Nuvole in scatola
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La guerra è fatta di bombe, di spari, di attentati e di attacchi.
E poi la guerra è fatta di pensieri, di contrapposizioni, di schieramenti.
Non tutte le guerre sono dichiarate. A volte si è semplicemente in guerra contro i propri pari, o contro se stessi.




Il soldatino di Cristina Bellemo e Veronica Ruffato (Zoolibri) racconta una di queste guerre ineffabili, inconsistenti, ma non per questo meno vere.

Il soldatino spicca fin dalla prima pagina, in mezzo a un esercito.


I suoi confini erano: a nord la testa con l'elmetto.
A sud i piedi con gli anfibi.
A est la mano sinistra che stringeva una bomba a mano.
A ovest la mano destra per sparare.

Con questa prosa arguta, ritmata, espressiva e precisa, che sembra uscire da un monologo teatrale, Cristina Bellemo ci accompagna lungo la narrazione.


Il soldatino pensa un pensiero solo: la guerra; ma una sera, stanco, cambia strada, si stacca dall'esercito, e finisce in una casa. Lì dentro c'è un uomo, e il soldatino pensa subito che sia il nemico, perché lui non sa pensare altro.
Poi, attraverso piccoli gesti, scopre la fiducia, la condivisione, il valore dello stare insieme.


Il soldatino racconta due storie.
Se chiudete gli occhi e ascoltate le parole, sentirete una storia di guerra e di pace, nel senso tradizionale del termine, forse un po' scontata nella sua morale, ma così ben costruita, nell'uso del linguaggio, da far scordare la sua prevedibilità.
Poi, però, ci sono le illustrazioni, che introducono dissonanze e raccontano qualcosa di diverso, più profondo e meno scontato, a chi vuole approfondire.

Checché ne dica il testo, quella che ha in mano il soldatino è una tromba, non un fucile, e accanto a lui non marciano soldati, ma cestisti, ballerine, giocatori di baseball.
Qual è la loro guerra?
Ognuno di loro guarda avanti, come ipnotizzato. Non c'è interazione, non c'è collaborazione, non c'è "insieme".
E la guerra, forse, è solo un bisogno di primeggiare, di competere, di raggiungere un risultato.
Anche i risguardi ci svelano un cambiamento, tra prima e dopo, tra la tensione individuale e l'armonia del fare le cose insieme.

Ha tante chiavi di lettura, Il soldatino. Forse racconta l'adolescenza, forse è ancora più universale.
È uno di quei libri che mutano, che alla seconda e terza lettura ti dicono cose che prima non osavano dire.

È un libro pacifista, ma di una pace che è prima di tutto dentro di noi.

Immaginate un documentario, di quelli che seguono passo passo la vita di un animale.
Ora, immaginatelo raccontato dall'animale stesso, con le sue sensazioni, gli odori che sente, le emozioni che prova.

ursula

Ursula. La vita di un'orsa nei boschi d'Italia, di Giuseppe Festa, fa seguito a Lupinella, il libro della stessa collana di Editoriale Scienza, che raccontava la storia di una lupa delle Alpi.

ursula

L'orsa Ursula racconta la sua vita in prima persona, mentre un calendario e la scansione in capitoli tengono conto della sua età.
Dalla scoperta della propria tana, dell'odore della mamma e di quello del fratello, fino alla crescita, all'esplorazione del mondo e alla sua indipendenza dalla madre, Ursula ci descrive episodi, sensazioni, pensieri, certamente un po' umanizzati ma che rendono bene l'idea dell'evoluzione e dei meccanismi biologici e comportamentali di questo mammifero.

ursula

Ogni brano è accompagnato da un breve approfondimento da parte di una "orsologa", che dà una spiegazione aggiuntiva a quello che la protagonista racconta, riportando l'esperienza individuale a una più generale caratteristica della specie. 
Gli approfondimenti sono curati dai ricercatori del Muse di Trento – da tempo impegnati nello studio e nella tutela dell'orso bruno – in modo puntuale ma sempre semplice e alla portata dei bambini. 

ursula

Le illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio trasmettono una vicinanza quasi sensoriale con il protagonista, mentre il testo, dal taglio rigoroso ma dal tono più umoristico rispetto a Lupinella, rende Ursula più "personaggio", con la sua simpatia e il siparietto finale di ogni capitolo, in cui esprime ogni volta con le sue parole il suo irrefrenabile sonno.

Ursula si chiude con alcuni giochi per vivere il bosco come un vero orso, sviluppando i sensi e l'osservazione, come quello che invita a tendere uno spago tra gli alberi e seguirlo, bendati, per scoprire i profumi della natura.

ursula

E anche se non avete un bosco a disposizione, potete provare l'esperienza nel giardino di casa, o addirittura a casa vostra, tendendo un filo tra alberi oppure mobili.
Se create un percorso circolare, l'esperienza può tramutarsi anche in gara: a ogni tappa, inserite un oggetto profumato (delle spezie, un profumatore per ambienti, una ciotola piena di shampoo o detersivo) e sfidatevi a riconoscere la tappa in cui vi trovate soltanto dall'odore.

È uno dei pochi giochi da fare in compagnia in cui vi si chiede di... essere un po' orsi!


È estate, e se avete figli di età compresa tra i quasi due e i tre anni, posso indovinare a cosa state pensando: dobbiamo spannolinare!
Per fortuna esistono libri che... nooo, scherzavo. Non c'è libro che faccia il miracolo, quando un bambino è ancora nella fase "il mio prodotto è mio e me lo gestisco io". 
Ma se volete provare anche questa strada, che sia almeno un libro che parla con la lingua dei bambini.

io e il mio vasino

Io e il mio vasino (Lapis edizoni) conferma la capacità di Jeanne Ashbé di raccontare "ad altezza bambino", non soltanto in termini metaforici ma anche letterali (i grandi sono sempre visti dal ginocchio in giù).

Non vi troviamo una narrazione "ad uso adulti", con una sequenza logica coerente e un impianto didattico e sequenziale, ma una serie di stimoli (ops! forse non è la parola più adatta, in questo contesto!) che coinvolgono il bambino divertendolo.

io e il mio vasino

Più che una narrazione, Io e il mio vasino Ã¨ un gioco in cui il bambino può immergersi, lasciando da parte la razionalità.
L'impianto è dialogico, fatto di continue domande e risposte, e i protagonisti sono bambini, ma anche una grande varietà di animali. 

Chi va sul vasino?
Il coniglio? No.
Il cane? Certo che no!
La pecora? Beee nooo.

io e il mio vasino

Passata la carrellata di animali, arrivano i bambini, che rispondono con entusiasmo alla "chiamata" e, con un po' di confusione, si cimentano nei vari gesti che portano al risultato, con qualche successo e qualche incidente di percorso.

io e il mio vasino

Qui il percorso si fa un po' più lineare e dopo un inizio corale si concentra su un unico bimbo protagonista, che viene seguito mentre fa pipì, svuota il vasino, si lava le mani.

io e il mio vasino

L'insieme dà forse l'impressione di una struttura poco salda, ma quella di Io e il mio vasino Ã¨ una logica bambina, in cui il percorso di crescita è inserito in un contesto di giochi, balli, canzoncine.
 
A tenere insieme il filo del libro, la voce narrante, forse quella del coniglietto, che coinvolge il bambino rivolgendogli direttamente la parola e ponendogli domande dirette (alle quali, ne sono certa, i bambini risponderanno presto senza aspettare che siano i genitori a leggere la risposta).
Il testo, disseminato di divertenti onomatopee, unisce suoni e parole in una caotica sintesi che ricorda la poetica futurista, e si conclude con una canzoncina che accompagnerà tutto il percorso dei vostri piccoli verso la conquista del vasino.


Gli ingredienti perfetti di un libro per i più piccoli sono pochi e semplici: il formato cartonato, adatto a piccole mani ancora impacciate, una struttura che procede per ripetizione ed accumulo – per unire la sicurezza del già visto all'emozione della scoperta – azioni semplici, attività quotidiane, illustrazioni chiare senza troppi elementi di sfondo e magari la presenza di animali e di un linguaggio arricchito da suoni e onomatopee.

la torta è troppo in alto

Quindi, fare un libro efficace per bambini piccoli è semplice?
Tutt'altro. Ma è semplice riconoscerne uno quando lo si ha tra le mani.

La torta è troppo in alto! (link affiliato) , di Susanne Strasser, edito da Terre di mezzo con la traduzione di Giulia Genovesi è proprio così: perfetto.

la torta è troppo in alto

Si tratta di un cartonato dal formato un po' particolare, stretto e alto, che valorizza la storia al suo interno.
La storia si dipana sull'intera doppia pagina, in una modalità più semplice da seguire (quando il genitore legge, il bambino non ha dubbi su che pagina guardare).

Sulla destra, c'è una casa alta alta, con una porticina e una sola finestra, in alto, sul cui davanzale vediamo una torta.
Sulla sinistra, c'è un orso che guarda la torta, però, come dice il titolo, La torta è troppo in alto (link affiliato)  e l'orso non riesce a raggiungerla. 

la torta è troppo in alto

Uno alla volta, si avvicinano altri animali: un maiale, un cane, una lepre, una gallina, una rana.
Uno alla volta, gli animali salgono uno in groppa all'altro, in una struttura ripetitiva ad accumulo, formando una torre che però non arriva mai fino all'oggetto desiderato, finché, con un piccolo colpo di scena finale, la situazione finalmente si risolve.

I colori pieni, i contorni definiti e l'aspetto amichevole degli animali sono una grande attrattiva per i bimbi, e il linguaggio procede per formule che si ripetono uguali a se stesse con la sola variazione del nome dell'animale aggiunto, facilitando la memorizzazione e il riconoscimento, e stimolando il linguaggio (oltre ad introdurre i concetti di "basso" e "alto").

Ogni animale salta o vola sull'altro producendo un suono onomatopeico, da "Hop!" a "Pimpeti pam!", rendendo la lettura ancora più coinvolgente, e gli animali si accavallano in modi sempre più buffi.
E poi ci sono un bimbo, una torta, una casa: personaggi e ambientazioni familiari che diventano fantastici per la sola presenza degli animali.
La cura del dettaglio si nota nel particolare in più: quell'uccellino che di pagina in pagina si sposta sul filo, avvicinandosi sempre di più alla torta, fino ad avere un ruolo, seppure marginale, nella vicenda. Una piccola storyline parallela che incuriosirà e gratificherà i bambini quando avranno interiorizzato la storia base.

la torta è troppo in alto

Infine, l'elemento più importante: pur con protagonisti di fantasia, questa storia tocca corde in cui il bambino (dai 18/20 mesi) riuscirà facilmente a identificarsi, perché è abituato a trovarsi fin troppo spesso nella situazione in cui qualcosa è "troppo in alto" per lui.

La torta è troppo in alto Ã¨ proprio un albo a misura di bambino, visto e pensato da sotto in su.


La casa di cartone (tetrapak)


Vi ricorda qualcosa quella casetta stretta e alta alta?
Potete ricostruirla con un cartone del latte, dipingendolo di bianco e disegnando e ritagliando porte e finestre.

casa con il cartone del latte

L'apertura può trasformarsi in un camino da cui far uscire fumo di cotone.

casa con il cartone del latte

Chissà se gli animali di gomma riusciranno a raggiungerla, quella torta.


Lo so, in questo 2020 il pipistrello non è proprio l'animale in cima alla vostra lista di simpatie.
Ma chissà, magari questo albo potrebbe farvi cambiare idea.

rufus

Rufus il pipistrello a colori Ã¨ uno dei tanti gioielli di Tomi Ungerer che LupoGuido sta ripubblicando (vi ho già parlato di Emil e Crictor), in una magnifica veste editoriale con carta opaca e costa in tessuto.

Si assomigliano un po', gli strani animali che racconta Ungerer, pur essendo tutti molto diversi tra loro: tutti un po' alieni dalla loro realtà circostante, tutti che sviluppano legami speciali con un essere umano.

rufus

Rufus, dunque, è un pipistrello, nero come tutti i pipistrelli e abituato ai colori scuri della notte, finché un giorno, imbattendosi in un cinema all'aperto, scopre i colori.

rufus

Gli piacciono così tanto che decide di dipingersi le ali e il corpo e di cambiare completamente il proprio aspetto. 
Cambia Rufus, e cambiano i colori del libro, che passano dai toni cupi allo sfondo bianco.
Il gusto per il cinema, oltre che dalla narrazione, sembra espresso anche dalle illustrazioni, con le loro inquadrature che alternano campi lunghi e semisoggettive portando il lettore continuamente dentro e fuori la storia.

Il mondo di giorno, così vivace e allegro, piace molto a Rufus, ma, come spesso succede agli animali raccontati da Ungerer, anche lui deve fare i conti con la cattiveria umana.

rufus

Alcune persone, spaventate dal suo aspetto, gli sparano.

rufus

Lo raccoglie il signor Tarturo, collezionista di farfalle, che lo cura e gli lava via il colore.
Rufus alla fine deciderà che il mondo del giorno non fa per lui e ricomincerà a vivere di notte, ma senza abbandonare la nuova amicizia che ha costruito con questo umano gentile.

Nei suoi libri, Ungerer racconta le sue storie in tono distaccato, come una cronaca.
Il suo è uno sguardo esterno, che non si lascia andare a commenti o approfondimenti e lascia spazio al pensiero del bambino che ascolta, e colma il non detto della narrazione inserendovi le sue emozioni e sensazioni.
Ogni evento diventa così semplice e naturale, perfino i fucili puntati contro il pipistrello non sembrano così drammatici, ma solo un episodio nel flusso di una storia in cui ognuno può leggere la propria.

Un pattern per il pipistrello 


Il racconto di Rufus, che cerca attraverso i colori la propria identità, mi ha ricordato un affascinante progetto di Marianna Balducci su Occhiovolante, con gli "stencil narranti", e così ho immaginato Rufus vestito di quel che c'è nel mondo.

rufus

Ho ritagliato con la Silhouette Cameo (la trovate sul sito di Creativamente Plotter) la sagoma di un pipistrello (se volete, potete scaricare il file per la Silhouette pronto da usare) e sono andata a caccia di pattern per il "mio" Rufus.

rufus

L'ho vestito di prato, di stoffa...

rufus

...e anche con i colori solari di un telo mare.

rufus

Chissà se Rufus avrebbe gradito questi mondi, così diversi dal suo.
Sono un po' allergica ai libricini di "esercizi" o di disegni da colorare.
Però, d'altra parte, credo che nemmeno limitarsi al disegno libero a tutti i costi sia una scelta vincente, perché a volte la creatività nasce proprio dall'imposizione di regole e limiti entro i quali stare (o non stare).

la cucina degli scarabocchi

Con La cucina degli scarabocchi, edizioni L'ippocampo, Hervé Tullet coinvolge i bambini in un mix perfetto tra libertà d'espressione e confini tracciati, come solo lui sa fare.
(Non devo spiegarvi chi sia Hervé Tullet, vero? E li avete visti i suoi ultimi libri d'arte per piccolissimi, vero?)

la cucina degli scarabocchi

La cucina degli scarabocchi si presenta come un libro di ricette.
Ma le ricette hanno nomi come "Insalata veloce di cerchi", "Delizia di scarabocchi", "Minestra di zig zag" e "Insalata di mani".

Tullet invita i bambini a mettersi in gioco non con cibo e pentole, ma con matite, pennarelli e colori.
Gli ingredienti, elencati nei risvolti, sono infatti punti, cerchi, forme, linee e ghiribizzi.


la cucina degli scarabocchi

Ogni ricetta si dipana su una doppia pagina: a sinistra il procedimento, a destra il disegno di un piatto vuoto, da riempire con la propria realizzazione.
Il grande formato (25 x 34,5 cm) permette di dare sfogo alla creatività senza sentirsi costretti da margini troppo limitati.


la cucina degli scarabocchi

Le istruzioni, o meglio "il procedimento" della ricetta, sono molto dettagliate (Tullet specifica colore e numero di ogni elemento da aggiungere), ma la materia di partenza, di per sé dipendente dal tratto individuale del bambino e dal suo senso delle proporzioni, rende ogni piatto un'opera in cui domina la libera espressione del gusto e del gesto personale, in perfetto stile Tullet.

la cucina degli scarabocchi

Il libro, in bianco e nero (per esaltare meglio l'apporto del bambino), contiene qualche pagina colorata con alcuni "esercizi" in più, come piatti già disegnati a cui dare un nome.

Se fare "lo chef dei colori" piace a vostro figlio, vi propongo un'attività in più, che ci ha divertiti molto:


la cucina di carta


In sostanza, si tratta della versione tridimensionale e materica di La cucina degli scarabocchi di Tullet.
Ho preso un grande foglio di carta e ho ritagliato un piatto e un tovagliolo di carta colorata.

la cucina degli scarabocchi

Poi ho invitato i miei bimbi a creare la loro ricetta con forbici e colla, a partire dalla carta colorata, utilizzando i ritagli come ingredienti.
Abbiamo preparato una pizza.

la cucina degli scarabocchi

E con strisce di carta arricciate con le forbici, anche le tagliatelle.

la cucina degli scarabocchi

Un vero e proprio menù "alla carta"!

Impossibile non pensare alla Guerra dei mondi e a Orson Welles (o a Tom Cruise, se preferite).
Qui si parla di alieni che sbarcano sulla Terra e di fine del mondo imminente. Ma niente paura: leggendolo non uscirete di casa urlando terrorizzati. Tutt'al più lo farete ridendo.

un ora alla fine del mondo

Un'ora alla fine del mondo di Matthieu Sylvander (illustrazioni di Perceval Barrie, traduzione di Eleonora Armaroli, Terre di mezzo editore) ha inizio in una tranquilla fattoria di campagna, dove Nina trascorre l'estate con i nonni, ma anche con una pecora, una capra, un maiale, un cavallo e una mucca: sono loro la sua banda di amici.

un ora alla fine del mondo

Un giorno, però, un oggetto volante non identificato atterra proprio nel cortile, in mezzo a questo gruppo così eterogeneo.
Ne escono delle strane creature gialle piene di tentacoli, che parlano una lingua sconosciuta.
Fortunatamente gli alieni sono dotati di un traduttore automatico, e grazie ad esso riescono a comunicare le loro intenzioni: sono plutoniani e sono venuti a distruggere la Terra, che si trova esattamente sulla traiettoria di un'autostrada interplanetaria in costruzione. Ma sono rimasti senza "blorg", il loro carburante, e così, prima di distruggere il pianeta, sono scesi a fare rifornimento.

un ora alla fine del mondo

Ma cosa sarà questo blorg?
Nina e i suoi amici animali li aiuteranno a trovarlo, non prima di aver messo in atto tutta la loro abilità dialettica e diplomatica per convincerli a salvare il pianeta dalla distruzione.

Il candore e la tranquillità con cui Nina affronta i plutoniani (uniti al gusto vignetistico delle illustrazioni) danno vita a scenette deliziosamente divertenti e a gustosi dialoghi dal gusto cinematografico.

Un'ora alla fine del mondo riprende una serie di topoi dell'immaginario fantascientifico (la distruzione della Terra, il traduttore, l'atomizzatore che annienta con un sol colpo qulsiasi cosa si trovi come bersaglio del suo raggio) e li racconta con leggerezza e umorismo, senza farsi mancare qualche messaggio di riflessione: a un putoniano che apostrofa i terrestri come dei "selvaggi privi di interesse", Nina risponde

sa che uno è sempre il selvaggio di qualcun altro?

Questi plutoniani saranno anche una civiltà avanzatissima, ma sembrano in effetti un po' tonti, e la piccola Nina, con il suo semplice buon senso, riesce più di una volta ad avere la meglio su di loro.


un ora alla fine del mondo

Nota finale: quello che sembra un insieme di simboli presi a caso, si rivela alla fine del libro un vero e proprio codice speciale, e sostituendo simboli a lettere, si scopre che il plutoniano in realtà è... italiano scritto con un font diverso.
I bambini più curiosi potranno così scoprire, a posteriori, tutto quello che gli alieni si erano detti, rivelando qualche simpatica sorpresa, e magari anche usare quell'alfabeto (o forse inventarne uno tutto nuovo) per scambiarsi messaggi in codice.
A proposito: nella prima foto del post, c'è un messaggio per voi.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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