Nuvole in scatola
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C'è un'espressione inglese che adoro e che rende perfettamente il senso di quello che vuole esprimere: "The elephant in the room", ovvero "L'elefante nella stanza". Sta a indicare una questione ingombrante tra due o più persone, che però nessuno vuole affrontare, e resta lì, a intralciare il resto della conversazione, come un non-detto che però tutti stanno pensando.

Hai visto l'elefante?

Perché un elefante, in una stanza, ci sta stretto, occupa tutto lo spazio, è impossibile non vederlo. Anche se gioca a nascondino, come il protagonista di Hai visto l'elefante?, di David Barrow, pubblicato in Italia da Terre di Mezzo.

Hai visto l'elefante?

Ci sembra subito buffo quando l'elefante propone al bambino di giocare a nascondino e si sente in dovere di specificare:

Devo avvertirti però.
Sono MOLTO bravo.

E così il bimbo inizia a contare e  poi parte alla ricerca: pagina dopo pagina, vediamo l'elefante nei posti più buffi: dietro una tenda, sotto una coperta, perfino dietro il televisore che il papà, completamente ignaro, sta guardando. 

Hai visto l'elefante?

Perché, appunto, noi vediamo l'elefante, ma nessun altro ci riesce: si è nascosto davvero bene!

L'effetto è comico, perché il piccolo lettore sarà portato a dire: "ma come? non lo vedi? è lì!", ma i personaggi non se ne rendono minimamente conto. Nel libro, insomma, vale la regola in cui crede ogni bambino piccolo: se io ho gli occhi chiusi, gli altri non mi vedono! Non manca un piccolo scherzetto finale che chiude l'albo confermando la sua vena umoristica.

Però, oltre a ridere, in fondo noi che leggiamo siamo felici che il libro vada così: siamo dalla parte dell'elefante. Non è una questione di talento naturale, ma di credere in se stessi.



Un'idea "in scatola": nascondino con il peluche.

Hai visto l'elefante?

Il fascino dei bambini verso il vostro smartphone è fortissimo, sempre. Ma cedere non è sembre sbagliato, basta indirizzare l'utilizzo del telefono verso qualcosa di creativo. 

Che ne dite di far scattare al bambino (senza di voi) una serie di foto in cui nasconde in casa un pupazzo di peluche? 

Voi, scorrendo la galleria delle immagini, dovrete trovarlo nel tempo più breve possibile!



Mettere a nanna i bambini è soprattutto una questione di rassicurazione.

Abbandonarsi al sonno e ai sogni è un processo difficile, per i più piccoli, e adottare un rito che si ripete sempre uguale a se stesso li aiuta a rilassarsi e a sapere che, come è successo le altre volte, andrà tutto bene.

Il rito della buonanotte con i miei bimbi ha sempre avuto a che fare con una lettura (immagino che la cosa non vi sorprenda), ma se adesso che vanno dai 5 ai 12 anni posso permettermi di osare con qualche lettura divertente o addirittura inquietante, nei primi mesi stavo ben attenta a scegliere libri lenti,  ripetitivi, rilassanti nel suono e nei contenuti.

Buonanotte pancino

Buonanotte pancino di Lucie Brunellière, edito da Terre di Mezzo, è un cartonato che un po' mi dispiace non poter inserire nel rito delle buonanotte dei miei figli ormai troppo grandi (anche se la Piccola M se lo è fatto leggere almeno cinque volte, prima di iniziare a leggerselo da sola dopo il mio rifiuto a una sesta lettura).

È tenero, curioso, rassicurante.

Parla ai piccolini nel loro linguaggio, sia per le immagini colorate ben distinte dallo sfondo, sia per la sintassi fatta di anafore, di ripetizione e accumulo (un accumulo che passa dalle immagini e non dalle parole).

Buonanotte pancino

Il libro si apre in verticale e la prima pagina ci fa vedere un bambino steso sul letto, pronto per la nanna.

La pagina sottostante è insolitamente corta e dice solo:

Buonanotte piedini.

 

Buonanotte pancino

Girandola, la pagina copre i piedini come un lenzuolo o una copertina, e si passa alla pagina successiva, appena un po' più lunga, che coprirà i polpacci del bimbo.

Pagina dopo pagina, la mamma o il papà che legge dà la buonanotte a tutte la parti del corpo del piccolo, che vengono via via nascoste, fino a che il bimbo non è coperto del tutto, e pronto a dormire.

La struttura di Buonanotte pancino richiama moltissimo l'attenzione dei piccoli (lo proporrei già dai 6 mesi), non solo per la soluzione cartotecnica, ma anche perché piano piano aiuta il bambino a prendere coscienza delle parti del proprio corpo, che si devono rilassare e addormentare, una ad una, per lasciarlo scivolare nel sonno.

Il rito della nanna con Buonanotte pancino


Quanti modi ci sono per leggere questo libro?
Me ne vengono in mente almeno due (che possono essere anche applicati in sequenza: l'uno non esclude l'altro).

Il primo è di applicare il rito, mentre si legge, a un pupazzo o un peluche, che si trovi nel lettino del bambino o in un proprio lettino giocattolo: il genitore legge, il bimbo copre (da solo o con l'aiuto del genitore, secondo l'età).

Il secondo, più ovvio, è di sollevare la coperta o il lenzuolo sul bambino stesso, accarezzando di volta in volta la parte del corpo nominata per arrivare, come il protagonista del cartonato, a essere pronti per la nanna.

Funziona? Beh, fatemelo sapere. ;)

L'ironia è una qualità che ho sempre apprezzato molto, negli altri e anche in me stessa (perché mica è semplice riuscire sempre ad applicarla alla vita!).

Amo l'ironia anche, forse soprattutto, in quei contesti in cui entra con più difficoltà, dove impone un doppio registro, dove sorprende.
Amo l'ironia nella poesia, dove può fare un graffio dal quale le emozioni entrano più facilmente.

La traccia

La traccia, albo d'esordio di Tassi per Il Barbagianni, unisce uno spirito poetico o quantomeno filosofico sulla vita a una sorprendente vena umoristica e... scatologica.

A raccontare la storia in prima persona è Arturo, un cane amato e che vive una vita serena, ma che all'improvviso inizia a sentire che gli manca qualcosa, che la realtà del quartiere, sempre uguale a se stessa, gli sta stretta. Inizia così un viaggio rocambolesco e ricco di avventure che presto diventano assurde, tanto sono incredibili.

Sullo sfondo, resta l'istinto canino, che è quello di annusare le tracce (che, come spiega Arturo nell'iperbolica tavola iniziale, è come per gli umani leggere il giornale).

La traccia

Quello che Arturo vuole è lasciare la propria traccia nel mondo, ma mentre il suo pensiero così ispirato e i luoghi affascinanti che attraversa elevano il tono della narrazione, ci pensano le illustrazioni a portare nella storia la sua dimensione comica, nei ritratti degli amici del parco, nelle modalità di viaggio più disparate, ma soprattutto nella raffigurazione di Arturo mentre... lascia la sua "traccia".

Già, perché, lo notiamo dalla postura inequivocabile, la "traccia" è proprio quella, e Arturo la depone nei posti più impervi e impensati, possibilmente ripidi e appuntiti.

La traccia

La dolcezza di questo protagonista ingenuo e sognatore, il coraggio di inseguire il suo sogno, il registo poetico e filosofico di questa storia si mescolano quindi a una vena comica irresistibile, per cui leggendo si passa continuamente dall'ammirazione alla risata, dall'ispirazione al divertimento.

Dovremmo essere tutti un po' Arturo, nella vita: lasciare le nostre tracce, senza prenderci troppo sul serio.

I bambini sono poeti inconsapevoli. Trovano metafore nel mondo che noi non sappiamo più vedere.

Sono anche furbetti consapevolissimi. Sanno mentire con una naturalezza che noi abbiamo perso (che sia un bene o un male, non sto qui a ragionarci sopra).

Sono furbetti poeti inconsapevoli, poetici furbetti consapevoli.

Ho scritto un libro per te (ma non è questo)

Angelo Mozzillo e Silvia Gariglio rappresentano perfettamente questa dualità in un albo che è una dedica d'amore alla mamma, furbetta e poetica: Ho scritto un libro per te (ma non è questo), pubblicato da Camelozampa.

Mozzillo sfonda le regole classiche di lettura, e i limiti del libro, rendendo l'albo un meta-albo, il cui messaggio (rivolto da un bambino alla mamma) inzia già dalla copertina.

Ho scritto un libro per te (ma non è questo)

La prima frase che leggiamo all'interno è già la prosecuzione della premessa contenuta nel titolo.

E ci avevo messo tutte le cose che ti piacciono
per farti contenta, perché quando sei contenta
sei ancora più bella.

L'albo è un messaggio d'amore, il biglietto di un figlio che vorrebbe stupire la mamma, anche se non ne è capace.

Le immagini di Silvia Gariglio accostano i timidi schizzi del bimbo ad affascinanti acquerelli, che rappresentano, a volte in modo diretto, altre volte in modo più misterioso, forse proprio quel libro di cui il bimbo parla, quello che avrebbe voluto dedicarle (ma che evidentemente non esiste: se lo è inventato).

Ho scritto un libro per te (ma non è questo)

Il trucco diventa abbastanza chiaro in seguito, quando il bambino inserisce in questo ipotetico libro, che non trova più, elementi impossibili, come il disegno di una chitarra che suona (per davvero) una canzone per la mamma.

Ma il bello è questo: che non ci importa davvero che questo libro esista, perché in qualche modo c'è, nell'immaginazione del bambino, ed è senza dubbio il libro più bello mai scritto.  

Ho scritto un libro per te (ma non è questo) è il libro che ogni bambino, furbetto e poeta, vorrebbe dedicare alla mamma. O meglio, lo è quell'altro, quello di cui parla. Ma per la mamma, in fondo, è lo stesso.

 

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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