Nuvole in scatola
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Hanno più di 30 anni, ma non li dimostrano neanche un po'.
Era il 1987 quando Helen Oxenbury ha pubblicato All fall down, Clap Hands, Tickle tickle e Say Goodnight, quattro libricini pensati per manine e orecchie piccole piccole.

cartonati helen oxenbury

Mondadori oggi li ha portati finalmente in Italia: si chiamano Tutti giù per terra, Batti le manine, Che solletico!, e Buonanotte e hanno il tocco autoriale della traduzione di Chiara Carminati.

cartonati helen oxenbury

Non li dimostrano, 30 anni, questi quattro cartonati, perché sono piccoli libri con un grande coraggio.
Il coraggio di essere semplici e brevi, innanzitutto. Ogni libro riporta una filastrocca, otto pagine in tutto, risguardi compresi: è quel che serve per creare un ritmo perfetto fatto di inizio, svolgimento e conclusione.

Sono libri moderni e coraggiosi, dicevo, perché hanno il coraggio di essere multietnici. I piccoli protagonisti, che ricordano molto quelli di Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini, della stessa autrice, hanno colore della pelle e tratti somatici tra i più vari, e così anche gli adulti che li accudiscono, uomini e donne, indifferentemente. Una varietà allegra, viva, universale.
Non ci si chiede che rapporti abbiano tra loro, perché siano insieme, chi siano gli adulti con loro. La loro vitalità annulla ogni domanda.

cartonati helen oxenbury

Infine, questi libri hanno il coraggio di essere dinamici, anche nel taglio delle illustrazioni, che non si curano di far stare tutto all'interno della pagina, ma lasciano fuori, all'occorrenza, pezzi di testa, di braccia e di piedi, come foto scattate in fretta nel bel mezzo dell'azione.

cartonati helen oxenbury

In questo turbinio di gesti, movimenti e visi in cui il bambino si riconosce, si inseriscono parole ricche di ritmo e di musicalità, che la Carminati ha tradotto con grande ricchezza di suoni e di senso, dando a ogni libro la sua peculiare chiave di lettura.
C'è Tutti giù per terra, che sembra un girotondo: viene da cantarlo, leggendo.
Buonanotte, ricco di riferimenti spaziali (su e giù) e di movimento, finché l'azione non si placa e i bimbi, sfiniti, si addormentano.
Batti le manine è un catalogo di gesti da guardare e ripetere, con un ritmo di rime serrato.
E infine Che solletico!, una festa di suoni evocativi e di onomatopee, dal gioco nel fango al bagnetto, per poi concludersi con le coccole finali.

È la lingua dei più piccoli: non serve comprenderne le parole per accoglierla, entra a volte come un fiume, altre come un tamburo, parla con la sua sonorità:
Molle melma meraviglia,
lava sciacqua strizza e striglia.
La varietà e la ricchezza di questi codici che si incontrano – immagini, suoni, significati – regalano a questi libri non una, ma molte vite, per fare sì che accompagnino i bambini a lungo.
Nei primi mesi, sono rime che cullano, attraverso la voce di mamma, filastrocche da mandare a memoria e da recitare anche senza il supporto delle illustrazioni.
Via via che il bimbo cresce, diventano anche immagini da esplorare in autonomia (il formato è piccolo, quadrato, cartonato e con gli angoli stondati, semplice da maneggire), ma anche giochi di movimento da fare insieme, ripetendo i gesti dei bimbi.

cartonati helen oxenbury

Mi resta una nota da fare, personale ma in qualche modo universale.
Chiara Carminati, come me, è friulana, e nel finale di Che solletico! non ho potuto non notare il "ghiti ghiti" (termine friulano, appunto, per la parola "solletico"): una scelta di traduzione forse non ortodossa ma estremamente efficace nel trasmettere con il suo suono non soltanto il senso del gesto, ma anche il suo affetto.
È la forza della poesia, quando si rivolge ai bambini: è una lingua mamma, una lingua del cuore.

       
Il piacere della letteratura è fatto essenzialmente di metamorfosi.
Leggere permette di assumere identità diverse dalla propria, di vivere avventure altrimenti impossibili, di catturare emozioni che forse non avevamo afferrato, provandole attraverso i personaggi di cui assumiamo la forma, nella nostra immaginazione.

selvaggio come te

Selvaggio come te di Gauthier David e Claire de Gastold (edito da Terre di Mezzo editore con la traduzione di Maria Bastanzetti) riesce a catturare quel piacere nascosto e renderlo narrativa.

selvaggio come te

Lea, la protagonista, è invitata dall'amico Zach a una festa mascherata. Tema: gli animali del bosco.
Crea così, con pochi oggetti trovati in casa, il suo costume da orso, e si avvia verso casa dell'amico.

selvaggio come te

Per arrivarci, prende la strada del bosco (una scelta che porta con sé l'eco di tante fiabe), e qui incontra uno strano bambino, che si avvicina incuriosito a lei ma non dice una parola.

selvaggio come te

Seguendolo, scopre un'intera compagnia di bambini del bosco, tutti caratterizzati da un comportamento un po' selvaggio: si annusano, si rotolano nel fango, mangiano radici. I bambini si uniranno poi agli amici di Lea a casa di Zach e, dopo qualche momento di impasse dovuto alle diverse abitudini, riusciranno a trovare il modo di giocare tutti assieme.

selvaggio come te

Solo alla fine scopriremo che questi strani bambini non erano altro che i veri animali del bosco, travestiti a loro volta per una festa.

La lettura di Selvaggio come te fonde due piaceri: uno più razionale, l'altro quasi inconscio.
Da un lato, troviamo il perfetto rispecchiarsi di due realtà, uguali e complementari: i bambini che si trasformano in animali e gli animali che si trasformano in bambini. L'idea creativa alla base della narrazione si sviluppa in modo coinvolgente, lasciando indizi lungo la storia affinché il lettore li colga e anticipi la soluzione, che poi arriverà, dando al mistero una conclusione piena e gratificante.

Ma c'è altro, in questo albo, un elemento più viscerale, una sensazione che emerge soprattuto dalle illustrazioni: quando Lea si traveste, diventa un orso a tutti gli effetti. Non vediamo i lacci della sua maschera o i suoi piedi sbucare da sotto il costume. Nonostante il suo costume sia raffazzonato a partire da pochi oggetti casalinghi, e la maschera disegnata su un piatto di carta, quello che abbiamo di fronte è un perfetto animale selvatico. Allo, stesso modo, gli animali del bosco, se non fosse per il loro strano comportamento, sarebbero dei perfetti bambini, nelle loro sembianze.

Si tratta naturalmente di un effetto impossibile, che non può rispecchiare la realtà ma che interpreta bene una sensazione interiore di ogni essere umano che ha provato, almeno per una volta, il desiderio di diventare altro, semplicemente indossando una maschera.
Che poi è quello che ognuno può sperimentare quando legge un bel libro.

E così, l'aderenza di questo espediente narrativo al nostro mondo interiore supporta la sospensione della nostra incredulità: in fondo, quello che vediamo è credibile perché lo abbiamo vissuto tutti, sebbene soltanto nella nostra immaginazione.

Anche il testo avvalora questa sensazione, almeno per un po', chiamando i bambini con i nomi degli animali:
A casa di Zach, un cervo e un tasso giocano a palla, un cinghiale beve un bicchiere di limonata, un coniglio e un lupo preparano la piste per le biglie, uno scoiattolo suona il flauto. Sono gli amici di Lea.

L'alternanza di immagini su fondo bianco e di ricche illustrazioni ambientate ci permette prima di studiare questo travestimento perfetto, e poi di viverlo, immerso nel suo ambiente. Ancora una volta, pensiero razionale ed emozionale sono coinvolti contemporaneamente.

Selvaggio come te ha la forza narrativa unica di quei libri che narrano cose impossibili eppure universali, perché già accadute nel nostro mondo interiore.


E se la lettura vi ha messo voglia di travestirvi da orsi a carnevale, ecco una

maschera da orso

semplice semplice da realizzare.
Potete disegnarla a mano, stampare e ritagliare il mio pdf, se avete la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter) potete usare direttamente il mio file per il taglio.

 maschera da orso

Dopo aver ritagliato la forma su cartoncino spesso, disegnate con dei pastelli a cera (danno un aspetto più rustico e "peloso") dei cerchi scuri attorno agli occhi, e poi il naso, l'interno delle orecchie e qualche pelo.

maschera da orso

Poi incollate i bordi lasciando le pieghe morbide, incollate le orecchie, piegate all'infuori il naso e applicate un elastico.

maschera da orso

Se poi alla vostra festa di carnevale incontrate qualche bambino che non sembra travestito da alcunché, nel dubbio annusatelo un po'.


Lo sguardo bambino sulle cose ha in sé la curiosità di un esploratore, che si sta costruendo una sua mappa del mondo, e l'ingenuità di una visione non ancora incasellata in categorie già costruite.

bertolt

È questo meraviglioso sguardo che ritroviamo in Bertolt, albo di Jascques Goldstyn da poco edito da LupoGuido con traduzione di Gabriella Tonoli.

Protagonista è un bambino, buffo con il suo grande berretto in testa. Lo vediamo cercare un guanto all'ufficio oggetti smarriti della scuola, perché ne ha perso uno.
Un incipit, questo, apparentemente casuale, che sembra messo lì soltanto a spiegare come il piccolo sia incurante delle convenzioni e abbastanza stravagante da andare in giro con due guanti di colore diverso.
In realtà, questa sequenza è anche un piccolo gancio lanciato con finta noncuranza per essere ripreso nel finale, come accade nelle grandi narrazioni.

bertolt

Il bambino parla in prima persona. Inizia dall'episodio del guanto per poi allargarsi a raccontare le sue giornate, il suo carattere solitario, il suo sentirsi diverso.
Ecco, se un difetto va trovato in questo albo è quello di essere troppo esplicito nel dichiarare la sensazione di diversità, che sarebbe potuta emergere semplicemente dalla narrazione, non detta ma raccontata.

Con tratto da vignettista e colori a pastello, Jascques Goldstyn riesce a fondere con grande efficacia poesia e ironia. Il lettore si ritrova catapultato in questo piccolo mondo, in questo piccolo sguardo, con una grande varietà di prospettive che rendono conto della viva curiosità del protagonista, che vede cose che sfuggono al mondo adulto.
Meravigliosa l'immagine, dall'alto, in cui il piccolo scala la sua quercia. Già, perché il Bertolt del titolo non è il bambino, ma un albero: il suo albero. O forse dovremmo dire il suo migliore amico.


bertolt

Bertolt è il rifugio del bambino, che ci si arrampica e si nasconde tra le foglie, e da questo rifugio guarda il mondo, a modo suo.
Grande osservatore, vede anche quello che gli altri non vorrebbero che vedesse (le illustrazioni, qui, strizzano l'occhio anche a un pubblico adulto).

bertolt
 
Bertolt rispecchia lo spirito dei bimbi di una volta, quelli che vivevano all'aria aperta e conoscevano ogni segreto dell'ambiente circostante. Quando arriva la primavera, il piccolo protagonista ammira la natura che si risveglia. Per lui gli alberi non sono "alberi", ma tiglio, olmo, pruno e salice: li chiama per nome, con perizia da botanico.
E nota che tutti hanno indossato il loro mantello verde; tutti tranne Bertolt. Il suo albero è morto.

bertolt

Ed ecco, di nuovo, lo sguardo bambino, l'indagine su come funziona il mondo: il piccolo cerca di capire l'incomprensibile, la morte.
Riflette, paragona le sue esperienze. Osserva che quando muore un animale lo si vede subito, mentre con un albero è diverso, perché l'albero resta lì, dritto, come quando era vivo.


bertolt

Non si perde d'animo, il bambino. Si percepisce la sua tristezza, ma a prevalere è la sua gratitudine verso l'amico che gli ha dato tanto. Come celebrarlo un'ultima volta?
In una lunga sequenza senza parole (e ancora una volta, con una grande varietà cinematografica di inquadrature e punti di vista), il bimbo troverà una soluzione che ci riporta a quella prima immagine del libro. Un'idea che, nella morte, celebra la vita.
Il tocco bambino che, sorridendo, ringrazia l'amico che non c'è più.

PS: Tra un sorriso ironico e una lacrima di commozione, non dimenticate di dare un'occhiata ai risguardi del libro, quello iniziale e quello finale. Perché sono anche i dettagli a fare di un libro un grande libro.


Pochi cani, come i bassotti, si prestano a essere trasformati, nella fantasia della narrazione. La loro evidente sproporzione dimensionale (zampe corte, corpo lungo) li presta a diventare cani-salsiccia, hot dog e via dicendo.

ralf

L'idea alla base di Ralf, curioso albo di Jean Jullien edito in Italia da Lapis (traduzione di Alessandro Riccioni) è proprio quella di giocare sulla fisicità del bassotto che dà il titolo al libro.

ralf

Con i suoi tipici disegni molto decisi, segnati da grossi contorni e campiture piene, Jean Jullien ci presenta questo simpatico cagnolino domestico, che ha il difetto di occupare tanto spazio: nel letto, sul divano, persino in braccio.

ralf

Così, pur se gli vogliono bene, i membri della sua famiglia lo cacciano via spesso e volentieri.

ralf

Finché una sera, dalla sua cuccia in giardino, Ralf sente un forte odore di fumo provenire dalla casa: c'è un incendio!
Nel tentativo di salvare i suoi padroni, però, Ralf resta incastrato nella porta.

ralf

Non gli resta altro da fare che tirare più che può, e far allungare il suo corpo a dismisura, in modo da riuscire a raggiungere i soccorsi con la testa, mentre il suo posteriore è ancora attaccato alla porta.

ralf

Naturalmente, tutto finirà bene, e la famiglia di Ralf imparerà ad essere più accogliente con il bassotto, ora più lungo che mai, ma al di là della trama, ad incantare è il gioco materico compiuto sul protagonista.
Le immagini di Jullien danno forma a un'immaginazione tipicamente bambina: quella di poter plasmare ogni oggetto, allungando e tirando, come se fosse di plastilina. L'impaginazione si snoda su doppie pagine, che enfatizzano la fisicità di Ralf, già bel rappresentata dal tratto marcato del disegno: il suo corpo invade lo spazio, attraversa il limite della rilegatura centrale e si mostra in tutta la sua lunghezza. Ogni tavola riesce a comunicare in modo straordinario la sua presenza, dando materialità a ciò che le parole descrivono e componendo un albo che trasmette sensazioni quasi fisiche, dando alla lettura un coinvolgimento che va oltre la semplice trama.

Impossibile non  voler ricreare un Ralf di pongo, da tirare finché si può.
Oppure, inventarsi un gioco:

L'allungabassotto.

Vi serviranno:
  • una plancia di gioco per ogni giocatore (tra poco vi spiego tutto)
  • vari "pezzi" di cane, tra cui una testa e una coda per ogni giocatore
  • un dado
La plancia di gioco potete facilmente disegnarla a mano su un foglio a quadretti grandi: piazzate una partenza, un arrivo (l'osso) e una serie di ostacoli qua e là (i quadretti neri).
Ne servirà una per giocatore, identiche tra loro.

ralf

Quanto al cane, potete disegnare da soli dei pezzi dritti e dei pezzi curvi, oppure stamparli e ritagliarli dal mio pdf.

[piccola digressione per i possessori di Silhouette Cameo o aspiranti tali]
Se avete la Silhouette Cameo (ve ne ho parlato qui) potete anche usare il mio file Silhouette Studio per ritagliare i pezzetti dalla carta o, come ho fatto io, dalla gomma crepla: il risultato è molto più godibile e plastico, oltre che duraturo.
Per ritagliare la gomma crepla, ho usato la lama kraft blade, con il suo adattatore, impostando la profondità della lama a 20 (questa operazione va fatta a mano prima di inserire la lama nella macchina) e selezionando come impostazioni sul software forza 30, velocità 4 e 2 passaggi (le impostazioni automatiche che il software consiglia per la gomma crepla non sono sufficienti a tagliarla).

[fine della piccola digressione per i possessori di Silhouette Cameo o aspiranti tali]

ralf

Ora, si gioca.
Posizionate la coda in corrispondenza della partenza e attaccatele davanti il muso.
Mettete i restanti pezzi in un mucchio.

Lanciate il dado, e comportatevi secondo il numero che esce:

1: raccogli dal mucchio un pezzo dritto
2: raccogli dal mucchio un pezzo curvo
3 e 4: raccogli dal mucchio un pezzo a tua scelta
5: posa sulla plancia un pezzo a tua scelta
6: posa sulla plancia tre pezzi a tua scelta

L'obiettivo è naturalmente allungare il cane fino a fargli raggiungere l'osso con il muso, evitando gli ostacoli.

ralf

È un gioco elementare, adatto ai più piccoli (dai 3 anni), che però già sviluppa le prime capacità strategiche (quale pezzo scegliere, quale percorso compiere per arrivare prima al traguardo), liberissimamente ispirato a La corsa dei lombrichi, che è arrivato a casa nostra per Natale e ha avuto grandissimo successo tra grandi e piccoli.

Leggere e giocare, ormai lo sapete, sono solo declinazioni del verbo crescere.


 
È tornato Pandino!
E non è solo.

panda e pandino cosa fanno

Terre di mezzo editore ci ripropone il simpatico protagonista di Pandino cosa fa di Satoshi Itiyama (trad. Annalisa Lombardo) insieme al suo papà Panda, in Panda e Pandino cosa fanno.

panda e pandino cosa fanno

Panda e Pandino cosa fanno porta il gioco con il corpo proposto nel primo volume a un nuovo livello.
All'autoconsapevolezza delle proprie forme e dei propri movimenti, si aggiunge quella del proprio essere in relazione. Una relazione che si esprime per prima cosa con il proprio genitore, un grande che qui si fa piccolo e gioca alla pari, o quasi.

panda e pandino cosa fanno

Come nel primo albo, testo e immagini mostrano il protagonista intento a imitare alcuni oggetti con il proprio corpo, e invitano il piccolo lettore a fare altrettanto.

La prima forma riprodotta da Panda e Pandino sono i germogli di bambù, un tocco giapponese che connota geograficamente il libro: fin qui, sembra ancora una mera riproposizione dello stesso gioco del titolo precedente, con l'unica variante della compagnia.


panda e pandino cosa fanno
Proseguendo tra le pagine, però, scopriamo che la carrellata di movimenti e oggetti proposti è anche un catalogo delle possibili forme di relazione tra i due corpi, che si muovono insieme, poi uno contro l'altro, o in direzioni opposte, poggiandosi uno sull'altro o ancora con il grande che solleva il più piccolo da terra per imitare il pendolo.

panda e pandino cosa fanno

Così, il gioco di Panda e Pandino li pone alle volte sullo stesso piano, altre volte sottolinea il ruolo protettivo e accogliente del genitore, che si fa centro di equilibrio e di forze per guidare il piccolo verso nuove possibilità della sua immaginazione.

Panda e Pandino cosa fanno è un libro che non si legge nel modo più consueto: è un libro che si gioca. Insieme, genitore e bimbo, trasformandosi in morbidi animali in una nuova avventura nella fantasia.


 
L'udienza è aperta.
Nella sala del tribunale entra l'imputato, in manette. Il giudice ha un'aria professionale e severa.
Sembra il più classico dei processi, se non fosse che tutti – imputato, giudice, avvocati e testimoni – sono animali.

processo al lupo

È il Processo al lupo, che viviamo attraverso le parole e le immagini di Stéphane Henrich in questa nuova uscita di Biancoenero edizioni (traduzione di Flavio Sorrentino).

processo al lupo

Il crimine di cui è accusato il lupo non ci stupisce: pare abbia divorato un agnello.
Come in un vero processo, si susseguono testimoni, periti, avvocati dell'accusa e della difesa.

 processo al lupo

Ognuno dice la sua sul caso, con risvolti spesso comici, come quando la talpa, cieca come una talpa, dichiara "Io ho visto tutto, signor Giudice!" (il testimone viene congedato, perché considerato poco attendibile).
processo al lupo

O come quando la madre dell'imputato lo descrive come "Dolce e tenero come un agn..." (non le faranno finire la frase).
L'attenuante concessa al lupo, su cui farà leva la difesa, è la sua proverbiale, atavica fame.

Processo al lupo procede in modo lineare verso la conclusione, senza colpi di scena inaspettati, ma mette in scena una mimesi accurata del meccanismo processuale.
Attraverso il fascino degli animali e qualche momento di leggera comicità, racconta ai bambini il funzionamento dei tribunali, levandogli quella noia che inevitabilmente si porta con sé nella sua rappresentazione reale, nelle cronache di giornali e telegiornali.

Le immagini ricordano quelle di certa cronaca illlustrata d'altri tempi: schizzi all'apparenza veloci colorati da acquerello, che riescono però a riprodurre fedelmente le scene, le espressioni, le prospettive e i rapporti di forza tra i protagonisti, fotografando come in un reportage i momenti più densi di emozione del processo.


processo al lupo

Il lupo sotto accusa è lo stesso personaggio delle favole, umanizzato ma intrappolato nel suo cliché, e sembra pagare il fio di tutte le malefatte compiute in ogni storia raccontata ai bambini.
E i bambini tirano un sospiro di sollievo quando la giustizia, pur punendolo, gli salva la vita, perché senza un lupo nessuna favola può esistere.


Quando pensiamo a come immagini e parole concorrano alla costruzione della storia, in un albo, diamo a volte per scontato che ciò che conta, nelle illustrazioni, sia il contenuto. Ci soffermiamo sulla scelta degli oggetti da mostrare e di quelli da nascondere, al limite sull'inquadratura e sul punto di vista.
Ci sono albi, però, in cui a comunicare è soprattutto la tecnica usata.

ospite inatteso

È il caso di L'ospite inatteso della tedesca Antje Damm, pubblicato da Terre di Mezzo editore.
Il mondo di carta in cui vive la protagonista trasmette la sua fragilità, ma anche una semplicità da cui può scaturire meraviglia.

ospite inatteso

Elsa aveva paura di tutto.
Dei ragni, delle persone, e persino degli alberi.
E così stava sempre chiusa in casa, giorno e notte.

E la casa di Elsa è ritagliata e costruita con la carta, come un modellino, e poi fotografata. Una forma di illustrazione materica che riesce a creare un piccolo mondo dal grande fascino.
È una casa in bianco e nero, ricca di chiaroscuri, in cui tutto sembra un po' precario.

ospite inatteso

Un giorno, dalla finestra di Elsa, entra un aeroplanino colorato. Elsa ne ha paura.
Ma il giorno dopo, suona alla porta un bimbo.
Il bimbo è colorato, come lo spiraglio di luce che sembra entrare dall'esterno della casa. Quando entra in casa per cercare il suo aeroplano e andare in bagno, il bimbo lascia dietro sé una scia di colore, come se la sua ombra, anziché scurire l'ambiente, lo illuminasse.


ospite inatteso

La sua curiosità nel chiedere spiegazioni sui quadri o nel guardare i volumi allineati sugli scaffali della libreria sparge colore in tutto l'ambiente: il colore della vitalità dell'infanzia, che in quella casa mancava.

Ricco finalmente di colori, tutto l'ambiente non sembra più tanto fragile e precario, come se il passaggio del bambino avesse ridato non solo allegria ma anche solidità a tutta la casa.
Elsa riscopre la fantasia, il sorriso, la vita, e il mondo attorno a lei si trasforma.

ospite inatteso

La vicenda non è nuova in letteratura: la casa di Elsa è un po' il giardino del Gigante Egoista di Wilde, ma la tecnica usata, oltre a trasmettere efficacemente sensazioni che vanno ben oltre la storia narrata, è un incanto per gli occhi, che spaziano sulla pagina alla ricerca di dettagli e riescono quasi a sentire la materialità dietro la pagina stampata.

La lettura di L'ospite inatteso lascia un'irresistibile voglia di prendere carta e forbici e costruire la propria

casa di carta


Se ne può costruire una pieghevole, che si ripone facilmente su uno scaffale, o dentro un libro.
Si comincia da quattro rettangoli di carta, in cui (importante) una dimensione deve essere il doppio dell'altra, in modo che, piegati a metà, formino un quadrato perfetto.

ospite inatteso

Se volete ritagliare gli spazi di porte e finestre, fatelo prima di iniziare il montaggio.

Si affiancano due rettangoli in modo che abbiano la piega opposta (uno in avanti, uno all'indietro) e si attaccano tra loro nella metà superiore con il nastro adesivo (in modo che la parte inferiore possa essere ripiegata).



Si ripiega l'insieme ottenuto lungo il nastro adesivo e si prosegue, attaccando il terzo rettangolo e poi il quarto.

ospite inatteso

Si ottiene così un "libretto" che può essere aperto, mettendo in piedi i quadrati superiori in forma di croce, a formare le pareti, e adagiando i riquadri inferiori in modo che formino i pavimenti.

ospite inatteso

ospite inatteso

E adesso? Si arreda!
Ho voluto provare a creare, prendendo spunto da un blog trovato su Pinterest, alcuni "elementi d'arredo" con la Silhouette Cameo 4 di Creativamente Plotter: una porta, una finestra, uno steccato, un piccolo orto con le piantine (per creare l'orto, basta ripiegare un cartoncino marrone facendo i tagli dove infilerete le piante). Trovate il file pronto per la Silhouette qui.

ospite inatteso

Ma la tecnica che più assomiglia al libro è sicuramente quella a mano libera: disegnate su un foglio i vostri mobili e ritagliateli, lasciandoli bidimensionali se volete incollarli alle pareti, oppure pensando a un sostegno ripiegato se volete renderli tridimensionali.

ospite inatteso

È anche il modo migliore per coinvolgere i bambini nel gioco: piccoli arredatori crescono.

ospite inatteso


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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