Nuvole in scatola
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Scommetto che conoscete dei cani da guardia e che avete visto, almeno in qualche film, dei piccioni viaggiatori. Ma avete mai sentito parlare di un polpo bagnino?


Be', se non ne avete ancora mai visto uno, ringraziate LupoGuido, che ha iniziato un'operazione di recupero di alcuni albi fuori catalogo di Tomi Ungerer, compianto autore scomparso nel febbraio di quest'anno. Il primo di questi è Emil il polpo gentile, fresco di stampa, o meglio di riedizione: e che edizione!
I libri di LupoGuido sono una gioia per la mente, ma anche per le mani e per gli occhi.
Emil il polpo gentile ha copertina rigida, dorso in tela e spendide pagine opache che valorizzano le illustrazioni e il prezioso contenuto di questa storia.


Emil fa il suo esordio salvando il capitano Samofar da uno squalo e questi, per ringraziarlo, lo porta a vivere con sé, cercando di farlo sentire a proprio agio, ad esempio offrendogli una bella vasca piena di acqua salata.


Ma a Emil manca il mare, così decide di mettersi a fare il bagnino.
Emil si dà molto da fare: insegna ai bambini a nuotare, salva i bagnanti con i suoi tanti tentacoli, intrattiene i turisti, riesce persino a catturare dei contrabbandieri, in una sequenza particolarmente avventurosa.

Al di là della trama, a rendere eccezionale questo albo è proprio l'immagine di Emil.
Senza bocca, il polpo si esprime con lo sguardo e sembra sempre un po' fuori dal contesto, quasi stupito di questa realtà "altra" rispetto alla sua.


Tomi Ungerer gioca con la fisicità del polpo, mettendolo a suonare diversi strumenti contemporaneamente, o a mimare gli oggetti più disparati con i propri tentacoli.


In una storia difficile da inquadrare, per certi versi anche frettolosa, sospesa tra avventura, sentimento e comicità, quello che resta è lui: Emil. Così altruista, così generoso, così diverso dal contesto in cui si trova: un protagonista irresistibile, che fa proprio venire voglia di adottare un polpo.

Nell'impossibilità di farlo, ne abbiamo costruito uno di carta, semplice semplice.
Basta ritagliare la sagoma del corpo e poi tante striscioline di carta sottili.


Le striscioline vanno incollate ad anello, e le prime otto fissate al corpo del polpo.


Poi si prosegue, agganciandole in lunghe catene.


Anche se non è avventuroso come Emil, anche il nostro polpo si diletta nei mimi.


Eccolo nei panni di un quadrifoglio: un vero e proprio "polpo di san Patrizio".


Sono passati cinquant'anni da quando l'uomo è sbarcato sulla Luna, e ancora c'è chi sostiene che sia stata tutta una grande bufala.
La realtà è che l'astronomia e l'esplorazione dello spazio riescono ad ottenere risultati così incredibili che fatichiamo a comprenderli. Pensare che le stelle che vediamo di notte possano non esistere più, o che un manufatto umano possa raggiungere distanze di decine di milioni di chilometri e riuscire a inviare alla Terra dei dati utili in completa autonomia è qualcosa che va talmente oltre la nostra esperienza sensoriale quotidiana che può sembrare materia da libro di fantascienza.

Ma la scienza, a volte, sa essere molto più affascinante della fantasia.


Avventure spaziali, una delle ultime uscite di Editoriale Scienza, accompagna i piccoli lettori in un'esplorazione del nostro Sistema Solare, sotto un'ottica ampia che abbraccia diversi punti di vista.
Le sue pagine infatti spaziano (ah ah!) tra passato, presente e futuro: raccontano la formazione dell'universo (spiegando ad esempio il big bang o la nascita della luna), descrivono i diversi pianeti per come sono ora, ma propongono anche scenari possibili per il futuro delle esplorazioni spaziali.



Alle nozioni di geografia astronomica, infatti, il libro affianca racconti e spiegazioni delle diverse missioni spaziali, delle spedizioni, delle sonde inviate ad esplorare i pianeti lontani.
Non ci racconta soltanto cosa sappiamo dello spazio, ma anche come lo sappiamo.


Questo è a mio parere un fattore cruciale della divulgazione: non dare le nozioni per scontate, ma raccontare la loro provenienza, la ricerca e il lavoro dietro di esse. Soltanto così si può imparare a sviluppare un pensiero critico e a capire, oltre che a sapere.



Le grandi pagine di Avventure spaziali, ognuna dedicata a un diverso argomento (la Terra, la vita spaziale, il sistema solare, i diversi pianeti e così via), sono suddivise graficamente in riquadri dai toni un po' vintage, con illustrazioni accurate e gradevoli, ognuno dedicato ad approfondire un diverso aspetto del tema.

Una proposta divulgativa non esaustiva ma di ampio respiro, che lascia molte domande aperte sul futuro e sulle nuove scoperte, perché la scienza è in continua evoluzione.

A incuriosire i lettori, anche un'app gratuita, disponibile per Android e iOs, che aggiunge al fascino del libro quello della realtà aumentata, proponendo oltre 50 tra video e ricostruzioni 3d, realizzati da Nasa, Esa ed Eso. Un patrimonio ricchissimo e stupefacente, che rende più vivide e reali le informazioni che siamo soliti vedere soltanto illustrate.

Basta scaricarla e inquadrare le pagine: dov'è disponibile un video, apparirà un puntino rosso.


Cliccando sul puntino, partirà il video corrispondente.
La semplicità di utilizzo dell'app vede come contraltare una sua eccessiva essenzialità: i video non possono essere messi in pausa, ma solo lanciati e richiusi, e manca un titolo o una descrizione che spieghi l'argomento del video (anche se è desumibile dalla pagina del libro di partenza).


Lo facciamo anche noi un viaggetto nello spazio? Senza uscire di casa, però.
Proviamo a scoprire insieme cosa sono e come funzionano le fasi lunari.
Basta avere:

  • una palla bianca opaca (ad esempio una pallina di polistirolo, o di gomma, o una palla dell'albero di Natale, purché non trasparente)
  • una fonte di luce localizzata 
  • una stanza buia.



Ora, spegnete la luce della stanza, accendete la fonte luminosa (ok, non in questo ordine o rischiate di andare a sbattere!) e prendete in mano la palla bianca.
Ricordate: la fonte luminosa è il sole, la pallina che tenete in mano è la luna, mentre la vostra testa rappresenta il nostro punto di osservazione, cioè la Terra. Quindi ruotate su voi stessi tenendo il braccio teso davanti a voi e osservate come cambia la luna.


Attenzione: tenete la pallina in alto, in modo da non fare ombra sulla pallina con la vostra stessa testa, altrimenti... provocherete un'eclissi!

Potrete verificare subito che quando la luna si trova tra il sole e la Terra, la faccia illuminata della luna è completamente nascosta, quindi la luna è scura: è la fase di luna nuova.


Iniziando a ruotare, vedrete il cerchio lunare illuminarsi gradualmente: prima uno spicchio (luna crescente).


Poi metà (primo quarto).


Finché il sole non sarà alle vostre spalle e illuminerà completamente la pallina: luna piena.


L'esperimento è utile anche a sfatare tanti miti sull'influenza lunare sulle nascite, sui raccolti, sull'imbottigliamento del vino: vedere con i propri occhi cosa significhino le fasi lunari fa capire che la luna è sempre lì, che si veda o meno, e perciò la sua influenza non può cambiare tra una fase e l'altra.
Oppure, può servirvi a trasformare in bestie feroci i vostri lupi mannari domestici, ogni volta che volete.



Cos'hanno in comune Alla fiera dell'est, Nella vecchia fattoria e quel numero imprecisato di elefanti che si dondolavano su un filo di ragnatela?
La struttura a ripetizione e accumulo, una delle chiavi più importanti nella fascinazione dei bambini, specialmente i più piccoli.
Nella ripetizione, il bambino trova la rassicurazione del già noto, la sensazione piacevole della familiarità e la gratificazione del saper anticipare quello che verrà.
Nell'accumulo e nella variazione, l'elemento sorpresa che fa sì che sia interessante andare avanti nella lettura o nella canzone.


Questo meccanismo, su cui si basa il successo di molti libri per l'infanzia, è ben noto a Helen Oxenbury, famosissima autrice e illustratrice che abbiamo già incontrato in A caccia dell'Orso, Il gigante salterino, Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini.

Il suo albo Ãˆ il mio compleanno, uscito in Inghilterra nel 1994 e diventato un classico anglosassone, riprende esattamente questo schema, aggiungendo elementi di sicura presa con i bambini, come l'idea della festa e la presenza di tanti animali dalle movenze antropomorfe.
Lo ha riedito da pochissimo Pulce, casa editrice affacciata da pochi mesi sul mercato, con uno sguardo attento sul mondo dell'infanzia e il suo linguaggio, e che sta svolgendo un'interessante operazione di recupero di libri di valore usciti di catalogo e persi nel mercato editoriale.

Il protagonista (o la protagonista? Il suo sesso non è ben definito, così ogni bambino può identificarsi più facilmente) di  È il mio compleanno inizia dichiarando:

È il mio compleanno e voglio fare una torta.

Ma per fare una torta servono degli ingredienti, e il piccolo protagonista inizia a cercarli, uno alla volta.

È il mio compleanno e voglio fare una torta.
Mi servono le uova.



Di volta in volta, il bimbo trova un animale disposto ad aiutarlo nella sua ricerca: le galline, naturalmente, gli danno le uova, ma non tutti i contributi saranno così scontati.
E così il gatto prende burro e latte dal frigo, il maiale chiede un po' di sale a delle lontre che fanno un pic nic, mentre il cane va a comprare lo zucchero in un negozio, pagandolo alla pecora che lavora cassa.


A questa varietà di situazioni illustrate in modo tenero e curioso, tutte da esplorare con lo sguardo, si contrappone la rigida coerenza della struttura testuale: il bimbo ripete la sua intenzione di fare la torta, elenca gli ingredienti che ha (ogni volta uno in più) e infine quello che gli manca:

È il mio compleanno e voglio fare una torta.
Ho le uova, la farina, il burro e il latte,
ma mi serve un pizzico di sale.
Così, come in un gioco, la ripetizione dell'elenco stimola la memoria uditiva e invita al gioco, alla recitazione ad alta voce (e – perché no? – anche a inventare una canzone a tema per leggere).


L'ultimo favore che servirà al piccolo protagonista sarà quello di aiutarlo a mangiare la torta: perché le feste sono feste solo se si condividono con gli amici.


Se invece gli amici sono pochissimi, ma volete approfittare per cucinare con vostro figlio una mini-torta, con difficoltà di esecuzione, indicazioni e tempi di attesa a misura di bambino, provate la

torta in tazza.



Gli ingredienti:
  • una grande tazza da colazione (anche due)
  • 4 cucchiai di farina
  • 3 cucchiai di zucchero
  • 2 cucchiai di cacao amaro
  • 3 cucchiai di latte
  • 1 cucchiaio di olio di semi
  • 1 uovo
  • 1 pizzico di lievito per dolci
  • zucchero a velo

Si misura tutto a tazze e cucchiai, così è semplice anche per chi non ha dimestichezza con le unità di misura e le bilance.
E poi l'esecuzione è semplicissima, l'unica difficoltà è l'uovo da rompere. Tra le varie ricette che ho provato, questa è senza dubbio la più morbida e gustosa. Ecco come fare:

  • preparare gli ingredienti
  • imburrare la tazza
  • infilare tutti gli ingredienti tranne lo zucchero a velo nella tazza (attenzione: deve restare almeno un terzo di tazza libera, per la lievitazione, altrimenti trasferite metà impasto in un'altra tazza)
  • mescolare con una forchetta finché non si sono ben amalgamati
  • cuocere in microonde a potenza massima per 3 minuti
  • aprire il microonde
  • non prendere la tazza in mano senza una presina, perché scotta
  • tirare un accidenti perché l'avevate presa in mano senza presina
  • spolverarla con lo zucchero a velo
  • mangiarla!
  • tirare un altro accidenti perché vi eravate dimenticati di ungere la tazza (ma no, tranquilli: si pulisce facilmente lo stesso).
E buon compleanno, o non-compleanno che sia. Non vi serve mica un'occasione speciale per fare una torta, vero?


Quando internet viaggiava sui modem a 56k, c'era la netiquette: bastava evitare di scrivere in maiuscolo, non fare spam scrivendo più volte lo stesso messaggio, non andare OT (off topic) e poco altro.
I social network non esistevano e per pubblicare una foto dovevi collegare al computer la macchinetta digitale, scaricarla sull'hard disk e poi fare l'upload: non una procedura particolarmente agile e invitante.



Poi sono arrivati gli smartphone, e Facebook, e tutti quei luoghi e quelle tecnologie che hanno cambiato il volto della rete, offrendo nuovi servizi e nuove opportunità, ma anche aprendo la strada a nuovi pericoli, non solo materiali.
Al giorno d'oggi, la prima protezione da dare ai bambini e ai ragazzini per andare online, prima ancora che tecnologica, deve essere psicologica. Se da un lato è importante capire l'infrastruttura che sostiene la rete, per comprendere il mezzo che si sta usando, con tutte le sue implicazioni, è altrettanto fondamentale essere preparati a una serie di meccanismi sociali e psicologici nuovi e diversi dall'esperienza offline.

Penso, parlo, posto. Breve guida alla comunicazione non ostile, inizia proprio da qui: non da regole tecniche, da linee guida o istruzioni, ma da una guida all'introspezione, valida non solo per la comunicazione online, ma per la vita.
Prima di comunicare, è importante chiedersi chi siamo (facile a dirsi!), cosa sentiamo, cosa vogliamo dire. Solo avendo chiari in testa questi presupposti potremo scegliere come comportarci.


Penso, parlo, posto Ã¨ pubblicato da Il castoro nell'ambito delle iniziative di Parole O_Stili, associazione no profit che ha lo scopo di diffondere la cultura di una comunicazione positiva e non ostile in rete, e dalla quale nasce il Manifesto della comunicazione non ostile, pubblicato nelle prime pagine di questo libro: un decalogo fondamentale che va oltre l'utilizzo di uno strumento digitale e si può applicare a ogni ambito della vita e della comunicazione interpersonale.


È a partire da questo manifesto che gli autori, Carlotta Cubeddu e Federico Taddia, articolano i capitoli del libro, ognuno dedicato a una delle dieci "massime".

Ogni argomento è affrontato con piccoli racconti in prima persona, situazioni concrete, ben calate nella realtà degli adolescenti e dei preadolescenti di oggi, colti nel loro privato e nella loro vita pubblica, sul web: un ragazzo bannato da un gruppo per aver espresso un'opinione, un "contest" tra youTuber, un amico fissato con i selfie, la pirateria, la condivisione di fake news e così via.

Il metodo espositivo è interessante: prima del racconto, un box introduce gli (S)Punti interrogativi: domande che guidano il ragazzo ad affrontare la lettura ponendosi delle domande.


Alla fine del racconto, un altro box propone dei pensieri e delle reazioni a quanto letto.
Attenzione: il box non dice cosa il ragazzo dovrebbe pensare! Prova invece a esprimere alcune possibili sensazioni che potrebbero emergere, alcune opinioni su quanto letto. Non a caso, alcune delle frasi sono anche in contraddizione tra loro: persone diverse potrebbero pensarla diversamente (e non necessariamente uno dei due ha ragione e l'altro torto).


La forza di Penso, parlo, posto Ã¨ proprio in questo approccio maieutico: il libro non dice mai cosa un bambino dovrebbe fare o pensare, e nemmeno come dovrebbe pensare.
Dà degli stimoli, degli strumenti per sviluppare un pensiero autonomo.

In coda a questi episodi raccontati c'è naturalmente una breve spiegazione di alcune dinamiche, con alcune raccomandazioni, a volte di natura legale, a volte di natura psicologica, sempre dettate dal buon senso. Ma il clima generale di questo saggio è sempre aperto alla libera scelta e alla libera riflessione sulle motivazioni e le conseguenze delle proprie azioni (o non azioni).

Un'ottica ammirevole, che a volte rischia però di peccare di eccesso di astrattismo: senza "dettare" ai lettori cosa dovrebbero scrivere, non avrei disdegnato qualche esempio concreto di frase posta bene o posta male (ad esempio, per far capire la differenza tra mettere in discussione una persona o le sue idee).

Ad alleggerire la lettura, le illustrazioni di gud, che a volte strappano un sorriso, a volte riescono a trasmettere sensazioni che le parole da sole non riuscirebbero a fare con altrettanta efficacia.


Viviamo in un mondo in cui il virtuale è sempre più reale e presente nelle nostre vite.
Negarlo ai bambini sarebbe una lotta contro i mulini a vento, e non avrebbe nemmeno molto senso, perché significherebbe privarli di strumenti che, se usati bene, possono essere cruciali in molti aspetti della vita.
L'unica soluzione è insegnare loro la capacità di discernere, di pensare, di capire, di scegliere.
Sono i nostri figli il futuro del mondo, e sono loro a poterlo rendere migliore, anche attraverso la rete.

Penso, parlo, posto Ã¨ questo, come ben spiega nell'introduzione: il tentativo di

cambiare il mondo, una parola alla volta.



Gli amici sono una risorsa preziosa, una delle più grandi ricchezze della vita, ma, come ogni relazione interpersonale, anche l'amicizia ci pone di fronte a compromessi, incomprensioni, piccoli battibecchi.
Poi ci sono gli amici immaginari: quelli almeno sono perfetti e fanno sempre tutto quello che vogliamo noi. O forse no?


In Merenda con gli indiani di Delphine Bournay, gli amici immaginari giocano ad Anita qualche brutto scherzo.
Il papà la chiama per la merenda, mentre lei sta giocando con Powa e Pawo, due pupazzetti di pellerossa. Prima della merenda, però, deve sistemare i suoi giochi, e prova a farlo con la forza della magia.


In una svolta a metà tra gli incantesimi di Mary Poppins (Basta un poco di zucchero...) e il viaggio nell'immaginazione di Nel paese dei mostri selvaggi di Sendak, Anita si ritrova in un isola deserta, dove i suoi pupazzi hanno preso vita.

I due, però, non sembrano molto collaborativi e, anzi, iniziano a canzonarla, facendo il verso a quello che dice.



Anita deve capire da sola che se vuole mangiare i bignè preparati dal padre dovrà uscire dalla sua bolla fantastica e darsi da fare, da sola.

Nel secondo dei due episodi narrati nel libro, Anita sta guardando un western con il papà, ma le scene di azione e violenza le mettono paura, e quando si tratta di andare a dormire "vede indiani dappertutto".

Ancora una volta, i suoi pupazzi Powa e Pawo prendono vita, ma anziché aiutarla la inquietano ancora di più, fino a spingerla nel letto del papà (che però, lo sappiamo, era da subito il suo obiettivo).



Merenda con gli indiani gioca sul filo sottile tra paure e immaginazione, facendoci entrare in un mondo mentale che però sfugge al controllo della protagonista, che ancora non ha pieno controllo della propria emotività.
È un libretto di piccolo formato, della collana Superbaba, la nuova linea editoriale di Babalibri dedicata ai primi lettori, con titoli semplici scritti in stampatello maiuscolo o minuscolo.

Nel libro, vediamo Anita avere a che fare solo con il suo papà: una visione oltre gli stereotipi di un ruolo genitoriale moderno.

Merenda con gli indiani, dedicato a un pubblico che si affaccia alle letture in stampatello maiuscolo, alterna testi brevi a fumetti, per rendere la lettura ancora più semplice. Anche la scansione in due storie stimola la motivazione del lettore alle prime armi, che può raggiungere un primo traguardo già a metà del libro.
Come tutti i titoli della collana, anche questo è accompagnato da un "dossier pedagogico", che si trova sul sito di Babalibri, con proposte di lavoro piuttosto eterogenee tra loro (dall'esercizio lessicale alla ricerca scolastica), a mio parere un po' troppo standardizzate e generiche per risultare davvero incisive e interessanti.

Ma anziché cercare i verbi o il lessico nuovo nel testo, io ho preferito costruire un copricapo indiano.
Ho preso una striscia di cartone sottile, della carta colorata e alcuni stuzzicadenti (normali, per un copricapo a misura di bambola. Se ne volete uno per carnevale, usate stuzzicadenti da spiedino).

Ho ritagliato diverse sagome a forma di piuma (applicando dei tagli ai bordi per renderle più realistiche) e le ho incollate a due a due, con lo stuzzicadenti in mezzo.
Ho poi inserito le piume così ottenute infilando la parte sporgente dello stuzzicadenti tra i buchi nello spessore del cartone, fermandole con un po' di colla.


Con due tagli opposti alle due estremità, da infilare l'uno nell'altro, ho chiuso il copricapo.


Così proprio tutti possono giocare a fare gli indiani.



Purché alla fine i giocattoli si mettano a posto, con o senza magia.


"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo": così iniziava Tolstoj la sua Anna Karenina.
Ed è questo il motivo per cui le fiabe non iniziano mai con "e vissero tutti felici e contenti".
Ma si può cercare una cifra comune dell'infelicità? Si può narrare una storia di solitudine che sia universale?


Ci prova Catherine Pineur in Vai via, Alfredo! (edizioni Babalibri).
Vai via, Alfredo! Ã¨ una storia minimale, quasi astratta: più che una narrazione, è il suo scheletro, che può essere rivestito con una moltitudine di situazioni diverse.

"Alfredo è un tipo strano"

Non si sa perché, non si sa cosa lo differenzi dagli altri.
È diverso, tutto qui. E a causa di questa diversità, nessuno lo vuole.
Alfredo ha una sedia. Ancora una volta, non si sa perché la porti sempre con sé, ma rappresenta in qualche modo la sua stranezza, la sua diversità, un po' come Il Pentolino di Antonino (se lo conoscete).



Lo vediamo presentarsi accanto a nidi e tane, ma nessuno vuole Alfredo a casa propria, e tutti, con una scusa o l'altra, lo allontanano ("mia mamma non è d'accordo", "sei troppo pesante").


Finché Alfredo arriva a casa di Sonia.
Sonia gli somiglia, non solo fisicamente, ma perché anche lei conosce la solitudine.
Sonia sta bene a casa sua,
sola, in fondo al bosco.
Così nessuno la vede.

Ma anche Sonia non lo accoglie: ha paura. Finché il giorno dopo, trovandolo ancora fuori da casa sua, decide di offrirgli un caffè.



L'ultima immagine, muta, ci fa vedere Alfredo e Sonia seduti uno accanto all'altra, con una tazza in mano.
Chissà cosa si stanno dicendo, chissà che argomenti hanno trovato in comune.
Non è questo l'importante. Quello che conta è che è bastato fare un passo, superare la propria diffidenza, offrire un caffè.
A volte a farci paura è solo quello che ci sembra diverso, ma basterebbe provare a conoscerlo per scoprire la ricchezza dentro questa diversità.

Vai via, Alfredo! Ã¨ una storia che racconta poco, ma apre la porta a domande le cui risposte si possono adattare a tantissime situazioni diverse, offrendo lo spunto per affrontare situazioni concrete di emarginazione, bullismo, diversità.

Le illustrazioni, che fanno largo uso del tratto, lasciano un senso di incompiutezza che ben si armonizza con lo stile generale di una narrazione fatta di spazi da riempire.
Le pagine lasciano spazio a qulche sorriso, come quando Alfredo si appoggia sui fili della luce, piegandoli, ma restano essenzialmente minimali, volutamente generiche.

Quella di Alfredo è insomma una storia di tanti, scritta nella speranza che non sia più la storia di nessuno.

È estate. L'editoria va in vacanza (e anche i blog), ma le buone letture no.

Ecco perché ho pensato di approfittare di questo periodo per promuovere la bellezza di leggere facendo girare sui social media tanti bei libri per bambini e tante belle foto, ma per farlo ho bisogno anche del tuo aiuto.

Vuoi provarci?



Leggo sulle nuvole è la sfida social di lettura per regalare ai tuoi bambini un’estate di storie.

Nelle nove settimane di luglio e agosto, ti proporrò nove minisfide tutte da leggere.
Cosa devi fare?

1. UNISCITI ALLA SFIDA
Condividi questo post su Facebook oppure segui @nuvoleinscatola su Instagram.

2. PARTECIPA ALLE MINISFIDE settimanali pubblicate sulla pagina di Nuvole in Scatola: scegli un libro che corrisponda alla descrizione e leggilo con tuo figlio.

3. FOTOGRAFA il tuo momento di lettura e pubblicalo taggando @nuvoleinscatola e aggiungendo l’hashtag #leggosullenuvole.

Le istruzioni sono tutte su questo post su Facebook o su Instagram.


Nessuno di questi passi è obbligatorio, perché… non si vince nulla.

Perché? Per almeno per due ragioni:
  1. Mi piace la legalità. Mettere in palio dei premi significa quasi sempre instaurare un meccanismo di concorso a premi per il quale servono autorizzazioni ministeriali e burocrazia varia (sì, la maggior parte dei giveaway che trovate online è illegale).
  2. Mi piace la sincerità. Non mi interessa conquistare nuovi fan che si avvicinano solo per ottenere un premio ma non sono realmente interessati a quello che scrivo.
    Mi piace l'idea di costruire attorno al mio blog una bella comunità di genitori, insegnanti e adulti in generale appassionati agli albi illustrati e alla letteratura per l'infanzia, e di diffondere attraverso i social network questo amore e questa passione. Tutto qui.

In fondo, se ci pensi, un premio per questa sfida alla fine c'è: si vincono storie, coccole e complicità da condividere con le persone che ami di più. Non sono forse il premio più bello?


Allora, accetti la sfida? Conto su di te. ;)
La prima minisfida ti sta già aspettando su Facebook e su Instagram. Quale libro sceglierai?

Buona lettura, e buona estate!
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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