Nuvole in scatola
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Se vi dico "migrazione" a che animale pensate?
Scommetto che è una rondine, vero? (mannaggia, potevo scommetterci qualcosa davvero!).

migrazioni

Poi basta prendere in mano un libro come Migrazioni. Gli incredibili viaggi degli animali per scoprire che a migrare sono anche tartarughe, megattere, farfalle, granchi...
Sono venti le storie di animali dipinte in questo elegante volume, edito da Editoriale Scienza. In ognuna, il testo di Mike Unwin (tradotto da Lucia Feoli) ci porta subito dentro il percorso dell'animale, come se fossimo al suo fianco, immersi nel suo ambiente.
Ne sentiamo il freddo o il caldo, ne percepiamo i colori e ci ritroviamo trascinati nel viaggio.

migrazioni

Le suggestive illustrazioni di Jenni Desmond, che invadono la doppia pagina ospitando il testo al loro interno, amplificano questa sensazione di immersione.

migrazioni

Mentre viviamo questa immedesimazione, scopriamo aspetti sorprendenti e insoliti del fenomeno migratorio.
Ad esempio, che le farfalle monarca non sopravvivono lungo l'intero viaggio, che si svolge per loro nell'arco di quattro generazioni. Oppure che la sterna artica migra addirittura da un polo all'altro.

migrazioni

E perché migrano questi animali? E come lo fanno?
Tra record e descrizioni, Migrazioni risponde a molte domande, senza perdersi in tecnicismi: lo fa con storie brevi e immagini poetiche. Un volo d'uccello (è il caso di dirlo!) su un fenomeno per molti versi sorprendente del regno animale.

Un fenomeno che i nostri nonni conoscevano bene, ma con il quale, nel tempo, abbiamo perso il contatto. Quasi non ci accorgiamo più del letargo e del risveglio, della partenza e del ritorno delle specie che ci circondano (tranne le zanzare: di quelle me ne accorgo eccome!).
Perché non provare allora a tenere un diario degli avvistamenti, dove segnare, mese dopo mese, quali animali sono passati nel giardino, nel parco, dentro casa?
I bimbi più costanti potranno confrontare un anno con il successivo, per cogliere analogie e differenze.

migrazioni attività

Per la cronaca: quest'anno le cimici, da me, non sono mai scomparse. Ve lo posso dire anche senza diario.

Le indicazioni che circolano in modo martellante in questi giorni su come lavarsi le mani in modo efficace, le conosco bene. Erano affisse all'ingresso del reparto di terapia intensiva neonatale dove è stato ricoverato per qualche settimana il Piccolo D.
Credo che nessun genitore con un bimbo in neonatologia possa dimenticarle, o scordare quella sensazione che ogni piccolo gesto possa diventare portatore di contagio.
Più complicato è spiegare questo concetto a un bambino, aiutarlo a difendersi da una minaccia che non sembra tale, semplicemente perché è invisibile.

Eppure i bambini sono maestri nel vedere cose che non si vedono, con la loro immaginazione.
Allora, per raccontare loro il mondo dei microrganismi, basta forse giocare un po'.

non leccare questo libro

Non leccare questo libro, di Idan Ben-Barak e Julian Frost (Fabbri Editori) utilizza un approccio interattivo per farci scoprire il mondo sotto i nostri occhi in una dimensione diversa, quella dell'infinitamente piccolo.

Il libro cerca di darci prima di tutto qualche proporzione: ci mostra un punto e ci racconta che quel minuscolo spazio potrebbe ospitare oltre tre milioni di microrganismi.
Ci invita poi a strofinare il polpastrello sulla pagina per raccogliere uno di questi microbi: ha un'aria simpatica e una rappresentazione antropomorfizzata, con occhi, bocca, gambe e braccia.
Dopo averlo raccolto, seguiamo le istruzioni per portarlo in giro, depositandolo sui nostri denti, sulla nostra maglia, nel nostro ombelico.

non leccare questo libro

Qui incontriamo altre minuscole creature, impariamo che i microbi vivono proprio dappertutto, ma soprattutto scopriamo che, viste da così vicino, le cose non sono come siamo abituati a pensarle.

non leccare questo libro

Le immagini del libro, infatti, integrano le illustrazioni dei microbi ad autentiche foto al microscopio che ci mostrano le fibre tessili e della carta, la superficie dei denti, le cellule dell'epidermide.

non leccare questo libro

Questa materia così frastagliata, ricca di fessure e di picchi, ci appare improvvisamente più vulnerabile. Non sembra più così strano che possa accogliere piccoli ospiti che non vediamo, con le loro attività che in un modo o nell'altro influiscono sulla nostra vita (ad esempio, formando la carie).

Non leccare questo libro Ã¨ una pubblicazione breve, che non va in profondità, non approfondisce le diverse tipologie di microrganismi e il loro ruolo, limitandosi invece a qualche esempio. Non menziona malattie, né la funzione "buona" di alcuni batteri.
Ha però il pregio di aprirci le porte di un mondo che non riusciamo a vedere, di farci vedere le cose con occhi nuovi, di rendere divertente, curioso e tangibile un argomento che potrebbe altrimenti risultare troppo impalpabile.
Una bella occasione per dare concretezza a tanti discorsi da cui siamo circondati in questi giorni.

PS: Se l'argomento interessa ai vostri figli, non dimenticate  Mini. Il mondo invisibile dei microbi, di Editoriale Scienza, un piccolo gioiello di divulgazione scientifica di cui avevo parlato qui.


 
Per noi "grandi" è tutto semplice: vogliamo dire una cosa, la diciamo. Ci dicono una cosa, la ascoltiamo.
La padronanza del linguaggio è un'acquisizione che diamo per scontata, ma che investe incontrollabilmente ogni ambito della nostra vita.

Per un bambino, un neonato da poco affacciato al mondo, le cose stanno diversamente. La comunicazione è incerta e la parola non è necessariamente il suo veicolo privilegiato. E se lo è, non lo è come la intendiamo noi, con la sua stretta corrispondenza tra significante e significato.

No: per un neonato la parola è prima di tutto voce. Voce di mamma, voce di qualcuno che si prende cura di lui. È musica, suono, ritmo.
È sensazione, al pari forse di una carezza, e acquista ancora più valore se accompagnata dal contatto fisico che ne conferma la valenza affettiva.
Ecco perché a questa età la poesia, con la sua musicalità, è così importante, così come importante è quel linguaggio fatto di coccole e massaggi che l'adulto che lo accudisce utilizza con lui.

Le nostre nonne conoscevano un grande patrimonio di filastrocche, spesso in dialetto, che si accompagnavano a gesti, a giochi, a dita da tirare e palmi da solleticare, dando forma alla coccola attraverso voce e contatto. Recuperare questa forma di comunicazione significa creare una connessione più profonda con i neonati, parlare la loro lingua fatta di sensazioni, e non soltanto la nostra, fatta di simboli.

a fior di pelle

A fior di pelle (edizioni Lapis) è un libro costruito su questo linguaggio. Quello delle nostre nonne, quello dei neonati.
Chiara Carminati ci propone dodici poesie che sembrano nate per essere accompagnate da gesti e massaggi. Accanto a ogni poesia, Massimiliano Tappari ha completato il quadro con una foto in bianco e nero, spesso sfuocata, come un dettaglio guardato da troppo vicino: sono le parti del corpo a cui la poesia si ispira.

a fior di pelle

Alluce chiede alla tua mano
I miei fratelli come li chiamo?
[...]
Toccali tutti e poi scegli tu
Con quali nomi li ami di più.
E mentre gli occhi leggono, le mani solleticano e ruotano una ad una le dita dei piedi, in un gesto che è carezza, divertimento, ma anche esperienza, perché insegna al bambino a prendere consapevolezza di sé e del proprio corpo.

La voce di chi legge, lo sguardo che si posa sulle fotografie, il tocco del massaggio: la lettura di A fior di pelle è un'esperienza polisensoriale che avvicina mamma (o papà) e bimbo.
Le parole accarezzano con il loro ritmo e allo stesso tempo suggeriscono, con il loro significato, i gesti che l'adulto può compiere sul bambino: fare "la formichina" sul braccio, infilare un dito tra i capelli, girare attorno all'ombelico.

Le foto, così ravvicinate da dare una sensazione quasi sensoriale di immersione, aiuteranno il bimbo a ritrovare la filastrocca preferita, a indicarla al genitore, magari per chiedere una coccola: il formato del libro, quadrotto e cartonato, è perfetto anche per essere maneggiato dai piccoli in autonomia.

a fior di pelle

A fior di pelle crea un'esperienza condivisa che nasce nei primi mesi ma continua nel tempo. Se alcune poesie suggeriscono infatti semplici carezze, altre invitano al gioco (ad esempio, con i pugnetti che nascondono qualcosa), o all'interpretazione fantasiosa di un elemento (l'occhio che sembra un pesce, il nasino che sembra un igloo), e risultano perfette anche per bimbi più grandi.

a fior di pelle

A fior di pelle ci insegna le tante lingue in cui comunicare una carezza. Lingue che non hanno bisogno di interpreti, se non l'amore.


Ci sono libri che tutti conoscono, in qualche modo, anche senza averli mai letti. Chiamiamoli classici, se volete.
Eppure, i classici andrebbero letti. Non tanto per la storia, che bene o male ci è arrivata, attraverso film, riduzioni, racconti orali e perfino modi di dire (non serve certo il testo originale per capire l'espressione "Essere un Peter Pan"), quanto perché la loro lettura può ancora sorprenderci, nonostante tutto ciò che sappiamo già.

peter pan

La nuova edizione di Peter Pan, l'originale Peter Pan di James Matthew Barrie, pubblicata con la solita cura editoriale da Lupoguido, è stata per me l'occasione di (ri)scoperta di un classico che di sorprese ne contiene parecchie.

peter pan

Quando si prende in mano un romanzo del 1911 ci si aspetta probabilmente una scrittura compassata, forse pomposa, e magari un certo manicheismo nella distinzione tra buoni e cattivi.
Poi si inizia a leggere, e tutte le aspettative mutano.

A dispetto della prosa a tratti complessa, soprattutto nei molti sottintesi, Peter Pan Ã¨ un romanzo modernissimo, nei contenuti e in certe forme espressive.
L'incipit, forse l'elemento più noto anche a chi non ha letto il romanzo, è memorabile:

Tutti i bambini, tranne uno, crescono.

Da qui, entriamo in un mondo in cui le metafore si fanno concrete e non c'è nulla si strano nel vedere un cane nei panni di bambinaia. Un mondo in cui lo straordinario è narrato con l'aplomb del cronista, che non disdegna un po' di humour, ma senza darlo troppo a vedere e mantenendo un tono compassato che la traduzione di Marta Barone sa rendere egregiamente.

"È abitudine serale di ogni buona madre, dopo che i suoi figli si sono addormentati, di rovistare nelle loro menti e raddrizzare le cose per la mattina dopo, rimettendo a posto i vari oggetti che se ne sono andati in giro durante la giornata"

È lì, nella mappa delle menti dei bambini, che si trova L'isola. L'isola è una proiezione individuale, eppure diventa condivisa quando i fratelli vi si trasferiscono, seguendo in volo Peter.
Sono questi scarti tra concetti metaforici e oggetti della narrazione a rendere il romanzo a tratti complesso, e per questo ne consiglio una lettura condivisa, anche con bimbi grandicelli, di 7-8 anni.

peter pan

Superato questo scoglio, tuttavia, si dipana un universo di avventure che tiene col fiato sospeso, un mondo di sogno, reso ancor più affascinante dalle illustrazioni di Tatjana Hauptmann, dai toni notturni e crepuscolari, con forme morbide e prive di contrasti e frequenti prospettive a volo d'uccello, come se fossimo tutti spettatori volanti delle vicende dell'Isola che non c'è.

peter pan

Non fa sconti, James Matthew Barrie, né agli adulti, né ai bambini, che in Peter Pan sono presentati e descritti in tutti i loro vizi e debolezze.
Impossibile non sorridere di fronte ai vacui dialoghi tra Mr e Mrs Darling, genitori di Wendy, ma anche non restare spiazzati di fronte a certe descrizioni sui piccoli, esplicitamente etichettati come egoisti (tutti i bambini lo sono, secondo Barrie).
Oggi diremmo probabilmente "egocentrici" o "egoriferiti", annegando però nel mare del politically correct quel briciolo di cattiveria che rende questo romanzo tanto moderno.

Così moderno che oggi, di questi romanzi, non ne scrivono più.


La paura nasce da dentro.
E da dentro, a volte, trasfigura tutto quello che c'è fuori. Un'ombra diventa un mostro, un suono lontano si fa minaccioso, i nostri sensi vengono ingannati e percepiscono pericoli anche nella quotidianità.

E se Anthony Browne

Con E se...? (pubblicato in Italia da Camelozampa con traduzione di Sara Saorin) Anthony Browne mette in scena la paura, senza analizzarla, senza raccontarla a voce, senza nemmeno demonizzarla.
La attraversa, la fa vivere, la sa rendere perfino curiosa, interessante. Artistica.

Joe, un bambino, sta per andare alla sua prima festa di compleanno, accompagnato dalla madre, ma la situazione, per lui nuova, lo spaventa.
Inoltre, ha dimenticato l'invito e non ricorda il civico della casa.
Lo vediamo muoversi un po' impacciato, con il regalo in mano. I suoi dubbi si manifestano in continue, incalzanti domande alla madre:
"E se alla festa c'è qualcuno che non conosco?"
...
"E se non mi piace quello che c'è da mangiare?"


E se Anthony Browne

Ma c'è una seconda manifestazione delle sue paure, non verbale, e proprio per questo più piena.
Lungo la via, mamma e figlio si fermano a sbirciare dalle finestre delle case che incontrano, per trovare quella giusta.

Anthony Browne è un maestro nel farci entrare con cuore e animo nella scena. Ci fa camminare lungo la strada deserta, al buio, mostrandoci una luce che brilla da una finestra. Poi, nella pagina successiva, la finestra diventa una cornice che invade l'intero spazio della doppia pagina, e ci proietta dentro una casa estranea, con curiosità e stupore.

E se Anthony Browne

Quello che vediamo nelle case degli altri ha contorni onirici e surreali, non sempre immediatamente percepibili.
I due anziani che leggono, seduti sulla poltrona, sembrerebbero due anziani qualunque, ed è solo osservando che iniziamo a notare dettagli insoliti, come due strane antenne sulla testa di lui.

La narrazione ci tiene in equilibrio su un filo tra curiosità e inquietudine.
Leggendo, cerchiamo di anticipare quello che vedremo dentro le case, di riconoscere le sagome dietro la finestra, cogliere indizi dalla facciata.

E se Anthony Browne

Quello che troviamo dentro, però, assume sempre contorni inimmaginabili: un elefante che occupa l'intera stanza, i personaggi di un quadro di Bruegel sulla plancia di gioco di "snake and ladders".

E se Anthony Browne

Sono reali, le cose che vediamo, o sono l'espressione delle paure di Joe?
Il libro non interpreta, si limita a mostrare. Nemmeno i protagonisti commentano. Tutto si snoda tra l'emozione e l'incanto artistico delle immagini, mentre la struttura della narrazione si ripete uguale a se stessa: prima le domande di Joe alla madre, poi la casa vista da fuori, infine lo sguardo dentro la finestra. Finché i due non arrivano alla casa dell'amico di Joe, e improvvisamente tutto si fa normale e rassicurante.

Joe entra felice tra i suoi amici, ed è la madre, che finora ha cercato di infondere serenità al figlio, ad essere preoccupata ora: si divertirà, il bambino? Starà bene?
La dimensione così estranea e oscura vissuta durante il percorso si dipana nelle ultime immagini, dove un primo piano di Joe ci accoglie felice e luminoso.
Ogni paura è passata, è rimasto soltanto il divertimento della festa.

E l'emozione delle immagini di un grande autore, che il lettore si porta dentro.


Uno dei grandi rischi della comunicazione online è la riduzione di un argomento a slogan.
Chi legge si abitua a non riflettere sulla complessità delle cose, a prendere posizione in modo polarizzato, ma anche a non mettersi in gioco, pensando che un "like" o una condivisione possano essere sufficienti.
È un'abitudine che sta prendendo piede in molti adulti, ma è ancora più pericolosa nei bambini, che in questo mondo, con questa tipologia di trasmissione delle informazioni, sono nati e stanno crescendo.

un pianeta pieno di plastica

"No alla plastica" è forse lo slogan più frequentato negli ultimi tempi.
Ma chi lo usa sa cos'è la plastica? Sa perché viene utilizzata? Sa cosa significa, nel concreto, quel "no"?
Un pianeta pieno di plastica, di Neal Layton, da poco pubblicato da Editoriale Scienza, racconta con chiarezza e semplicità tutto quello che gira attorno a questo slogan: cosa viene prima, cosa viene dopo, cosa ci sta attorno.

un pianeta pieno di plastica

Primo passo: riconoscere la plastica attorno a sé. Il che non è affatto scontato: siamo tutti abituati a usare gli oggetti senza porci tante domande.
Il messaggio passa attraverso semplici esempi illustrati, grazie ai quali scopriamo cose che non per tutti sono scontate, ad esempio che anche i tessuti in nylon e in microfibra sono di plastica.

un pianeta pieno di plastica

Secondo passo: capire da dove arriva la plastica, e perché è così diffusa.
Il linguaggio è sempre allegro, le illustrazioni colorate, il tono accattivante, il che rende molto più efficace la trasmissione delle informazioni, semplici ma rigorose.

Terzo passo: capire dove stia il problema. Con un'efficace commistione di fotografia e illustrazione, Un pianeta pieno di plastica descrive cosa significhi "non essere biodegradabile" e che conseguenze possa avere tutto questo per l'ambiente.

un pianeta pieno di plastica

Le immagini sottomarine, che illustrano i pericoli per la fauna oceanica, riescono ad essere drammatiche senza per questo essere paurose, e danno concretezza a tante parole sull'argomento.

un pianeta pieno di plastica

Last but not least: capire cosa fare, perché manifestare in piazza o mettere un like sui social media non basta.
Ecco allora che, con esempi pratici e immediati, Un pianeta pieno di plastica spiega cosa significhino, nel concreto, le tre "erre": ridurre, riutilizzare, riciclare.
E va oltre, accennando alle ricerche e al lavoro di chi, nel mondo della ricerca, sta cercando nuove soluzioni a questo problema: un modo per raccontare la scienza e scoprire il suo lato creativo, la sua capacità di pensare oltre gli schemi.

un pianeta pieno di plastica

Un pianeta pieno di plastica Ã¨ diretto, concreto, leggero nel trattare un argomento serissimo. E no: quest'ultimo punto non è affatto un controsenso, perché è ben noto ormai che una narrazione terroristica non faccia altro che alzare le barriere di chi la riceve, rendendo il messaggio inefficace.
La plastica non è una catastrofe di fronte alla quale non possiamo fare nulla: è un problema che siamo in grado di affrontare e risolvere, facendo ognuno la propria parte.

La consapevolezza è sempre la base di partenza più importante per promuovere il cambiamento. Ecco perché trovo importante imparare a distinguere i materiali degli oggetti che ci circondano: un'operazione che normalmente non siamo portati a fare, se non quando dobbiamo scegliere in che bidone gettarli.
E così ho pensato a come rafforzare questa capacità con una semplice attività, naturalmente a impatto zero. Si parte da una rivista (io ho usato un celebre catalogo di arredamento) e si ritagliano le foto degli oggetti che vi si trovano.

plastica

Si preparano poi etichette per ogni materiale: plastica, vetro, legno, metallo, ceramica.

plastica

Si appoggia l'etichetta a un contenitore e si invita il bambino a suddividere gli oggetti secondo il materiale di cui sono fatti. L'attività può essere facilmente trasformata in una sfida tra due o più bambini.

plastica

Alla fine del gioco, i ritagli vanno nella carta, mentre i contenitori, di qualunque materiale siano, andranno riutilizzati. ;)



Quando si parla di lettura dialogica, ci si riferisce a quella speciale relazione che si instaura tra genitore e bambino nel leggere un libro, con bimbo e adulto che si inseriscono nel flusso del testo per chiedere, rispondere, commentare ciò che stanno leggendo, stimolando un approccio attivo al libro.

E se fosse il libro stesso a dialogare con il bambino?

Croc croc mordicchia

È quello che accade con Croc croc mordicchia! di Lucie Phan, Terre di Mezzo editore.
Da subito, il protagonista si rivolge direttamente al lettore, guardando dritto oltre la pagina. Come fosse un bimbo incontrato al parco giochi, il coccodrillo inizia a fare domande per fare la sua conoscenza.

Croc croc mordicchia

La struttura del libro prevede che il bimbo risponda, ad alta voce, perché poi, alla pagina successiva, il coccodrillo darà un feedback alla sua risposta, raccontando qualcosa di sé.

Il piccolo lettore, inizialmente spiazzato, sospende presto la sua incredulità, entrando nel gioco e presentandosi al coccodrillo, divertito dal fatto che il protagonista di un libro parli proprio a lui.

Croc croc mordicchia

La struttura prosegue in modo semplice, con una perfetta cadenza binaria domanda/risposta, finché a un certo punto il ritmo cambia: Croc Croc risponde con un commento, poi con un'altra domanda:

E il tuo cibo preferito?
Mmm, sembra buono...
Invece tu sai qual è il mio cibo preferito?

Il rallentamento crea un'attesa che esplode poi, narrativamente e materialmente, in una sorpresa: una pagina pop-up in cui Croc Croc sembra lanciarsi a bocca aperta sul piccolo lettore.
Uno scherzo che si scioglie poi in quarta di copertina, dove il coccodrillo rivela la sua burla, ma che coinvolge il bambino e lo diverte molto.

Croc croc mordicchia

Croc croc mordicchia! (peccato per il piccolo spoiler nel titolo! Ma confidiamo che i piccoli non ne vengano influenzati), cartonato semplice da maneggiare autonomamente anche per i piccoli, si inserisce nel filone dei libri interattivi (qui altre recensioni) inaugurato da Tullet, capace di catturare anche lettori vivaci e poco propensi all'ascolto.

Potete giocare con i bambini a creare simili sorprese, nascoste tra le pieghe della carta, con un semplice

biglietto pop up


Piegate un foglio di carta due volte in senso orizzontale, a fisarmonica, lasciando uscire un lembo di carta dal margine inferiore.

biglietto pop up

Tenendo il foglio piegato, disegnate un coccodrillo, facendo corrispondere la metà della bocca all'apertura della carta.

biglietto pop up

Aprite, e disegnate la bocca (con qualcosa dentro, come un piccolo pesce), poi fate colorare al bambino (se è grande, potrà occuparsi anche del disegno).

biglietto pop up

È così che un innocuo coccodrillo potrà spalancare le fauci e farci scoprire cosa si è mangiato.

biglietto pop up

Attività da ripetere a piacimento, con tutti gli animali che riuscite a immaginare.


Hanno più di 30 anni, ma non li dimostrano neanche un po'.
Era il 1987 quando Helen Oxenbury ha pubblicato All fall down, Clap Hands, Tickle tickle e Say Goodnight, quattro libricini pensati per manine e orecchie piccole piccole.

cartonati helen oxenbury

Mondadori oggi li ha portati finalmente in Italia: si chiamano Tutti giù per terra, Batti le manine, Che solletico!, e Buonanotte e hanno il tocco autoriale della traduzione di Chiara Carminati.

cartonati helen oxenbury

Non li dimostrano, 30 anni, questi quattro cartonati, perché sono piccoli libri con un grande coraggio.
Il coraggio di essere semplici e brevi, innanzitutto. Ogni libro riporta una filastrocca, otto pagine in tutto, risguardi compresi: è quel che serve per creare un ritmo perfetto fatto di inizio, svolgimento e conclusione.

Sono libri moderni e coraggiosi, dicevo, perché hanno il coraggio di essere multietnici. I piccoli protagonisti, che ricordano molto quelli di Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini, della stessa autrice, hanno colore della pelle e tratti somatici tra i più vari, e così anche gli adulti che li accudiscono, uomini e donne, indifferentemente. Una varietà allegra, viva, universale.
Non ci si chiede che rapporti abbiano tra loro, perché siano insieme, chi siano gli adulti con loro. La loro vitalità annulla ogni domanda.

cartonati helen oxenbury

Infine, questi libri hanno il coraggio di essere dinamici, anche nel taglio delle illustrazioni, che non si curano di far stare tutto all'interno della pagina, ma lasciano fuori, all'occorrenza, pezzi di testa, di braccia e di piedi, come foto scattate in fretta nel bel mezzo dell'azione.

cartonati helen oxenbury

In questo turbinio di gesti, movimenti e visi in cui il bambino si riconosce, si inseriscono parole ricche di ritmo e di musicalità, che la Carminati ha tradotto con grande ricchezza di suoni e di senso, dando a ogni libro la sua peculiare chiave di lettura.
C'è Tutti giù per terra, che sembra un girotondo: viene da cantarlo, leggendo.
Buonanotte, ricco di riferimenti spaziali (su e giù) e di movimento, finché l'azione non si placa e i bimbi, sfiniti, si addormentano.
Batti le manine è un catalogo di gesti da guardare e ripetere, con un ritmo di rime serrato.
E infine Che solletico!, una festa di suoni evocativi e di onomatopee, dal gioco nel fango al bagnetto, per poi concludersi con le coccole finali.

È la lingua dei più piccoli: non serve comprenderne le parole per accoglierla, entra a volte come un fiume, altre come un tamburo, parla con la sua sonorità:
Molle melma meraviglia,
lava sciacqua strizza e striglia.
La varietà e la ricchezza di questi codici che si incontrano – immagini, suoni, significati – regalano a questi libri non una, ma molte vite, per fare sì che accompagnino i bambini a lungo.
Nei primi mesi, sono rime che cullano, attraverso la voce di mamma, filastrocche da mandare a memoria e da recitare anche senza il supporto delle illustrazioni.
Via via che il bimbo cresce, diventano anche immagini da esplorare in autonomia (il formato è piccolo, quadrato, cartonato e con gli angoli stondati, semplice da maneggire), ma anche giochi di movimento da fare insieme, ripetendo i gesti dei bimbi.

cartonati helen oxenbury

Mi resta una nota da fare, personale ma in qualche modo universale.
Chiara Carminati, come me, è friulana, e nel finale di Che solletico! non ho potuto non notare il "ghiti ghiti" (termine friulano, appunto, per la parola "solletico"): una scelta di traduzione forse non ortodossa ma estremamente efficace nel trasmettere con il suo suono non soltanto il senso del gesto, ma anche il suo affetto.
È la forza della poesia, quando si rivolge ai bambini: è una lingua mamma, una lingua del cuore.

       
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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