La grammatica dei sogni

Non c'è libro di Anthony Browne che non parli di sogni.

Non perché il tema sia sempre quello, sia chiaro, ma nelle sue illustrazioni – nello stile, ma anche nei contenuti – vi è sempre qualcosa di onirico, di ineffabile, di perturbante su cui il lettore può decidere di soffermarsi o di passare oltre, ma che comunque lascia una traccia nella fruizione dell'opera.

È quel qualcosa che "disturba", di cui spesso è fatta l'arte, quell'elemento che spinge a guardare oltre e a terminare la lettura con un senso di apertura, anziché di compiutezza.

Willy sogna

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Willy sogna (link affiliato), edito da Camelozampa con la traduzione di Sara Saorin, è forse l'apoteosi di questa poetica. Qui il sogno è contenuto e contenitore, è tema del libro e cifra stilistica delle illustrazioni.

Non ha una trama vera e propria, Willy sogna. La sua struttura è semplicemente l'esposizione, pagina dopo pagina, dei sogni più frequenti del gorilla protagonista (come lo stile onirico, anche il gorilla è un marchio di fabbrica di Browne). Ma la dimensione narrativa è sostituita da una profondità verticale: ogni tavola racconta molto più di quello che dice la didascalia.

Willy sogna

Si parte da sogni che rappresentano ambizioni: il gorilla sogna di essere un attore, un cantante, ma anche un ballerino in tutù (i sogni, si sa, non hanno i nostri limiti sociali).

Willy sogna

Vi sono poi i classici sogni ricorrenti, come quello di volare o, al contrario, di non riuscire a muoversi. Sogni in cui il bambino che legge può iniziare a riconoscersi, scoprendo l'universalità di certi archetipi.

Non so dare, a proposito, un'età di riferimento per questo albo. 
Credo che un bambino di 4 anni possa riconoscervi i propri sogni e che un adulto possa navigare nell'arte delle immagini. Il non-detto, qui, è talmente presente da diventare protagonista e aprire grandi spazi all'interpretazione.
Non manca nemmeno una componente giocosa: i risguardi, pieni di banane, invitano in modo implicito a cercare il frutto del libro. E sono davvero tanti gli inserimenti curiosi di banane, in ogni tavola (avevate notato le scarpette del ballerino?).

Rispecchiando la grammatica dei sogni, le tavole sono zeppe di elementi fuori contesto, assurdi, curiosi: porte che si aprono sul versante di una montagna, prospettive impossibili con fiumi che sfociano su un pavimento, castelli con ciminiere da industria.

Ma l'aspetto più evidente all'occhio adulto sono le innumerevoli citazioni: favole, film, personaggi, ma soprattutto pittori, e naturalmente, in tema di sogni, pittori surrealisti (anche se, quando Willy sogna di fare il pittore, dipinge quadri di Van Gogh). Non si contano i riferimenti a Dalì e Magritte, e talvolta il calco vero e proprio di una loro tela. 
Sono opere potenti, quelle dei surrealisti, capaci di far vibrare corde dell'inconscio proprio perché sull'inconscio poggiano la propria cifra stilistica, e che proprio per questo lasciano tracce anche in chi, come i bambini, manca ancora di un'alfabetizzazione storico-artistica.


Willy sogna

 
A proposito: l'omaggio ai surrealisti inizia già dal frontespizio, che sembra dichiarare allo stesso tempo l'ispirazione dell'albo e... la centralità delle banane.

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