Nuvole in scatola
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Ci hanno fatto paura per secoli, inseguendo bambine dal cappuccio rosso, triadi di porcellini e cucciolate di capretti.
Ma da qualche tempo le cose stanno cambiando. C'è un filone ben preciso, nella letteratura per bambini, che mira a vendicarsi del lupo, il vecchio e cattivo lupo delle fiabe, mettendolo in qualche modo in ridicolo (e facendoci ridere un sacco).


Il lupo e la caverna (Rob Hodgson, ed. Zoolibri) è l'ultimo esempio, almeno tra le pubblicazioni in Italia, di questa divertente tendenza.
Da dove iniziamo? Be', dal lupo, naturalmente. Quindi: c'è un lupo. E come avrete intuito dal titolo, c'è una caverna (nel titolo dell'edizione originale inglese c'è solo la caverna, chissà come mai). E nella caverna c'è una piccola creatura, che non esce mai, proprio a causa del lupo che l'aspetta fuori, con l'acquolina in bocca.


Passano le pagine e  il lupo si inventa ogni tipo di stratagemma per stanare la creatura: punta sul gioco, sulla noia, sulla fame... perfino sullo stalking, visto che si piazza davanti alla caverna e non si muove, giorno e notte, con qualsiasi condizione atmosferica.


Della creatura vediamo soltanto due occhi che brillano al buio.
Non si capisce chi sia, e nemmeno se sia davvero una piccola creatura.
Bastano gli occhi, però (ed è questo uno dei punti di forza di questo albo) ad esprimere tutto il personaggio, che con la sua immobilità fa da perfetto contrappunto, quasi da spalla comica, a un lupo irrequieto, istrionico e impaziente.


E dopo averci divertiti con i tentativi di far uscire la piccola creatura, Il lupo e la caverna ci regala un simpatico colpo di scena finale, che, incanalandosi nel filone di "vendetta sui lupi" di cui parlavo prima, rimetterà il protagonista al suo posto, anzi... non proprio al suo.

Quello che rende particolarmente accattivante Il lupo e la caverna è proprio l'alone di mistero che avvolge la creatura nascosta nella grotta: come vivrà lì dentro? Ma soprattutto, chi è?

Potete portare questo piccolo mistero in un semplice gioco da costruire con un po' di carta e cartoncino.
Bastano un cartoncino nero e uno grigio per costruire una caverna. La caverna andrà incollata lasciando un lato libero per farci passare l'animale.
Bisogna poi disegnare degli animali, da ritagliare lasciando un piccolo "manico" di carta per manovrarli. Io ho riciclato i disegni preparati per un altro gioco simile.


Ora si può infilare l'animale nella caverna e giocare a cucù.
Con i bimbi più piccoli si potrà fare il verso e lasciare che indovinino chi è l'animale, con i più grandicelli si potrà fare un gioco "domande e risposte" finché non indovinano.


Nessun lupo è stato torturato per realizzare questo giochino.
Sull'incolumità del personaggio del libro, invece, non possiamo assicurare nulla.


Ormai lo sapere come la penso, o se non altro lo avrete intuito: pur da grande amante dei libri e della letteratura, faccio un grande tifo perché la cultura scientifica in Italia non sia più considerata "di serie B" rispetto a quella umanistica.
Sogno una scuola che insegni davvero il metodo scientifico, e che trasmetta la passione per la ricerca, la scoperta, la ricerca della soluzione corretta e non di quella che sembra più facile o accattivante.


Siamo lontani da tutto questo, ahimè. Ma per fortuna esiste Editoriale scienza.
Il suo nuovo Apprendisti scienziati, scritto da Steve Martin con illustrazioni di Essi Kimpimäki, è una perfetta introduzione alle tante professioni della scienza.



La panoramica inizia con una suddivisione tra le varie categorie di scienziato, che verranno poi introdotte una ad una: scienziato di laboratorio, scienziato investigativo, scienziato dello spazio, scienziato della Terra e scienziato della vita.
Per ognuno di questi, c'è un'introduzione al suo lavoro e anche alle diverse discipline che abbraccia (lo scienziato di laboratorio può essere chimico, fisico, biologo, ecc).

E soprattutto, per ognuno c'è una varietà di applicazioni pratiche, quiz da risolvere sul libro e semplici esperimenti casalinghi, per scoprire il lato più divertente e sorprendente della scienza.
C'è perfino un piccolo caso investigativo da risolvere.



A ogni scheda completata, esercizio svolto, caso risolto, il lettore può applicare sulla pagina lo sticker che attesta la sua preparazione.

A completare il "kit" da perfetto scienziato, oltre agli stickers, delle carte "memory" botaniche, una meridiana fustellata da costruire e un poster con le scoperte scientifiche da un lato e la tavola periodica degli elementi dall'altro.



Il bello di Apprendisti scienziati è l'applicazione della scienza al quotidiano: per eseguire gli esperimenti, non servono dotazioni speciali, sostanze pericolose o speciali attrezzi, ma semplicemente quello che si trova in casa, come nell'esperimento sulla densità dei liquidi.



Vogliamo provare anche noi? E vogliamo, anziché giocare con i colori, come suggerito dal libro, provare a fare qualche strato in più?
In rete ho scovato parecchi suggerimenti, soprattutto da siti americani, per creare dei bicchieri multi-strato sperimentando le densità dei liquidi.

Quasi tutti consigliavano di iniziare con il sapone per i piatti.



A dirla tutta, molti suggerivano di iniziare con lo sciroppo d'acero, ma col cavolo! Quello me lo metto sui pancake e non certo in un esperimento scientifico.

Dopo il sapone, è il momento del latte.
Per non rischiare di mescolare troppo i liquidi al momento della creazione degli strati, li ho versati piano con una siringa.


Con l'acqua non ce l'ho fatta: si è inesorabilmente mescolata al latte. Forse perché ho usato un latte parzialmente scremato anziché intero?

In compenso ho avuto una sorpresa quando sopra l'olio vegetale (lo strato trasparente-giallino) ho versato il disinfettante (verde): è sceso subito, formando uno strato sotto l'olio e sopra il latte.


Importante: a fine esperimento tenere bene a mente di essere apprendisti scienziati e non apprendisti barman! Per quanto sia carino da vedere, non lo consiglierei come cocktail.


Il motivo principale che allontana i bambini dalla matematica è il suo essere astratta: non è semplice né automatico vedere le sue applicazioni pratiche.


In Trecentosessantacinque pinguini, (ed. Il Castoro) Jean-Luc Fromental e Joëlle Jolivet ci dimostrano invece che la matematica può essere utilissima, soprattutto se ti ritrovi in casa un sacco di pinguini che non si sa bene da dove arrivino.

Inizia così: una mattina, il primo gennaio, suonano alla porta. È un fattorino che consegna un pacco, e dentro c'è un pinguino, accompagnato da uno strano messaggio in rima che invita a prendersi cura di lui.
La famiglia fa appena in tempo ad abituarsi all'idea, che il giorno dopo un altro fattorino recapita un secondo pacco, con dentro un secondo pinguino. E si va avanti così: ogni giorno, un pinguino in più.


Le illustrazioni, a tinte piatte e pochi colori, dal gusto un po' vintage, ci restituiscono l'immagine di una famiglia allegra e unita, chiassosamente sconquassata da questi nuovi arrivi.

Accanto al mistero di questi arrivi (chi sarà il mittente? il padre ha qualche sospetto ma solo alla fine si saprà la verità), i pinguini portano con sé qualche interrogativo di tipo matematico, appunto.
Sì, perché all'inizio tenere il conto è semplice, ma poi?


Una soluzione è fare il conto sul numero dei giorni. E così mentre leggiamo ripassiamo mentalmente che "trenta giorni ha novembre...".


Presto la matematica arriva in soccorso, con somme e moltiplicazioni per aiutare la povera famiglia a tenere la contabilità di tutti questi animali.
Ma il problema è anche: come sistemarli? Con una soluzione decisamente bizzarra, il papà prova a fare delle cataste uniformi, dividendo i pinguini in quattro gruppi identici.
Ma ogni volta che giunge a una soluzione, ecco arrivare un altro giorno, e con esso un altro pinguino.


E come nutrirli, poi? Questi pinguini sono costosi da mantenere!


Trecentosessantacinque pinguini Ã¨ così: tra ironia, humour e mistero infila qualche operazione matematica o logica, che rendono più interattivo il libro e – soprattutto – più leggero lavorare con i numeri.

Non manca il messaggio ecologista finale, quando il mistero del mittente di questa affollatissima colonia di pinguini sarà rivelato.

Trecentosessantacinque pinguini Ã¨ adatto, per la trama e il tono usato, già dai 5 anni, ma dai 7 (letto anche in modo autonomo) esprime al massimo la sua potenzialità, perché il bambino, già scolarizzato, può giocare a contare i pinguini e a risolvere i quiz.

Insieme alla matematica, il libro aiuta anche ad avere più chiaro il concetto di calendario.
Basta prenderne uno, disegnare e ritagliare un pinguino e piazzarlo su un giorno a caso: e questo pinguino, che numero ha?



PS. Riguardo al titolo, lo so che i pinguini stanno al polo Sud e non al polo Nord (l'artico, appunto), ma non ci stava bene, il giochino di parole?


L'inizio della primaria, per noi e il Piccolo T, è stata un'avventura bellissima: lui curioso ed entusiasta di imparare, noi di vederlo crescere.
Poi, vabbe', ci sono i compiti.
Succede anche nelle migliori famiglie – vero? –, che per quanto un bimbo sia bravo, la sola idea di cominciare ad aprire i quaderni e sfoderare le matite lo trasformi istantaneamente in un mostriciattolo urlante, capace di inventare qualsiasi scusa per rimandare il temibile momento.


In Non ho fatto i compiti perché... (ed. Rizzoli), Davide Calì e Benjamin Chaud trasformano questo momento in un'incredibile avventura della fantasia.

Il libro comincia con la maestra che chiede al bambino perché non ha fatto i compiti.
Da qui, ha inizio una lunghissima carrellata di scuse molto fantasiose e molto poco plausibili.


Ogni pagina presenta una scusa diversa, e ogni scusa abbraccia ambiti, casistiche e protagonisti tra i più svariati. Sono coinvolti animali veri e immaginari, svolte imprevedibili della vita familiare, grandi imprese, catastrofi naturali.


L'illustrazione a piena pagina, dal gusto un po' rétro, amplifica con la sua ricchezza di dettagli la portata di ogni scena, rendendola ancora più assurda e incredibile.
L'immagine del protagonista, in divisa e cravatta come un perfetto scolaretto diligente (a me ricorda Leopardi alle prese con le sue "sudate carte"), contrasta con il suo spirito di raccontafrottole, così come i grandi eventi che gli impediscono di fare i compiti appaiono ancora più assurdi nel contesto di una casa molto classica, con mobili antichi a carta da parati.

Le parole del bambino appaiono come didascalie sotto le immagini a piena pagina, e con le immagini lavorano per arricchire la scena raccontata: la ridondanza è minima, e il più delle volte l'evento viene costruito soltanto dalla sinergia tra immagine e testo, ridotto all'essenza (non è chiaro quali siano i "problemi con le piante carnivore" finché non vediamo che le piante si stanno mangiando i membri della famiglia). In questo modo, le parole assumono una dimensione ironica ancora più potente.


Le scuse si susseguono una dopo l'altra.
Non è sempre chiaro se il ragazzo ne sceglie una sola, a caso (ad esclusione di incipit e finale, il libro può essere letto anche senza un ordine preciso: non c'è accumulo tra le diverse situazioni), o se ne inanella una dopo l'altra, forse perché la precedente non sembrava abbastanza convincente.
E in fondo, non ha nemmeno importanza.

Inaspettato e divertente il finale, che lascia spiazzati e, senza premiare le bugie del protagonista, riesce comunque a farci sorridere e a renderci simpatica, insieme a lui, anche la maestra.

È un libro che non mente al bambino: non gli dice che i compiti sono belli e divertenti. Lo aiuta però a sdrammatizzare l'impegno, a riderci sopra, a scoprire la bellezza della fantasia.

Mentre lo leggevo al Piccolo T, lui rideva a crepapelle, e gli veniva spontaneo arricchire i ritratti delle scuse con altri dettagli, o tratteggiando un inizio e una fine attorno al climax rappresentato.

Così, ho pensato di trasformare l'idea in un gioco, un gioco che avesse la fantasia come protagonista.
Ho stampato un po' di parole a caso: qualche verbo, parecchi sostantivi, alcuni aggettivi che potessero trasformare l'oggetto in qualcosa di fantastico, come "gigante" e "minuscolo".



Insieme al Piccolo T, ho ritagliato le parole e ripiegato i bigliettini.

Ne pescavamo tre per volta e a partire dalle tre parole pescate inventavamo a turno una scusa per non avere fatto i compiti.

A voi, ad esempio, è mai capitato che proprio fuori da scuola un mago vi avesse toccato il naso e trasformato in un cartone animato?


Avvertenze: le scuse sono esclusivamente per uso domestico. Vietato portarle davvero a scuola.


Il calcio in tv, il minibasket dopo la scuola, il calcio con gli allenamenti, lo sci quando andiamo sulla neve, il calcio (di nuovo) allo stadio: di sport, il Piccolo T, non ne frequenta poi molti.
E qual è il nostro modo preferito di conoscere le cose che non possiamo frequentare di persona? Un libro, naturalmente.


È il tratto ironico e inconfondibile di Ole Könnecke, pluripremiato autore tedesco (quello di Il grande libro delle figure e delle parole o delle simpatiche avventure di Lester e Bob) ad accompagnarci in questo viaggio tra le discipline sportive, con Che sport, lo sport!, edito in Italia da Beisler.


Le sue pagine pullulano di situazioni e personaggi diversi: leggerle significa seguire la narrazione secondo il flusso di parole oppure lasciar perdere lo sguardo nella moltitudine disegnata.
Sembra quasi di assistere a uno sport dal vivo, dove l'occhio può concentrarsi sul punto focale dell'azione o spaziare su tutto il suo contorno.

Non c'è un programma, non c'è una logica nella successione degli sport, né nello spazio ad essi dedicato: a volte più pagine per una disciplina, a volte due, tre o quattro sport diversi che si dividono lo spazio di una pagina.
C'è posto per gli sport più noti, ma anche per quelli più strani, come il lancio del tronco in Scozia, o quelli casalinghi come il salto della corda o il semplice lancio della palla.
Ma per tutti, il giudizio è lo stesso: è "uno sport fantastico".

Che sport, lo sport! non è una rassegna enciclopedica di regole, è più una leggera e divertente panoramica a volo d'uccello (e a salto di giraffa e scalata di coccodrillo), che mette in luce le basi di ogni sport, ma si sofferma anche su elementi collaterali come l'esultanza dopo un gol.


Gli atleti di Che sport, lo sport! sono tutti animali antropomorfizzati, e anche questo concorre a creare l'atmosfera di divertimento e leggerezza che caratterizza tutto il libro. Vediamo maiali troppo grossi per cavalcare, uccelli che approfittano delle ali per saltare più in alto, elefanti talmente alti che arrivano senza sforzo al canestro.


L'ironia di Ole Könnecke si ritrova cercando tra i dettagli dei disegni che affollano le pagine, ma anche tra le sue parole, che spesso sottolineano gli aspetti meno sportivi della disciplina in questione.


Che sport, lo sport! è adatto dai 4 anni, ma è perfetto anche come prima lettura (in stampatello minuscolo) per chi sta iniziando a leggere, perché stampato con font ad alta leggibilità.

Vedere tutti questi animali atleti fa venire voglia di prendere i pupazzi di casa e farli gareggiare tra loro. Bisognerebbe mettere in palio delle medaglie, però, magari che assomiglino a quelle vere. Che ne dite?


Per realizzarle, ho ritagliato tre cartoncini (sì, sempre con la Big Shot e le framelits a cerchio) e con la colla ho disegnato i rilievi: cerchi olimpici, motivi decorativi vari e naturalmente i numeri.

Una volta asciugata, la colla crea la decorazione a rilievo che ricorda quella delle vere medaglie, soprattutto dopo averla dipinta con uno spray oro e argento (per il bronzo, non avendo lo spray, ho spennellato un po' di tempera marrone sopra lo spray oro).

Un po' di colla a caldo o nastro adesivo per fissare i nastri, ed ecco fatto.


Pronti per mettere sul podio bambini, pupazzi e peluche.
Come direbbe Ole Könnecke: non è fantastico?


   
Il lupo non è un animale qualsiasi. Rappresenta le nostre paure, quelle dentro e quelle fuori di noi.
Per affrontarlo, c'è il metodo classico (fargli sparare da un cacciatore), oppure quello moderno: riderci su.


Il lupo è ritornato!, di Geoffroy de Pennart (edizioni Babalibri) adotta decisamente il secondo metodo. La storia è quella di un coniglietto che legge sul giornale una terribile notizia: il lupo è tornato!


Subito corre a chiudere la porta, ma proprio in quel momento... toc toc!
Sarà il lupo?
No! Sono i tre porcellini. Come succede spesso in questi albi "ispirati" alle favole (pensate ai lupi di Ramos, ad esempio), si mescolano personaggi di storie diverse, abitanti di un unico grande mondo delle favole.
E così al "toc-toc" successivo trovano spazio la capra e i suoi sette capretti, e poi l'agnellino, e via via tanti altri ospiti che riempiono la casa del coniglietto.


E proprio quando sembrano arrivati tutti, "toc-toc": questa volta è proprio il lupo!
Come reagirà trovandosi di fronte tutte le sue più classiche vittime in un colpo solo?

Accanto alla divertente semplicità della storia, con la sua struttura a ripetizione ed accumulo, e un finale rassicurante (sebbene non troppo inaspettato, almeno per un adulto), la vera ricchezza di questo albo è data dai dettagli.
I capretti con le maglie numerate da uno a sette che rendono chiara la fiaba di riferimento, pur senza nominarla esplicitamente (un bel lavoro di sintesi tra testo e immagini), le carote nella carta da parati o sulle lancette dell'orologio. E poi i titoli dei quotidiani su cui ogni animale legge la notizia, tutte parodie di testate reali declinate nel mondo delle favole.


Dettagli e citazioni strizzano l'occhio all'adulto che legge, rendendo l'albo più coinvolgente, e creano un secondo livello di lettura per i bambini, che dopo aver ascoltato la storia potranno divertirsi a scovare nuovi particolari tra le illustrazioni.

Il gioco del "toc-toc", e la sorpresa nel vedere chi c'è dietro la porta, possono invece continuare oltre il libro con un semplice gioco.
Disegnate alcune porte su un foglio di carta, oppure usate il mio pdf stampabile.


Ritagliate le porte lasciando un lato attaccato, in modo che si aprano, e incollate sul retro del foglio un foglio scuro, facendo in modo di non mettere la colla in corrispondenza delle porte.


Create poi delle immagini di animali (trovate anche quelle nel pdf stampabile) poco più piccole delle porte. Sul foglio scuro fate dei tagli in modo da poter infilare le figurine degli animali da dietro, tenendole girate.

In questo modo potrete "riempire" le porte senza vedere prima di che animale si tratta.


Ora, potete giocare a "toc-toc": aprite a turno una porticina a testa e... perde chi trova per primo il lupo!


Potete anche giocare con le foto di famiglia e fare a gara a chi trova la propria. Aiuto! Il Piccolo D è tornato!


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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