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Ha scelto un nome onomatopeico e molto promettente, la casa editrice Terre di mezzo, per la sua nuova collana a fumetti: Uau! Un nome che in un semplice suono racconta già la tipologia delle pubblicazioni e la meraviglia nel leggerle.

Mitica Astrid

Questa avventura nel mondo dei fumetti e dei graphic novel inizia con una serie dedicata ai primi lettori, sui 7-8 anni: un target ideale per questo formato, che concilia il piacere di una storia "da grandi" con una quantità di testo ancora limitata e semplice da affrontare. Mitica Astrid. La casa infestata e Mitica Astrid. In classe con i fantasmi sono i primi due volumi di una serie firmata dal francese Fabrice Parme, che vede protagonista una ragazzina facoltosa, che vive in una grande villa con servitù. Roba d'altri tempi, insomma, anche se Astrid è un'eroina molto moderna.

In La casa infestata ha a che fare con la caduta del suo primo dente. Astrid si sente grande per credere al topino dei dentini, e quindi per scoprire la verità dissemina la stanza di trappole, e finirà poi per svelare trame segrete di veri topini dei denti e di topini impostori.

 Mitica Astrid - la casa infestata

Nell'avventura In classe con i fantasmi, vediamo invece Astrid frequentare un collegio privato, in seguito alle dimissioni della sua istitutrice. Sull'istituto, opportunamente ubicato in un luogo di nome Canterville, aleggia una leggenda di fantasmi, a cui ormai quasi nessuno crede più, tranne ovviamente Astrid, che troverà il modo di provare la sua teoria.

Mitica Astrid - in classe con i fantasmi

Astrid è un'eroina caotica, che ricorda un po' Dory Fantasmagorica (per rimanere su Terre di mezzo) e prima ancora Pippi Calzelunghe: uno spirito libero e fuori controllo, a suo modo geniale, che mal sopporta la noia e si inventa trovate sempre nuove per superarla. La narrazione segue lo spirito della protagonista: frenetica, ricca, con dialoghi incalzanti.

Pur inserito nella tradizione del fumetto franco-belga, la serie ha un'ambientazione decisamente british e a dirla tutta, l'espressività dei protagonisti ricorda, nei tratti grafici, le serie a cartoni statunitensi contemporanee. 

 Mitica Astrid - la casa infestata

Forte è il contrasto tra lo sfarzo dell'ambiente domestico e la vitalità della bambina, circondata secondo molti cliché, ripresi con una certa ironia, da genitori assenti e servitù particolarmente attenta e premurosa.

Mitica Astrid - la casa infestata

Ancora più interessante, a mio parere, il secondo capitolo, in cui Astrid esce dall'ambito domestico e si trova, pur nell'eccezionalità del contesto (un collegio infestato dai fantasmi!), a far fronte a problematiche molto quotidiane e comuni, in cui ogni bambino si può riconoscere: l'integrazione in un gruppo di amici, la diffidenza con cui viene guardato il "secchione" della classe.

L'allegria vince sulla morale (evviva! Anzi: Uau!), e ciò che resta di Astrid è la sua piacevole capacità di sostare tra normale e paranormale. Con i "topi dei denti" prima e con i fantasmi del collegio poi, Astrid dimostra una certa dimestichezza con le creature magiche, che pur senza essere dotata di poteri o facoltà speciali, riesce a vivere con molta naturalezza, integrandole nella realtà quotidiana.

Astrid, in questo, è specchio di quel pensiero magico tipico dei bambini, che non percepiscono nettamente il confine tra possibile e impossibile. Ed è un quel confine così sfumato che nascono le storie.

Dà sempre una sensazione di piacevole compiutezza vedere come una storia possa essere al tempo stesso semplice e sfaccettata.

George e Martha bis

Nella seconda raccolta delle loro avventure (della prima vi avevo parlato qui), ovvero George e Martha bis! i due strepitosi ippopotami di  James Marshall portati in Italia da Lupoguido con la traduzione di Sergio Ruzzier non smentiscono questa vocazione ad essere lievi e profondi insieme.

George e Martha bis

George e Martha bis! contiene i volumi che non erano rientrati nella prima raccolta: George e Martha Risate a Gogò, George e Martha Son tornati, George e Martha Gira e rigira, ognuno composto da cinque sketch brevi, arguti, semplici da leggere per il loro testo breve e il linguaggio diretto, ma profondi nel loro rispecchiare l'animo umano e nello spazio lasciato al lettore per riempire i non-detti.

George e Martha bis

George e Martha (non ci avevo fatto caso all'inizio, ma i loro nomi sono quelli di una coppia particolarmente celebre: i Washington!) si rivelano sempre di più due adulti-bambini: li troviamo alle prese con promesse non mantenute e tentazioni irresistibili (dal cibo alla curiosità di aprire un pacchetto sul quale c'è scritto "non aprire"), ma soprattutto con continui dispetti reciproci e con le conseguenti litigate.

Come bambini offesi, giurano di non fare pace mai più e poi non resistono più di un giorno l'uno lontano dall'altra.

Oppure li vediamo alle prese con il gioco dei ruoli, con George che fa il bagnino e deve ammonire Martha, e si trova in difficoltà, perché è al tempo stesso un'autorità e un amico. Se le situazioni che affrontano sono comuni e quotidiane, il punto di vista non è mai banale e scava nelle umane debolezze, portandole alla luce con garbo e ironia.

George e Martha bis

C'è spazio anche per un po' di sperimentazione nel linguaggio visivo: pur mantenendo il suo tratto pulito e semplice, l'autore osa qualche taglio inconsueto, come George inquadrato solo a metà mentre esce di scena, o Martha in un primissimo piano che le evidenzia denti e narici, in una fotografia alla macchinetta automatica.

Anche nell'illustrazione, insomma, si percorre la via della semplicità inconsueta, che comunica più di ciò che si vede a un primo sguardo.

Resta impagabile l'allegria che portano questi due personaggi straordinari a cui non riusciamo a non voler bene, perché in fondo, in questi due ippopotami, riconosciamo tutta la nostra umanità.

Non c'è libro di Anthony Browne che non parli di sogni.

Non perché il tema sia sempre quello, sia chiaro, ma nelle sue illustrazioni – nello stile, ma anche nei contenuti – vi è sempre qualcosa di onirico, di ineffabile, di perturbante su cui il lettore può decidere di soffermarsi o di passare oltre, ma che comunque lascia una traccia nella fruizione dell'opera.

È quel qualcosa che "disturba", di cui spesso è fatta l'arte, quell'elemento che spinge a guardare oltre e a terminare la lettura con un senso di apertura, anziché di compiutezza.

Willy sogna

Willy sogna, edito da Camelozampa con la traduzione di Sara Saorin, è forse l'apoteosi di questa poetica. Qui il sogno è contenuto e contenitore, è tema del libro e cifra stilistica delle illustrazioni.

Non ha una trama vera e propria, Willy sogna. La sua struttura è semplicemente l'esposizione, pagina dopo pagina, dei sogni più frequenti del gorilla protagonista (come lo stile onirico, anche il gorilla è un marchio di fabbrica di Browne). Ma la dimensione narrativa è sostituita da una profondità verticale: ogni tavola racconta molto più di quello che dice la didascalia.

Willy sogna

Si parte da sogni che rappresentano ambizioni: il gorilla sogna di essere un attore, un cantante, ma anche un ballerino in tutù (i sogni, si sa, non hanno i nostri limiti sociali).

Willy sogna

Vi sono poi i classici sogni ricorrenti, come quello di volare o, al contrario, di non riuscire a muoversi. Sogni in cui il bambino che legge può iniziare a riconoscersi, scoprendo l'universalità di certi archetipi.

Non so dare, a proposito, un'età di riferimento per questo albo. 
Credo che un bambino di 4 anni possa riconoscervi i propri sogni e che un adulto possa navigare nell'arte delle immagini. Il non-detto, qui, è talmente presente da diventare protagonista e aprire grandi spazi all'interpretazione.
Non manca nemmeno una componente giocosa: i risguardi, pieni di banane, invitano in modo implicito a cercare il frutto del libro. E sono davvero tanti gli inserimenti curiosi di banane, in ogni tavola (avevate notato le scarpette del ballerino?).

Rispecchiando la grammatica dei sogni, le tavole sono zeppe di elementi fuori contesto, assurdi, curiosi: porte che si aprono sul versante di una montagna, prospettive impossibili con fiumi che sfociano su un pavimento, castelli con ciminiere da industria.

Ma l'aspetto più evidente all'occhio adulto sono le innumerevoli citazioni: favole, film, personaggi, ma soprattutto pittori, e naturalmente, in tema di sogni, pittori surrealisti (anche se, quando Willy sogna di fare il pittore, dipinge quadri di Van Gogh). Non si contano i riferimenti a Dalì e Magritte, e talvolta il calco vero e proprio di una loro tela. 
Sono opere potenti, quelle dei surrealisti, capaci di far vibrare corde dell'inconscio proprio perché sull'inconscio poggiano la propria cifra stilistica, e che proprio per questo lasciano tracce anche in chi, come i bambini, manca ancora di un'alfabetizzazione storico-artistica.


Willy sogna

 
A proposito: l'omaggio ai surrealisti inizia già dal frontespizio, che sembra dichiarare allo stesso tempo l'ispirazione dell'albo e... la centralità delle banane.
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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