Nuvole in scatola
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Scena tipo: io e mio marito davanti a una galleria d'arte.
"Che bello quello!"
"QUELLO? No, è orrendo! E di quello lì che ne dici?"
"Ma no, è proprio kitsch!"

Metteteci vicino il fatto che sono cresciuta in una di quelle case in cui, con gusto molto anni '80, la parete del soggiorno era ricoperta di quadri come una schermata di Tetris un attimo prima del game over, provocandomi un leggero rigetto per gli oggetti in questione.

Risultato: le pareti di casa mia sono spoglie. Bianche. Vuote.
A volte mi fanno pure un po' pena, quindi cerco soluzioni di compromesso per decorarle un po'. Che ne so: lavagne. Oppure foto. Ecco, sì: le foto mi piacciono, e piacciono anche a mio marito. Parlano di chi abita la casa, ricordano momenti felici.
Ma le classiche cornici portafoto, ecco, quelle mi piacciono un po' meno.

Ecco la soluzione: creare una cornice fai-da-te dove appendere le foto in modo un po' più originale.
Così, mi sono armata di:
  • cornici
  • colore acrilico
  • spago
  • chiodini
  • mollette chiudipacco
  • cartoncino
  • e naturalmente foto.
(Scusate le poche immagini, il blog non c'era ancora!)

Ho dipinto le cornici e sul retro ho fissato con dei chiodini lo spago, annodato alle estremità (in pratica, ho inchiodato il nodo). Ho messo un solo filo sulla cornice piccola e due su quella grande, lasciando lo spazio per le foto in basso e per l'altezza della molletta in alto.


Ecco fatto. Accanto alle foto, per aggiungere un po' di contrasto di colore, ho appeso dei cuoricini rossi ritagliati con la Big Shot. Così, casomai non bastassero le immagini a far trasparire l'amore della mamma per il Piccolo T.



   
Il nonno del Piccolo T ha un orto grandissimo, la nonna (da parte di papà) delle spendide aiuole fiorite. Il papà, sul terrazzo, prova sempre a coltivare qualche piantina e la mamma... ehm... vabbe', la mamma ha altre doti, diciamo.

A parte questo piccolo dettaglio, insomma, direi che la coltivazione è ben salda nel DNA del Piccolo T, che infatti adora dare una mano a seminare, innaffiare, raccogliere, caricare le carriole con gli scarti da portare via. E forse è per questo che, tra gli scaffali della  biblioteca, ha scelto Ravanello cosa fai?, che è stato imprevedibilmente il tormentone di moltissime letture della buonanotte.


Ravanello cosa fai?, di Emanuela Bussolati (Editoriale Scienza), è un libro unico nel suo genere. Non è saggistica e non è nemmeno narrativa, ma è un mix curioso e accattvante tra le due cose.
Prima di tutto, è un vero e proprio manuale di istruzioni dettagliatissimo su come coltivare i ravanelli: da come preparare la terra a come seguirne la crescita, fino a qualche ricetta da cucinare quando saranno pronti; perché si sa: anche se un bimbo non ama la verdura, amerà quella che ha coltivato da solo. O almeno la assaggerà, ecco.

Un manuale così dettagliato che quasi quasi ci provo anch'io, a coltivare un ravanello, e vediamo se ne esce qualcosa.

Ma è anche un libro di racconti.
Racconti dell'attesa, da leggere uno per sera mentre aspettiamo che il nostro ravanello sia pronto da cogliere.
Racconti dell'orto, che spiegano attraverso le storie caratteristiche e abitudini degli insetti e degli altri animaletti di campagna.
Racconti che, pagina dopo pagina, accompagnano la crescita del nostro ravanello. Ogni racconto corrisponde infatti a un giorno, e in un angolo della pagina una piccola illustrazione ci mostra lo stato di crescita del ravanello nel giorno corrispondente, fino al momento della raccolta.



Un libro del genere pensavo non avesse molto senso se non affiancato dall'esperimento di semina e coltivazione del ravanello, e invece il Piccolo T lo ha adorato, e ha seguito la crescita del ravanello come fosse vero, imparando tante nuove cose sulla terra, i lombrichi, le piante e le lucertole.

E sì: mi sono ripromessa di provarci, quando sarà il momento, a seminare i ravanelli.
Ma finché la stagione non lo permette, meglio ripiegare  su qualcosa di più adatto al freddo (e al pollice tuttaltrocheverde della mamma), come il nostro

orto d'inverno


Per prepararlo servono:
  • una cassetta di frutta (io ho usato una di quelle piccole)
  • feltro e pannolenci
  • gommapiuma
  • colla per tessuti 
  • bastoncini da gelato o altri legnetti.


Ecco come fare: ritagliate la gommapiuma creando tre "salsicciotti" lunghi quanto la cassetta e larghi, complessivamente, quanto la sua larghezza. Non serve che siano cilindrici: verranno smussati dal pannolenci, però curatevi di arrotondare i bordi.
Ricoprite ogni pezzo di gommapiuma con del pannolenci marrone e infilateli nella cassetta: ecco a voi la vostra terra, già arata e pronta per accogliere le piante.



Le piante, appunto: io ho creato carote, insalata e ravanelli, incollando tra di loro vari pezzi di feltro.
Ho inserito un frammento di bastoncino da gelato per rendere più resistente la carota, la base dell'insalata e la punta del ravanello, che altrimenti si sarebbero piegate e rovinate inserendole nella terra.
Dentro insalata e ravanelli ho aggiunto un cuscinetto piccolissimo di gommapiuma per dare spessore.
Sopra la base dell'insalata, ho incollato altre foglioline per creare il cespo.
 

Ed ecco il nostro orto dove far crescere le verdure:



Le piantine andranno prima affondate completamente nei solchi tra un salsicciotto e l'altro e poi, man mano che saranno innaffiate (per finta: meglio specificare, perché il Piccolo T era già pronto con l'acqua!), le faremo crescere facendole sbucare dal terreno, fino alla raccolta.



Ah, naturalmente abbiamo venduto tutti gli ortaggi nel nostro negozio: questo sì che è vero "chilometro zero"!

 

   
La notte di Halloween è vicina, anzi, vicinissima!
E noi che facciamo? La ignoriamo! Già: non abbiamo mai preparato zucche intagliate, travestimenti spaventosi o decorazioni spettrali. Non per motivi "filosofici", ma semplicemente perché non abbiamo mai avuto questa tradizione.

Ma ieri sera, alla ricerca di un gioco d'emergenza per evitare di accendere la tv, ho improvvisato questo, ispirata da un link trovato chissà quando e chissà dove su Pinterest, che col suo ragnetto nero e la sua ragnatela, era casualmente a tema.

Se quindi per Halloween avete in programma una festa, o se semplicemente vi piace l'idea di divertirvi con un gioco adatto alla notte delle streghe, ecco qua: vi bastano cinque minuti e due soli materiali:
  • carta
  • l'immancabile, economico ma preziosissimo, scotch carta.
 

Cinque minuti di preparazione, dicevamo: basta tendere dei "fili di ragnatela" (i pezzi di scotch) sulla cornice di una porta aperta, lasciando la parte appiccicosa verso di voi.



Dettaglio inutile ma coreografico: ritagliate un ragnetto da un cartoncino nero, attaccandoci degli occhietti bianchi (semplici cerchietti di carta oppure gli occhietti mobili), e appiccicatelo su un punto qualsiasi della ragnatela.


Ora, prepariamo le "mosche" (bianche, nel nostro caso) appallottolando un po' di carta. Come si gioca? Dipende se preferite stare dalla parte delle mosche o del ragno. Potete giocare a lanciare al di là della porta le mosche, evitando che vengano catturate o respinte dalla ragnatela. Naturalmente non vale se le palline di carta passano sotto.


Se preferite stare dalla parte del ragno, vince invece chi riesce a far appiccicare più palline di carta sulla ragnatela. In questo caso, optate per carta molto leggera e palline piccole, altrimenti rimbalzeranno sul nastro adesivo senza restare appiccicate. Questa modalità di gioco è molto più difficile, quindi evitatela se avete bimbi piccoli o molto impazienti.


Buon divertimento!

PS: suggerimenti per la lettura?
Se cercate anche un libro sui ragni, non dimenticate il dolcissimo Amico ragnolo, di cui vi avevo parlato qui. E se invece avete voglia di cantare, non c'è niente di meglio di Whisky il ragnetto, con il cd della famosa canzone.  


 
No, il titolo non si riferisce all'urlo lanciato dalla mia estetista l'ultima volta che mi ha visto, ma ai peli del mostro peloso.
Lo conoscete, vero? Se non lo conoscete, dovete provvedere subito.



Il mostro peloso è la storia di Lucilla, principessina coraggiosa e impertinente, che riesce a salvare se stessa e il padre dell'orribile mostro peloso solo con l'arte della dialettica.

Lucilla risponde in rima ad ogni frase del mostro, sottolineando in modo leggero e irriverente che questo mostro ha peli proprio dappertutto!
"Ora basta, facciamola finita"
"Peli sulle dita!"

"Io ti mangerò"
"Peli sul popò!"
Alla fine, il mostro impazzisce di rabbia e scoppia, liberando un piccolo principe rinchiuso dentro di sé a causa di un incantesimo. E insomma, principessina e principe si innamorano come in tutte le favole che si rispettino.

È uno di quei libri che, sarà per le rime (magnificamente tradotte) o per il caratterino della principessa Lucilla, cattura i bambini, diverte e diventa un tormentone da ripetere a casa, inventando nuove battute da usare come risposta e nuovi posti dove far crescere i peli (per quelli non serve nemmeno tanta fantasia, basta dimenticare la ceretta per un po').

E deve aver avuto successo non solo in casa nostra, se del libro è stato creato anche un sequel, Il ritorno del mostro peloso.



Qui Lucilla fa perdere le staffe al principe, che dalla rabbia... torna a trasformarsi nel mostro peloso!
Ma lei, che lo ama lo stesso per quello che è, lo porta al castello del padre, dove per festeggiare inviterà anche tutti i numerosissimi parenti del mostro, dalla famiglia dei Peli sul Naso a quella del Peli Dappertutto ("Mamma, perché si chiamano Peli Dappertutto se non hanno i peli sulla testa?". Ottima domanda, Piccolo T. Probabilmente si tratta solo di calvizie precoce).
Il libro, certamente meno divertente e incisivo del primo, si trasforma in un catalogo di stranezze, che ha il merito di insegnare ad andare oltre le apparenze e ad apprezzare gli altri anche per quello che sono... sotto i peli.

Le due storie sono anche riunite assieme nell'edizione speciale Che succede al mostro peloso?

E che si può fare in un pomeriggio di pioggia dopo aver letto Il ritorno del mostro peloso?
Crearne uno, ad esempio.


Dopo aver vagato per casa alla ricerca di materiale, ho trovato:
  • carta colorata
  • un rotolo di carta igienica
  • occhietti mobili
  • della lana nera
  • colla vinilica.
Dopo aver disegnato braccia, piedi, naso e orecchie del mostro sulla carta colorata, ho tagliato un paio di anelli dal rotolo di carta igienica (per creare il corpo base del mostro) e tanti pezzetti di lana. Poi ho armato il piccolo T di Vinavil, in modo che componesse il mostro a proprio piacimento.


Una volta attaccati occhi, gambe, braccia e piedi, ho cosparso il corpo del mostro di Vinavil e via ad attaccare peli dappertutto!



Ok, ok, il risultato non è proprio da copertina, ma insomma: se si chiama "mostro" un motivo ci sarà, no?

     

"Col rosso non si passa, col giallo fai attenzione, col verde c'è via libera per la circolazione".
Questa filastrocca, il Piccolo T l'ha imparata prestissimo, sarà che le luci dei semafori lo hanno sempre attratto e incuriosito.

Così, quando ho visto un tutorial su Pinterest ho pensato subito che sarebbe stato un regalo gradito per lui. Un giretto nella mia "stanza del riciclo" (quella dove infilo tutti i "ma no, questo non lo butto, non si sa mai") e ho subito adattato il tutorial ai materiali che avevo.

Ovvero:
  • scatole varie di cartone (una più grande da ritagliare, più il coperchio di una più piccola)
  • cartoncini colorari
  • due tubi di cartone, uno più grosso e uno più sottile (quello della pellicola o dell'alluminio).


Ho poi misurato un cartoncino nero largo quanto la circonferenza del tubo grande (lasciando un paio di centimetri in più per incollarlo meglio) e ci ho incollato sopra tre quadrati, naturalmente verde, giallo e rosso, messi in modo tale che riempissero tutta la larghezza del cartoncino.

Ho incollato questo cartoncino sul tubo e ho sagomato il cartone per creare l'involucro del semaforo, facendo tre fori tondi in corrispondenza delle "luci".

Ho poi tappato la parte alta del tubo (quella più vicina al rosso) con due dischi di cartone: il primo ben incollato sul tubo, il secondo solo a metà, per poterlo ripiegare verso l'altro: sarà la maniglia che serve a girare le "luci" del semaforo.



Sulla parte inferiore dell'involucro ho creato un foro rotondo largo come il tubo più sottile, che dall'altro lato ho incastrato nella scatolina più piccola, che fungeva da base per il semaforo.

Eccoci pronti a dirigere il traffico di trattori e macchinine varie!



PS: si può usare anche per segnalare che il bagno è occupato!

Quante cose sapete sui draghi? Be', volano, sputano fuoco e hanno il vizio di rapire le belle principesse indifese – o di usurpare montagne appartenenti a tribù di nani, o di lasciarsi guidare da sovrane anticonformiste al grido di "Dracarys!", dipende un po' dai vostri draghi di riferimento.
Ma lo sapevate che sono anche ghiotti, ghiottissimi di tacos?
Ok, forse questi draghi non incontreranno i favori dei fan di Tolkien o di G. R. R. Martin, ma io e il Piccolo T abbiamo adorato questo libro folle, visionario, accattivante e terribilmente buffo.

Ai draghi non piace piccante parla della passione dei draghi per i tacos. Con illustrazioni originali e un linguaggio leggero e divertente, spiega come preparare un taco perfetto per i draghi e come organizzare una festa a base di tacos per farli divertire.


L'unico segreto è non usare mai, assolutamente mai, la salsa piccante, che sui draghi ha effetti devastanti. Il protagonista del libro, naturalmente, sbaglierà salsa e succederà un disastro, ma il lieto fine, grazie ai tacos, è assicurato.



Se l'indice di gradimento di un libro si misura in "Mamma, me lo rileggi?", Ai draghi non piace piccante si guadagna il podio, subito sotto a Ti mangio!.

E siccome da tempo cercavo un'idea per un gioco da tavolo da fare tutti insieme, qualcosa che potesse divertire anche me e il papà del Piccolo T, e non solo lui, ho pensato di ispirarmi proprio a questo libro per costruire

Il gioco dei tacos

Occorrente: 
  • feltro o pannolenci di vari colori (giallo, marrone, verde chiaro, verde scuro, rosso, arancione)
  • un vecchio cd
  • un fermacampioni
  • un barattolo (facoltativo)
  • carta e colla.
Si gioca in quattro, ma solo perché non avevo voglia di ritagliare troppo feltro. Basterà preparare qualche ingrediente in più per aggiungere quanti giocatori desiderate.
Per prima cosa, dunque, bisogna preparare gli ingredienti per i tacos: io ho usato feltro più spesso per la tortilla e pannolenci per tutto il resto.
Per la tortilla, basta creare un cerchio con l'aiuto di un vaso o di un piattino. Poi fate una salsiccetta marrone per la carne macinata, delle striscioline arancioni di formaggio (magari un po' meno arancioni delle mie!), cerchietti rossi per i pomodori, foglioline verde chiaro per l'insalata e qualche "macchia" verde scuro per la salsa dolce.


Ora, bisogna costruire la ruota, incollando su un lato di un vecchio cd un disco di carta diviso in sei spicchi: uno per ingrediente, più l'ingrediente proibito: la salsa piccante! Se vi piace il mio, potete scaricarlo da qui, pronto da stampare e ritagliare.
Riagliate poi una freccia di cartoncino e fissatela al centro del cd con un fermacampioni, senza stringere troppo, in modo da lasciarla girare agevolmente.



Pronti a giocare? Allora sistemate ogni ingrediente in una ciotola e la salsa dolce in un barattolino.



Distribuite una tortilla a ogni giocatore e a turno girate la ruota e riempite il vostro tacos seguendo due semplici regole:
  • se la freccia finisce su un ingrediente che non avete, prendetelo dal tavolo e appoggiatelo sulla vostra tortilla;
  • se la freccia finisce sulla salsa piccante, il vostro taco è rovinato! Dovete svuotarlo, rimettendo sul tavolo tutti gli ingredienti raccolti finora, e ricominciare da capo, quando sarà di nuovo il vostro turno.


Vince chi riesce a completare per primo il proprio taco con tutti gli ingredienti giusti.



E visto che a noi i tacos piacciono tanto, e non solo quelli di feltro o quelli illustrati su un libro, vi lascio anche la mia ricetta:
  • le tortillas – quelle le compriamo pronte, morbide o croccanti, al reparto cibi etnici del supermercato;
  • la salsa guacamole la preparo frullando un avocado maturo, una spruzzata abbondante di limone (o meglio ancora lime), poco concentrato di pomodoro, uno spicchio d'aglio e, se ne ho in casa, un cipollotto fresco;
  • per la carne uso del macinato di manzo che faccio rosolare in padella con un po' di passata di pomodoro e ci aggiungo le spezie. In vendita si trovano dei mix già pronti di spezie per tacos, in alternativa ci metto peperoncino, cumino, paprika e coriandolo, facendo anche un soffritto di aglio e cipolla (che non serve se usate i mix già pronti);
  • gli altri ingredienti – formaggio tenero fatto a striscioline con la grattugia a fori larghi, pomodori a cubetti e insalata – li sistemo in tante ciotoline sul tavolo, così ognuno può comporre il suo taco come desidera.
Buon appetito, e fate attenzione ai draghi: se vengono a sapere che avete cucinato i tacos, potrebbero autoinvitarsi a casa vostra. Nascondete bene la salsa piccante!


E come ogni anno, arriviamo alle occasioni speciali dopo aver progettato e programmato tutto nei minimi dett... no, non è vero: anche stavolta siamo arrivati a una settimana dalla festa dei nonni senza assolutamente esserci ricordati della festa dei nonni.

E siccome i nostri nonni non si meritano di essere trascurati così, serviva un'idea veloce, anzi velocissima, per preparare loro una sorpresa speciale.

Qualcosa fatto (letteralmente) con le mani del Piccolo T.

Accanto a mille idee con omini con gli occhiali e i capelli bianchi, che sono abbastanza distanti da come vedo i miei e i miei suoceri (e sicuramente ancora più distanti da come loro vedono se stessi!), girando su Pinterest ho trovato questa: semplice, carina, veloce e sdolcinata al punto giusto.
Come fare?
Si piega un foglio a metà, si fa appoggiare al bimbo la mano sul foglio, in modo che pollice e indice stiano sopra la piega, si ricalca la mano (non so perché, ma ai bambini piace sempre tantissimo!) e la si ritaglia.




Aprendo la sagoma ritagliata, si formerà  un cuoricino tra le dita, in mezzo alla piega.
Ora non resta che incollare la sagoma su un cartoncino, magari ritagliato dal vostro bimbo, e aggiungere qualche dedica, la firma e se proprio volete esagerare qualche frase strappalacrime.



Che poi, innamorati come sono, per strappare una lacrima ai nonni non è che ci voglia molto, no?



Prendi una manciata di animali, aggiungici una delle professioni più affascinanti per i bambini, mescola il tutto con il genio di due autori eccezionali e una casa editrice che non sbaglia un colpo. 

Il risultato è Buongiorno dottore, un libro divertente, sorprendente, adatto anche ai piccoli, che ci ha fatto venire voglia di infilarci anche noi nei panni del medico (anche se su questo punto, ammetto che la loro parte l'hanno fatta anche le millemila visite dalla pediatra di quest'inverno – grazie mille, scuola materna!).


Se siete mamme, la situazione la conoscete bene: pomeriggio di pioggia (sostituire a piacere la parola "pioggia" con "influenza", "varicella","qualsiasicosavitengachiusiincasa"), noia, rifiuto sistematico di tutti i giochi che avete in casa, ricerca disperata di qualcosa da fare che non sia piazzare il bambino davanti a Masha e Orso o, in alternativa, fuggire in Russia con la scusa di andare a cercare Masha e Orso, lasciando il bambino sul divano.
Si sa: la disperazione è sempre la fonte di ispirazione più efficace. E lo è stata anche nel caso di questo gioco.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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