Nuvole in scatola
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Il nervosismo pre-nanna dei bambini è qualcosa che noi adulti non riusciamo bene ad afferrare. Sembra una cosa facile: sei stanco? dormi!
Invece loro, con quella lotta tra il sonno e le emozioni di un giorno intero ci devono lottare, e hanno bisogno di abbracci caldi, voci calme, riti che li accompagnino al riposo.


A tutti, buonanotte.... sembra nato per questo.
In questo piccolo cartonato di Babalibri, adatto anche a piccolissimi (attorno all'anno di età), le immagini delicate di Komako Sakai (premio Nati per Leggere per Akiko e il palloncino) e il testo di Chihiro Ishizu, tradotto da Elisabetta Scantamburlo, accarezzano il lettore per aiutarlo ad abbandonarsi al sonno.

Pagina dopo pagina, seguiamo oggetti e animali che vanno a dormire: una farfalla, dei gattini, delle mele, un trenino e infine una bimba.


Le onomatopee, calme e ipnotiche ("Rototon... ton...") formano una cantilena che aiuta a rilassarsi.


E alla fine, a tutti si augura la buonanotte.
I soggetti sono tutti elementi della quotidianità del bimbo, familiari e perciò a loro volta rassicuranti, con le loro immagini delicate e sfumate.


Il resto, lo faranno la voce di mamma e papà.
Buonanotte a tutti.


Non c'è evento atmosferico che come la neve stupisca tutti i nostri sensi, specialmente la prima volta che la si vive.


La prima neve dell'esordiente coreana Bomi Park (edito in Italia da Lupoguido) riesce a trasmettere, con poche, essenziali parole e pochissimi colori, tutte queste sensazioni, con un risultato magico, dolce, sognante, che traspare già dalla copertina: bianca, opaca, con piccoli fiocchi di neve a rilievo.

Il libro si apre su una doppia pagina a fondo nero: è il buio della notte d'inverno.
Una bimba (lo stile e i suoi tratti ricordano molto quelli della giapponese Komako Sakai) viene svegliata da qualcosa.
Il testo si rivolge al lettore, o forse alla bimba stessa:

Shhh, ascolta...
Senti qualcosa?


Onomatopee e allitterazioni ("pit pit pit", "senti come scricchiola sotto i piedi") restituiscono una sonorità flebile e attutita: viene quasi spontaneo leggere questo albo sottovoce, lasciando spazio all'incanto visivo.


Le illustrazioni, realizzate su tela, sono caratterizzate da una texture molto visibile, una trama ruvida che dà materialità all'immagine.
Il bianco e il nero dominanti lasciano spazio a pochissimi tocchi di colore (non è forse così quando nevica? non ci sembra di appartenere a un vecchio film in bianco e nero?).


Seguiamo questa bimba lasciarsi catturare dalla magia.
Meticolosamente inizia a far rotolare la sua palla di neve, che si fa sempre più grande, e cammina, cammina, cambiando scenario, passando dalla città a un bosco, dove animali bianchi si nascondono tra il paesaggio. È lei a guidare la palla di neve o è la palla stessa a portarla via?


A mano a mano che il suo cammino procede, il libro si trasforma, facendosi più etereo e meno concreto. Le parole lasciano spazio alla narrazione per immagini (quasi fosse un silent book), le sensazioni tattili cedono il posto all'immaginazione.
La magia della neve si compie, in un finale che incanta, come la prima neve della nostra vita.

Se volete vivere anche a casa qualcuna di quelle sensazioni, ma senza portare la cucina sotto zero, vi passo la ricetta del

didò-neve fai da te

Bastano due ingredienti facili facili:
  • due bicchieri di fecola di patate o amido di mais
  • un terzo di bicchiere di olio vegetale (o poco più)
Se volete, potete aggiungere due cucchiai di brillantini bianchi, per un effetto più brillante.
Se vostro figlio non mette in bocca il didò, potete anche sostituire l'olio vegetale con dell'olio baby: l'effetto sarà più profumato.
 

Mescolando i due ingredienti otterrete una pasta per modellare che si sbriciola un po' e che come la neve scricchiola sotto le dita.
Non sarà mai compatta come il vero didò, e se formate una palla dovrete stare attenti a non stringerla trioppo, altrimenti si sbriciolerà.


Ma con qualche attrezzo, qualche cartoncino che simula una carota e due grani di pepe per gli occhi, potrete giocarci come fosse neve vera, soltanto un po' più calda.


Perché, prima o ultima che sia, la neve ci emoziona sempre.


"Leggi anche qui", mi dice il Piccolo D, indicando un'illustrazione.
Per lui lettere e parole non hanno ancora un significato, e la mia voce quando leggiamo un libro gli serve da guida per dare un senso alle immagini.
Le immagini sono le prime cose che impariamo a leggere, fin da neonati, e la loro decodifica diventa presto qualcosa di così automatico che non ci fermiamo più a riflettere.


Alla scoperta delle immagini. Dalle caverne a internet (edizioni Babalibri) è un insolito manuale che guida i bambini (dagli 8 anni in su) alla scoperta dell'arte, da un punto di vista insolito.
Niente cronologie, o biografie di grandi autori, ma spunti di riflessione trasversali su metodi, tecniche e motivazioni che hanno segnato la storia dell'arte, dalla più antica alla più recente.

Il testo ha la forma di un dialogo tra l'artista britannico David Hockeny e il suo amico e critico Martin Gayford.


La suddivisione in capitoli di Alla scoperta delle immagini è tematica: non si separano surrealisti da impressionisti, ma si affronta prima un'introduzione generale sulle immagini e sul perché l'uomo le crei, per poi parlare di segni, di luci e ombre, di spazio e composizione dell'immagine, specchi e riflessioni, prospettive, per finire con le immagini animate e digitali.

Così, vengono accostate opere anche molto distanti nel tempo e nello spazio, come la Gioconda e una fotografia di Marlene Dietrich, o le stampe giapponesi e i film di Walt Disney.


Ogni spiegazione, ogni descrizione, viene fatta "davanti" a un'opera, in modo da rendere l'osservazione concreta, allenare l'occhio a vedere i dettagli e le caratteristiche di un'immagine, fornire subito un esempio senza limitarsi a un concetto astratto.



Non mancano naturalmente alcune curiosità sulle tecniche o sulla vita di alcuni importanti autori: informazioni non certo esaustive ma che aiutano a inquadrare la situazione dell'epoca o a spiegare ad esempio chi per primo ha adottato una certa tecnica e perché.


Soprattutto, di ogni tecnica o scelta stilistica, come ad esempio i diversi usi della prospettiva, viene mostrato l'effetto su colui che guarda, e che viene di volta in volta portato a notare qualcosa, o a provare una certa sensazione.

Le fotografie e le riproduzioni delle opere si alternano alle illustrazioni di Rose Blake, che alleggeriscono il volume e servono da supporto per le spiegazioni.



L'impostazione dialogica non convince molto: non emerge una netta distinzione tra le "voci" dei due autori (se non nel fatto che uno dei due parla a volte in prima persona delle proprie opere), né un vero e proprio botta e risposta. Il testo sembra piuttosto un'unico, lungo discorso portato avanti da due persone che si alternano.

Resta tuttavia molto valida la proposta di approccio all'arte, che dona non nozioni ma strumenti per leggere le opere.

Sembra un invito, a volte, a impugnare la matita e sperimentare di persona gli effetti di alcune scelte.
Anche se non si sa disegnare bene? Certo.

Avete mai pensato, ad esempio, a come la prospettiva può servire a rendere tridimensionale una scritta? Basta tracciarla con lettere un po' distanti tra loro, quindi darle un'area disegnando lettere più spesse attorno al segno iniziale.
Poi si sceglie un punto e vi si fanno convergere, a matita, tutti gli angoli o i punti marginali della scritta.


Deciso infine uno spessore, si usano le linee tracciate per disegnarlo, seguendo le angolazioni della scritta.


E come possiamo immaginare prospettive nuove rispetto a quelle a cui siamo abituati? Magari immaginandoci diversi da come siamo.
Come ci vedrà, ad esempio, un piccolo insetto che passeggia nel prato?


E come apparirà una città con i suoi palazzi a chi sa volare?


La fantasia, in fondo, è spesso proprio così: un semplice cambio di prospettiva.



Ricordo bene il giorno in cui chiesi a mia madre di insegnarmi a scrivere.
Avevo visto mia sorella che lo faceva e non potevo certo essere da meno. È stata un po' la sensazione che ho provato mille volte, da bambina: leggevo qualcosa che mi piaceva e pensavo "voglio provarci".
La maestra ci fa imparare a memoria una poesia? Io provo a scriverne una.
Scopro un fumetto che mi piace tanto? Provo a disegnarne uno (i risultati poi... vabbe', ma l'importante è provarci, no?).


Mi sono riconosciuta moltissimo in Matita HB, detta Tita, la protagonista di questo insolito libro di Susanna Mattiangeli, Premio Andersen 2018 come miglior scrittrice, illustrato da Rita Pedruccioli e edito da Il Castoro.
Anche lei ama giocare con la sua matita e il suo quaderno, trasformare la sua realtà in storie avventurose, sperimentare ogni tipo di testo che incontra.

Appunti, cose private, storie vere e inventate di Matita HB non è un vero e proprio romanzo: è il diario fantasioso e stravagante di una bambina di quarta elementare dalla fantasia esplosiva.


Tra le pagine impariamo a conoscere la sua inseparabile amica Nora, l'antipatica compagna di classe spiona Seppia Catarroni, la temibile maestra Amanita, il fratello Leo e soprattutto un certo Jacopo Donati, che le piace proprio tanto.

Ma soprattutto, scopriamo i suoi mille esercizi di stile, perché quando Matita HB racconta qualcosa, non lo fa mai in modo banale.



C'è una divisione alla lavagna raccontata come fosse una cronaca sportiva, un'analisi grammaticale che si fa racconto, un contratto di amicizia scritto in perfetto burocratese, vari scambi di biglietti tra lei e l'amica Nora.
Ogni storia che inventa Matita HB si intreccia con la realtà, e viceversa. E così Mozart e uno scienziato si intromettono in un dialogo tra lei e la madre, mentre un compito in classe di italiano viene influenzato dalla sua fame impellente.



Leggere Matita HB significa divertirsi a discernere il vero dal fantastico. Oppure lasciarsi andare e godersi semplicemente la scrittura.

Ricorrente è la formula della lettera a se stessa tra 10 (o 15, o 20) anni: un modo originale per raccontare di sé ed esprimere i suoi desideri.



Che racconti realtà o invenzioni, comunque, Matita HB padroneggia stili diversi con grande maestria, e fa venire voglia a chi legge di scrivere e sperimentare con le parole.

Perché non iniziare proprio dalla forma di scrittura preferita da Tita?

una lettera a se stessi da grandi.

Non serve aspettare 10 o 20 anni: un anno sarà un tempo sufficientemente lungo per un bambino, e già molte cose saranno cambiate.
Volete aiutare vostro figlio a scriverla? Guidatelo con alcune domande:
  • che classe frequento? Qual è la mia materia preferita?
  • chi è il mio migliore amico?
  • qual è il mio cibo preferito?
  • a cosa mi piace giocare?
  • il libro che ho appena letto? e il mio preferito?
  • in che cosa mi sento forte? in cosa potrei migliorare?
  • qual è stata la giornata più bella che ho vissuto negli ultimi tempi?
Potete anche aggiungere alcuni "reperti" da ritrovare: un disegno, un piccolo oggetto.

Fate una sorpresa in più: scrivete una lettera anche voi al vostro figlio del futuro, così quando aprirà la sua, troverà anche i vostri pensieri per lui.



Chiudete gli occhi e immaginatevi ai tempi dei dinosauri.
Scommetto che avete ricostruito con la mente un po' di terreno, di vegetazione, magari qualche altura, forse avete sentito sulla pelle il clima, ma non avete immaginato in che luogo si potesse svolgere questa scena.
I dinosauri, nel nostro immaginario, hanno un quando ma non un dove.


O meglio, non ce l'avevano, perché ora c'è Grande atlante dei dinosauri di Lonely Planet Kids, tradotto ed edito per l'Italia da Editoriale Scienza, un libro che farà la felicità di tutti i piccoli paleontologi.

Il libro, illustrato da James Gilleard e scritto da Anne Rooney, con la collaborazione del dottor David Button, paleontologo del Museo di Scienze Naturali della Carolina del Nord, inizia in modo tradizionale, illustrando sulla linea temporale la comparsa di questi rettili e raccontando la loro estinzione, per poi acquisire un'impronta nuova.


Attraverso grandi mappe, ci fa scoprire i diversi luoghi di ritrovamento dei resti fossili, mostrando le differenze tra i dinosauri di un luogo e quelli di un altro.
A ogni continente è dedicata una doppia doppia pagina (ovvero, una doppia pagina che si apre a bandella creando uno spazio orizzontale molto ampio), in cui vengono descritte e "schedate" tutte le specie ritrovate, con tutte le loro carateristiche.




Tra un continente e l'altro, trovano spazio informazioni più approfondite sulle singole specie, ma soprattutto sull'attività di ricerca e di scoperta dei paleontologi: gli scavi, la ricostruzione dei fossili, storie e strumenti dei più importanti ricercatori del campo.


Le informazioni rigorose e puntuali sono movimentate da grandi illustrazioni e foto di reperti, anche a grandezza naturale, e naturalmente tante alette da sollevare, per iniziare già sul libro l'attività di "scavo".


Insomma: 35 ricchissime pagine (ma contatene almeno il doppio, tra alette e bandelle) per soddisfare tutte, ma proprio tutte le curiosità di qualsiasi appassionato di dinosauri, grande o piccolo.

E per iniziare a prendere confidenza con gli scavi, avete mai acquistato una di quelle "uova di dinosauro" da scalpellare per scoprire gli scheletri? Le ho sempre trovate un gioco divertente, ma purtroppo lo scavo si esaurisce in una volta sola.
Per questo ho cercato in giro una ricetta collaudata per un

kit di scavo fai da te.

Bastano tre ingredienti semplicissimi (più uno):
  • acqua
  • fecola di patate o amido di mais
  • un contenitore da cucina
  • e naturalmente, uno scheletro di dinosauro, intero o da ricostruire.

Mescolate amido e acqua fino ad ottenere un fluido abbastanza denso, ammesso che riusciate a capirne la densità (ehi, lo sapete che avete appena creato un fluido non newtoniano?).

Ora immergeteci le ossa e lasciate riposare al sole o sopra un termosifone finché il fluido non si sarà ben solidificato.


Rovesciate il materiale (o lavoratelo direttamente nel contenitore) e sfoderate scalpello (o cacciavite) e pennello!


Il risultato è molto più friabile dell'originale, ma ha il vantaggio di poter essere ripetuto tutte le volte che volete. Almeno fino all'arrivo di un nuovo asteroide.


Caldo-freddo, lungo-corto, stretto-largo.
Gli opposti sembrano un gioco da ragazzi, e su di loro esistono già un'infinità di libri, di giochi, di attività. C'è forse ancora qualcosa da dire?



Sì, quando gli opposti diventano Troppo opposti.
In questo albo pubblicato da Il Castoro, l'artista argentino Max Dalton ha interpretato questo tema in modo curioso e originale.
Ogni coppia di pagine rappresenta due opposti, anzi, "troppo" opposti.

Le pagine non si limitano a illustrare la parola indicata, ma rappresentano ognuna una scena, quasi una piccola storia. Così, il fuoco che esce dalla bocca del drago è troppo caldo, mentre una doccia dalla quale escono cubetti di ghiaccio è decisamente troppo fredda.Troppo opposti non è però un libro da sfogliare velocemente: soffermandosi su ogni pagina si può scoprire un dettaglio che rende la scena più buffa o ironica.
Ad esempio, guardando bene l'appendiabiti scopriamo che l'uomo sorpreso dalla doccia gelata altri non è che Babbo Natale.

Gli opposti giocano inoltre con il lettering, che diventa esso stesso parte dell'illustrazione e contribuisce a crearne il senso, grazie alla scelta del font,


oppure all'integrazione della scritta nell'illustrazione.


Troppo opposti è in sostanza una raccolta di microstorie, o di vignette umoristiche, "mascherate" da libro sui contrari.

Non mancano citazioni e richiami che strizzano l'occhio al lettore adulto, come una triste cagnolina Laika a bordo dello Sputnik, ormai troppo lontana dalla Terra.


Per questo Troppo opposti non è un semplice libretto per bimbi di due-tre anni, ma va proposto dai cinque anni in su (e con "in su"mi riferisco anche a un pubblico adulto, magari appassionato di grafica e illustrazione).

Per i più piccoli, potrà comunque essere usato come un supporto all'apprendimento del concetto dei contrari, magari affiancandolo a un gioco per consolidare l'idea in modo divertente.
Ad esempio, creando un

bingo dei contrari


in cui accoppiare le tessere alla figura opposta.


Basta disegnare delle cartelle con vari disegni e stampare le tessere corrispondenti ai loro contrari. Se vi accontentate, potete usare il mio pdf stampabile, ma vi avverto: l'ho disegnato a mano io, che sono l'opposto di un'artista.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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