prevenzione degli abusi).


Disegnati i simboli su un foglio di carta, li ho applicati con il biadesivo ai dadi.


La cosa più semplice è attaccare la striscia di nastro biadesivo direttamente sul retro della carta per poi ritagliare i dischetti con l'adesivo già applicato.
Ed eccoli pronti. Giocateci come volete: potete tirarli a turno, oppure insieme, e farvi reciprocamente la stessa coccola.
Un dado decide cosa fare, l'altro dove farlo. È un modo divertente per imparare le parti del corpo, ma anche le prime regole di gioco (rispettare il responso del dado, aspettare il proprio turno per tirarlo).


Noi ci abbiamo passato una mezz'oretta a giocarci in tre: io, Piccolo T e Piccolo D.
Solletico sulle gambe!


E... bacino sul pancino.
Anzi, sul pancione.


Ops. Forse c'è qualcosa che ancora non vi avevo detto.  :)


   
Tutti i bambini sono inventori. Basta mettergli in mano un oggetto qualsiasi per vederlo trasformarsi in astronave, castello, sottomarino, casa.
Dev'essere per questo che i personaggi "inventori" hanno una presa così forte su di loro (o vale così solo per me e la mia generazione di piccoli nerd?).


Gli acchiappacattivi ci ha catturato prima di tutto per questo: perché non si può resistere a un gatto che ha costruito una macchina per prendere a calci i cani (o i gatti cattivi).

Ma torniamo all'inizio: Mus, il primo dei due protagonisti, è un topo a cui piace sferruzzare. Crea dei bellissimi berretti di lana, che però non sono molto apprezzati dai suoi amici topi.


Un brutto giorno, Mus incontra il cattivo gatto Kat.



Ma per fortuna, in suo aiuto, interviene Mis, il gatto inventore (un gatto che però non mangia i topi!), con la sua scalciacani.


Mus e Mis, ognuno a suo modo diverso dagli altri esemplari della propria specie, diventano amici, anzi: alleati. Sono gli Acchiappacattivi!
Con il loro ingegno e la loro collaborazione, costruiranno un rifugio che nasconde il laboratorio segreto, dentro al quale sapranno creare un'ingegnosa macchina acchiappacattivi che metteranno subito all'opera.

Con Gli acchiappacattivi di Rasmus Bregnhøi, Sinnos ci regala una nuova "quasi-graphic novel" (come era stato ad esempio per Il ladro di panini di cui vi avevo parlato qui), adattissima per avvicinare al genere i bambini, ma anche per accompagnarli alla lettura autonoma di testi più lunghi di quelli a cui sono abituati, grazie al font ad alta leggibilità e la ricchezza delle immagini che rende leggero il testo.


I dettagli delle illustrazioni sembrano fatti apposta per incuriosire i piccoli inventori, sfidandoli a capire i meccanismi, a ricostruire il percorso di creazione del gatto inventore.
A questo si uniscono un linguaggio semplice ma non piatto, la giusta alternanza di pagine piene o a fondo bianco, pagine con  molto o poco testo, pagine con soli fumetti, con testi descrittivi o entrambi, a rendere più avvincente e movimentata la lettura.


Viene naturale sentirsi parte della "squadra", e magari diventare un po' inventori e provare a costruire una propria versione di

macchina acchiappacattivi.

La nostra, ad esempio, è fatta quasi interamente di Lego.
Dopo vari studi, e ispirandoci al libro, abbiamo cercato di creare un meccanismo che scattasse appena il cattivo lo avesse calpestato.
Serviva quindi una leva, che al suo passaggio facesse attivare qualcosa, ad esempio una biglia, che scivolando su un piano inclinato scorresse poi in avanti per far scattare qualche altro meccanismo (lo vedremo dopo).
Se volete replicarla, guardate bene la figura, facendo attenzione ad alcune cose:
  • meglio fermare le ruote con due pezzi sottili per tenere la leva al suo posto.
  • dal lato della biglia, ho preferito aggiungere un piccolo rialzo, altrimenti la forza del "cattivo" non sarebbe bastata a farla alzare.
  • il piano inclinato, non essendo ortogonale rispetto agli altri Lego, non può essere bloccato, va quindi semplicemente appoggiato, avendo cura di mettere attorno ad esso dei pezzi che lo tengano al suo posto.

E il meccanismo da far scattare? Ho preso un bicchiere di plastica e l'ho tagliato (se ne avete uno da caffè, basterà usare quello), aggiungendo un peso per farlo cadere giù una volta scattato il meccanismo.
Ho legato uno spago sottile al fondo del bicchiere e aggiunto una graffetta aperta all'altra estremità.
L'altro lato della graffetta dovrà avere una piega leggerissima, per permettere al meccanismo di restare agganciato ma anche di sganciarsi facilmente al passare della pallina.


Ora, è necessario aggiungere un sistema a carrucola che tenga sollevata la trappola-bicchiere, agganciandosi, con la piega della graffetta, al bordo finale della trappola.
Passando sulla leva, il cattivo farà andare sul piano inclinato la pallina, che sgancerà la graffetta facendo cadere il bicchiere e intrappolando il cattivo.


Esattamente così:



Non sarebbe bello, se fosse sempre così facile catturare i cattivi?


Uno dei modi per rendere meno traumatico il rientro dalle vacanze è sempre quello di riorganizzare i ricordi raccolti, sfogliare le foto, preparare gli album, rivivere ancora per un attimo le stesse emozioni e sensazioni.
E così voglio fare anche per il "rientro dalle ferie" del blog, rivivendo il nostro ultimo viaggio con la scusa di darvi qualche consiglio su come

viaggiare con i bambini.


Viaggiare, visitare posti nuovi, scoprire città, culture e paesaggi è per me vitale come l'aria, e mi sono rifiutata di trasformare le mie vacanze in "15 giorni in villaggio al mare" con l'arrivo dei bimbi.
Ho peccato semmai, quando il Piccolo T era ancora più piccolo, del peccato opposto, trascinandolo in viaggi e ritmi più miei che suoi, ma si sa: finché dormono nel passeggino è tutto più semplice, e a loro non cambia granché. È quando devono muoversi con le proprie gambe che la faccenda diventa più complicata. Occorre trovare il modo di coinvolgerli, intrattenerli, rendere loro il viaggio più piacevole e divertente, con l'auspicio di crescere ed educare dei piccoli globetrotter.

Come fare? Senza trasformare radicalmente la mia idea di viaggio, io adotto cinque piccole tecniche.

1. condividere l'itinerario.



Prima di partire, sfogliamo insieme un atlante (il nostro, non uno specifico per bambini), facendo vedere il punto di partenza e quello di arrivo, l'itinerario che percorreremo, le diverse tappe, i mezzi che utilizzeremo.
Non manca mai una sfogliata a Mappe, il libro di cui vi avevo parlato qui, per individuare le caratteristiche più curiose del paese che stiamo per visitare.
Infine, per il viaggio, preparo e stampo qualche screenshot di Google maps. Al Piccolo T piace seguire giorno per giorno i nostri spostamenti, anche ripassandoli con un pennarello, per vedere a che punto siamo.

2. trasformare il viaggio in un gioco.


Ci sono mille modi per far diventare un viaggio un piccolo gioco e far sentire i bimbi protagonisti.
Quelli che abbiamo adottato nel tempo, seguendo le inclinazioni del momento del Piccolo T, sono essenzialmente tre:
  • il diario di viaggio. Da scrivere liberamente su un quadernetto (come fa ora il Piccolo T), oppure su fogli prestampati da compilare, indicando ogni giorno tappa, cose viste, cibo, tempo e altri dettagli. Se volete il nostro modello prestampato, è in regalo per chi si iscrive alla newsletter di Nuvole in Scatola.
  • la caccia al tesoro. Qui serve un po' di preparazione. Gli elementi da scovare possono variare secondo il tipo di viaggio che fate, il mezzo che prenderete, il paese che visiterete, oltre naturalmente all'età del bambino. L'essenziale è comporre e stampare un foglio con alcuni elementi da trovare durante il viaggio, elementi che il bambino potrà segnare ogni volta che li troverà.
    In un viaggio in macchina, possono essere le targhe automobilistiche (potete prepararne una lista, oppure stampare una cartina dell'Europa e colorare una nazione ogni volta che vedete un'auto che proviene da lì), oppure i cartelli stradali.
    Per il nostro viaggio in Spagna, poco più di un anno fa, avevo preparato invece un elenco di immagini che rappresentassero alcuni elementi tipici: la paella, il toro, le maracas, il vestito da flamenco, la bandieta spagnola, ecc. Il bambino può giocare da solo o sfidare un altro membro della famiglia a chi trova più elementi.
  • la "sfida". Qui la preparazione è ancora più importante: è fondamentale studiarsi bene il viaggio e le caratteristiche di ogni posto che visiterete.
    Quest'estate, per il nostro tour tra Austria e Baviera, ho cercato alcune particolarità sulle diverse città che avremmo visitato, e per ognuna ho preparato una carta. Ogni carta conteneva una curiosità (o un quiz) e una "sfida" da superare. Tutte cose, naturalmente, scelte in modo da rientrare nei gusti del Piccolo T.
    Qualche esempio? Per Nördlingen avevo raccontato che era stata costruita al centro di una pianura nata dall'impatto di un meteorite. La sfida era invece quella di salire sul campanile e contare le torri che sorgevano sulle mura della città. Di Rothenburg ob der Tauber ho raccontato la leggenda della bevuta del Borgomastro, chiedendogli di riconoscere le due figure animate che rappresentavano questa storia e che sarebbero dall'orologio allo scoccare delle 21.
    Le sfide erano molto semplici in modo da gratificarlo, e anche perché il superamento delle sfide avrebbe portato a una tappa "a sorpresa" (che però avevamo già organizzato, e quindi non potevamo permetterci di fargli perdere!).
    Importante: siccome è difficile programmare un viaggio nei minimi dettagli, e il bello di un tour itinerante è anche l'improvvisazione, preparate alcune carte alternative, lasciandovi la libertà di scegliere all'ultimo momento quale paese visitare.

3. preparare un "kit da viaggio".



Belle le tappe, con i paesi e i dettagli da scoprire, ma in un viaggio ci sono anche i lunghi spostamenti, le attese in ristorante, i momenti di riposo in albergo.
Riciclando una valigetta di plastica che in origine conteneva dei colori a dita, ho preparato un kit di intrattenimento che, a differenza dei precedenti punti, andasse bene anche per intrattenere il Piccolo D.
Il contenuto? Andrà tarato sui gusti e i giochi preferiti dei bambini, scegliendo ovviamente oggetti piccoli e compatti.
La nostra valigetta conteneva dei fogli bianchi ritagliati su misura, qualche colore e un po' di macchinine magnetiche (quelle della pista dei trenini) con i relativi omini, e ci ha salvato la vita in più di un'occasione di attesa.

4. dedicare loro qualche tappa.


Anche se i miei viaggi non sono cambiati poi molto da quando ho figli, è inevitabile inserire qualche tappa o qualche meta pensata specificamente per loro: un parco, un gioco, un negozio, un'attrazione o anche solo qualcosa che più delle altre attiri la loro attenzione.
In questo ultimo viaggio abbiamo visitato un negozio dedicato al Natale, pieno di magnifiche ricostruzioni, a Rothenburg, abbiamo camminato sulle mura medievali di Nördlingen immaginando di essere soldati a difesa della città, e scoprendo perché le feritoie hanno quella forma,


abbiamo dormito in campeggio in una carrozza, visitato una "casa capovolta" e passato una giornata intera a Legoland (il "premio" per le sfide superate).
Ehm, in effetti alcune di queste tappe non erano pensate solo ed esclusivamente per divertire i bambini.

5. ovviamente, leggere!



Se seguite questo blog, immaginerete di sicuro che, anche in viaggio, i libri per bambini non possono mancare.
Ma quali scegliere?
Se vostro figlio ha un preferito del momento, è una buona idea portarlo con sé: lo aiuterà a ritrovare un momento di familiarità e di sicurezza.
Per il resto, via alle edizioni tascabili, leggere e che occupano poco spazio in borsa e in valigia, così potrete portarle ovunque. Tra tutte, le nostre preferite sono gli albumini, tascabili dei libri di Emme edizioni, e i Bababum, tascabili dei Babalibri. Si tratta, in entrambi i casi, della versione economica, con copertina flessibile, che non toglie nulla a storia e illustrazioni.
I nostri compagni in questo ultimo viaggio sono stati Il gigante più elegante di Julia Donaldson e Axel Scheffler, Alice cascherina di Gianni Rodari e Sono io il più forte! di Mario Ramos, vero tormentone del viaggio.
Letti tenendo il libro aperto tra i due sedili davanti, in modo che da dietro i bimbi vedessero le illustrazioni, hanno intrattenuto la famiglia (e stancato le corde vocali della mamma).
Ma per la prima volta, in questa vacanza, complice anche l'attacco USB della macchina nuova, abbiamo sperimentato anche gli audiolibri, ottimi intrattenitori durante gli spostamenti più lunghi, e acquistabili in cd o scaricabili tramite app come Audible.
Ci hanno fatto compagnia Il trattamento ridarelli letto da Neri Marcorè e La torta in cielo letto da Claudia Pandolfi, due splendide interpretazioni per due splendidi testi (del Trattamento ridarelli avevo parlato qui).

Perché leggere è un modo splendido per viaggiare, ma chi viaggia leggendo può viaggiare due volte.


         
Non so quante volte (ma sono tante), da piccola, mi sono detta "Quando sarò mamma io, questo non lo vieterò".
E non so quante volte (ma sono tantissime), da grande, ho disatteso i miei propositi.
Tutta la foga di esplorare e di essere liberi, a un certo punto, si scontra con i "facciamo tardi", i "non voglio lavare anche questo vestito", i "basta cianfrusaglie inutili per casa".


Poi, a riportarci indietro, a insegnare agli adulti com'erano da bambini, arriva lei, TempeStina,  classico svedese (annata 1989, quando probabilmente stavo riempiendo la mia casa di cianfrusaglie inutili, per l'appunto) di Lena Anderson, portato in Italia da Lupo Guido.


Stina ogni estate va in vacanza dal nonno, nella sua casa su un'isola. E come tanti bambini, Stina ama raccogliere e conservare tutto quello che il mare porta a riva.
Stina è curiosa, attenta, osservatrice. Le sue giornate si riempiono senza tv o giocattoli, soltanto (soltanto?!) esplorando la natura.


Gli acquerelli di Lena Anderson ci portano tutte le sensazioni dell'estate svedese: guardandoli, sembra di sentire il profumo del mare, la brezza marina, l'aria salmastra arricchita dall'aroma del caffè del nonno.


Stina vive con il nonno una vita "come una volta": vanno a pesca e poi mangiano il pesce appena pescato. E quando arriva la tempesta, e lei esce, e ne ha paura, il nonno la ritrova, se la porta in casa e... no, non la tiene ben chiusa.
Le fa indossare una cerata ed esce insieme a lei, perché le tempeste si affrontano in compagnia e ben equipaggiati.
O come diceva Baden-Powell (era davvero lui, o sono finita nel tranello delle citazioni false su internet?) "Non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento".


Il nonno non frena Stina - Tempestina. Non le impedisce di raccogliere ciò che il mare lascia sulla battigia, non la tiene chiusa in casa quando vuole uscire.
Sa che ogni cosa è una scoperta, un'esperienza, che nulla è "inutile".

Così, in questo ultimo post prima della pausa estiva del blog, vi lascio con qualche spunto che vi faccia pensare in modo diverso, quest'estate, alle innumerevoli collezioni di conchiglie che vi troverete in borse e secchielli.

Perché una conchiglia non è solo una conchiglia, ma può essere...

un paesaggio (fonte: Pinterest)



un attrezzo da stampa (fonte: TheKimSix Fix)

e anche se un po' fuori stagione, un pupazzo di neve (fonte: Pinterest)


o, meglio ancora, una bella pallina per l'albero,
per chi ha sempre un po' di nostalgia dell'estate (fonte: Pinterest).


Con queste immagini marine, al sapore di sale, vi saluto per un po'.
Il blog va in ferie, io non ancora (ma manca poco). Sulla pagina Facebook continuerò a tenervi compagnia riproponendovi foto, citazioni e qualche vecchio link.
Mi preparo per le novità di settembre: saranno novità importanti, soprattutto per me. ;)





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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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