Nuvole in scatola
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Uno degli aspetti più difficili, e più affascinanti, del lavoro di insegnante e di educatore, è avere a che fare con una materia viva, sempre diversa, sempre unica.
Non c'è un bambino uguale a un altro, non esiste un metodo universale, non c'è approccio che funzioni per tutti.


Gabriele Clima lo racconta con delicatezza e semplicità in Il bimboleone e altri bambini (edizioni Corsare). L'incipit spiega già tutto:
Quanti sono i bambini del mondo? Tanti, tantissimi, e tutti diversi…
Sappiamo così che quello che segue non è un campionario chiuso e completo, ma più un elenco di suggestioni da cui partire quando si conosce un nuovo piccolo uomo.

Ed è un elenco coinvolgente, efficace, ricco di spunti profondi da cogliere.


A ogni "tipologia" di bambino è associato un animale, e di ogni "bimboanimale" vengono descritte le caratteristiche distintive. Ogni presentazione, infine, si conclude con un suggerimento, un approccio da adottare "per farlo felice".

E così c'è il bimbo pesce, che parla poco, come fosse chiuso nella sua boccia, o il bimbolepre, scattante e sempre di corsa.


Poetici e leggeri al tempo stesso, i testi abbozzano i tratti di questi bimbianimali facendoci entrare in punta di piedi nella loro mente, per vedere le cose dal loro punto di vista, per capire che alcuni comportamenti sono semplicemente manifestazioni delle loro esigenze.
Cosa aspetta? Cosa sente? Cosa prova ogni bimbo? Ma anche: cosa si sente dire dagli adulti?

"Sbrigati, scansati!" gli gridano i grandi.
Ma il bimbotartaruga ha piccoli piedi;
e i piccoli piedi studiano ogni cunetta del mondo.

E poi, per ogni bimbo, c'è quel finale, quel suggerimento: parole che non spiegano cosa fare per farsi ascoltare, per cambiarli, per ottenere qualcosa, no: si parla solo di "farli felici".
L'approccio passa quindi attraverso la comprensione, l'empatia, l'accoglienza delle differenze che si fanno ricchezza. Lo scopo non è indirizzare o inculcare, ma aiutarli a trovare la loro strada. Perché è quella, l'unica strada vincente.
Per far contento un bimbotartaruga...
non mettergli fretta. Potrebbe stupirti
e tagliare il traguardo prima di un bimbolepre.


Anche i comportamenti all'apparenza più fastidiosi trovano una loro collocazione, nell'espressione di un bisogno che forse, a volte, basta semplicemente capire.
Per far felice un bimbozanzara devi...
dargli un orecchio ogni tanto 
in cui fare zzz... zzz...



A queste parole, sempre perfettamente pesate, si accompagna la potenza espressiva delle illustrazioni di Giacomo Agnello Modica, che ci mostra bambini reali, dagli abiti vintage, ma dagli sguardi senza tempo, completamente catturati dai propri pensieri e dalle proprie sensazioni, ignari del resto del mondo (o almeno di quella parte che a loro non interessa) intenti ad esprimere totalmente il loro essere bambini.

Più che un catalogo, Il bimboleone e altri bambini è una chiave di lettura, un suggerimento per comprendere tratti di un carattere che non sono fissi né definiti: ogni bambino può riconoscersi in più animali nel corso della sua vita, o perfino nello stesso momento.

Il bimboleone e altri bambini è un perfetto regalo di fine anno per una maestra che ha saputo cogliere le differenze e accompagnare ogni bambino nel proprio percorso.
È un albo ricco e commovente che l'adulto può leggere da solo, ma è anche un'ottima base di partenza per progetti scolastici sull'identità e la consapevolezza di sé.

Qualche idea per un biglietto con cui accompagnarlo? Eccole.

1. il biglietto-zoo

Prendete una foto di classe e fissateci sopra, da un lato (in modo da lasciare che sia apribile), una gabbia di cartoncino nero.
Il messaggio potrà essere qualcosa di spiritoso come "Auguri dallo zoo della nomedellaclasse".


2. Il biglietto con le finestrelle.

Usate due cartoncini: su uno (la base) attaccherete le foto di ogni bambino, sull'altro disegnerete tanti animali, uno per bimbo, e li ritaglierete in modo che, sollevandoli a finestrella, rivelino la foto sottostane.
Il messaggio? Può rifarsi all'albo e sarà allora un "grazie per aver trovato la chiave per renderci felici"


3. La maestranimale

Con bimbi un po' più grandi, potete rovesciare il gioco: la maestra che animale è? E perché?
Filtrate le risposte, però: potrebbero essere involontariamente (o anche no) comiche.


Avete presente qualcuno di quei meme che mettono a confronto le aspettative su qualcosa con la realtà dei fatti?
Ecco, la vita di un genitore è almeno al 60% così: fatta di immagini idilliache puntualmente smentite dai fatti. E non ci sono soluzioni se non quella, universale e sempre valida, dell'autoironia.



Lo ha raccontato con la solita maestria un grande autore come Quentin Blake, nel suo Zagazoo, albo del 1998 portato in Italia da Camelozampa nel 2016  e vincitore di un meritatissimo Premio Andersen nel 2017.

Zagazoo racconta la storia di George e Bella, una coppia equilibrata ed affiatata, a cui un giorno arriva un bimbo: Zagazoo.
E quando dico "arriva" intendo proprio che viene recapitato loro per posta, con un pacco, come un oggetto che era stato ordinato.


E all'inizio Zagazoo è proprio questo: poco più di un giocattolo, un essere arrivato per farli felici. E come un bambolotto i due se lo lanciano allegramente.


Ben presto, iniziano però le sorprese. Una mattina i due si svegliano e il piccolo Zagazoo si è trasformato in un cucciolo di avvoltoio che lancia strilli tremendi.


E non appena i due si sono abituati agli strilli, Zagazoo diventa un elefante che travolge tutto ciò che incontra.


Seguono le trasformazioni in facocero, drago sputafuoco, pipistello lamentoso, mostro peloso.
E ci sono periodi in cui Zagazoo riesce ad essere tutte queste cose assieme.

Le reazioni dei due genitori oscillano tra smarrimento, sgomento, curiosità e disperazione.
Finché un giorno, Zagazoo si mostra come "un giovanotto dalle maniere impeccabili".
Ma la storia, naturalmente, non finisce qui, e l'albo riserva ancora ai lettori qualche ironica sorpresa.


Nella sua forza tragicomica e nella sua potente ironia, Zagazoo riesce a cogliere molti aspetti cruciali della genitorialità, dal ritrovarsi in casa un essere completamente fuori controllo all'affrontare i continui mutamenti che colgono ogni bambino (e che tipicamente avvengono appena hai trovato un modo per gestire il cambiamento precedente).

È un albo adatto soprattutto ad adulti (magari neogenitori) che abbiano bisogno di stemperare con l'ironia le piccole e grandi difficoltà che si trovano ad affrontare, ma potrebbe essere anche un modo per entrare in empatia con un bambino abbastanza maturo da coglierne il senso, raccontandogli un po' delle proprie fragilità di genitori.
Zagazoo ci aiuta a sorridere davanti a una grande e non sempre facile verità: i bimbi non sono nostri, non sono fatti a nostra immagine, non crescono come ci eravamo aspettati facessero. Ma è la vita, ed è meravigliosa anche per questa sua imprevedibilità.

Lo stesso concetto, da un diverso punto di vista, l'ho ritrovato da poco in Frullato, un albo di Silvia Speranza e Virginie Soumagnac uscito recentemente per Zoolibri. L'argomento è sempre quello: un nuovo arrivo in famiglia, ma il punto di vista è stavolta quello del fratello maggiore.


Il bambino mette a confronto gli animaletti domestici dei suoi amici con la sorellina che gli è arrivata, e che sembra essere un mix di tanti animali.


Graffia come un gatto, morde come un cane, urla come un merlo indiano e così via.


Per questo il protagonista la chiama Frullato, e la percepisce come un elemento estraneo, di disturbo, una bestiolina infestante che invade gli spazi e provoca disagi di vario genere.


Tutto questo finché "Frullato" si ammala, e per la prima volta il fratello la vede ferma e inerte sul divano. Un piccolo gesto d'affetto fra i due gli apre gli occhi: Frullato ora è Giorgia, sua sorella, e il finale lascia presagire (con una soluzione forse un po' troppo semplicistica) l'inizio di un nuovo rapporto di complicità tra i due.

Interessante l'utilizzo dei risguardi: quello iniziale pieno di animaletti, quello finale con i due protagonisti, fratello e sorella, che giocano assieme.

Pur non amando i libri che propongono storie di gelosia tra fratelli, e semplici quanto improvvise risoluzioni (non si "impara" ad amare un fratello perché lo si è letto su un libro!), trovo che Frullato abbia il pregio di andare un po' oltre gli schemi classici di rivalità per l'amore di mamma e papà, che in questo albo sono assolutamente marginali, per proporre un punto di vista curioso, che tocca corde autentiche.

Il nuovo arrivo in famiglia sconvolge per il suo essere diverso da come lo si attende, e spesso presenta tratti più animali che umani: è incontrollabile, comunica con urla e non con parole, esplora e si esprime con la totalità del corpo, privo ancora di educazione e di schemi sociali.

Così diversi per punto di vista, target, intento e dimensione ironica, Zagazoo e Frullato colgono nella nascita di un bimbo un fattore universale eppure così poco conosciuto da chi non l'ha vissuto: quello che entra in casa non è ancora parte della famiglia, ma un essere sconosciuto, spesso fuori controllo, con una sua vita e una sua personalità, che rompe gli equilibri e costringe tutti a ripensare i propri spazi e i propri tempi.

L'espressione "cucciolo d'uomo", insomma, ha un grande fondo di verità.


Da lontano, si sa, certe cose si vedono meglio. Si può perdere forse qualche dettaglio, ma si percepisce molto più chiaramente il quadro d'insieme, e forse il senso delle cose.



Ventimila leghe sopra i cieli di Andrea Valente (Lapis edizioni) è esattamente questo: un viaggio, o meglio una scampagnata, veloce e spensierata, senza troppi bagagli da portarsi appresso, fuori dalla Terra, per guardare da lontano questo nostro pianeta e i suoi abitanti.



Il libro è una raccolta di sedici tra scritti, racconti e filastrocche, che spaziano tra Terra, luna e pianeti vari, in bilico tra scienza e fantasia, sempre con un punto di vista insolito sulle cose.
Si parte da una versione del tutto apocrifa della cosmogonia, in cui Dio si approccia alla creazione passando attraverso vari tentativi, amalgamando ingredienti diversi come carne macinata o farina doppio zero, prima di scegliere i quattro elementi e formare infine la Terra.

E di questa Terra appena creata, vediamo nel libro vizi, virtù, incoerenze e piccole assurdità. Soprattutto, cogliamo la relatività di tutte le cose, perché in questo confronto continuo tra il nostro pianeta e lo spazio ogni cosa appare ridimensionata.

Il sindaco del paese di Giove si trova faccia a faccia col sindaco di Giove (il pianeta), mentre un avventuroso viaggiatore terrestre incontra un pubblico di curiosi extraterrestri che gli chiedono perché abbia proprio due gambe e cosa ci faccia il naso in mezzo al viso e non sotto l'ascella (infilandosi il naso sotto l'ascella, l'avventuroso viaggiatore trova la risposta a questa domanda).
E ancora, come in una barzelletta, un tedesco, un francese, un inglese, un italiano, un americano e un giapponese si trovano al bar, in compagnia di un extraterrestre, ognuno pronto a raccontare i pregi del proprio popolo, che ritiene superiore agli altri.



Tutto improvvisamente sembra meno scontato: il modo in cui siamo fatti, le nostre abitudini. Chi l'ha detto che le cose siano per forza giuste e normali così?
Andrea Valente non ce lo chiede esplicitamente, non moraleggia mai. Preferisce raccontare, e farci sorridere, con il suo stile ironico e la sua scrittura arguta, ricca di battute e giochi di parole.

Ventimila leghe sopra i cieli impasta sapientemente immaginazione e umorismo con nozioni di astronomia e di mitologia, infilandole un po' qua un po' là tra racconti e filastrocche, come nello spassoso alfabeto galattico, tra la A di astronave, la B di big bang e la Z di Zenit, o nella storia in cui gli dei dell'antica grecia si spartiscono i pianeti (Marte a Marte, Venere a Venere e così via).

I brani, tutti indipendenti l'uno dall'altro, sono brevi, di poche pagine l'uno, e introdotti da una sola illustrazione, allegra e colorata. Il testo lascia così spazio all'immaginazione di chi legge, guidata da descrizioni leggere e mai eccessive.

Guardando la Terra dal cielo, insomma, si impara qualcosa e si scopre, sorridendo, che non c'è un unico modo di vedere le cose.
Le costellazioni, ad esempio: cosa c'è di più arbitrario? Tanto che in uno dei racconti, il protagonista vede in Orione una caffettiera. Come dargli torto? Anche a me quell'insieme di stelle ricorda più una gigantesca moka che un cacciatore (o è la mia insaziabile voglia di caffè a parlare?).
Peccato che, ai tempi in cui la storia è ambientata, le caffettiere non fossero ancora state inventate, e dunque il protagonista non potesse essere preso sul serio dai suoi interlocutori.



Eppure questa è una cosa che ho sempre pensato, guardando le stelle: ma perché gli antichi si sono inventati proprio quelle costellazioni e non altre?
È uno dei tanti spunti di riflessione che lascia questo libro, tra una risata e l'altra.

l'inventacostellazioni.


Ho preso allora una carta celeste e l'ho ricalcata omettendo di segni di unione tra le stelle, che formano, appunto, le costellazioni.
Ne ho messe due copie in un foglio pdf pronto da stampare, se volete giocare con le stelle anche voi (non me ne vogliano gli astronomi, ma ho preso una carta celeste a caso, di cui non conosco le coordinate, e con ogni probabilità ho anche omesso qualche astro importante nel ricalcarla).

Basta una matita per giocare poi al classico "unisci i puntini", ma stavolta senza i numeri prestampati: sarà la nostra immaginazione a vedere le forme.

Io ho trovato: la costellazione della volpe.



Quella dell'elefante.



Quella del calciatore che esulta.



Che poi sta lì, dalle parti di Orione anche lui.
Sicuramente per riuscire a segnare si sarà fatto un buon caffè.


Da storica fan di Piero Angela e avida lettrice di saggi divulgativi, ho sempre il cruccio di come la cultura scientifica sia spesso considerata di serie B, in Italia. Sembra che zoppicare in matematica, non avere basi di statistica, considerare la biologia roba da iniziati sia in qualche modo più lecito che, ad esempio, avere conoscenze incerte di storia.
E questo atteggiamento, purtroppo, si riflette sui programmi e le scelte su cui si regge il nostro sistema scolastico.


Uno dei motivi per cui amo Editoriale Scienza  è proprio il suo progetto di ridare dignità a questa branca del nostro sapere, e di farlo nel modo più incisivo: coltivando il lato scientifico dei bambini fin da piccoli.
In fondo, ogni bimbo nasce un po' scienziato: sperimenta i sensi, la gravità (lanciando oggetti dal seggiolone), i rapporti causa-effetto (se piango la mamma mi prende in braccio!).

Una delle ultime novità di questa casa editrice nasce proprio per catturare i bambini più piccoli, già dai due-tre anni, insegnando loro i primi concetti scientifici, per abituarli a pensare e a chiedersi come funzionano le cose, e perché sono fatte così.
La collana Scienza baby fa il suo esordio con due titoli: Anatomia e Botanica.



Già a partire dal formato, si capisce che sono dedicati a bambini che vogliono sperimentare, in prima persona: si tratta di cartonati quadrati di 18 cm, nati per essere maneggiati e manipolati e non solo per essere tenuti in mano dai genitori.

E anche il contenuto si presta a una duplice fruizione: dopo qualche lettura mediata dall'adulto, il bambino potrà sfogliare i libri da solo, perché le immagini, coloratissime e accattivanti, sono anche molto chiare, dirette ed esplicative.
Dato il target a cui sono indirizzate, queste proposte non entrano con profondità nei meccanismi e nelle spiegazioni, ma forniscono un primo approccio, una prima spiegazione sul funzionamento delle cose e un primo panorama sul lessico corretto per indicare le parti in gioco.

Botanica-Scienza baby ci fa scoprire ad esempio che i semi hanno varie forme e che molte cose di cui già il bambino ha esperienza (come i meravigliosi ombrellini volanti che soffia via dal tarassaco) rientrano in questa categoria.



Ci fa vedere che il sole e la terra nutrono le piante, e come a una crescita sopra la terra ne corrisponda una sotto (le radici).



Racconta di come le api portino il polline di fiore in fiore.



E si chiude, così come l'altro volume, con un'aletta da sollevare, per aggiungere il gioco alla meraviglia delle cose raccontate.



In modo analogo, Anatomia-Scienza baby descrive le parti del corpo, ognuna con le proprie funzioni.



Racconta i sensi e gli organi di senso.



Individua il punto del nostro corpo dove si formano i pensieri.


I testi, semplici, rigorosi ed essenziali, sono punteggiati da affermazioni di stupore ("Che intelligente!", "Non è incredibile?"), quasi a fare da eco alle reazioni del bambino che esplora la meraviglia di fronte a sé.

Scienza baby rappresenta un po' il primo saggio divulgativo da leggere a un bambino, per mostrargli che i libri possono contenere cose meravigliose anche se non raccontano una storia.

E se la scienza è sperimentazione, allora proviamo a fare un passo oltre, affiancando alla lettura esperimenti, giochi ed esplorazioni perché i bimbi tocchino con mano quello che hanno imparato.
Via quindi a orti sul terrazzo, semi da piantare, giochi con i cinque sensi.
Quello che vi propongo oggi è un modello di

api e pollini


Ma senza api che pungano né pollini che facciano starnutire.
Prendete un foglio verde. Ritagliate due (o più) cerchietti bianchi e incollateci attorno un po' di petali colorati per costruire i vostri fiori.


Ora prendete del sale fino, dei bicchieri e dei pennarelli. Versate un po' di sale nei bicchieri. Stappate i pennarelli e usateli per mescolare il sale, finché diventerà colorato (potrete poi sciacquare la punta del pennarello, che tornerà a funzionare come prima).
Scegliete toni dal giallo all'arancio-rosso: questo sale sarà il vostro polline.


Ricoprite di colla vinilica (quanto mi sento Muciaccia ogni volta che lo scrivo!) il centro dei vostri fiori e versateci sopra il polline: a ogni fiore, un polline di colore diverso.
Lasciate asciugare un po' e scuotete il foglio per eliminare l'eccesso di sale.
Potete usare il sale colorato avanzato per fare dei disegni (vi ricordate questo progetto?)


Ora disegnate e ritagliate una piccola ape di carta, avvolgete il polpastrello del dito indice del bimbo di nastro adesivo, tenendo però la parte adesiva verso l'esterno.
Attaccate l'ape sulla parte superiore, sopra l'unghia, mantenendo libera la metà inferiore di nastro adesivo.


E ora, fate volare la vostra ape di fiore in fiore.


Il polline resterà attaccato alla "pancia" dell'ape, proprio come accade alle api vere, e verrà così trasportato sul fiore successivo.

Mi raccomando, questa lezione sulle api e sui fiori non vi esonera da quella di educazione sessuale che vi toccherà fare tra qualche anno. ;)


 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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