Nuvole in scatola
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Toh, guarda un po' chi si vede: Julia Donaldson. Sì, quella del Gruffalò e della Strega Rossella.
Con Axel Scheffler? No, con Helen Oxenbury. Sì, quella di Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini e A caccia dell'orso.
Insieme? Sì, insieme.
E allora non ci sono dubbi: ne deve uscire per forza qualcosa di buono.


E infatti Il gigante salterino è un albo leggero, divertente e delizioso, con tanti ingredienti cattura-bimbo.
È la storia di un coniglio che, tornando alla sua tana, la trova occupata da una creatura che, con voce tonante, lo avverte:

Sono il gigante salterino,
non osare venire più vicino.


Accorre in soccorso un gatto, ma anche lui viene minacciato:

Sono il gigante salterino,
e ti spappolo come un moscerino.

La storia procede per ripetizione e accumulo, una struttura particolarmente piacevole per i bimbi, che amano la sicurezza del già sentito accostata alla curiosità dell'elemento nuovo che possono provare ad anticipare.
Ogni volta arriva un animale più grosso, e a tutti il gigante urla la sua minaccia, terrificante per il suo destinatario ma inevitabilmente buffa per chi legge (le rime della Donaldson sono meravigliosamente tradotte da Chiara Carminati).


Insomma, nessuno, per grande e grosso che sia, osa sfidare il gigante misterioso ed entrare nella tana, nemmeno l'elefante.
Finché alla fine viene interpellata mamma Rana.


Potete immaginare come vada a finire e chi sia in realtà questo terribile gigante salterino.


Gli animali, la struttura della storia, il piccolo mistero, le rime divertenti della Donaldson (da leggere col vocione forzato),  gli acquerelli della Oxenbury in cui gli animali prendono espressioni umane: ecco perché proporre Il gigante salterino ai bambini (da tre anni in su), sapendo che sarà un successo.
E forse vi ritroverete anche voi a girare per casa inventando rime salterine.


Se poi volete costruire dei "giganti" salterini, potete farlo con un semplice quadrato di carta.
Queste le istruzioni che ho trovato da qualche parte su Pinterest:

Un po' di attenzione alle pieghe più complesse...



Un segno di tratto-pen per creare gli occhi...


Poi, basterà schiacciare il retro del ranocchio per farlo saltare.
E il vostro gigante salterino, chi proverà a spaventare?


Se "arte" fosse solo guardare un quadro appeso alla parete di un museo, non ci sarebbe molto da stupirsi se i bambini non ne volessero sentir parlare.
Per fortuna, specialmente negli ultimi anni, la comunicazione dell'arte ai bambini ha fatto passi da gigante, con laboratori, percorsi dedicati, mostre immersive, e anche albi illustrati a tema.


Tortartè. Ma la torta di che artista è? è uno splendido modo di far vivere l'arte ai bambini, nel modo per loro più congeniale: immersa in una storia. O forse sarebbe più giusto dire il contrario: è la storia, in questo caso, ad essere immersa nell'arte.
Tortartè è un silent book (un albo privo di testo, in cui la storia viene raccontata solo dalle immagini) di Thé Tjong-Khing, illustratore cino-indonesiano di stanza in Olanda, e arriva dopo Tortintavola. Ma la torta dov'è? e Tortinfuga. Ma le torte dove vanno?, dello stesso autore e della stessa casa editrice (Beisler).
Andiamo con ordine, quindi. Ricchissimi di storie intrecciate tra di loro, Tortintavola e Tortinfuga seguono le vicende di torte rubate o sparite, invitando a una lettura non lineare: pagina dopo pagina, leggendo si scoprono personaggi che fino a quel momento sembravano secondari. Li si vede intenti in un gesto insolito o inaspettato, e allora si scorre il libro a ritroso, fino a ritrovare l'origine di quel gesto, e la loro storia parallela.

Sono libri che si prestano ad essere letti più volte, seguendo a ogni lettura una singola storia, oppure ad essere sfogliati avanti e indietro fino a ricostruirle tutte.
Thé Tjong-Khing è un maestro nell'arte di sorprendere il lettore coinvolgendolo in nuove trame, e in Tortartè riprende questa modalità narrativa, inserendola in un contesto nuovo.

Siamo nel sogno della signora Scodinzoli, già protagonista degli altri volumi, dove un ladro, durante l'allestimento di una mostra, ruba uno dei quadri.


Inizia così un inseguimento che come al solito vede intrecciarsi le vicende dei vari partecipanti.
A fare da sfondo, però, sono stavolta le opere di grandi artisti.
I personaggi escono da un palazzo di Frank Gehry per correre in un dipinto di Van Gogh.


Passano accanto a un Mondrian incorniciato da una tenda con stampe di Keith Haring per infilarsi in uno scenario ispirato a Hopper.
 

Cavalcano perfino le onde di Hokusai con una barca.



E anche la stanza in cui alla fine si risveglia la signora Scodinzoli non è una stanza qualsiasi.

Immergere letteralmente una narrazione nelle opere ha un effetto incredibile, vale molto più di una lezione di storia dell'arte.
Abituati come siamo a vedere un unico stile per ogni albo illustrato, cogliamo subito le variazioni di tecnica, ma soprattutto la differenza tra le emozioni trasmesse da uno scenario o dall'altro.
Ed è più che mai azzeccata la scelta di comunicare l'arte attraverso un silent book, che costringe, data la mancanza di parole, a leggere le immagini e lasciare che siano solo loro a parlare.

Per i bambini più grandi (anche quelli di 30-40 anni) Tortartè è anche un gioco a chi coglie il maggior numero di citazioni artistiche, gioco che trova una sua soluzione neii risguardi di copertina, che riportano un piccolo "indice" delle opere illustrate nel libro.

È insomma un modo naturale e divertente per dimostrare ai bambini come l'arte sia comunicazione ed espressione, oltre che abilità, e per introdurli in questo universo.

E poi? Mani in pasta! Sperimentiamo tecniche e impariamo a conoscere meglio alcuni degli artisti più famosi. Ecco qualche idea.

A casa abbiamo giocato con gli orologi molli di Dalì, costruendo un orologio di didò.


Abbiamo poi giocato a deformarlo tirandolo con le mani e ad appoggiarlo su diverse superfici per scoprire che forma avrebbe preso.


Per i più grandi e abili, è interessante provare poi a disegnare l'orologio deformato cercando di renderne la forma nel modo più fedele possibile.
Si esplorano così la prospettiva e la materia.

Altre idee? Eccone qualcuna scovata in rete.

Si può puntare sull'arte come espressione di sé e creare un Urlo di Munch dipingendo lo sfondo e poi fotografando i bambini mentre lo interpretano.


Fonte: shenaleonard.com

Si può lavorare sulle campiture e sul colore ricreando un Mondrian con nastro adesivo e pennelli.

Fonte: verob.centerblog.net

Si può sperimentare la materialità del colore imitando con una forchetta le pennellate di Van Gogh.

 
Fonte: thepinterestedparent.com

E perché non esplorare l'espressività del corpo, posando a terra e tracciando il contorno del proprio corpo, in stile Keith Haring?

 
Fonte: www.haringkids.com

L'importante è scoprire che l'arte non si può solo ammirare appesa a un muro, ma si può sperimentare, attraversare, vivere.


   
Se ripenso alle librerie di casa della mia infanzia, la prima immagine che mi salta alla mente è quella delle grandi enciclopedie, per grandi e piccoli: quella universale nella sala dei miei, i volumi di "conoscere" a casa della nonna, una raccolta di libri tematici Disney in camera di mia sorella.
Oggi, ai tempi di internet, pubblicazioni come queste non se ne vedono quasi più, ma resto convinta che il piacere di sfogliare un libro e lasciarsi incuriosire dalle illustrazioni, scegliendo una pagina da approfondire, sia ancora il modo migliore di approcciarsi alla curiosità verso il mondo.


Solo, non servono più tanti volumi. Magari ne basta uno, ma ricco e accattivante come Il libro della terra. La straordinaria storia del nostro pianeta, edito (naturalmente) da Editoriale Scienza: 256 pagine, una più affascinante dell'altra, per raccontare il nostro pianeta.

Gli argomenti trattati sono suddivisi in quattro macro-temi, secondo i quattro elementi: aria, fuoco, terra e acqua.



Ogni macrotema è sviscerato con rigore e profondità, ma senza mai cadere nella pesantezza, secondo un approccio multidisciplinare che abbraccia scienza, storia e geografia.
Il volume è ricchissimo di illustrazioni e fotografie che stimolano la curiosità e rendono più immediata la comprensione anche dei concetti più difficili.
Il testo è perlopiù racchiuso in box e didascalie, cosicché l'impressione non è quella di leggere una lunga spiegazione didattica e lineare, ma di lasciare che l'occhio scelga da solo dove andare a finire. Ogni doppia pagina è un nucleo informativo a sé stante, e non necessita delle precedenti per essere compreso.
Viene naturale sfogliare il libro e soffermarsi su quello che più cattura l'attenzione in quel momento.
L'apprendimento diventa così un gioco guidato solo dalla curiosità.


Lungo tutto il libro, i quattro "personaggi chiave" che rappresentano gli elementi, regalano al lettore qualche curiosità extra rispetto ai temi trattati.


Gli argomenti trattati sono i più vari: vi ho voluto mostrare una piccola parte dell'indice per darvi un'idea della multidisciplinarietà e della ricchezza dei contenuti.


Io e il Piccolo T, per ora, ci siamo appassionati alla tettonica delle pacche, che Il libro della terra affronta da molti punti di vista: la struttura del mantello terrestre, la deriva dei continenti, le faglie, la formazione dei vulcani e l'origine dei terremoti.



Così abbiamo costruito un sempice modellino per spiegare l'orogenesi, a partire da alcuni fogli di carta colorata e una scatola di scarpe, alla quale ho ritagliato una fessura in uno dei lati corti.



Facendo passare i fogli dalla fessura e chiudendoli ad anello, ho creato la prima "placca", quella di fondo.


Incollando un altro foglio all'altro bordo, ho creato la placca superiore.
Facendo girare l'anello della placca inferiore si simula il movimento di una placca contro l'altra.



Tutto va bene finché la placca è completamente liscia, ma nella realtà la terra è mossa e rugosa, e quando un ostacolo (come una piega sulla carta) incontra la placca di superficie, ecco che quest'ultima si solleva formando le montagne.



Non vi basta?
Se la carta vi sembra troppo distante dalla realtà, in rete ho trovato moltissime attività sulle placche tettoniche. Chi avrebbe mai pensato, ad esempio, di rappresentarle con dei crackers?



Negli ultimi due mesi, il pallone del Piccolo T è finito, nell'ordine: nel cortile dei vicini di destra, sul tetto della nostra casa, su un albero, sul tetto della nostra casa, su un altro albero, nel cortile dei vicini di sinistra (attualmente è ancora lì).
Quando ho visto il Piccolo T cercare di tirarlo giù dall'albero lanciandogli addosso una delle sue ciabatte, ho capito che Oliver Jeffers non è solo un autore divertente e originale, ma è anche un profondo conoscitore dei bambini e dei loro ragionamenti.


Nei guai inizia proprio così: con l'aquilone di Leo che resta incastrato su un albero e Leo che lancia verso l'albero la sua scarpa per provare a tirarlo giù.
Ma anche la scarpa resta incastrata.


Ha così inizio un'escalation che scivola molto presto nel paradossale: Leo lancia sull'albero qualsiasi cosa gli capiti sottomano.
A volte sembra ritrovare il senno, come quando prende una scala.


Ma la scala non gli serve per salire sull'albero: verrà lanciata anch'essa!
Ben presto gli oggetti lanciati sono evidentemente fuori dalla portata (e dalla forza) di un bambino: rinoceronti, tir, intere case; ma l'albo gioca la sua esplosiva carica di umorismo proprio nell'assurdità della storia e dei suoi dettagli.
Mano a mano che prosegue la storia, crescono l'ironia, la mole degli oggetti lanciati, lo stupore di chi legge e soprattutto le sue risate.


Naturalmente ogni cosa (o persona) che viene lanciata fa esattamente la stessa fine.


Nel microcosmo dell'albero, le entità lanciate iniziano anche a interagire tra loro, mentre Leo continua nei suoi folli tentativi, fino ad arrivare a una soluzione che però forse non è proprio una soluzione per tutti.

Nei guai (Zoolibri) è un libro da leggere per il piacere di leggere. E di ridere. E di scoprire una storia originale. E di gustarsi le illustrazioni dal tratto unico e ironico di Oliver Jeffers.
Un libro da leggere e basta, insomma.

Ah, se lo volete sapere, il Piccolo T ci è riuscito, con la ciabatta, a tirare giù il suo pallone dall'albero.
Ma nel dubbio, gli ho subito letto questo albo come monito per le prossime volte.



Lo confesso: pur essendo sempre stata fondamentalmente un maschiaccio, da quando è arrivata la Piccola M esploro con gioia il reparto femminile dei negozi di abbigliamento, con tutti quei viola e quei rosa e quei fucsia.
E quando ho visto l'ombrello sulla copertina di questo libro, be', non ho saputo resistere.


Rosa a pois, che segna l'esordio della scrittrice Amélie Callot (illustrazioni di Geneviève Godbout, edizioni Lupoguido) è un breve romanzo illustrato (o un albo molto lungo?) in cui, prima ancora della storia colpiscono le atmosfere, dolci e romantiche, che profumano di tempi andati pur essendo la storia attuale.


Adèle gestisce un caffè, uno di quei posti dove chiunque si sente a casa. La sua grazia e la sua cura si riflettono sul locale, ma anche sulla sua delicata bellezza.
La vita del paese ruota attorno al caffè e ai suoi appuntamenti, come il mercato della frutta che ospita ogni mercoledì, con l'aiuto del giovane Lucas.


Adèle però non sopporta la pioggia. Tutti i suoi sorrisi, tutta la sua luminosità si spengono nelle giornate brutte, e a volte si rifiuta addirittura di aprire il bar, e se ne resta sotto le coperte.
Finché una sera, alla chiusura del caffè, non trova un regalo inaspettato: un bel paio di stivali di gomma rosa. E poi un impermeabile. E poi un bellissimo ombrello rosa a pois.

Chi sarà stato a farle questi regali? E serviranno, per far capire ad Adèle che il mondo può essere rosa anche se il cielo è grigio?

Rosa a pois è un romanzo di buoni sentimenti e piccoli gesti.
La voce narrante sembra sorridere mentre racconta, e le immagini portano il gusto e i profumi delle cose semplici, sia quando indugiano sui dettagli...


...sia quando spaziano tra paesaggi aperti.


E perfino quando illustrano la cupezza della pioggia, sono in qualche modo dolci e romantiche.


Rosa a pois è un libro per chi sorride alla vita, e pensa che dovunque si cerchi ci sia sempre del bello. E che dalla tristezza ci si possa sempre riparare con l'ombrello giusto.


A proposito, volete costruire un ombrellino fai da te per le bambole (o per i vostri cocktail)?
Iniziate ritagliando una forma rotonda da una carta colorata (che caso: io ne avevo proprio una rosa a pois!).



Segnate le pieghe, piegando il cerchio prima in due, poi di nuovo in due girandolo di 90 gradi, poi facendo un'ulteriore piega in mezzo a quelle già ottenute.


Una volta ripiegato, fate un taglio curvo alla base, per dare forma all'ombrello.


Poi riaprite il cerchio, incollate al centro un altro cerchietto di carta più piccolo e tagliate uno degli spicchi ottenuti.
Ripassate le pieghe in modo che abbiano tutte la "costa" verso l'esterno e tra ognuna delle due pieghe fate una piega ulteriore, in senso inverso.
Poi incollate uno sopra l'altro i due spicchi a cavallo del taglio.


Fate un buchino in cima e infilate uno stuzzicadenti (normale o da spiedino). Poi arrotolate attorno alla punta una striscetta di carta colorata spalmata di colla.
Ne servirà un'altra sotto, per tenere fermo l'ombrello.


Ecco qui il vostro ombrellino rosa a pois!


Pronto per riparare voi e i vostri bambini da una pioggia immaginaria, o per decorare il vostro prossimo mojito. :)


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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