Nuvole in scatola
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Com'è che si dice? Che quando si è vecchi si ritorna un po' bambini, giusto?
In effetti, quasi tutti i bambini hanno una passione smodata per i cantieri. E tra i giocattoli si trovano ruspe e macchine scavatrici di ogni genere: modellini, miniature, costruzioni, modelli a mano e motorizzati. E i libri? Ecco, di libri sui cantieri invece ce n'è davvero pochi, e perlopiù banali: elenchi di macchinari con il loro nome scritto vicino, libri-dizionario senza storie né emozioni.


Ci voleva quel geniaccio di Gek Tessaro per far incontrare il mondo dei cantieri con quello delle storie. È così che è nato Dimodoché, edizioni Lapis, una storia che fa diventare protagoniste le macchine da lavoro, in particolare una piccola ruspa.




La Piccola Ruspa non è piccola soltanto di dimensioni, ma anche di età: come un bambino, è felice ed entusiasta di tutto ciò che fa, ed è piena di perché.
E come un bambino, attraverso i suoi perché fa vedere agli adulti cose che altrimenti, presi dalla routine, non avrebbero mai notato.
Le macchine scavano, scavano, scavano: è il loro lavoro, lo svolgono senza porsi troppe domande. La Piccola Ruspa no: lei ama tantissimo scavare e vuole sapere perché lo sta facendo. Così, scopre che la terra tolta dal buco viene trasportata e ammucchiata da un'altra parte, e forma una montagna.






Dimodoché noi si fa le montagne.

Conclude orgogliosa la Piccola Ruspa. E ogni sua domanda porta a una nuova scoperta e a un nuovo entusiasmo per quello che sta facendo, portando i suoi compagni di lavoro a guardare le cose da un punto di vista diverso, e a riscoprire i grilli, e le stelle, e la natura, e a tornare anche un po' bambini.

Oltre ad essere originale nella sua ambientazione, Dimodoché lavora anche sul linguaggio, con figure retoriche semplici e adatte anche a un bambino, ma di grande impatto.
L'incipit del libro è potente nella sua sintesi e riesce a comunicare in sei parole la protagonista, il suo carattere, la sua attività, l'ambientazione e l'atmosfera:

La piccola ruspa scavava di gioia.




Il lavoro della Piccola Ruspa e dei suoi compagni di cantiere è un lavoro "creativo": con il loro scavo plasmano montagne, e laghi, e molto altro, quasi come se, senza di loro, il mondo non potesse essere come lo vediamo. E non importa se le cose non stanno davvero così: l'importante è impegnarsi ed essere orgogliosi di avere il proprio ruolo nel mondo.

Abbiamo letto Dimodoché una sera al mare, e ci è venuto spontaneo provare a partecipare all'opera creatrice della Piccola Ruspa.

Con l'aiuto di una paletta e di un annaffiatoio (e naturalmente di una Piccola Ruspa), anche noi abbiamo scavato una buca e costruito una montagna.



E abbiamo riempito la buca d'acqua, dimodoché anche noi si è fatto il lago.


È stato un po' come creare una rappresentazione dal vivo del libro appena letto.


Anche il Piccolo T, come la Piccola Ruspa, creando la sua montagna scavava di gioia.


Ci sono bimbi che hanno la passione per i dinosauri, altri per le macchine o per la cucina. Il Piccolo T ha uno smodato interesse per i labirinti. Già: i labirinti. Quelli su carta, principalmente, ma quando è capitato di visitare un parco che ne avesse, anche per quelli fisici, fatti di siepi.
Dopo aver risolto giornalini interi di labirinti, ci chiede di disegnarne di nuovi, o prova a crearne lui stesso.


Quando ho visto Un'avventura a forma di labirinto (Terre di Mezzo Editore), quindi, ho pensato subito che fosse perfetto per lui.
Mi piaceva il fatto che fosse un libro di labirinti, sì, ma non un semplice libro di labirinti, come ce ne sono tanti.


Un'avventura a forma di labirinto è, di fatto, un silent book, un racconto senza parole.
Inizia con l'immgine di un bambino, solo. Nei suoi pensieri, un gruppetto di persone: forse la sua famiglia, o i suoi amici.


Ed è così che il protagonista parte, pronto a qualsiasi avventura pur di ritrovarli.
È un viaggio tra tubi, caverne, percorsi inaspettati. Dieci percorsi, dieci labirinti. "Leggere" questo libro è come accompagnare il protagonista lungo la sua avventura, anzi: aiutarlo ad affrontarla.
Si può scegliere di seguire ogni percorso con il dito, anziché tracciarlo e "risolverlo", in modo da poter rileggere il libro ogni volta che si vuole, ripercorrendo da capo l'avventura.



Al gioco della risoluzione del labirinto si affianca quello della scoperta dei dettagli, della costruzione della storia, propria di ogni silent book: cosa sarà quella selva di tubi? Cosa saranno quelle passerelle tra i ghiacci? E cosa sono quegli strani origami disseminati lungo tutte le pagine?
Ad alcune domande sarà il libro a rispondere (anche con un finale chiuso e non "labirintico"). Per le altre, ci sono solo la fantasia di chi legge e un universo infinito di storie da inventare.

E se anche ai vostri figli i labirinti non bastano mai, perché non costruirne uno che non ha mai fine?
Bastano una vecchia custodia di cd e qualche cannuccia.

Per prima cosa, togliete ogni carta o libretto e lasciate solo la parte trasparente. Togliete anche l'inserto interno di plastica che regge il cd.
Per non sbagliare, disegnate prima il labirinto su un foglio quadrettato delle dimensioni della custodia.



Appoggiate la custodia sul vostro circuito e ricalcatelo con un pennarello indelebile.

Ora ritagliate le cannucce (se usate quelle pieghevoli, potete sfruttarle per creare gli angoli), armatevi di colla a caldo e incollate i pezzetti sulle linee che avete appena tracciato.
Et voilà.
Come pallina dovete trovare qualcosa di molto, molto piccolo, come ad esempio le sferette all'interno degli smalti o delle cancelline. Oppure potete optare per una soluzione più semplice (anche se meno precisa) appallottolando dei ritagli di alluminio per alimenti.




Aggiungete una seconda pallina per rendere il gioco ancora più divertente e lasciate tutto in mano al vostro bimbo: sarà lui a decidere quale deve essere il punto di partenza e quale il punto di arrivo, e magari anche a inventarsi un motivo sul perché la pallina deve andare proprio lì.
In fondo, dietro a ogni gioco ci sono sempre tantissime storie da raccontare.


Ho vissuto in campagna fino a 18 anni, quando sono uscita di casa per andare all'università.
Quando qualche mese fa ci siamo trasferiti in questa casetta nuova con il giardino, quindi, non è stata certo un'esperienza inedita per me.
Eppure, quando vedi le cose con gli occhi di tuo figlio, tutto sembra improvvisamente più ricco e più nuovo. E chi se li ricordava più tutti quei cri cri e quei cra cra che ora accompagnano le nostre cene all'aperto?

È la biodiversità, bellezza.
Quella cosa che quando ci pensi ti viene in mente la foresta amazzonica, ma che a ben guardare trovi anche dietro la porta di casa.

È il tema che affronta Tanti e diversi, di Nicola Davies e Emily Sutton (ve li ricordate? Hanno vinto il premio Andersen 2016 per la divulgazione scientifica con Mini. Il mondo invisibile dei microbi), per Editoriale Scienza, e lo fa in modo originale, a cavallo tra la poesia e la scienza.
Tanti e diversi procede su due binari paralleli: da un lato c'è un racconto, con parole quotidiane, quasi poetiche, dall'altro l'informazione scientifica, che si ricollega alla narrazione per approfondirne i temi.

Così, mentre la voce narrante spiega che esistono esseri grandi come querce ed esseri minuscoli come microbi, una didascalia elenca nel dettaglio quante specie di querce sono state individuate, e quanto piccoli possono essere i microbi.
Per questa sua caratteristica, il libro può essere approcciato come un racconto della buonanotte o come un breviario di curiosità da consultare. O – perché no? – anche le due cose insieme.



Non immaginatevi un sussidiario, o un'enciclopedia degli ecosistemi: Tanti e diversi è più una panoramica a volo d'uccello su cosa significhi biodiversità, sulle sue curiosità (specie diverse che sembrano simili, esemplari di una stessa specie che invece sembrano di specie diverse) e le sue manifestazioni.
Con pochi, semplici e chiari esempi racconta come questi esseri viventi interagiscano tra loro, con la catena alimentare, l'impollinazione o altri meccanismo:

ogni essere vivente fa parte di un grande,
bellissimo e complicato disegno.

Un disegno di cui anche noi facciamo parte, anche se con i nostri comportamenti rischiamo di distruggerlo. Nelle ultime pagine, il libro lascia un messaggio ecologico, chiedendo più attenzione nelle nostre scelte, per continuare a vivere in un mondo così ricco.

Il senso è tutto qui: conoscere per rispettare, ogni giorno. A partire dal proprio cortile.
È per questo (e anche per avere qualche minuto libero per lavorare in giardino!) che ho creato per il Piccolo T queste schede. Le potete stampare anche voi dal mio pdf se vi piacciono.
In ognuna, ho inserito lo spazio per una foto e alcuni campi da compilare: il nome della specie, la data di ritrovamento, uno spazio per le note e la classificazione, un po' semplificata per adattarsi all'età (nella colonna "invertebrati" ho elencato solo quelli che effettivamente poteva trovare e riconoscere nel nostro giardino).




Una volta stampate, ho dato il via alla caccia fotografica: armato del mio smartphone (devo procurarmi presto una fotocamera per lui), il Piccolo T è andato alla ricerca della biodiversità nel nostro giardino.
Passeri, rondini, pettirossi, insetti di ogni genere, il gatto del vicino in visita: quante specie ha trovato! Anche se non tutte ugualmente propense a farsi fotografare.


È stato anche avvistato uno strano mammifero che armeggiava con un curioso manufatto: ne avete anche voi, nel vostro giardino?



 
Una delle cose più sorprendenti dei bambini piccoli è la loro caparbia e risoluta espressione delle proprie preferenze.
La cosa diventa ancora più evidente quando di figli ce ne sono due: uno che si addormentava sempre beatamente a pancia in su, l'altro che si gira appena lo appoggi nel lettino (alla faccia delle regole anti-sids); uno che "se proprio non ha fame, mangerà almeno un pezzettino di formaggio", l'altro che il formaggio non lo vuole nemmeno vedere.
Insomma: anche quando non sanno parlare e non sanno bene come esprimerlo, i bimbi sanno benissimo cosa vogliono e cosa non vogliono.
È questa la prima espressione della loro personalità e del loro pensiero critico.


E proprio per questo, è anche uno dei loro temi preferiti, perfetto da mettere in un libro. Un libro cartonato, che possano maneggiare e sfogliare a piacimento e che diventi un oggetto familiare.
Un libro che parli di azioni quotidiane, in cui riconoscersi.
Un libro come quelli della collana Mi piace Non mi piace delle edizioni Il castoro.



Quando mangio e Quando gioco sembrano a un primo sguardo dei libri fotografici, ma non lo sono.
Le figure che vedete sono l'opera incredibile di Sonia Marialuce Possentini, vincitrice del Premio Andersen 2017 come miglior illustratrice.


Come si intuisce dal titolo, la collana Mi piace Non mi piace racconta, dal punto di vista dei bambini ritratti, le loro preferenze, in fatto di giochi e di cibi.
Lo fa con un struttura grafica e materiale creata da chi evidentemente conosce bene il mondo dei bambini e della lettura: il formato quadrotto, cartonato e stondato, l'illustrazione su fondo bianco con il testo isolato sulla pagina di sinistra, le immagini quasi fotografiche, facilmente decodificabili, il tema quotidiano in cui identificarsi sono tutte caratteristiche ideali per bambini dai 18 mesi in su, che hanno appena iniziato a formare un pensiero simbolico e a comprendere il significato di rappresentazione.


Una semplicità fondamentale, che però non diventa mai banalità. Leggendo è evidente che non si parla di bambini "standard" ma di personalità individuali ben precise.
Accanto a una bambina che, davanti a dei broccoli, prevedibilmente afferma "non mi piacciono le cose verdi", c'è anche quella a cui piacciono gli spaghetti.
Accanto al bimbo a cui piace giocare con l'acqua, c'è anche una bambina che dichiara "non mi piacciono le bambole".

Un messaggio che passa anche ai genitori, per imparare a non dare per scontato che nostro figlio sia un bambino come tutti gli altri.

Nell'ultima pagina, si vedono una serie di oggetti (giocattoli o cibi) e le parole invitano i lettori a provare ad esprimere le proprie preferenze:

 "E a te, cosa piace? E a te, cosa non piace?"

E proprio per rendere ancora più personale questa esperienza, ho voluto creare delle pagine speciali per il Piccolo D.
Dopo averlo fotografato mentre era intento nelle sue attività preferite, ho scontornato grossolanamente le immagini, per lasciarle su fondo bianco, e aggiunto una scritta.


Ritagliate in forma quadrata, le ho poi plastificate (con la plastificatrice del Lidl, ma potete trovare facilmente delle alternative).


Ecco fatto: lasciate in mano al Piccolo D, queste piccole schede lo aiuteranno a riconoscersi nelle attività quotidiane, quelle che gli piacciono di più.


Accanto a "Mi piace travasare sassi" o "Mi piace pasticciare con l'acqua" c'è anche "Mi piace leggere". Sono certa che finché troveremo libri di qualità, pensati per le sue esigenze di bambino, continuerà ad essere una delle sue attività preferite.


   
Ho una certa avversione per i libri-gioco: quelli sonori con i rumori e le lucine, quelli con le ruote, i lustrini e i brillantini. Sopporto poco anche un certo tipo di libri pop-up: non quelli con le finestrelle da aprire per cercare un personaggio o un'informazione nascosta, ma quelli in cui la cartotecnica serve solo a "decorare" il racconto.
Il libro per me è un oggetto sacro, e la protagonista deve essere soltanto lei: la storia, con le sue parole e le sue immagini. Il resto è solo un "lifting", che fa chi preferisce imbellettarsi perché non crede abbastanza a com'è fatto dentro.

A meno che...

A meno che, certo, non sia la storia stessa ad essere un gioco. E minibombo, lo sappiamo (e se non lo sapete, ecco qualche ripasso), è un'esperta in queste cose.

Questo libro fa di tutto è un albo unico nel suo genere, in cui l'oggetto-libro si intreccia con il suo contenuto fino a diventarne protagonista ("Il medium è il messaggio", avrebbe detto McLuhan, e mai come questa volta sarebbe stato vero).

Un libro sperimentale, che osa inventando un nuovo linguaggio, un'inedita forma espressiva.
E la cosa sorprendente è che lo fa restando nei confini delle sue pagine e della sua copertina. Senza pop-up, senza aggiunte, senza realtà virtuale. Solo con intelligenza.


Ogni pagina descrive un'azione, dal semplice "si apre" a "sta in piedi", "morde", perfino "abbronza" (con una pagina-specchio, da tenere sotto il mento per riflettere il sole, in un gesto molto anni '80).
Durante la lettura, quindi, libro "interpreta" l'azione insieme al lettore, che dovrà muovere la copertina, batterlo, sventolarlo.



E mentre "vola", "rinfresca" e "fa rumore", questo libro fa anche un altro mucchio di cose, che sul libro non sono scritte:
  • incuriosisce,  con colori brillanti e piccoli segni grafici che aiutano a capire l'azione (facendo in modo che anche chi non sa leggere possa "leggerlo");
  • apre la mente, insegnando il pensiero laterale, oltre i confini del consueto: un libro è un libro ma non è solo un libro;
  • fa scoprire anche ai più refrattari alla lettura che leggere è un'avventura bellissima e per nulla noiosa; 
e soprattutto:
  • diverte, diverte da pazzi, e
  • sfida i piccoli lettori a continuare il gioco, a trovare nuove cose che può "fare".
Ad esempio, la sedia:


Il tetto:


Il ponte:



Già: questo libro fa proprio di tutto. Tra le altre cose, fa anche il libro.
E lo fa decisamente bene.


Ci sono libri che emozionano, libri che fanno ridere, libri che fanno riflettere, e anche libri che fanno sbadigliare.
E se pensate che in quest'ultimo caso il libro in questione sia meglio lasciarlo perdere, be', forse vi sbagliate. Almeno per questa volta.


Sbadigli (ed. Il castoro) è un albo insolito e originale.
Avete mai notato come sia difficile trattenersi dallo sbadigliare, quando qualcuno lo fa davanti a voi? Ecco, Sbadigli è questo: la descrizione, un po' poetica e un po' buffa, ma sempre curiosa, di quanto sia contagioso uno sbadiglio.

Pagina dopo pagina, scopriamo una carrellata di personaggi a bocca aperta.
Un insetto (forse una mosca) traccia la sua traiettoria di volo da una pagina all'altra, quasi a simboleggiare la contagiosità di quel gesto, che passa di figura in figura.
Ci sembra di vedere i protagonisti di tante storie ripresi in un momento di backstage, da una visuale inedita, in cui la bocca spalancata la fa da padrona.




A una prima lettura, Sbadigli può sembrare un vero e proprio libro della buonanotte: voi lo leggete, lentamente e un po' sottovoce, mimando il sonno, sbadigliando tra una parola e l'altra, e zac! Anche il vostro bimbo crolla, inizia a sbadigliare e inevitabilmente si addormenta.
Riuscite a immaginarlo?
Ecco: io no. Perché anche se sì, in effetti può far sbadigliare, per un bimbo curioso questo libro è tutt'altro che soporifero.

Chi si nasconde dietro queste enormi fauci? Riuscite a riconoscere tutti i personaggi, umani e animali? Che rapporto hanno i personaggi tra di loro?
Cosa succede a causa di questa improvvisa sonnolenza? Che conseguenze hanno tutti questi sbadigli?
Guardando bene le illustrazioni, scopriamo personaggi inaspettati (perché un domatore di leoni?), ma anche tanti piccoli dettagli e tante piccole azioni che si inseriscono nel filo narrativo principale: un palloncino che vola via, una mela che cade in testa, un animale che non si capisce bene cosa sia e cosa ci faccia lì.
E poi c'è la mosca (sì, ho deciso che è una mosca, di quelle che di solito ronzano e disturbano il sonno e che stavolta invece lo trasporta, come un'ape fa col polline). La mosca non si limita a volare da una pagina all'altra: interagisce con i personaggi, modifica la sua traiettoria, si insinua in un'orecchio ed esce dall'altra parte.

Anche se non ha una vera e propria trama, insomma, in questo libro si sovrappongono tanti livelli di lettura delle immagini, dalla decodifica di questa prospettiva insolita, che vede i nasi in cima all'ovale del viso, alla ricerca delle microstorie nascoste nei curiosi e divertenti dettagli.

Il Piccolo T ha seguito col dito il volo della mosca, e insieme abbiamo creato la nostra storia, immaginando un ruolo per ognuno dei personaggi.
Insomma: anche da uno sbadiglio può nascere un gioco. Anzi, due.

Immedesimandomi in questa piccola mosca porta-sonno, ho costruito

Il gioco degli sbadigli.

(se vi piace, scaricate il pdf stampabile e giocate anche voi.)



https://drive.google.com/file/d/0B_dFi1TzHvBERVltMXJ1Qzk5LVU/view?usp=sharing


Si parte con la costruzione della plancia di gioco: attaccate il cerchio a un cartoncino e ritagliatelo.
Poi ritagliate le facce sbadiglianti una ad una restando dentro i contorni: il bordo grigio non dovrà comparire nel cerchietto ritagliato.



Ora, piegate in due ogni cerchietto in senso orizzontale (gli occhi dovranno rimanere tutti dallo stesso lato) e incollate la parte inferiore al bordo inferiore del viso di ogni personaggio sulla plancia di gioco (facendo naturalmente corrispondere i cerchi con i baffi ai personaggi con i baffi).



Il risultato finale dovrebbe essere questo: tenendo il cerchietto piegato, vedrete il personaggio sorridente, aprendolo lo farete sbadigliare.
Ora non resta che aggiungere un dado, due pedine e un timer, e giocare.

Si inizia mettendo le due pedine vicine sulla plancia e facendo partire il timer (decidete voi quanto far durare la partita).
I personaggi dovranno essere inizialmente metà sorridenti e metà sbadiglianti (alternate un sorriso e uno sbadiglio).
Scegliete il ruolo di ogni pedina (e quindi lo scopo di ogni giocatore): una farà sbadigliare, l'altra fermerà gli sbadigli.
A turno tirate il dado e muovetevi nella direzione che preferite. Se siete una pedina "porta sbadigli" e finite su una casella con il personaggio sorridente, lo farete sbadigliare. Se il personaggio sbadiglia già, non dovrete fare nulla.
Viceversa, se siete una pedina ferma-sbadigli, dovrete "chiudere la bocca" ai personaggi corrispondenti alla casella dove capitate.
Vince il giocatore che, allo scadere del tempo, ha il maggior numero di personaggi della plancia di gioco nella condizione desiderata (sorridenti o sbadiglianti, secondo il suo scopo iniziale).










Abbiamo anche provato a giocare a chi per primo riesce a trasformare tutti i personaggi (tutti tranne uno, in realtà: portarli tutti a una stessa condizione è matematicamente impossibile), ma la partita è durata un tempo spropositato. Altro che sbadigli: stava diventando il gioco più noioso del mondo.

A proposito: tutto questo sbadigliare metterà finalmente sonno al Piccolo T, o sarà la mamma a crollare per prima?


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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