Nuvole in scatola
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Qualche anno fa, io e una mia cara amica avevamo una splendida tradizione: ci regalavamo per Natale il libro che più ci era piaciuto durante l'anno appena trascorso.
È grazie a lei che ho conosciuto due tra i miei romanzi preferiti in assoluto, Pastorale americana e La versione di Barney.
Così, anche se non credo molto ai bilanci di fine anno, in questo periodo di classifiche e resoconti, vi offro il mio "best of", le più belle scoperte nel campo della letteratura per l'infanzia di questo mio 2017.


 

Il più bel cartonato.

http://www.nuvoleinscatola.it/2017/05/io-vado.html
Poetico, divertente, leggero ma con un messaggio profondissimo, ideale per la lettura ai bimbi già dai 18 mesi, Io vado! è la dimostrazione che i veri capolavori si nascondono dietro le cose più semplici.
(Se vi siete persi la mia recensione, eccola qui.)

Il più bell'albo illustrato.

Inutile cercare la ragione dietro un amore: il cuore spesso è completamente irrazionale.
E forse è per questo che quest'anno mi sono innamorata perdutamente di Sam e Dave scavano una buca, un albo che di razionale ha ben poco.
La sua bellezza sta proprio lì: nell'umorismo nonsense, oltre che naturalmente nell'ironia delle illustrazioni di Klassen. Un piccolo diamante da scoprire (se ci riuscite).
Ve lo ricordate? Ne avevo parlato qui.


Il più bel romanzo per bambini.

Questo è stato l'anno in cui con il Piccolo T ho iniziato ad affrontare titoli più impegnativi dei semplici albi illustrati, e lo stile e le trovate di Il trattamento ridarelli di Roddy Doyle sono state una vera e propria rivelazione.
Perché non è mai troppo presto per insegnare ai bambini che la lingua e le sue strutture sono uno strumento d'espressione malleabile, e che si può giocare con la forma, oltre che con il contenuto.
E qui trovate la mia recensione (con un semplice gioco a tema... cacca).


Il miglior illustratore.

Mi devo ripetere, visto che l'ho già citato, ma la mia folgorazione per Jon Klassen è stata così potente che merita un capitolo a parte. Lo avevo già amato in Voglio il mio cappello!, ma nel 2017 ho scoperto come il suo tocco possa rendere speciale anche una storia dolce come Filo magico, donandole quel tocco di ironia e di humour che la salva dalla retorica (ne ho parlato qui). Ed è così, insomma, che Klassen si è guadagnato perfino lo sfondo del mio smartphone.


Il personaggio dell'anno.

Sarà per un desiderio di esprimere liberamente quella che sono, o per il proposito di lasciarlo fare anche ai miei figli, limitando i "no, non si fa!", ma il personaggio che più ho amato nel 2017 è stato lui: il Signor Tigre, che impassibile, determinato e sempre sorridente riesce nell'impresa difficile di trovare se stesso. O forse sarà anche perché il "nostro" Signor Tigre, quello che avevamo costruito in questo post, ha ancora un posto speciale accanto al letto del Piccolo T, e quindi ormai anchelui è uno di famiglia.


Il miglior... qualcosa.

E poi c'è Roar! come diventare un leone, che forse non ho capito ancora bene come classificare in questo elenco, ma so che ci doveva essere.
Potrebbe vincere il titolo di miglior albo per la lettura di gruppo (non l'ho ancora sperimentato, ma sono piuttosto certa che avrebbe successo), o di miglior libro interattivo (tecnicamente non lo è, ma mi è venuto spontaneo leggerlo come se lo fosse, coinvolgendo il Piccolo T nelle "lezioni"). So per certo che è il miglior "qualcosa", e se non vi convincerete leggendo la mia recensione, forse lo farete leggendolo e basta.

No, non credo molto ai bilanci di fine anno.
Ma questo lo posso dire: è stato un 2017 di belle scoperte.
Buon albo nuovo a tutti!


           
Cosa si fa di un libro? Lo si legge. Facile, no? Eh, no, mica detto.
Ci sono libri che si toccano, libri che si mettono in scena, libri che si esplorano, libri che si ascoltano.

Tutti insieme, di Élisa Géhin (Il Castoro editrice), ad esempio, è un libro che si attraversa.
Si attraversa un po' come si attraversano certi posti nuovi quando si è in viaggio: con la curiosità di notare i dettagli, di scoprire collegamenti, di creare percorsi inediti, di capirli.

Il pretesto narrativo (o meglio, stilistico, visto che una vera e propria narrazione non c'è) è la logica degli insiemi.
In ogni doppia o tripla pagina (spesso infatti la pagina di destra si apre per far vedere l'insieme più grande) si presentano oggetti o persone che, insieme, formano entità collettive più ampie.
Più persone formano una famiglia e, aprendo la doppia pagina, ancora più persone formano una folla.
E così da una casa si passa a un quartiere e ancora a una città; da un'ora a un giorno e ancora a una settimana: insiemi di oggetti a loro volta inclusi in insiemi più grandi.


Raccontato così, parrebbe un albo molto logico e razionale, forse un po' didattico, ma come dicevo, Tutti insieme non è un libro che si legge e basta.
Gli accostamenti portano a domande scientifiche (in che modo tante gocce formano una nuvola?), lessicali (perché tante zanzare sono una "nube"?), ma soprattutto all'osservazione dei dettagli per scoprire cosa cambia, oltre alla mera differenza quantitativa, quando gli insiemi si allargano.
La famiglia è composta da persone tranquille, alcune di loro si guardano soridendo, in altre si riescono a riconoscere relazioni come coppie e fratelli. La folla è il caos: gli individui si sovrappongono senza ordine, alcuni sono arrabbiati, altri sembrano fuggire, e per fortuna c'è spazio anche per due persone che si incontrano.

Al mercato, gli ortaggi sono freschi e ordinati in cassette.

Al supermercato, ogni prodotto è inscatolato e confezionato e ci sono luci e cartelli e offerte speciali.

Osservando le illustrazioni, dai tratti semplici ma mai banali, con colori forti a campiture piene, si scopre pagina dopo pagina che l'unione di più elementi crea qualcosa di diverso dalla loro semplice somma, e che il nostro mondo è questo: un immenso insieme di tante piccole cose che entrando in relazione tra loro ne formano altre.

Ho voluto approfittare della struttura originale di Tutti insieme per provare a spiegare (certamente in modo più didattico e meno evocativo di quanto non faccia il libro) alcuni concetti geografici che al Piccolo T sono ancora poco chiari (insomma: è ora che capisca perché a casa nostra si tifa sia Italia sia Udinese!).

Con la mia fida Big Shot e le  fustelle a cerchio Sizzix Framelits (le più semplici ma in assoluto le più usate tra tutte le mie fustelle) ho creato sette cartoncini di diverso colore ai quali ho praticato un buchino con la mia altrettanto fida perforatrice Fiskars, in modo che, sovrapposti, avessero tutti un bordo coicidente.

Ho poi disegnato (abbiate pietà per le mie scarse capacità) un paese, la nostra provincia, la regione, lo stato, il continente, il mondo e l'universo, creando così una specie di libricino tondo in cui ogni entità più grande contiene quella più piccola, come nella realtà.

Insieme ai nostri diari di viaggio e alle nostre mappe, spero sia un modo per fargli capire cosa significa passare da un posto all'altro, e per mantenere alta la sua curiosità di esplorare, oltre che uno splendido libro, anche il mondo intero.


       
Uno dei ricordi più vividi che ho delle elementari è di una volta in cui a ricreazione ho scritto dietro la lavagna "Non sarò mai più amica di Chiara". Non so quale fosse il motivo del litigio, so solo che il giorno dopo, Chiara era diventata la mia migliore amica (e lo fu per almeno una settimana) e che io e Chiara ancora ci ridiamo su, quando ci ritroviamo alle cene di classe.
Non è facile nemmeno per i bambini capire che certe guerre non servono a nulla. Loro, però, almeno hanno il pregio di farle durare poco.

 
 
 
Lucertole verdi e rettangoli rossi, di Steve Antony (edizioni Zoolibri) è una perfetta allegoria di queste guerre inutili, quelle che nessuno si ricorda più perché siano iniziate.

È un albo dal forte contenuto metaforico, con tutti i pregi e i limiti che questo comporta, e sebbene semplicissimo nel linguaggio e nelle immagini, non lo proporrei prima dei 5 anni, perché non comprenderne l'allegoria significherebbe non comprenderlo affatto.


Lucertole verdi e rettangoli rossi, protagonisti del libro, sono diversi sotto ogni aspetto, anche quelli meno scontati: agli animali, vivi e morbidi nelle linee, flessibili e mutevoli nelle posture e nelle espressioni, si contrappongono figure fisse, bidimensionali, nette e spigolose. Perfino i due colori sono complementari.

La maggior parte di queste cose, un bambino che legge non le sa, ma riesce ugualmente a percepirle dalla raffigurazione grafica, che mostra due entità che non potrebbero essere più contrastanti.

 
La narrazione usa lo spazio-pagina e le scelte tipografiche in modo espressivo, mostrandoci i protagonisti costretti, schiacciati, in un continuo gioco di forza.

 
Fino alla guerra totale, che ce li mostra disordinatamente sparsi sul foglio, a battersi senza una regola o una strategia.

 
Alla fine, lucertole e rettangoli, queste due entità da cui è così difficile aspettarsi un'interazione, troveranno un modo per coesistere in pace.

Lucertole verdi e rettangoli rossi ha un forte messaggio pacifista, di quelli un po' semplici, forse, ma veri: è inutile fare la guerra; molto meglio trovare insieme una soluzione.

Ed è all'insegna di questo spirito che io e il Piccolo T ci siamo cimentati in una sorta di gioco cooperativo. Un gioco nel quale in realtà non si perde, ma si può soltanto proseguire insieme trovando una strategia comune.

Lucertole e rettangoli verso l'infinito e oltre.


Scopo del gioco è far arrivare lucertole e rettangoli alla cima del foglio, partendo dal basso.

I materiali:
  • un foglio quadrettato
  • un dado
  • un pennarello rosso
  • un pennarello verde

Le regole:
Si gioca a turno (il giocatore-rettangolo userà un colore rosso e il giocatore-lucertola ne userà uno rosso). Non è necessario disegnare lucertole, naturalmente. L'importante è che le figure coprano un determinato numero di quadretti.
A turno, quindi, ogni giocatore lancia un dado e disegna una "lucertola" o un rettangolo lungo tanti quadretti quanti sono i punti del dado.
Attenzione: gli elementi possono essere messi in orizzontale o in verticale, ma secondo regole precise:
  • si può piazzare un pezzo in orizzontale solo se appoggia su almeno altri due quadretti occupati (quindi può essere appoggiato su un altro pezzo orizzontale, sovrapponendolo di almeno due quadretti, oppure su almeno due pezzi verticali che arrivino a pari altezza).
  • si può piazzare un pezzo in verticale solo sul piano inferiore oppure su un pezzo orizzontale. Non è consentito piazzare un pezzo verticale sopra un altro pezzo verticale.
  • I pezzi da uno possono essere piazzati ovunque.
 
(immagine senza colori e lucertole, per esemplificare meglio i diversi casi)

E si prosegue così, costruendo una struttura complessa sempre più alta, sostenendosi (letteralmente) a vicenda, cercando e condividendo strategie, sperando insieme nell'uscita del numero giusto.

In pace, come bravi rettangoli e brave lucertole.


Tutti i bambini sognano di ricevere in regalo bacchette e pozioni magiche, senza accorgersi che le magie, loro, le sanno già fare. Ad esempio, sanno trasformarsi in qualsiasi cosa pronunciando un semplice "Facciamo che io ero...".
Per miei figli, tutti e due, una delle prime trasformazioni è stata quella in leone. Come li divertiva veder fuggire terrorizzati mamma, papà, nonni e zie a un loro "grr"!


Roar! come diventare un leone, di Jon Agee (editrice Il Castoro) fa leva su questa voglia di selvaggio che ogni bimbo ha dentro di sé, trasformandola in un vero e proprio corso per diventare leoni.

Il libro è narrato in prima persona da un bambino che un giorno decide di prendere lezioni da un professionista: un leone, appunto.

Il bimbo indossa il suo costume integrale da leone (anche a voi ricorda un po' il Max del Paese dei mostri selvaggi di Sendak?) e inizia con costanza e dedizione ad applicarsi in tutti gli esercizi del caso.
Il maestro gli spiega i sette passi per diventare un leone e di volta in volta misura i risultati della sua preparazione.

Risultati non incoraggianti, purtroppo: nonostante l'impegno, il bambino non riesce a sembrare feroce, a balzare o a correre abbastanza veloce, e a topi, gnu e antilopi sul menu preferirebbe un bel piatto di spaghetti.

Sarà solo al momento di difendere un amico che il bimbo riuscirà a tirare fuori tutta la sua forzae il suo spirito selvaggio trasformandosi in un vero leone.

Roar! come diventare un leone è un libro da leggere ma anche da "fare". Mentre la storia avanza, si può coinvolgere il bambino nelle stesse prove che vengono narrate: il ruggito più forte, il balzo più lungo.
Ci si diverte immedesimandosi, ma anche ridendo delle prove fallimentari del protagonista, o lasciandosi trasportare dalle piccole assurdità della storia, a partire dai due personaggi principali: un leone antropomorfo e un umano "leonizzato".
Il tratto grafico, che in più di un'occasione mi ha ricordato Mario Ramos, è vivace e dà alle espressioni dei personaggi una forte carica espressiva e ironica.
Mentre insegna a diventare dei veri leoni, questo albo fa prima di tutto ridere, e ridendo lascia passare qualche messaggio di ampia portata: senza dirlo, ci insegna che l'impegno premia sempre, che non ci si deve arrendere ma inseguire sempre fino in fondo ciò che si vuole diventare, che è inutile "essere" qualcosa o qualcuno solo per se stessi, perché è nel fare qualcosa per gli altri che dimostriamo il nostro valore.

Insomma: basta volerlo, e possiamo essere tutti dei veri leoni.
E la criniera? Be', quella è la parte più semplice. Bastano un piatto di carta o di plastica e un po' di carta colorata.

Ritagliate il centro del piatto e con la carta fate tante striscioline.

Con del nastro biadesivo, fissatele all'interno e poi ripiegatele all'esterno.

Infine, arricciatele con le forbici come si fa con i nastri dei pacchetti regalo (sì: funziona anche con la carta normale).

Ed ora, allenatevi con i vostri migliori "roar"!

Paura, eh?

"Mamma, ma è vero che non posso correre più veloce della mia ombra?"
"Eh, sì, T"
"Adesso provo"
E io sorrido, perché anch'io da piccola credevo di poter fare le cose che per i grandi erano impossibili. Ed è anche così che nascono le storie.


Come quella di George e l'ombra (Terre di mezzo editore), in cui George una mattina si sveglia e trova la sua ombra che fa colazione senza di lui.
Passa il tempo e l'ombra lo segue dappertutto, ma sempre a modo suo, senza ricalcare più tutti i suoi gesti come un'ombra dovrebbe fare.

La convivenza con questo suo alter ego diventa seccante.

E George prova a liberarsene bagnandola, tagliuzzandola, scatendandole contro il suo cane, ma niente da fare.

Alla fine, George imparerà a convivere con questa ombra un po' invadente, e a godere della sua compagnia che gli permette di fare tante cose che da solo non avrebbe potuto fare. Poi arriva sera, e insieme alla luce anche l'ombra, stanca, sparisce, lasciando George solo e un po' triste, finché un finale a sorpresa non rimetterà tutto in gioco in modo inaspettato.

I testi di Davide Calì e le illustrazioni di Serge Bloch disegnano una storia divertente e un po' fuori da tempo, con un protagonista dall'aspetto maturo e dal comportamento bambino. Un racconto dell'assurdo in cui si delinea un mondo dalle regole tutte sue, proprio come i mondi che i bimbi sanno creare giocando.

Un albo divertente, che spalanca la strada all'introspezione e anche a riflessioni scientifiche su  come si comporti e cosa sia, di fatto, un'ombra.

Per impararlo, abbiamo provato a giocarci un po', prendendo il pupazzetto di un gioco, un foglio bianco, una matita e una torcia.
Puntando la torcia a diverse altezze e a diverse distanze, ho disegnato più volte il contorno del personaggio, variando di volta in volta la posizione di braccia e mani, poi ho sfidato il Piccolo T a ricostruire l'esatta posizione del personaggio e della torcia che avevano dato forma alle diverse ombre disegnate sul foglio.


È curioso vedere come a volte l'ombra proiettata non sembri affatto al suo oggetto.
Si possono anche usare oggetti di partenza diversi e sfidare i bambini a riconoscerli, oppure – perché no? – lasciare stare gli oggetti e giocare solo con le loro ombre disegnate.
Chissà se sono divertenti e simpatiche come quella di George.

George e l'ombra 
di Davide Calì (autore) e Serge Bloch (illustratore) 
Terre di mezzo editore
40 pagg, copertina rigida
Prima pubblicazione: 2017

Quando ero piccola mi prendevano in giro per il naso e per la erre moscia. Non ne vado fiera tuttora, né dell'uno né dell'altra, ma ho conosciuto nel frattempo l'arma potente dell'autoironia. La strada è lunga, però, e inevitabilmente passa attraverso piccole e grandi frustrazioni e difficoltà ad accettarsi.


Un libro può aiutare? Di certo l'autostima non si impara sulla carta, né, dall'altro lato, può funzionare un libro didattico, di quelli con la morale, che insegni a non prendere in giro amici e compagni di classe.
Ma se l'autostima o la diplomazia non si allenano, l'ironia forse sì, quella sì.
Cosa dovrei dire io? è un libro che fa ridere e fa pensare, e ridendo e pensando, forse aiuta a capire che i difetti sono semplicemente parte di noi.


È la storia della scimmietta Nika, che scherza con i suoi amici, finché un giorno qualcuno le fa notare che ha le orecchie a sventola. Non lo fa con cattiveria, ma lei ci rimane male.
L'elefante la consola: "Cosa dovrei dire io?": lui ha le orecchie certamente più grandi di quelle di Nika. Nika è sollevata, e nota: "È vero, hai delle orecchie pazzesche! E poi hai anche due buffi dentoni che sembrano due banane!".
Inizia così tutta una catena di "Cosa dovrei dire io?", seguiti da nuovi difetti fatti notare in modo inaspettato. Ogni animale ha una caratteristica di cui è consapevole e un'altra che, una volta notata, lo fa soffrire.

A questa storia, circolare e divertente, di Angela Cascio, Sergio Olivotti affianca illustrazioni curiose, vivaci ed espressive che sono come delle piccole caricature.
In esse, si esasperano in modo divertente alcune caratteristiche degli animali, come la proboscide lunghissima, che gira attorno all'elefante per poi invadere le pagine successive.
 
Oppure il coccodrillo, che è talmente lungo che "va a capo".


Lo spazio-pagina è usato in modo creativo ed espressivo, le caratteristiche di ogni animale diventano invadenti, protagoniste dell'aspetto visivo della narrazione.

È una storia semplice, che però porta con sé riflessioni e consapevolezze per nulla scontate.
Il font ad alta leggibilità, in stampatello maiuscolo, e lo sviluppo della storia, né troppo corta né troppo lunga, rendono il libro perfetto anche per le prime letture soltarie del bambino.

Viene voglia di non limitarsi a parlarne, di questo libro, ma di metterlo quasi in pratica.
Ricalcando e completando le immagini del libro, abbiamo immaginato come sarebbe un elefante con la proboscide piccola piccola, o una giraffa col collo corto.


Abbiamo aggiunto denti di castoro a una giraffa e orecchie di scimmia al coccodrillo.


È divertente allenare la fantasia, mischiare le carte in tavola e inventare animali nuovi. E soprattutto è un modo semplice e diretto per capire che sono anche (e soprattutto) i difetti a fare di noi ciò che siamo, a renderci riconoscibili, differenti dagli altri, unici.

L'autoironia arriverà. La consapevolezza può iniziare anche da qui, da una lettura e una risata.

Cosa dovrei dire io?
Autore: Angela Cascio
Illustratore: Sergio Olivotti
Sinnos ediitore
48 pagg.
Anno di pubblicazione: 2017


Avete presente quei regali senza scatola e anche senza forma? Quelli che al momento di impacchettarli vi fanno rimpiangere di non aver comprato un libro? (Ecco un altro buon motivo per regalare libri: sono facili da impacchettare!)

Dunque: se siete di fronte a un regalo del genere, posate il nastro adesivo, seguite questo tutorial veloce e iniziate a cucire. Sì, anche se – come nel mio caso – il cucito non è proprio il vostro forte.


Ritagliate due pezzi di carta sovrapposti che, insieme, possano contenere l'oggetto.
Potete studiare una forma creativa come un cuore o una nuvola.


Armatevi di un gomitolo di lana colorata e di una perforatrice, con la quale farete dei buchi a 1-2 cm di distanza uno dall'altro lungo tutto il bordo dei due fogli.


Avvolgete un capo del filo di lana nel nastro adesivo (come fosse il laccio di una scarpa): servirà a rafforzarlo e a infilarlo più facilmente. Ora, iniziate a "cucire" tutt'attorno passando il filo di lana nei buchi.


Arrivati alla fine, fissate il filo con un bel fiocco.
(Ricordatevi di infilare il regalo, prima di aver cucito troppo!)


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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