Nuvole in scatola
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Che distanza c’è tra un orso vero e uno di pezza? E tra adulti e bambini? Tra sogno e veglia? Realtà e fantasia?

orso raymond briggs

Questo celebre albo di Raymond Briggs, L'orso, si colloca qui, sulla soglia tra queste dicotomie, e non a caso si apre con la mamma che mette a letto Tilly, la figlia, e con Tilly che scivola lentamente nel sonno.

È qui che in una successione di immagini quadrate, disposte come vignette di un fumetto ma che ricordano più, nella sensazione, i frame di una pellicola cinematografica, vediamo avvicinarsi alla finestra la sagoma del grande orso bianco che chissà come entra nella camera.


orso raymond briggs

L'immagine dell'orso sembra avvolgere non soltanto la pagina ma anche il lettore: i tratteggi a pastello che lasciano le illustrazioni polverose ed eteree, ma anche l'ingombrante presenza dell'animale, che fuoriesce dal riquadro, infondono una morbidezza di sogno e di nuvola.

Tilly non si scompone, nemmeno di fronte ai grandi denti dell'orso che sbadiglia, e lo porta a letto con sé: ci sembra quasi di sentirlo, morbido e caldo più di un piumone.

 

orso raymond briggs

Superata la soglia della mattina, Tilly deve trovare posto per il suo nuovo amico in un mondo che non è quello che naturalmente gli spetterebbe.

Non è un rapporto lineare: Tilly si arrabbia, lo chiama "stupido orso" quando lui sporca in giro costringendola a pulire, poi gli chiede di stare con lei per sempre. L'orso, muto e docile, è una presenza ingombrante ma in qualche modo rassicurante.


orso raymond briggs

Gli altri adulti non lo vedono, nemmeno quando la sua presenza è più invadente.

La madre non crede alle parole di Tilly, il padre sembra lasciarle qualche spiraglio di credibilità: è un sogno? È realtà? È solo la fantasia di Tilly, magari scatenata dall'orsetto che la accompagna a letto? 

Ce lo chiediamo per tutto il tempo della storia, ondeggiando ora verso una risposta, ora verso l'altra, ma dell'orso ci resta soprattutto una sensazione fisica, materica: il grande abbraccio di un animale che ci coccola durante la storia.

orso raymond briggs


L'orso è un classico della letteratura per l'infanzia, pubblicato nel 1994 e riportato in Italia da Camelozampa, con un curioso tempismo: proprio in questi stessi mesi, LupoGuido ha lanciato infatti la sua collana “The Illustrators”, che vede tra i suoi primi titoli proprio quello su Raymond Briggs (l'altro è  dedicato a Miroslav Å aÅ¡ek).

Curata da Quentin Blake (sì, l'illustratore di Roald Dahl!) con Claudia Zeff, la collana è pubblicata con la cura editoriale che contraddistingue LupoGuido e contiene biografie accurate e moltissimo materiale illustrato, spesso inedito, per entrare nella poetica e nello stile di ogni autore.

raymond briggs

Di Raymond Briggs, ad esempio, scopriamo il legame profondo con i genitori, che diventano anche protagonisti di una delle sue opere, scopriamo le sue striscie umoristiche e la genesi dei suoi albi più e meno noti (compreso L'orso), con una prosa narrativa e contenuti accurati, e il piacere di esplorare le sue produzioni in tutta la loro varietà.

raymond briggs 

Una bella idea da regalare a un genitore appassionato di illustrazione (o a se stessi), insieme a un libro  caldo e natalizio da leggere ai suoi figli.


Avete una figlia femmina, diciamo entro i dieci anni? Allora chiudete gli occhi e immaginate di pescare a caso un indumento dal suo guardaroba: quante possibilità ci sono che abbiate trovato un unicorno?

Una vacanza da unicorni

Se tornate indietro di qualche anno, diciamo a quando eravamo piccoli noi (sì, ho detto "qualche" anno: quantità indefinita), di unicorni nemmeno l'ombra. Iniziavano ad affacciarsi tra i Miominipony, e per il resto se ne stavano rintanati in pochi romanzi fantasy.
Cos'è successo nel frattempo? La moda. Quello strano fenomeno che si muove a ondate, proprio come quell'altro fenomeno là che purtroppo conosciamo bene. Ecco: possiamo affermare di trovarci in una piena pandemia di unicorni.

A ironizzare sulla cosa, arriva il genio di Gilles Bachelet (sul blog avevamo già parlato di Il cavaliere Panciaterra), con Una vacanza da unicorni.

L'albo, edito da Terre di Mezzo, si apre con un unicorno che, circondato da gadget, premi e riconoscimenti, apprende dalla TV che la sua era è finita. Di chi mai sarà la moda ora? Chi potrà ma aver scalzato un essere mitologico, con un corno che sembra una bacchetta magica, il corpo da principesco cavallo bianco e la criniera arcobaleno? 

Bachelet unisce un po' di ingredienti irresistibili: pelo morbido, orecchie a forma di cuore, corpo rotondo da criceto, due grandi occhi azzurri. È il loviuciù!

Una vacanza da unicorni

È così che gli unicorni vengono spediti in una sorta di casa di riposo, che però non è un luogo dove spegnersi lentamente negli anni della vecchiaia, ma soltanto una collocazione temporanea, in attesa della nuova ondata della moda che li riporterà in auge.

Una vacanza da unicorni

Una vacanza da unicorni ha una trama, certo: i loviuciù subiranno la stessa sorte degli unicorni, e poi ci sarà anche un mistero da svelare (a proposito: il mistero finale coinvolge un laboratorio di esperimenti in cui gli animali vengono incrociati tra loro - panda con ali di fenicottero - alla ricerca di nuove mascotte. È tutto molto giocoso ma la cosa potrebbe impressionare gli animi più sensibili).

Ma come spesso accade negli albi di Bachelet, ciò che lo rende unico è il brulicare di dettagli, situazioni e citazioni che esplode dalle illustrazioni.

Mentre la voce legge, l'occhio si perde nel ricco e sontuoso (e un po' kitsch) arredamento delle stanze, nel susseguirsi di attività proposte agli ospiti di Villa Tranquilla, nella varietà degli ospiti stessi, nella ricerca dello sketch comico che si nasconde tra una scena e l'altra: un unicorno si siede in piscina su una ciambella a forma di fenicottero rosa, il fenicottero galleggia su a quella a forma di unicorno (e la ciambella del riccio, vi lascio immaginare che fine fa).

Una vacanza da unicorni

E poi, le citazioni: in Bachelet i riferimenti ad altre opere costituiscono una stratigrafia che abbraccia generazioni e registri tra i più diversi, in modo da offrire qualcosa di gratificante da scovare a tutte le età e per tutti i gusti.
Si va dai riferimenti più pop e infantili (i Pokemon) al cinema (l'hotel di Shining), dalle emoji all'arte di Johannes Vermeer e Jacques-Louis David.

C'è anche un epilogo meta-letterario, in cui Bachelet in persona ci mette lo zampino.

Evviva la moda pop degli unicorni, allora, se ispira i grandi autori e la loro ironia. 


La copertina di questo libro è una porta.
Una porta riempita con un tratto di pastello incerto, come fosse colorata da un bambino.
Una porta decorata con una ghirlanda di Natale.
Una porta su cui spicca un titolo stampato con un font che imita la scrittura infantile.

Quando arrivi è Natale

E così, quando apriamo Quando arrivi è Natale, sappiamo già tante cose: che stiamo per entrare in una storia, innanzitutto, lasciandoci alle spalle tutta la nostra incredulità. E poi, che la storia è una storia di Natale, e che il punto di vista è quello del bambino.
Probabilmente, dietro la porta, ci aspetta la sua casa addobbata.

Proprio così: Quando arrivi è Natale, di Barbara Ferraro, con le illustrazioni calde di Serena Mabilia, che sanno già di Natale, edito da LupoGuido, ci fa entrare (letteralmente) in una casa, quella del nonno del protagonista.
Il piccolo Tobia sta pregustando il tradizionale viaggio dai nonni, e già si immagina davanti al loro camino profumato, con l'inseparabile orsetto Junior.

Quando arrivi è Natale

Ma al momento della partenza, a causa di un piccolo imprevisto, Junior viene lasciato a casa e Tobia parte con i genitori senza di lui. 
Tobia non ne fa un dramma, non scoppia in capricci irrefrenabili, ma tutto si ammanta di un velo diverso: niente ha lo stesso sapore senza Junior.

È qui che il racconto si sdoppia: lasciato a casa, Junior prende vita ed è lui a raccontare in prima persona l'altra metà della storia. L'orsetto si sente stranito: come un bambino smarrito, non è abituato a stare solo, non sa bene cosa fare. Ma è ben determinato a non passare il Natale senza Tobia, e così si fa coraggio e intraprende un viaggio, aiutato da un gabbiano inizialmente un po' invadente ma molto generoso.

Quando arrivi è Natale

Quando arrivi è Natale Ã¨ una storia di viaggio, di attesa e avventura, ma soprattutto è una storia in cui è necessario accettare l'invito della copertina e varcare quella soglia tra credibile e incredibile e prepararsi a stare in equilibrio tra il mondo del bambino, concreto e reale (d'altra parte il libro si dichiara "ispirato a una storia vera") e quello dell'orsetto, in cui è possibile entrare nelle "nuvole pozza" e nuotare in cielo insieme ai pesci.

Quando arrivi è Natale

L'unione tra questi due mondi è negli occhi di Tobia, bambino solitario e attento ai dettagli, che osserva i legni accatastati per il camino per scoprire quale insetto ne spunta fuori, e seguirlo nei movimenti per scoprirne le caratteristiche.
È in quel suo sguardo, in quella profondità bambina, che anche il viaggio di un orso di pezza per tornare dal suo piccolo padrone e amico diventa possibile, almeno a Natale.
 


Compito per casa: fai una ricerca sul tema affrontato in classe.

Da dove iniziare? Di solito, si parte da Google, se va bene da Wikipedia. Ecco: a mio parere, questo non è un buon inizio.

Sia chiaro: non sono contraria all'utilizzo della rete e della tecnologia, ma vedendo quanti adulti sono incapaci di distinguere le fonti attendibili dalla malinformazione, credo che prima di arrivare alla ricerca su Internet sia necessario un percorso ampio e approfondito su cosa significhi la ricerca e sui metodi per discernere le informazioni vere da quelle false.

Le soluzioni, per come la vedo io, sono due: accompagnare il bambino nella ricerca, analizzando ogni singola fonte online e cercando di capire insieme la provenienza e l'attendibilità delle informazioni, o affidarsi ai cari, vecchi e mediamente più fidati libri.

Si tratta di due approcci in qualche modo complementari tra loro.

Il primo è formativo perché gradualmente insegna al bambino cosa significhi cercare in rete.
Il secondo è prezioso per l'autonomia perché lascia il bambino più libero nel lavoro.

Peccato che non esistano più le enciclopedie di una volta, vero? 

Forse ne avete ancora una in casa, ma si può ancora considerare aggiornata, con l'evoluzione delle scoperte, del sapere, della realtà geografico-politica che ci circonda?

Tutta questa premessa per dirvi quanto ritengo preziosa questa nuova iniziativa di Editoriale Scienza, che ha appena lanciato la propria enciclopedia, Adesso lo so.

Adesso lo so - corpo umano

"Adesso lo so" ha le caratteristiche di ogni prodotto Editoriale Scienza: unisce l'autorevolezza della casa editrice con il suo stile divulgativo chiaro e leggero, con box di curiosità e approfondimento. In più, vi è sempre quella tendenza ad ampliare lo sguardo, a cercare, anche in quest'opera enciclopedica, cenni di interdisciplinarietà.

Adesso lo so - corpo umano

Il primo volume, dedicato al Corpo umano, ad esempio, inizia dal significato e l'origine della vita, per poi spaziare sulle relazioni tra corpo e cultura, o le connessioni tra stile di vita e salute: input che completano i temi trattati, lasciando capire che ogni branca del sapere è in qualche modo connessa.

Adesso lo so - corpo umano

Corpo umano - Adesso lo so! è suddiviso in temi facilmente rintracciabili grazie alle fascette colorate presenti in ogni pagina. Ogni doppia pagina affronta un argomento, e in coda, in basso a destra, un box colorato riassume le nozioni imparate (Con un "Adesso lo so" che dà il nome alla collana).

Adesso lo so - corpo umano

Il testo è arricchito da mappe concettuali (utili anche per il ripasso, o per comprendere un tema a colpo d'occhio) e tavole illustrate a doppia pagina, come quelle in cui si presenta ogni singolo apparato, così come è collocato e distribuito nel corpo umano.

Adesso lo so - corpo umano

Mi piace pensare a Corpo umano e all'intera enciclopedia "Adesso lo so" (il secondo volume, Scienza, è in uscita ad aprile 2022) come a un regalo di quelli "importanti", da fare un pezzo alla volta, per insegnare ai bambini a non correre, a non cercare la risposta facile, ad approfondire e capire.


Non è che i bambini facciano apposta, a disobbedire, anzi.

È che le tentazioni, spesso, sono più forti della forza di volontà; e d'altra parte, non vale lo stesso anche per noi, quando ci ripromettiamo di metterci a dieta o di urlare di meno?

Forse

Chris Haughton lo racconta molto bene, senza toni moralistici o sanzionatori, in Forse, recentemente pubblicato in Italia da Edizioni Lapis.

Forse ricorda molto da vicino altre due famose e amatissime opere dello stesso autore: Oh-oh! per l'ambientazione, tra gli alberi della foresta, e Oh, no, George! per il tema.
Anche qui, infatti, troviamo una raccomandazione e qualcuno che, pur animato da buone intenzioni, non sa resistere alla tentazione che si manifesta davanti ai suoi occhi.

Forse

Protagoniste sono questa volta tre scimmiette alle quali mamma scimmia raccomanda "Non avvicinatevi all'albero di mango. È pieno di tigri lì sotto".
Ma le scimmiette, quando vedono i manghi così a portata di mano, non ce la fanno.

Forse

Un aspetto coinvolgente di questo libro è la coordinazione tra le tre scimmiette, che come fratellini o sorelline ben affiatati agiscono di concerto e con molta rapidità, con un dialogo che si compone di battute veloci e serrate.
Coordinandosi rapidamente, le scimmiette controllano che non ci siano tigri all'orizzonte e si muovono leste verso l'obiettivo, spingendosi ogni volta un po' più in là, spostando l'asticella della disobbedienza verso un pericolo di volta in volta più concreto.

Forse

 
È un albo molto dinamico, Forse, una storia in cui emergono in modo netto la rapidità dei movimenti e il cambio di ritmo tra i momenti decisionali (che si concludono con quel "forse..." possibilista che dà il titolo al libro) e quelli di azione e avventura.

Il movimento è sottolineato anche dalla disposizione grafica del testo, che spesso segue l'azione delle protagoniste, come se le parole saltassero tra i rami degli alberi insieme a loro.

Vi è anche un piccolo scarto tra testo e immagini che rende tutto più divertente: i piccoli a cui leggerete l'albo non mancheranno di notare che le tigri, in realtà, ci sono eccome, anche quando le scimmiette non le vedono (se ne accorgeranno anche le scimmiette, in un secondo momento!).

Sebbene la disobbedienza delle piccole protagoniste le avvicini al pericolo, non si avvertono nella lettura un tono didattico o un intento pedagogico: Forse Ã¨ un libro comprensivo verso la lusinga del proibito, accogliente verso chi legge e verso quelle buone intenzioni di cui ci nutriamo tutti i giorni pur ascoltandole solo quando riusciamo a farlo.



   

Ma questo cos'è? Un graphic novel o una fiaba? Un volume serio ed elegante o un fumetto ironico? Un albo per bambini o un racconto per ragazzi?

Mule Boy e il troll dal cuore strappato

Forse non è un caso se Mule Boy e il Troll dal cuore strappato, di Øyvind Torseter, è uno dei primi titoli di una collana dal nome "Trasversale Beisler", perché la sua identità è sicuramente obliqua rispetto ai soliti canoni, e in questo suo sfuggire alle definizioni si rivela decisamente contemporanea.

Iniziamo dall'inizio, cioè dalla copertina: elegante nella sua costa a contrasto e impreziosita da fregi dorati, sembra un volume miniato. Nell'illustrazione al centro, però, la sua identità di fumetto emerge prepotentemente, con un font gotico ed espressivo e quel protagonista, Mule Boy appunto, che è un ibrido tra umano e animale, minimale nei tratti, che richiamano altri personaggi del fumetto a partire dai Mumin di Tove Jansson.

Mule Boy e il troll dal cuore strappato

All'interno, dopo i risguardi zeppi di personaggi, troviamo una pagina che ricorda i vecchi libri di fiabe, e infatti inizia con "C'era una volta". La storia di Mule Boy e il Troll dal cuore strappato nasce infatti dalla reinterpretazione di una tradizionale fiaba norvegese, a cui Øyvind Torseter ha aggiunto strati ineffabili di arte, ironia e contrasti.

L'avventura di Mule Boy Ã¨ piuttosto classica nel suo dipanarsi: il ragazzo, ultimo di sette figli, parte per salvare i fratelli da un terribile troll, e salverà anche una principessa. In questo viaggio troviamo mandanti, aiutanti, donatori, oppositori, nel rispecchiamento della più tradizionale morfologia della fiaba.

Tuttavia l'elemento che più emerge nella lettura non è la trama ma la sovrapposizione di stili, sia iconici che verbali.
Ci fa sorridere, in un contesto dai toni epici, la figura del cavallo fifone che cerca scuse per non mettersi in pericolo.

Mule Boy e il troll dal cuore strappato

E i due personaggi principali, Mule Boy e la principessa, sembrano appartenere a codici figurativi lontanissimi tra loro: in lui vediamo le linee minimali e infantili del fumetto, in lei tratti espressivi dal forte richiamo artistico, nel suo profilo che sembra un Picasso.

Mule Boy e il troll dal cuore strappato

E poi c'è il troll, con un codice ancora diverso: sfumato, abnorme nelle dimensioni quasi incompiuto nei tratti, come se volesse rappresentare la paura dell'ignoto e dell'incerto.
 
Muke boy

 
L'intero graphic novel è insomma un affascinante sovrapporsi di suggestioni e contrasti che costruiscono una sfumatura di fascino difficile da afferrare coscientemente ma che lascia tracce più a fondo e ci conduce, tra storie di astuzie, inganni e coraggio fino a un finale, lieto e favolistico, ma con una sfumatura adulta: 

vissero per sempre perlopiù felici e contenti.


Ascoltare la voce di mamma e papà, giocare scoprendo come funziona il proprio corpo e il mondo attorno a sé, imparare a "leggere" immagini e colori: sono tre piaceri molto importanti per il benessere e lo sviluppo dei bambini nella prima infanzia, che si ritrovano in queste due proposte editoriali. 

solletico cucu

Solletico e Cucù, di Francesco Fagnani (Editrice Il Castoro) portano su carta (anzi, su cartone) due tra i giochi prediletti dei più piccoli, con un meccanismo interattivo in cui il genitore-lettore si fa tramite non solo del testo del libro, ma anche della sua trasposizione "fisica" nella realtà.

Entrambi contengono un elemento di internazionalità, con la traduzione di un suono tipicamente infantile in diverse lingue del mondo. È evidente che all'età a cui questi libri si rivolgono (dai sei mesi ai due anni circa) i concetti di lingua e di traduzione non sono afferrabili, ma la traduzione diventa un pretesto per accedere a nuove onomatopee e a nuove sonorità che ravvivano il momento giocoso.

solletico

In entrambi, il protagonista che guida la lettura è Lupino. 
In Solletico lo vediamo triste, e siamo invitati a fare qualcosa per farlo ridere. Ecco che allora si dà il via a una carrellata di animali provenienti dalle varie parti del mondo, e ogni genitore fa a modo suo (e nella sua lingua) "ghiri ghiri" al suo cucciolo.

Un viaggio da percorrere solleticando il personaggio col ditino sulle pagine, o trasferendo quel gesto al bambino che ascolta, e immergendosi nelle pagine ricche di colori pieni e vivi e dalle atmosfere così diverse l'una dall'altra.

solletico

Ancora più coinvolgente è Cucù, in cui ogni personaggio (a cominciare da Lupino) si copre gli occhi con le mani e invita il bambino a immaginare chi si nasconda lì dietro, nel più gradito dei primi giochi.

cucu

C'è qualcosa di molto tenero e autentico in questo gesto tipicamente infantile: l'animale copre soltanto gli occhi ma, non vedendo, immagina di non essere visto a sua volta.
La resa grafica dell'animale con gli occhi tappati è interessante, perché mette in evidenza dettagli inconsueti, come la forma delle zampe o delle ali, e il gioco a indovinare risulta così divertente anche per bimbi un po' più grandi.

cucu

Molto allegra, dal gusto fumettistico, la resa dell'animale che si svela.

cucu

Le diverse lingue in cui il gioco viene declinato rendono l'esperienza sensoriale di Solletico e Cucù più varia, accompagnando i gesti con suoni ogni volta diversi.

Sono formule profondamente impresse nell'animo di ogni bambino (quelli della mia infanzia sono in friulano: "ghiti ghiti" e "cucuc"), parole diverse eppure in qualche modo affini tra loro, perché il piacere di giocare è ciò che ci rende, universalmente, bambini.


 

"È Toy story!" mi hanno detto in coro il Piccolo T e il Piccolo D quando ho letto loro questo albo per la prima volta.

Quello nuovo

E in effetti le somiglianze tra Quello Nuovo e il film della Pixar sono innegabili: entrambi vedono come protagonisti dei giocattoli animati, e in entrambi è ben presente il timore di non essere più amati dal bambino che li possiede.

In questa proposta di Editrice Il Castoro,  la storia si arricchisce di un tema particolarmente importante per i bambini, ma soprattutto della bella prosa di Silvia Vecchini e delle espressive illustrazioni di Sualzo.

Quello nuovo

È Cavallino a dare la notizia a tutti: "Quello Nuovo è arrivato!".

I giocattoli pensano subito che si tratti di uno di loro, e cominciano a informarsi: non sarà mica più morbido della pecorella? o più forte dell'elefante? Non ruberà mica tutte le attenzioni di Bambino?
(Sì, Bambino, con la B maiuscola, come se fosse il suo nome proprio, perché per loro è lui, l'unico, il solo bambino).

Mentre il testo porta avanti l'equivoco, senza forzature e con molta naturalezza (Quello Nuovo in realtà si rivelerà essere il fratellino di Bambino, e quindi per i pupazzi un compagno di giochi in più), le immagini ci trasportano dentro la storia con inquadrature dal gusto cinematografico, che risaltano l'anima dei giocattoli che si fanno bambini.

 Quello nuovo

Il punto di vista è il loro, dal basso: un punto di vista tipico dell'infanzia.

Di Bambino, i giocattoli vedono solo i piedi, o le grandi braccia, quando li raccoglie: un po' gli stessi dettagli che entrano nel campo visivo di un bambino quando guarda un adulto.

Quello nuovo


Ed è proprio questo scambio di punti di vista ad emozionare, nella lettura di questo albo che ci parla di timori, curiosità e accoglienza di un nuovo arrivato. Non si parla del rapporto fra fratelli (anzi, si dà quasi per scontato che quello sarà importante, così importante da mettere a rischio i pupazzi), ma si inserisce un terzo elemento che ne assorbe le emozioni.

Nel gioco delle parti, i giocattoli sono bambini, e il bambino è un adulto di cui si desiderano le attenzioni. Il lettore si sente compreso proprio perché non è a lui che ci si rivolge, quasi a dire che certe sensazioni, quando arriva "quello nuovo", sono molto più universali di quanto crediamo.



Che forma ha un libro?

Per quanto la scelta del formato incida sulla qualità editoriale del prodotto, certamente non è questa la prima domanda che ci si pone davanti a un titolo nuovo, eppure ci sono casi in cui la forma del libro è parte integrante del suo contenuto.

dov e il sedere di brian

Dov'è il sedere di Brian?, di Rob Jones, edito da Terre di Mezzo editore, è stampato in formato leporello, o per intenderci a fisarmonica: un unico foglio cartonato piegato a zig zag, protetto da una copertina rigida.

Questa scelta non è soltanto un vezzo editoriale.

dov e il sedere di brian

Il libro, adatto ai lettori più piccoli, dai 2 anni o anche prima, con il suo testo breve, i suoi colori puri e i contorni netti e ben delineati, si sviluppa attorno alla domanda posta dal titolo: Dov'è il sedere di Brian?.

Brian è un lunghissimo bassotto e nella prima pagina ne vediamo solo il muso, sveglio e sorridente. Cogliamo l'invito del testo e iniziamo la ricerca di questo sedere girando le pagine oppure aprendo gradualmente il leporello fino a stenderlo del tutto.
Così facendo, seguiamo il corpo di Brian e lo vediamo attraversare le diverse stanze della casa. In questo modo, la forma del libro è parte stessa del contenuto, perché rappresenta l'incredibile estensione di questo bassotto. 

In ogni stanza ci aspetta un animale (un pappagallo, un criceto e così via), a cui chiediamo se per caso lo ha visto. E la ricerca prosegue fino al divertente finale.
Dov'è il sedere di Brian? ha anche un "lato B" (il retro del leporello), dove in modalità silent, senza parole, seguiamo il cane attraverso le stesse stanze, ma in versione notturna: un invito a una lettura diversa, anche lasciata all'esplorazione libera del bambino.

Sì, perché più che di un libro da leggere si tratta di un libro da esplorare e scoprire (anche nella sua fisicità e nel suo sviluppo in lunghezza, ad esempio piazzando il libro in piedi, appoggiato al pavimento), in cui piccoli dettagli lungo le pagine catturano l'attenzione del bambino e invitano ad adottare una lettura di tipo dialogico, che stimola l'interazione e il linguaggio.

dov e il sedere di brian

È un libro che non consiglierei come unica proposta in una casa di non lettori, perché la sua forma atipica non educa all'approccio con l'oggetto-libro da sfogliare, aprire e chiudere, ma può diventare un prezioso arricchimento dell'esperienza di lettura e anche un esempio di creatività fuori dai soliti schemi in piccoli che già sono educati all'ascolto e abituati all'approccio con libri più classici.

Inoltre, con il suo potenziale giocoso, può essere un prezioso alleato con bambini ancora reticenti alla lettura, che hanno bisogno di un coinvolgimento fisico più forte per essere portati ad ascoltare una storia.

Il cane festone

Quella dello sviluppo in lunghezza è per il bambino un'esperienza di scoperta spaziale che può essere riproposta anche con un gioco più attivo, creando un lunghissimo cane-festone.

dov e il sedere di brian

Basta disegnare testa e coda e poi creare un corpo lungo a piacere incollando tra loro anelli di carta come si fa, appunto, con i festoni.

dov e il sedere di brian

 Non vi viene voglia di appenderlo alla parete e dare una festa a tema cinofilo?

Un sole, otto pianeti (ve lo ricordate che Plutone non si conta più, vero?), una manciata di satelliti, la Via Lattea: fosse tutta qui, la geografia astronomica, sarebbe piuttosto semplice, no?

Tuttavia, quando si parla di infinitamente grande, ci si scontra anche con l'infinitamente complesso: nozioni al limite della nostra comprensione, che vanno oltre la nostra esperienza delle leggi fisiche.

Lassu nell universo
 

Per rendere semplici e comprensibili questi concetti bisogna essere abili divulgatori, e Amedeo Balbi e Andrea Valente dimostrano certamente di esserlo con Lassù nell'universo, pubblicato da Editoriale Scienza.

L'unione tra la profonda conoscenza della materia di Balbi, astrofisico, e la penna chiara e brillante di Valente trasforma una materia oscura (tanto per rimanere in tema) in un argomento affascinante e alla portata di tutti.

In Lassù nell'universo non troviamo i soliti elenchi di pianeti, i dati sulle masse e le distanze o il numero dei satelliti: niente nozionismi numerici, insomma, ma brevi, sintetici capitoli in cui si risponde alle grandi domande dell'astronomia e dell'astrofisica: come funzionano i buchi neri? cosa c'era prima del big bang? cos'è l'antimateria?

Lassu nell universo

Più che un contenitore di informazioni, insomma,  Lassù nell'universo Ã¨ una palestra di pensiero, che ci spinge ad andare oltre la consueta logica delle cose, per comprenderne una più ampia, con nuove regole. Un libro utile anche per gli adulti, magari per un veloce ripasso prima di un film di Nolan.

Lassu nell universo

Balbi e Valente ci portano a immaginare la linea temporale della storia dell'Universo, e vedere quale piccola parte vi ha l'Uomo, a capire che quando guardiamo una stella stiamo guardando il suo passato, a cogliere il senso di infinito e di forma dell'Universo.

Lassu nell universo

Ci accompagnano nel viaggio dei quiz sche spaziano su curiosità e temi attinenti a quelli descritti, alcune note storiche e metodologiche sulle diverse scoperte, ma soprattutto quest'idea che la scienza e l'immaginazione siano legate da una sostanza comune.
E così, tra un capitolo e l'altro, ci troviamo a fantasticare sull'aspetto degli alieni, a scoprire la fiction che si rifà a pianeti immaginari, a sbirciare tra i film di fantascienza ispirati all'astrofisica.

Se c'è una cosa che ci insegna Lassù nell'universo Ã¨ che l'immaginazione non ha confini, proprio come l'universo.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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