Nuvole in scatola
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Sapete qual è la cosa che apprezzo di più di un libro di fantasia? Che sia vero.
Lo so, sembra una contraddizione in termini, ma non è così.
Per quanto un protagonista possa volare, creare pozioni magiche, combattere draghi e parlare con gli orsi, deve essere credibile nei suoi comportamenti, nella sua personalità, nelle parole che usa, senza moralismi o stereotipi.
Nessuno, nella vita, è bianco o nero, buono o cattivo, e così dovrebbe essere anche chi popola un libro, se è un libro di qualità.


Questa è la prima caratteristica che mi ha fatto innamorare di Buddy e Spillo: la personalità dei due protagonisti, così animali, così umani.

Buddy è un cane come tanti altri: nei giorni di pioggia si annoia e guarda fuori perché vorrebbe uscire. È in quel momento che la sua padroncina entra in salotto con una scatola in mano.


Nella scatola c'è Spillo, che si presenta come una macchina da corsa.
Spillo è un riccio dotato di un'incredibile immaginazione, che sa trasformare ogni cosa in avventura.
Non si capisce bene si "ci è o ci fa", se crede a tutto quello che dice o prende semplicemente il proprio gioco terribilmente sul serio.


E così il divano diventa un galeone su un mare in tempesta e la scatola sulla testa di Buddy un cappello da pirata.



Mentre Spillo racconta le sue storie, lo scenario attorno a loro cambia e il salotto si trasforma davvero, sotto gli occhi del lettore.
Buddy e Spillo sono così coinvolti dal proprio gioco da trasfigurare completamente la realtà.


La credibilità di un personaggio, il suo essere autentico, si misura nelle piccole cose. Ad esempio, quando la sua padrona gli ordina di restare fermo, Buddy ce la mette tutta per essere obbediente, ma poi gli viene un prurito, inizia a grattarsi e quando ha finito si è dimenticato di dover restare fermo.

Non è forse quello che succede a tanti cagnolini?
Ma soprattutto, non è quello che succede a tutti i bambini?


E i loro giochi, che li assorbono così tanto da annullare tutto il resto, non sono forse i giochi di tutti i bambini?
Buddy e Spillo sono tanto fantastici quanto reali, ogni bambino si può identificare nel cagnolino un po' timido che si lascia trascinare dall'amico o nel riccio esuberante e fantasioso, che non si cura troppo delle conseguenze delle proprie azioni.

Ed è questa la forza di questa storia di amicizia: due protagonisti irresistibili, straordinari e naturalissimi al tempo stesso.
Maureen Fergus, anche grazie alle illustrazioni adorabili di Carey Sookocheff (entrambe canadesi), riesce a tratteggiare con sensibilità i loro caratteri, con un risultato curioso, originale e avvincente.

Lupoguido ha pubblicato anche il seguito della loro storia, Buddy e Spillo all'avventura, dove Spillo farà di tutto per salvare la sua amata, una spazzola per capelli!


Noi invece il nostro Spillo lo abbiamo costruito con il cartoncino, per affinare la motricità fine e risolvere un pomeriggio di pioggia senza il rischio di mettere sottosopra il salotto come i due piccoli protagonisti di questa storia.

Dopo aver disegnato la sagoma, ho ritagliato il cartoncino marrone e poi l'ho bucato con un punteruolo.


Usando uno spago (per evitare di sfilacciare la punta, l'ho ricoperta con del nastro adesivo, creando un effetto "laccio di scarpe") ci siamo poi divertiti a "ricamare" gli aculei del riccio.



Chissà se anche lui si crede un'auto da corsa.


 
Toh, guarda un po' chi si vede: Julia Donaldson. Sì, quella del Gruffalò e della Strega Rossella.
Con Axel Scheffler? No, con Helen Oxenbury. Sì, quella di Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini e A caccia dell'orso.
Insieme? Sì, insieme.
E allora non ci sono dubbi: ne deve uscire per forza qualcosa di buono.


E infatti Il gigante salterino è un albo leggero, divertente e delizioso, con tanti ingredienti cattura-bimbo.
È la storia di un coniglio che, tornando alla sua tana, la trova occupata da una creatura che, con voce tonante, lo avverte:

Sono il gigante salterino,
non osare venire più vicino.


Accorre in soccorso un gatto, ma anche lui viene minacciato:

Sono il gigante salterino,
e ti spappolo come un moscerino.

La storia procede per ripetizione e accumulo, una struttura particolarmente piacevole per i bimbi, che amano la sicurezza del già sentito accostata alla curiosità dell'elemento nuovo che possono provare ad anticipare.
Ogni volta arriva un animale più grosso, e a tutti il gigante urla la sua minaccia, terrificante per il suo destinatario ma inevitabilmente buffa per chi legge (le rime della Donaldson sono meravigliosamente tradotte da Chiara Carminati).


Insomma, nessuno, per grande e grosso che sia, osa sfidare il gigante misterioso ed entrare nella tana, nemmeno l'elefante.
Finché alla fine viene interpellata mamma Rana.


Potete immaginare come vada a finire e chi sia in realtà questo terribile gigante salterino.


Gli animali, la struttura della storia, il piccolo mistero, le rime divertenti della Donaldson (da leggere col vocione forzato),  gli acquerelli della Oxenbury in cui gli animali prendono espressioni umane: ecco perché proporre Il gigante salterino ai bambini (da tre anni in su), sapendo che sarà un successo.
E forse vi ritroverete anche voi a girare per casa inventando rime salterine.


Se poi volete costruire dei "giganti" salterini, potete farlo con un semplice quadrato di carta.
Queste le istruzioni che ho trovato da qualche parte su Pinterest:

Un po' di attenzione alle pieghe più complesse...



Un segno di tratto-pen per creare gli occhi...


Poi, basterà schiacciare il retro del ranocchio per farlo saltare.
E il vostro gigante salterino, chi proverà a spaventare?


Se "arte" fosse solo guardare un quadro appeso alla parete di un museo, non ci sarebbe molto da stupirsi se i bambini non ne volessero sentir parlare.
Per fortuna, specialmente negli ultimi anni, la comunicazione dell'arte ai bambini ha fatto passi da gigante, con laboratori, percorsi dedicati, mostre immersive, e anche albi illustrati a tema.


Tortartè. Ma la torta di che artista è? è uno splendido modo di far vivere l'arte ai bambini, nel modo per loro più congeniale: immersa in una storia. O forse sarebbe più giusto dire il contrario: è la storia, in questo caso, ad essere immersa nell'arte.
Tortartè è un silent book (un albo privo di testo, in cui la storia viene raccontata solo dalle immagini) di Thé Tjong-Khing, illustratore cino-indonesiano di stanza in Olanda, e arriva dopo Tortintavola. Ma la torta dov'è? e Tortinfuga. Ma le torte dove vanno?, dello stesso autore e della stessa casa editrice (Beisler).
Andiamo con ordine, quindi. Ricchissimi di storie intrecciate tra di loro, Tortintavola e Tortinfuga seguono le vicende di torte rubate o sparite, invitando a una lettura non lineare: pagina dopo pagina, leggendo si scoprono personaggi che fino a quel momento sembravano secondari. Li si vede intenti in un gesto insolito o inaspettato, e allora si scorre il libro a ritroso, fino a ritrovare l'origine di quel gesto, e la loro storia parallela.

Sono libri che si prestano ad essere letti più volte, seguendo a ogni lettura una singola storia, oppure ad essere sfogliati avanti e indietro fino a ricostruirle tutte.
Thé Tjong-Khing è un maestro nell'arte di sorprendere il lettore coinvolgendolo in nuove trame, e in Tortartè riprende questa modalità narrativa, inserendola in un contesto nuovo.

Siamo nel sogno della signora Scodinzoli, già protagonista degli altri volumi, dove un ladro, durante l'allestimento di una mostra, ruba uno dei quadri.


Inizia così un inseguimento che come al solito vede intrecciarsi le vicende dei vari partecipanti.
A fare da sfondo, però, sono stavolta le opere di grandi artisti.
I personaggi escono da un palazzo di Frank Gehry per correre in un dipinto di Van Gogh.


Passano accanto a un Mondrian incorniciato da una tenda con stampe di Keith Haring per infilarsi in uno scenario ispirato a Hopper.
 

Cavalcano perfino le onde di Hokusai con una barca.



E anche la stanza in cui alla fine si risveglia la signora Scodinzoli non è una stanza qualsiasi.

Immergere letteralmente una narrazione nelle opere ha un effetto incredibile, vale molto più di una lezione di storia dell'arte.
Abituati come siamo a vedere un unico stile per ogni albo illustrato, cogliamo subito le variazioni di tecnica, ma soprattutto la differenza tra le emozioni trasmesse da uno scenario o dall'altro.
Ed è più che mai azzeccata la scelta di comunicare l'arte attraverso un silent book, che costringe, data la mancanza di parole, a leggere le immagini e lasciare che siano solo loro a parlare.

Per i bambini più grandi (anche quelli di 30-40 anni) Tortartè è anche un gioco a chi coglie il maggior numero di citazioni artistiche, gioco che trova una sua soluzione neii risguardi di copertina, che riportano un piccolo "indice" delle opere illustrate nel libro.

È insomma un modo naturale e divertente per dimostrare ai bambini come l'arte sia comunicazione ed espressione, oltre che abilità, e per introdurli in questo universo.

E poi? Mani in pasta! Sperimentiamo tecniche e impariamo a conoscere meglio alcuni degli artisti più famosi. Ecco qualche idea.

A casa abbiamo giocato con gli orologi molli di Dalì, costruendo un orologio di didò.


Abbiamo poi giocato a deformarlo tirandolo con le mani e ad appoggiarlo su diverse superfici per scoprire che forma avrebbe preso.


Per i più grandi e abili, è interessante provare poi a disegnare l'orologio deformato cercando di renderne la forma nel modo più fedele possibile.
Si esplorano così la prospettiva e la materia.

Altre idee? Eccone qualcuna scovata in rete.

Si può puntare sull'arte come espressione di sé e creare un Urlo di Munch dipingendo lo sfondo e poi fotografando i bambini mentre lo interpretano.


Fonte: shenaleonard.com

Si può lavorare sulle campiture e sul colore ricreando un Mondrian con nastro adesivo e pennelli.

Fonte: verob.centerblog.net

Si può sperimentare la materialità del colore imitando con una forchetta le pennellate di Van Gogh.

 
Fonte: thepinterestedparent.com

E perché non esplorare l'espressività del corpo, posando a terra e tracciando il contorno del proprio corpo, in stile Keith Haring?

 
Fonte: www.haringkids.com

L'importante è scoprire che l'arte non si può solo ammirare appesa a un muro, ma si può sperimentare, attraversare, vivere.


   
Se ripenso alle librerie di casa della mia infanzia, la prima immagine che mi salta alla mente è quella delle grandi enciclopedie, per grandi e piccoli: quella universale nella sala dei miei, i volumi di "conoscere" a casa della nonna, una raccolta di libri tematici Disney in camera di mia sorella.
Oggi, ai tempi di internet, pubblicazioni come queste non se ne vedono quasi più, ma resto convinta che il piacere di sfogliare un libro e lasciarsi incuriosire dalle illustrazioni, scegliendo una pagina da approfondire, sia ancora il modo migliore di approcciarsi alla curiosità verso il mondo.


Solo, non servono più tanti volumi. Magari ne basta uno, ma ricco e accattivante come Il libro della terra. La straordinaria storia del nostro pianeta, edito (naturalmente) da Editoriale Scienza: 256 pagine, una più affascinante dell'altra, per raccontare il nostro pianeta.

Gli argomenti trattati sono suddivisi in quattro macro-temi, secondo i quattro elementi: aria, fuoco, terra e acqua.



Ogni macrotema è sviscerato con rigore e profondità, ma senza mai cadere nella pesantezza, secondo un approccio multidisciplinare che abbraccia scienza, storia e geografia.
Il volume è ricchissimo di illustrazioni e fotografie che stimolano la curiosità e rendono più immediata la comprensione anche dei concetti più difficili.
Il testo è perlopiù racchiuso in box e didascalie, cosicché l'impressione non è quella di leggere una lunga spiegazione didattica e lineare, ma di lasciare che l'occhio scelga da solo dove andare a finire. Ogni doppia pagina è un nucleo informativo a sé stante, e non necessita delle precedenti per essere compreso.
Viene naturale sfogliare il libro e soffermarsi su quello che più cattura l'attenzione in quel momento.
L'apprendimento diventa così un gioco guidato solo dalla curiosità.


Lungo tutto il libro, i quattro "personaggi chiave" che rappresentano gli elementi, regalano al lettore qualche curiosità extra rispetto ai temi trattati.


Gli argomenti trattati sono i più vari: vi ho voluto mostrare una piccola parte dell'indice per darvi un'idea della multidisciplinarietà e della ricchezza dei contenuti.


Io e il Piccolo T, per ora, ci siamo appassionati alla tettonica delle pacche, che Il libro della terra affronta da molti punti di vista: la struttura del mantello terrestre, la deriva dei continenti, le faglie, la formazione dei vulcani e l'origine dei terremoti.



Così abbiamo costruito un sempice modellino per spiegare l'orogenesi, a partire da alcuni fogli di carta colorata e una scatola di scarpe, alla quale ho ritagliato una fessura in uno dei lati corti.



Facendo passare i fogli dalla fessura e chiudendoli ad anello, ho creato la prima "placca", quella di fondo.


Incollando un altro foglio all'altro bordo, ho creato la placca superiore.
Facendo girare l'anello della placca inferiore si simula il movimento di una placca contro l'altra.



Tutto va bene finché la placca è completamente liscia, ma nella realtà la terra è mossa e rugosa, e quando un ostacolo (come una piega sulla carta) incontra la placca di superficie, ecco che quest'ultima si solleva formando le montagne.



Non vi basta?
Se la carta vi sembra troppo distante dalla realtà, in rete ho trovato moltissime attività sulle placche tettoniche. Chi avrebbe mai pensato, ad esempio, di rappresentarle con dei crackers?



Negli ultimi due mesi, il pallone del Piccolo T è finito, nell'ordine: nel cortile dei vicini di destra, sul tetto della nostra casa, su un albero, sul tetto della nostra casa, su un altro albero, nel cortile dei vicini di sinistra (attualmente è ancora lì).
Quando ho visto il Piccolo T cercare di tirarlo giù dall'albero lanciandogli addosso una delle sue ciabatte, ho capito che Oliver Jeffers non è solo un autore divertente e originale, ma è anche un profondo conoscitore dei bambini e dei loro ragionamenti.


Nei guai inizia proprio così: con l'aquilone di Leo che resta incastrato su un albero e Leo che lancia verso l'albero la sua scarpa per provare a tirarlo giù.
Ma anche la scarpa resta incastrata.


Ha così inizio un'escalation che scivola molto presto nel paradossale: Leo lancia sull'albero qualsiasi cosa gli capiti sottomano.
A volte sembra ritrovare il senno, come quando prende una scala.


Ma la scala non gli serve per salire sull'albero: verrà lanciata anch'essa!
Ben presto gli oggetti lanciati sono evidentemente fuori dalla portata (e dalla forza) di un bambino: rinoceronti, tir, intere case; ma l'albo gioca la sua esplosiva carica di umorismo proprio nell'assurdità della storia e dei suoi dettagli.
Mano a mano che prosegue la storia, crescono l'ironia, la mole degli oggetti lanciati, lo stupore di chi legge e soprattutto le sue risate.


Naturalmente ogni cosa (o persona) che viene lanciata fa esattamente la stessa fine.


Nel microcosmo dell'albero, le entità lanciate iniziano anche a interagire tra loro, mentre Leo continua nei suoi folli tentativi, fino ad arrivare a una soluzione che però forse non è proprio una soluzione per tutti.

Nei guai (Zoolibri) è un libro da leggere per il piacere di leggere. E di ridere. E di scoprire una storia originale. E di gustarsi le illustrazioni dal tratto unico e ironico di Oliver Jeffers.
Un libro da leggere e basta, insomma.

Ah, se lo volete sapere, il Piccolo T ci è riuscito, con la ciabatta, a tirare giù il suo pallone dall'albero.
Ma nel dubbio, gli ho subito letto questo albo come monito per le prossime volte.



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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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