Nuvole in scatola
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Perché ai bambini piacciono tanto i libri con le alette?
Credo che molto abbia a che fare con una delle principali attività in cui un bambino è impegnato: la scoperta. Ogni attività, ogni gioco, ogni osservazione, e naturalmente ogni lettura sono un'informazione in più sul mondo che lo circonda, che gratifica e aiuta a comprendere.

mimino

I due cartonati interattivi Mimino e la pioggia e Mimino e la luna, di Franco Cosimo Panini, rappresentano due volte la scoperta: prima nella forma, poi nel contenuto.

Nella forma, perché le grosse pagine quadrate e resistenti sono arricchite, fin dalla copertina, da meccanismi "scorri e scopri" (inglobati nelle pagine stesse, e perciò più resistenti delle classiche alette).
Nel contenuto, perché il simpatico Mimino, gatto curioso, ricorda tanto l'indole da esploratore di tanti bambini.

 mimino e la pioggia

 Ãˆ con questo spirito che in Mimino e la pioggia il protagonista esce di casa con gli stivali di gomma, salta nelle pozzanghere e scopre che la pioggia ha fatto spuntare tanti bei funghi.

mimino e la pioggia

E se ricomincia a piovere, poco importa. Basta aprire l'ombrello (muovendo il meccanismo a scorrimento) e si continua a giocare, trovando poi il modo di far tornare il sole. 
L'avventura di Mimino è fatta di gesti semplici e quotidiani in cui il bambino si riconosce, con qualche elemento di fantasia in più (tra i tanti cappelli di fungo, spunterà anche quello di un mago!).

mimino e la pioggia

Nel secondo episodio, Mimino e la luna, lo scenario si fa più surreale.

Il gattino vede la luna piena, in cielo, e vuole scoprire cosa c'è sopra, così prende una scala e ci sale.

mimino e la luna

Delizioso il meccanismo con cui vediamo allungarsi la scala, sullo sfondo nero della notte, e divertentissimo è vedere Mimino sbucare dall'alto della pagina dopo un salto sulla superficie lunare.

Lassù, Mimino incontra lumache spaziali e beve il latte lunare da un cratere con l'amica stella: è un racconto più onirico, ma dotato della stessa semplicità del primo: un susseguirsi di azioni essenziali che rendono il libro adatto dai 18 mesi, quando un bambino inizia a cogliere i meccanismi narrativi.

mimino e la luna

Lo spirito di Mimino ricorda quello di un altro più celebre personaggio legato alla stessa casa editrice: La Pimpa. Come lei, Mimino parla con gli elementi naturali, e compie con quotidiana normalità piccole azioni che a un adulto possono sembrare magiche, ma rientrano perfettamente in una logica infantile. Quella in cui una scala, se lunga abbastanza, può arrivare dappertutto.


Ognuno, nella vita, ha il suo supereroe, ma solo chi è dotato di grande ironia può eleggere a propri idoli un a banda di vecchietti sgangherati, per quanto abbiano alle spalle un passato glorioso e di tutto rispetto.
Ma l'ironia di Davide Calì non teme confronti, ed è per questo che adoriamo la trilogia dei suoi anziani supereroi.


trilogia supereroi 

Vi avevo già parlato di La casa di riposo dei supereroi in un post sui libri tascabili. E se anche voi vi siete affezionati a questi improbabili personaggi, potete completare la serie con L'accademia dei supereroi e l'ultimo uscito, La supergita dei supereroi. 

Editi da Biancoenero edizioni nella collana Minizoom, sono libri tascabili ed economici, perfetti per i primi lettori: il testo, in stampatello minuscolo, è in font ad alta leggibilità, con spaziature e densità pensate per facilitare la lettura.

I due sequel perdono un po' dell'azione e del pathos presenti nel primo episodio della serie, per concentrarsi sulle singolari caratteristiche di ogni personaggio e sulla loro portata umoristica: qui non c'è una città messa in pericolo, né un nemico da sconfiggere, ma una serie di gag, di episodi e di tormentoni ricorrenti che rendono la lettura coinvolgente e divertente.

accademia dei supereroi

L'accademia dei supereroi inizia con un'impietosa descrizione di ciò che i supereroi in pensione non riescono più a fare: a causa dell'artrosi, Siberia non può più schioccare le dita per provocare tempeste, mentre Tritone evita l'acqua che gli provoca reumatismi. Tremendamente annoiati dalla routine della casa di riposo, cercano di impegnarsi in un programma di attività che si rivela fallimentare, finché decidono di avviare un'accademia per formare nuovi, giovani eroi grazie alla loro esperienza.

accademia dei supereroi

Nonostante l'iniziativa finisca in tv, i nostri non troveranno di meglio che insegnare le proprie arti ad altri vecchietti di un'altra casa di riposo, e tutto finirà in un'allegra battaglia di purè.

La supergita dei supereroi vede comparire accanto al nome di Calì quello di Alice Piaggio, che ha curato le illustrazioni aggiungendo un po' di profondità ma conservando i colori e lo stile fortemente caricaturale.

Qui la presentazione iniziale si sofferma ironicamente su un altro cliché della senilità: i farmaci. Testa di Ferro prende una pillola per le giunture, Capitan Ametista ne prende due per la memoria (a meno che non si dimentichi di prenderle!), e così via.

la supergita dei supereroi

Ma anche in questo episodio i nostri eroi si annoiano e decidono così di organizzare una gita.

Ognuno di loro si equipaggia a modo suo: chi vuole andare a raccogliere funghi, chi preferisce il mare.

la supergita dei supereroi

Ma tra tante mete, nessuna sembra andare bene: l'acquario e lo zoo sono chiusi di lunedì, il mare e la montagna sono troppo lontani.

Finiranno in un centro commerciale, ma attenti a considerarla una meta banale o da vecchietti, perché ai loro occhi ormai poco avventurosi quel luogo è pieno zeppo di scoperte e di meraviglie.

la supergita dei supereroi


E così, tra Nefasto che prova improbabili occhiali e Testa di Ferro che trova un lucido per la sua armatura, ci sarà anche chi riesce ad esaudire il suo desiderio e raccogliere i funghi... tra gli scaffali del supermercato!
Ogni cosa, in fondo, è un'avventura, basta prenderla con lo spirito giusto.


Sarà il freddo che ci prende la mattina o la voglia di goderci un po' di più gli affetti dentro casa, ora che quelli esterni dobbiamo tenerli a distanza, ma fa bene, di questi tempi, leggere qualche storia rassicurante, fatta di buoni sentimenti, di quelle classiche in cui le buone azioni vengono premiate e i cattivi sono meno cattivi di quel che sembra.

julian e la volpe

Julian e la volpe, dell'inglese Joe Todd-Stanton (pubblicato in Italia da Babalibri) ci immerge in un bosco da fiaba. Dietro una copertina ruvida, piacevole al tatto e con inserti lucidi, si spalancano immagini in stile fumetto, dallo spiccato gusto cinematografico, in cui il contesto incornicia l'azione definendone l'inquadratura e i diversi piani, più o meno ravvicinati, ci accompagnano nella storia seguendo il punto di vista del protagonista, il topino Julian.

Julian non è un tipo socievole. Ha organizzato la sua vita in modo da incontrare il meno possibile gli altri.

julian e la volpe
 
Vediamo la sua tana in uno spaccato: ha un ingresso indipendente, in modo da non dover incrociare gli animali delle altre tane.

julian e la volpe
 
Ma qualcuno lo osserva: è una volpe, che alla prima occasione spicca un balzo e prova a prenderlo, ma resta incastrata con il muso nell'apertura della tana di Julian.

julian e la volpe
 
È particolarmente buffa l'immagine che ci mostra la volpe letteralmente piantata col muso nella tana. Con un espediente teatrale (benché poco corretto, perché il corpo della volpe dovrebbe farle ombra) il muso appuntito è illuminato da un fascio di luce solare, guidando l'occhio del lettore proprio dove deve andare.
 
Emerge in modo evidente la differenza di stazza tra i due animali, che rende il loro rapporto ancora più improbabile: la volpe chiede aiuto al topo per uscire da quella imbarazzante stuazione, e dopo un po' di ritrosia (perché insomma: non dimentichiamoci che la volpe voleva mangiarlo!), Julien glielo offre, così tra i due nascerà una bella amicizia, rafforzata da un gesto di protezione della volpe verso il topolino, quando poi verrà attaccato da un barbagianni.

julian e la volpe
 
Julian e la volpe ci racconta che l'amicizia non ha confini nè razze e supera perfino gli istinti.
Ci racconta che un amico è una risorsa.
Ci racconta che essere amici non significa esserci sempre, ma esserci quando conta.


Quando parliamo di dinosauri, ci sembra sempre di riferirci a qualcosa di completamente estraneo da tutto ciò che abita la Terra oggi: ci sono stati loro, poi – BAM! – forse un meteorite, e tutto è ricominciato da capo.
È il rischio di una didattica strutturata a settori e compartimenti stagni, che lascia poco spazio all'interconnessione.

amici preistorici

Ma Editoriale Scienza, lo sappiamo, è maestra di interdisciplinarità, e lo dimostra ancora una volta con un titolo originale, che unisce zoologia, storia e... cartotecnica!
Amici Preistorici è un libro pop-up dalle grandi pagine spesse, che incanta i bambini e li invita a una ricerca che unisce il presente a un passato molto remoto.

Ogni doppia pagina, che a sua volta si apre con una grande aletta laterale, è dedicata a un animale domestico: porcellino d'india, cocorita, serpente (possiamo considerarlo domestico?), gatto, pesce rosso, cane e cavallo.

amici preistorici

Ad aletta chiusa, scopriamo alcune caratteristiche dell'animale e della sua famiglia (o genere, o ordine, o classe). Senza la pretesa di una descrizione esaustiva di ciò che identifica questa categoria, le didascalie raccontano alcuni dettagli curiosi, quelli più interessanti da scoprire, ad esempio il fatto che gli incisivi dei roditori continuino a crescere incessantemente.
A destra, una rapida carrellata di altre specie che appartengono alla stessa categoria, o altri dettagli da approfondire, come la funzione delle piume negli uccelli.

amici preistorici

Ma è l'aletta laterale che ci apre allo stupore: un'illustrazione pop-up che si alza tridimensionalmente davanti a noi ci accompagna in un viaggio nel tempo, alla scoperta dell'antenato preistorico del nostro animale domestico: il velociraptor per la cocorita, la tigre dai denti a sciabola per il gatto e così via.

amici preistorici

Al fascino della costruzione cartotecnica si accompagnano le "pillole" dei brevi box di testo, che non si limitano a descriverci l'animale, ma raccontano anche un giorno-tipo della sua vita, e soprattutto ci danno un'idea del lavoro ricostruttivo dei paleontologi, descrivendoci da quali reperti si è arrivati a conoscere le sue caratteristiche.

amici preistorici

Quello di Amici Preistorici Ã¨ un percorso trasversale, che accende la curiosità su temi come la classificazione dei viventi, l'evoluzione e la ricerca storica. Un viaggio ricco di stupore, che non vuole approfondire o esaurire un argomento, ma gettare spunti e soprattutto connessioni che ci aiutino a comprendere meglio la complessità del mondo.

Effetto collaterale frequente è la curiosità di capire anche come funzionano i meccanismi pop-up.

Per sperimentare, ne ho costruito uno facile facile: potete disegnarlo facilmente da soli, oppure usare il mio pdf stampabile o il mio file print & cut pronto per essere usato sulla Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter).

amici preistorici

Piegate a metà la parte superiore e quella inferiore della bocca del dinosauro e posizionatele su un biglietto piegato, facendo coincidere le rispettive pieghe e utilizzando gli occhi come aletta da incollare.

amici preistorici

 Prima di incollare i pezzi, divertitevi a disegnare il resto del corpo del dinosauro.

amici preistorici

Il senso non è tanto quello di creare un biglietto "bello", ma quello di esplorare i meccanismi, le pieghe, le variazioni del funzionamento al variare della collocazione delle incollature.
Essere insomma anche qui un po' scienziati.


Quante volte avete provato a discutere con un bambino in piena crisi di capricci?
Quella personcina sveglia e ragionevole con cui avevate costruito un rapporto di dialogo e fiducia sembra improvvisamente una creatura nuova, giunta dritta dritta da un altro pianeta. Perché probabilmente, in quel momento, è proprio così che si sente: incompreso, fuori posto, estraneo.

Il bambino venuto da Marte

È quello che succede al protagonista di Il bambino venuto da Marte, di Simon James (Pulce edizioni).

Il bambino venuto da Marte

La mamma di Mattia deve assentarsi per un po' (che bello che per una volta a partire per lavoro sia la mamma e non il papà!), e Mattia non la prende bene. Non la saluta quando esce e poi...

Mattia corse fuori in giardino, entrò nella sua navicella spaziale e decollò verso lo spazio profondo... diretto verso Marte.

Il bambino venuto da Marte

Poco dopo, la "navicella" atterra nuovamente nel giardino, e ne esce un "marziano".

Il bambino venuto da Marte

L'albo lavora con una relazione non lineare tra parole e immagini, regalando al lettore uno sguardo onnisciente attraverso le illustrazioni, ma "mentendogli" nel testo.
Non verrà mai esplicitamente detto che il marziano è Mattia stesso, né che la navicella non va davvero su Marte: le parole reggono il gioco alla finzione del bambino, ma le immagini non ingannano. L'inferenza viene lasciata al lettore, che viene gratificato da questo meccanismo ("Ehi, ma quello non è un marziano! È sempre lui!") ed è al tempo stesso portato a identificarsi empaticamente con il protagonista.

Il papà di Mattia asseconda il figlio, mostrandosi indulgente con la sua intemperanza, anche quando il piccolo si ribella alle norme familiari: i marziani, infatti, non si lavano le mani, non mangiano patate, non vanno a letto presto e non si devono lavare i denti.

Il bambino venuto da Marte

Questa sua nuova identità, però, gli porterà qualche problema al di fuori del nido protettivo della famiglia, perché a scuola non tutti saranno così comprensivi. 

Il bambino venuto da Marte non dipinge Mattia come un furbetto che approfitta della sua "nuova identità" per sottrarsi alle regole: il bambino sembra piuttosto paralizzato di fronte al suo disagio, e reagisce alla mancanza della mamma rifugiandosi in un mondo diverso, dal quale saprà uscire solo attraversando la crisi.

Siamo tutti un po' marziani, in fondo, quando questo mondo ci sta stretto.


Cos'ha di così affascinante un uovo?
Forse il fatto di racchiudere la potenzialità di una nuova vita. Forse il mistero che protegge, nascondendo quel che c'è al suo interno.


Ci vediamo fuori 

Ci vediamo fuori? inizia così: raccontando questo mistero.
Non sappiamo ancora chi parla, non siamo certi di cosa rappresenti l'immagine. Ci sono solo uno sfondo bianco e delle forme, di diversi colori e dimensioni.

Ci vediamo fuori

Voltiamo pagina con la stessa soddisfazione di quando apriamo un pacchetto di figurine: ora quello che vediamo è uno spaccato di cosa succede all'interno delle uova, dentro le quali crescono animali molto diversi fra loro: una tartaruga, un coccodrillo, uno struzzo... è buffo vederli ripiegati e raccolti dentro questa forma che ormai va loro stretta.

L'autrice Emma Lidia Squillari coniuga il realismo delle loro posizioni con tratti ed espressioni da fumetto.

Ci vediamo fuori

Uno dei tratti più interessanti di Ci vediamo fuori?, novità edita da Terre di Mezzo, è senza dubbio l'utilizzo dello spazio-pagina.

Quando escono dal guscio, gli animali occupano l'intera doppia pagina, incastrando le loro forme come se i loro corpi fossero pezzi di un grande puzzle. Lo sfondo bianco decontestualizza il racconto: non sappiamo dove si trovino questi animali, né perché siano vicini. Il loro è un ambiente bidimensionale, proprio come il racconto, che si dipana attraverso poche, semplici azioni, senza fornirci informazioni in più rispetto a quelle necessarie.

Ci vediamo fuori

Adesso che ci penso, non sono stato molto educato.
Non ho detto "Buongiorno"... o "Piacere di conoscervi".

Chi è che sta parlando?

E perché, pagina dopo pagina, gli animali scompaiono?

La lettura di Ci vediamo fuori? Ã¨ fatta soprattutto di osservazione, di differenze tra una pagina e la successiva, dell'attenzione a scovare l'animale che manca, magari indovinandolo dalla forma della pancia del serpente, che si fa sempre più grande.

Non c'è morale, non c'è introspezione, ma un'invito alla contemplazione delle soluzioni grafiche, delle espressioni dei personaggi, del gioco dei vuoti e dei pieni che l'autrice riesce a rendere così significativo.
Anche dopo la prima lettura, quando il mistero dietro alle sparizioni è ormai svelato e sappiamo cosa aspettarci dal libro, resta la meraviglia di scovare i dettagli, anticipare il gioco, ammirare le immagini e la loro prospettiva così insolita.

 La dama delle uova

Questo libro, dalle soluzioni grafiche di così grande impatto, non poteva non farmi venire voglia di farci un gioco.

Ho così preparato due serie di animali racchiusi da uova (se volete giocarci e vi accontentate della mia scarsa abilità nel disegno, potete usare il mio pdf, oppure il file print & cut per la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter) per stampare e ritagliare direttamente le pedine da gioco.

Le pedine sono composte da due serie di animali uguali, una colorata e una no (mi raccomando: colorate anche il retro delle uova per distinguere le pedine di un giocatore da quelle dell'altro).

Ci vediamo fuori gioco

Alle pedine vanno aggiunti:

  • una scacchiera
  • un dado

 

Regole del gioco:
  • si distribuiscono 5 pedine a testa (un serpente più altri 4 animali), che i due giocatori dovranno appoggiare, coperte (senza quindi sapere a che animale corrisponde ogni uovo) sulle caselle nere della scacchiera, ai due bordi opposti;
  • a turno, ogni giocatore tira il dado e muove una delle sue pedine in qualsiasi direzione (anche cambiando direzione durante la stessa mossa, ad esempio con un percorso a L);
  • quando un uovo arriva a toccare l'altro estremo della scacchiera, può essere girato;
  • il serpente, una volta girato, può mangiare gli altri animali (ma non le uova) passandoci sopra;
  • il serpente può essere mosso solo una mossa ogni due. Dopo aver mangiato, invece, starà fermo due turni per digerire;
  • solo quando entrambi i concorrenti avranno girato i propri serpenti, i serpenti potranno mangiare anche le uova non ancora schiuse. Un serpente non può mangiare un altro serpente.
  • Vince il giocatore che riesce a mangiare tutte le pedine avversarie.

Ci vediamo fuori gioco

Buon divertimento, e in bocca al lupo, anzi, al serpente!


La mia compagna di banco, alle elementari, abitava proprio accanto alla casa di mia nonna. C'era un muro che divideva i due giardini, e quel muro aveva un buco.
Ovviamente nulla mi impediva di andarla a trovare passando dal vialetto e dall'ingresso principale, ma c'era un fascino diverso nello spostare quei due sassi che rendevano l'apertura troppo stretta e passarci attraverso: quel gesto trasformava un pomeriggio di gioco in un pomeriggio di avventura.

Jip e Janneke

L'incipit di Jip e Janneke amici per sempre, di Annie M.G. Schmidt e Fiep Westendorp (sì, sono gli autori del meraviglioso Pluk e il Grangrattacielo, anch'esso edito da Lupoguido) mi è balzato nel cuore come una proustiana madeleine ed è stato subito chiaro che la materia di questo libro sia l'essenza stessa del bambino. Anche i due protagonisti si conoscono così, attraverso un buco nella siepe che divide i due giardini.
 
Nei 40, brevi episodi che compongono il libro, vediamo dipanarsi tutto il senso dell'amicizia vista con gli occhi di un bambino.
Le loro emozioni sono forti, ma durano un attimo. Il loro sguardo sul mondo è nuovo, fresco, incantato ed egocentrico. Jip e Janneke sono, seplicemente, deliziosi.

Jip e Janneke

Dal momento in cui si conoscono, non si separano mai. Ad accompagnarli, di volta in volta, è la mamma di uno dei due, una figura necessaria ma al tempo stesso di contorno: citata spesso nel testo, nelle illustrazioni non compare mai.

Quello di Jip e Janneke è un mondo in cui un orologio nuovo è un evento da condividere, il bucato dei vestiti di una bambola è un impegno serio e salire sulle scale mobili una vera avventura.

Jip e Janneke
 
Le loro sono storie semplici, quotidiane, che il loro stupore carica di emozioni. Sono storie reali, raccontate da un narratore esterno che però prende molto seriamente le sensazioni e il punto di vista dei bambini.
Si susseguono marachelle, piccole scaramucce, classiche divergenze da "maschio" e "femmina" che in realtà sono più simili di quanto credano: Jip non vorrebbe giocare alla casa delle bambole, ma alla fine, anche se non lo ammetterà, si diverte a farlo. Tutto così normale, tutto così straordinario.

Jip e Janneke
 
Fiep Westendorp disegna i due protagonisti come fossero silhouette, sempre di profilo, neri con qualche vestito bianco. Eppure, nell'essenzialità dei suoi segni, riesce a rendere perfettamente l'espressività stupita dei due bimbi, la postura impacciata di Jip che si arrampica su un bidone per spiare da una finestra o che dà un bacio tenero all'amica, e ancora la risolutezza e la curiosità di Janneke.

Jip e Janneke
 
Qualsiasi adulto, leggendo Jip e Janneke torna a sentirsi bambino per un attimo, perché le loro storie sono così universali che risvegliano inevitabilmente qualche ricordo sopito.
Questo è parlare ai bambini con il loro linguaggio.


In un fiorire di proposte editoriali, più o meno valide, sul tema delle emozioni, ci si dimentica troppo spesso di una cosa molto semplice: ogni storia, se ben raccontata, parla di emozioni.
Educare alle emozioni non significa inserirle in una tassonomia da imparare a memoria, né eseguirne un'autopsia per sviscerarne caratteristiche e dettagli.
A volte, parlare di emozioni significa semplicemente raccontarle.

eh come emozione

È questo l'assunto, chiaro benché inespresso, di Eh! come emozione, scritto da Andrea Valente per Lapis edizioni. L'impianto è il medesimo di Ventimila leghe sopra i cieli (ne avevo parlato qui): una raccolta di racconti, poesie, brevi saggi (sono 20 in tutto) liberamente ispirati a un tema dominante.

eh come emozione

L'emozione non è sempre protagonista: a volte traspare semplicemente, come è normale che sia, dalla narrazione, come quando Valente narra le gesta di un esploratore impaurito da un lombrico, o il disgusto reciproco di una serie di bestie, l'una inorridita dall'altra. 
Paura, timidezza, malinconia non vengono scandagliate e analizzate, ma semplicemente raccontate, come motori di azioni e di reazioni che spesso diventano motore della narrazione.

Compare qua e là il gusto dell'assurdo che dà origine a conseguenze inattese: cosa può succedere in un regno in cui il re mette al bando la tristezza? Sarà davvero un provvedimento positivo?

eh come emozione

Tra un racconto e l'altro, c'è spazio per qualche riflessione linguistica semiseria, nata sezionando in modo creativo e poco ortodosso le parole amore, tremarella, umanità, passione. 

Nella parola umanità c'è la parola mani,
al plurale, mi raccomando, perché spesso una mano sola non basta.

Andrea Valente addomestica le parole ed estrapola concetti con la sua consueta arguzia, accompagnando il lettore a una riflessione profonda e leggera al tempo stesso. 

eh come emozione

L'impaginazione, che vede i testi separati da pagine coloratissime e dalle illustrazioni spiritose dell'autore, quasi a dare respiro al testo, stimola anche i lettori meno allenati, che si sentiranno gratificati dall'avanzare delle pagine e dall'autoconclusività dei racconti.
Anche le poesie scorrono allegre, tra spunti di riflessione e strizzatine d'occhio.

Come sempre, Andrea Valente ci dimostra che pensare con spensieratezza non è un paradosso.


 

Vi siete mai chiesti perché è così bello parlare con un amico?
Io credo sia perché un amico ci aiuta a vedere meglio le cose attorno a noi (e anche quelle dentro).

nino e taddeo 

È quello che succede – letteralmente – ai due protagonisti di Nino e Taddeo dipingono la primavera, di Henri Meunier e Benjamin Chaud, edito da Terre di Mezzo; perché Nino la Talpa è cieco – per l'appunto – come una talpa, e per vederci bene ha bisogno degli occhi dell'inseparabile amico Topo Taddeo.

nino e taddeo

Quando i due escono per "dipingere la primavera", è Topo Taddeo a descrivere il paesaggio e a scegliere i colori per Nino la Talpa, ma in fondo, spiega,

I paesaggi nei quadri sono tutti un po' inventati,
perché si dipinge più con il cuore che con gli occhi!

nino e taddeo

Nei tre episodi di cui è composto il libro, i due protagonisti vanno a dipingere, poi a pescare, e infine il topo accompagna la talpa a un appuntamento galante con la sua innamorata (che come scopriremo, ci vede poco quanto lui).

nino e taddeo


Tra i due si susseguono dialoghi candidi e sereni, senza attriti: il loro è un rapporto idilliaco, in cui si sorride dei reciproci difetti e si gode del tempo insieme come del più grande dei doni. Topo Taddeo rimedia agli errori di Nino la Talpa, riportandolo ad esempio sulla tela quando Nino dipinge il tronco di un albero, e non gli dirà mai che quelli che ha pescato sono solo stivali, e non carpe.

nino e taddeo

Nino e Taddeo dipingono la primavera Ã¨ un testo semplice, adatto alle prime letture, che la suddivisione in racconti rende più gratificanti da affrontare (ma può essere letto anche in lettura condivisa, dai 4 anni). A differenza di molti altri libri dedicati ai lettori autonomi, però, il rapporto tra testo e immagini mantiene il meccanismo di stretta interconnessione dell'albo illustrato.

L'illustrazione, curata dalla mano d'autore di Benjamin Chaud, non ha la mera funzione di visualizzare il racconto, ma lo completa e porta con sé un diverso piano di lettura.

Se il testo scritto è dolce, positivo, a tratti fin troppo buonista, l'immagine si fa carico di tutta la portata umoristica del libro, contraddicendo a tratti quello che le parole raccontano. È soltanto dalle immagini che scopriamo che Nino ha frainteso completamente il dipinto di Taddeo, o che sta offrendo un mazzo di fiori a un cespuglio anziché alla sua amata.
La storia di Nino e Taddeo acquista così una componente comica che non nega il messaggio intrinseco sull'importanza dell'amicizia, ma lo rende più leggero e originale.

Essere amici non significa necessariamente essere sinceri l'uno con l'altro: a volte un amico può far vedere le cose migliori di quello che sono.


Affidarsi agli occhi di qualcun altro, abdicare a quello che forse è il più importante tra i nostri sensi, richiede un atto di fiducia estrema, che si può trasformare in esperimento e gioco:

Il gioco del pittore cieco

Armatevi di carta, matita e benda, e copritevi gli occhi. Ora, chiedete a vostro figlio di scegliere un oggetto e provare a descrivervi come disegnarlo, senza nominarne le singole parti, ma solo le sue forme.

Ad esempio, di una caffettiera non dovrà dirvi "dipingi il manico", ma "disegna una linea che va verso destra, poi piega verso il basso".

Cosa ne salterà fuori? E a parti inverse? 

Il gioco del pittore cieco stimola la capacità descrittiva, l'empatia, la fiducia. Quasi come leggere un libro insieme.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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