Nuvole in scatola
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L'ho detto tante volte: un libro è come un viaggio.
Ma sapete anche cos'è come un viaggio? Un viaggio.
Ecco, dovete sapere che oltre a quella per le graminacee, ho anche una terribile allergia allo stare per troppo tempo ferma nello stesso posto. Il Piccolo T si è preso sei aerei (più ritorno) nei suoi primi due anni di vita (dovevo approfittare: sotto i due anni volano gratis), oltre a tram, bus, treni, barche e auto a noleggio.

Trovare il modo di fare appassionare i miei bimbi ai viaggi, nonostante le tappe in posti spesso poco interessanti per un bambino e gli alberghi che offrono Peppa Pig soltanto in lingue sconosciute, è quindi per me di vitale importanza.
Come fare?
Non so se esista una ricetta comune. La mia consiste nel creare aspettativa, coinvolgerlo, raccontargli prima cosa può aspettarsi di vedere, farlo sentire importante con qualche piccola scelta (anche semplicemente lasciare che per un po' sia lui a decidere in che via girare, in città), trattarlo insomma come un piccolo esploratore. E magari pensare a qualche piccola tappa del viaggio dedicata a lui.


A rendere più facile questo compito, un anno e mezzo fa è arrivato a casa nostra Mappe. Un atlante per viaggiare tra terra, mari e culture del mondo (lo vedete in foto nell'edizione vecchia: quella attuale, ampliata, ha la copertina arancione-ocra).
È incredibile come a volte Babbo Natale azzecchi il regalo non solo per il bambino, ma anche per la sua mamma, vero?

Mappe è un atlante illustrato, o meglio: una collezione di 67 mappe illustrate su cui viaggiare con l'immaginazione.
Ha tutto il fascino dei libri di grande formato, quelli nei quali si "entra", sfogliandoli, come se ci portassero in una nuova dimensione, o se ci volessero svelare i loro segreti.



Ogni mappa, attraverso le illustrazioni dal gusto vintage di Aleksandra e Daniel Mizielinscy, ci accompagna tra usi, costumi, luoghi e particolarità di uno stato. Nessun testo, soltanto piccole didascalie che accompagnano il disegno di un cibo tipico, del monte più alto, di un monumento celebre, di una manifestazione folcloristica o di un animale della fauna locale.
Ci sono personaggi famosi, simboli, luoghi naturali e frammenti di storia.

Più che di geografia, qui si parla di magia, di quelle cose indescrivibili che rendono un posto diverso da ogni altro. Una magia che non si ferma ai bambini, ma ha effetti anche su qualsiasi adulto che ami viaggiare (sì, io e mio marito abbiamo sfogliato il libro almeno quanto il Piccolo T).





E poi, certo, non mancano pagine come quelle delle bandiere del mondo, da scoprire e imparare a memoria.
Ma pur avendo, non a caso, vinto il Premio Andersen 2013 come miglior libro di divulgazione, Mappe non è un libro che dà risposte: la sua vocazione è piuttosto quella di stimolare curiosità, infondere la voglia di scoprire le storie dietro a ogni immagine, e magari di fare subito le valigie e partire per esplorare quei luoghi dal vivo.


E allora? Si parte?

Sì, ma da veri esploratori, quindi non può mancare un

diario di viaggio


Prima del nostro viaggio in Andalusia, qualche mese fa, ho comprato per il Piccolo T un semplicissimo portalistini (quei quaderni con le buste trasparenti nelle quali infilare i fogli A4) e l'ho riempito con varie schede da guardare e compilare.

Ho stampato una semplice mappa dell'Europa con il tratteggio delle rotte dei nostri voli, da seguire col dito o ricalcare col pennarello. E siccome dopo il volo avremmo noleggiato una macchina, avevo anche preparato con Google Maps una mappa del nostro itinerario "on the road", così avrebbe potuto seguire i nostri spostamenti giorno dopo giorno.

Ho poi fotografato la pagina di Mappe sulla Spagna, perché potesse guardare le curiosità della zona dove eravamo diretti e magari fare una piccola "caccia al tesoro" per scoprire quante cose tra quelle disegnate riusciva a vedere dal vivo.

Per ogni giorno di viaggio, poi, ho preparato delle schede da completare con la data, il nome della località visitata e i vari dettagli della giornata, lasciando degli spazi per disegnare o scrivere cosa lo aveva colpito di più.


Il diario di viaggio è stato uno strumento fantastico per coinvolgerlo e renderlo entusiasta del nostro viaggio, e soprattutto per impegnare i tanti momenti di attesa, dall'aereo al ristorante, alle file fuori da alcuni luoghi da visitare.


 Certo, riguardandolo non sarà semplice ricordarsi cosa abbiamo mangiato, ma d'altra parte provateci voi, a disegnare una paella!

PS: vi piace il nostro diario di viaggio? E vi piace Nuvole in Scatola?
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Per ognuno, ci sono cose che non si discutono.
Per me, ad esempio, ci sono Friends tra le serie tv, Mordecai Richler tra i romanzieri, la tartare tra le cose da mangiare, mentre tra gli autori di albi illustrati, oh, be', lì c'è proprio l'imbarazzo della scelta, tra Michaël Escoffier, Matthieu Maudet, Oliver Jeffers. E Mario Ramos, naturalmente.
Ve li ricordate i suoi lupi? Ve ne avevo parlato in un post poco tempo fa.


Nel frattempo, però, di lupo ne è uscito un altro, sempre edito da Babalibri: Il mio palloncino.
Il protagonista, a dire il vero, stavolta non è lui: è Cappuccetto Rosso, anzi, un palloncino rosso. Lo vediamo avanzare da una pagina all'altra, indice della passeggiata della bimba, che invece non si vede quasi mai.
È come se l'intera storia fosse raccontata da una macchina da presa con l'inquadratura troppo alta, quasi per sottolineare quanto sia piccola e indifesa questa bambina.

Cappuccetto Rosso avanza nel bosco cantando, e di tanto in tanto fa degli incontri curiosi e inaspettati. La voce narrante li anticipa con delle domande un po' nonsense, mentre il lettore si aspetta da un momento all'altro di incontrare lui, il lupo:

E quella cos'è?
Una farfalla?
Una cattedrale?
La torre Eiffel?
I personaggi? Be', quelli sono ancora più nonsense delle domande: un leone che corre, una giraffa in incognito, perfino un'autocitazione da un altro libro di Ramos.
Così tra canzoncina, animali curiosi e strani indovinelli, l'attenzione dei bambini resta alta e il tasso di umorismo ancora di più.


Vi state chiedendo quando arriva il lupo? Alla fine, naturalmente,
E se il palloncino farà una brutta fine sotto i suoi denti, anche il lupo, come da tradizione nelle storie di Ramos, finirà sbeffeggiato.
Il mio palloncino è un libro divertente, a tratti assurdo. Un libro che non va letto, ma cantato, mimato e recitato.

E magari drammatizzato anche un po', mettendosi nei panni dei due protagonisti.
A proposito: la sapete costruire una maschera da lupo facile facile?

Basta una scatola da scarpe, del cartoncino nero e poco più.
(Non avete una scatola da scarpe che vi avanza? Correte a comprarvene un paio nuovo, subito! Non è per voi, è per il lupo.)

Ricoprite accuratamente tutta la parte esterna della scatola con il cartoncino nero.
Poi ritagliate i dettagli da incollare: denti, occhi e orecchie.

Componete la maschera incollando occhi, denti e orecchie e un tappo nero che funga da naso.

Ora non resta che infilarla sulla testa, e magari giocare a rincorrere un altro bambino, con un palloncino rosso in mano.
A proposito, se vi state chiedendo perché il palloncino della prima foto sia blu, ecco: in realtà lo avevo preparato, un palloncino rosso, l'ultimo della confezione. Ma che siano veri o di cartoncino appuntito, dei denti di lupo non c'è mai da fidarsi.
BUM!



C'era una volta... Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No: c'era una volta una mamma che si annoiava un po' con le fiabe classiche. Le aveva sentite mille volte da piccola e quindi insomma mo' basta, no?
E però a quella mamma piacevano da matti le rivisitazioni, le citazioni, le parodie. Anche quelle delle fiabe classiche (di Cappuccetto Rosso, poi, ce n'è di fantastiche). E per capire una parodia bisogna conoscere l'originale. E poi in fondo le fiabe fanno profondamente parte della nostra cultura, ed è giusto che un bimbo le conosca.

Sul come e quando farle conoscere, la discussione è aperta. Almeno per gli esperti del settore.
Per me, invece, si è chiusa quando ho incontrato le mini fiabe di Attilio, edizioni Lapis.



Non ho mai amato le riduzioni, eppure queste mi hanno conquistato immediatamente.
Sono cartonati, formato quadrotto, perfetti per essere sfogliati e maneggiati dalle mani piccole di un bambino (diciamo dai due anni).
Il testo è giusto: né troppo, né poco, ma quanto basta per trasmetterela trama, senza fronzoli.7765
E i disegni? Potrei dire che anche i disegni sono semplici, che spiccano sul fondo bianco, che hanno bordi netti, spessi e ben definiti per risultare ben comprensibili ai più piccoli.
Potrei dire questo, sì, ma la persona che è rimasta più affascinata da queste illustrazioni, in famiglia, non è stato l'unenne-e-mezzo, e nemmeno il cinquenne, ma quella di trentaenonvelodico anni.



Il tratto di Attilio Cassinelli, in arte Attilio e basta, pittore, designer e illustratore genovese, (e premio speciale della giuria al premio Andersen 2017) è semplice e minimale, ma ricco di espressività.
In Cappuccetto Rosso i "buoni" sono rotondi, morbidi, mentre il lupo è triangolare e appuntito. Bastano pochi tratti molto geometrici per rappresentare i personaggi in tutta la loro personalità.
Le pagine alternano figure libere su sfondo neutro con testo a sinistra a soluzioni miste, con sfondi più o meno presenti: dai fiori, morbidi e vivi, che decorano la pagina lasciandole aria, agli alberi grigi e appuntiti del bosco, che non lasciano scampo.



Insomma: a dispetto dello stile minimale, le immagini restituiscono alla storia tutta l'espressività che la sintesi del testo può avergli tolto.




E così, nel mio piccolo, ho voluto lavorare anch'io su questo minimalismo e questa espressività, giocando a "che occhi grandi che hai".

Ho disegnato sui due lati di un rettangolo di carta, con pochi tratti, una nonna e un lupo.
Gli occhi della nonna sono due puntini, quelli del lupo sono molto più grandi, come vuole la fiaba.



Unica accortezza: fare in modo che l'area attorno agli occhi sia libera da altri segni grafici e sia, nei due lati, alla stessa altezza.


Ho poi creato un involucro su misura attorno al cartoncino bianco, disegnandoci sopra un letto e facendo in modo che il bordo della coperta corrispondesse all'incirca agli occhi.
Ho sfilato l'involucro e l'ho tagliato  in due, tra coperta e cuscino, per poi infilarvi nuovamente il cartoncino con i due personaggi.


E ora, scopriamo chi c'è dentro il letto della nonna, abbassando piano piano le coperte e alzando un po' il cuscino.
Come ha gli occhi? Sono piccoli? Forse è la nonna. 
E adesso?
"Che occhi grandi che hai!". Ma sarà mica il lupo? Chiama il cacciatore, presto!

PS: Oltre a Cappuccetto Rosso, scoprite anche  I tre porcellini, Il brutto anatroccolo e I musicanti di Brema, tutti nati dall'abile matita di Attilio. Chissà: magari conquisterà anche voi.

     
Facciamo un gioco: chiudete gli occhi e immaginatevi mentre leggete un libro ai vostri figli. Qual è la prima parola che vi viene in mente?
La mia è coccola.
Leggere a un bambino è crescita, condivisione, divertimento, educazione, fantasia, stimolo, ma prima di ogni altra cosa, per me, è una dimostrazione di affetto. Ecco perché amo particolarmente quei libri che oltre alla voce mi permettono di usare i gesti e di accarezzare e solleticare i miei figli (ve lo ricordate Morsicotti, vero?).


Ecco: Tutti i baci del mondo di Babalibri lo amo soprattutto per questo: perché non è solo un libro, ma anche una scusa per sbaciucchiarmi il Piccolo D (e il Piccolo T prima di lui).
Ogni pagina racconta un tipo di bacio: dal bacio grande come un elefante a quello piccolo come una formica, dal bacio dato al telefono a quello scacciabua.



Ogni bacio è "interpretato" da un personaggio a metà tra un bimbo e una farfalla, e illustrato con tratti semplici e molto stilizzati. E a ogni bacio corrisponde un gesto, un tono di voce, una sensazione, una coccola diversa.
Tutti i baci del mondo è un libro che esplora i cinque sensi, e che rafforza la relazione e il contatto tra il bambino e il lettore che, leggendo, lo coccola.

È anche un libro ben curato, con tutte le caratteristiche adatte ai piccoli, dall'anno in su: il formato quadrotto e le pagine cartonate lo rendono infatti resistente e semplice da maneggiare.
In più, la sua originale struttura a "rubrica", con le pagine sagomate, permette al bimbo di riconoscere il contenuto di ogni pagina attraverso il simbolo disegnato sul bordo: un esercizio di astrazione e di pensiero simbolico, ma anche un modo di personalizzare la lettura. Il Piccolo D, che lo adora, cerca ad esempio sempre la pagina con il bacio al telefono, e imita con la mano il gesto della cornetta.

E siccome i baci non ci bastano mai, abbiamo continuato il viaggio tra sensi e sensazioni, cercando nuovi modi e nuovi oggetti con cui esplorare nuovi baci.
È così che abbiamo scoperto il bacio fiorito:




Il bacio-trombetta:

E il bacio-riccio:

Forse i bambini sono imbattibili in fatto di fantasia, ma quando si tratta di inventare nuove coccole, la campionessa resta sempre la mamma.


È arrivata quella stagione in cui i cani si stendono a zampe aperte sulle piastrelle, io cammino scalza per casa, il Piccolo D si bagna col rubinetto del bidet e il Piccolo T chiede litri di acqua e menta con tanto ghiaccio.
Ognuno, quando le temperature salgono, trova refrigerio come può.



Anche i protagonisti di Ho caldo!, originale albo di Mako Taruishi, edizioni Babalibri.
Il pinguino, ad esempio, sta letteralmente grondando sudore. Troverà un angolo fresco dove ristorarsi?



Certo che lo troverà: una bella ombra che sembra fatta su misura per tenerlo al riparo.
Sì, però...



Però è l'ombra di una foca. E anche lei ha caldo!



Dopo l'iniziale momento di imbarazzo, pinguino e foca si muoveranno insieme alla ricerca di un posto fresco, e troveranno un'ombra più grande. Di chi sarà questa volta?

Il libro procede così, con una formula da sempre gradita ai bambini: la ripetizione e l'accumulo.
La ripetizione crea familiarità, aiuta ad anticipare la fase successiva e rassicura il bimbo, che trova conforto in qualcosa che già conosce.
L'accumulo porta qualcosa di nuovo, l'elemento sorpresa che esorcizza la noia, ma rende anche la situazione sempre più curiosa, e a modo suo comica, fino al finale, risolutivo per tutti i protagonisti coinvolti.



Ma Ho caldo! non è semplicemente una storia divertente e con tanti elementi che catturano l'attenzione dei bambini (oltre al meccanismo di ripetizione e accumulo, anche la presenza di animali e le illustrazioni semplici e pulite eppure molto espressive). È soprattutto un'esperienza sinestesica.

Saranno le goccioline di sudore, sarà l'espressione esasperata dei protagonisti che aiuta a immedesimarci in loro, sarà lo sfondo giallo-sole (o giallo-deserto), ma  leggendo sembra di sentire davvero il caldo, sembra di provare davvero un po' di sollievo quando il personaggio trova ombra, e ci si sente davvero più freschi e felici nel finale che non vi svelo.

È un po' un esercizio di quello che accadrà con le prime letture indipendenti di romanzi e racconti con poche immagini, quando la propria voce interiore racconta la storia narrata dal testo e nella mente si ricostruiscono scenari, personaggi, voci e sensazioni che abbracciano tutti i cinque sensi.

Oltre ad essere coinvolgente e divertente, quindi, Ho caldo! insegna ai bambini qualcosa sui libri, sulla capacità di immaginare, di immedesimarsi e di sentire.
E naturalmente, spiega anche qualcosa su cosa sono le ombre, come nascono e perché sono diverse una dall'altra.

Ma siccome nulla aiuta a capire quanto l'esperienza, ho voluto ricreare la situazione del libro con dei semplici personaggi di carta, per far vedere quella che per noi è una realtà scontata, ma forse per i bimbi non lo è: un animale più grande fa un'ombra più grande.




Ho ricopiato su un cartoncino, abbozzandoli grossolanamente, gli animali del libro.



Ho fatto in modo che ognuno fosse sensibilmente più grande del precedente.
Poi li ho appoggiati su dei tappini di plastica per tenerli in piedi (residui di un mobile Ikea, ma vanno benissimo anche dei tappi normali a cui fare delle semplici incisioni laterali).
Infine, con una torcia ho sperimentato le dimensioni delle ombre, e come un animale grande potesse fare ombra a quello più piccolo ma non viceversa.



E ora, mi procurate un mammuth per ripararmi un po'?


Com'è che si dice? Che quando si è vecchi si ritorna un po' bambini, giusto?
In effetti, quasi tutti i bambini hanno una passione smodata per i cantieri. E tra i giocattoli si trovano ruspe e macchine scavatrici di ogni genere: modellini, miniature, costruzioni, modelli a mano e motorizzati. E i libri? Ecco, di libri sui cantieri invece ce n'è davvero pochi, e perlopiù banali: elenchi di macchinari con il loro nome scritto vicino, libri-dizionario senza storie né emozioni.


Ci voleva quel geniaccio di Gek Tessaro per far incontrare il mondo dei cantieri con quello delle storie. È così che è nato Dimodoché, edizioni Lapis, una storia che fa diventare protagoniste le macchine da lavoro, in particolare una piccola ruspa.




La Piccola Ruspa non è piccola soltanto di dimensioni, ma anche di età: come un bambino, è felice ed entusiasta di tutto ciò che fa, ed è piena di perché.
E come un bambino, attraverso i suoi perché fa vedere agli adulti cose che altrimenti, presi dalla routine, non avrebbero mai notato.
Le macchine scavano, scavano, scavano: è il loro lavoro, lo svolgono senza porsi troppe domande. La Piccola Ruspa no: lei ama tantissimo scavare e vuole sapere perché lo sta facendo. Così, scopre che la terra tolta dal buco viene trasportata e ammucchiata da un'altra parte, e forma una montagna.






Dimodoché noi si fa le montagne.

Conclude orgogliosa la Piccola Ruspa. E ogni sua domanda porta a una nuova scoperta e a un nuovo entusiasmo per quello che sta facendo, portando i suoi compagni di lavoro a guardare le cose da un punto di vista diverso, e a riscoprire i grilli, e le stelle, e la natura, e a tornare anche un po' bambini.

Oltre ad essere originale nella sua ambientazione, Dimodoché lavora anche sul linguaggio, con figure retoriche semplici e adatte anche a un bambino, ma di grande impatto.
L'incipit del libro è potente nella sua sintesi e riesce a comunicare in sei parole la protagonista, il suo carattere, la sua attività, l'ambientazione e l'atmosfera:

La piccola ruspa scavava di gioia.




Il lavoro della Piccola Ruspa e dei suoi compagni di cantiere è un lavoro "creativo": con il loro scavo plasmano montagne, e laghi, e molto altro, quasi come se, senza di loro, il mondo non potesse essere come lo vediamo. E non importa se le cose non stanno davvero così: l'importante è impegnarsi ed essere orgogliosi di avere il proprio ruolo nel mondo.

Abbiamo letto Dimodoché una sera al mare, e ci è venuto spontaneo provare a partecipare all'opera creatrice della Piccola Ruspa.

Con l'aiuto di una paletta e di un annaffiatoio (e naturalmente di una Piccola Ruspa), anche noi abbiamo scavato una buca e costruito una montagna.



E abbiamo riempito la buca d'acqua, dimodoché anche noi si è fatto il lago.


È stato un po' come creare una rappresentazione dal vivo del libro appena letto.


Anche il Piccolo T, come la Piccola Ruspa, creando la sua montagna scavava di gioia.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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