Nuvole in scatola
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Uno dei modi per rendere meno traumatico il rientro dalle vacanze è sempre quello di riorganizzare i ricordi raccolti, sfogliare le foto, preparare gli album, rivivere ancora per un attimo le stesse emozioni e sensazioni.
E così voglio fare anche per il "rientro dalle ferie" del blog, rivivendo il nostro ultimo viaggio con la scusa di darvi qualche consiglio su come

viaggiare con i bambini.


Viaggiare, visitare posti nuovi, scoprire città, culture e paesaggi è per me vitale come l'aria, e mi sono rifiutata di trasformare le mie vacanze in "15 giorni in villaggio al mare" con l'arrivo dei bimbi.
Ho peccato semmai, quando il Piccolo T era ancora più piccolo, del peccato opposto, trascinandolo in viaggi e ritmi più miei che suoi, ma si sa: finché dormono nel passeggino è tutto più semplice, e a loro non cambia granché. È quando devono muoversi con le proprie gambe che la faccenda diventa più complicata. Occorre trovare il modo di coinvolgerli, intrattenerli, rendere loro il viaggio più piacevole e divertente, con l'auspicio di crescere ed educare dei piccoli globetrotter.

Come fare? Senza trasformare radicalmente la mia idea di viaggio, io adotto cinque piccole tecniche.

1. condividere l'itinerario.



Prima di partire, sfogliamo insieme un atlante (il nostro, non uno specifico per bambini), facendo vedere il punto di partenza e quello di arrivo, l'itinerario che percorreremo, le diverse tappe, i mezzi che utilizzeremo.
Non manca mai una sfogliata a Mappe, il libro di cui vi avevo parlato qui, per individuare le caratteristiche più curiose del paese che stiamo per visitare.
Infine, per il viaggio, preparo e stampo qualche screenshot di Google maps. Al Piccolo T piace seguire giorno per giorno i nostri spostamenti, anche ripassandoli con un pennarello, per vedere a che punto siamo.

2. trasformare il viaggio in un gioco.


Ci sono mille modi per far diventare un viaggio un piccolo gioco e far sentire i bimbi protagonisti.
Quelli che abbiamo adottato nel tempo, seguendo le inclinazioni del momento del Piccolo T, sono essenzialmente tre:
  • il diario di viaggio. Da scrivere liberamente su un quadernetto (come fa ora il Piccolo T), oppure su fogli prestampati da compilare, indicando ogni giorno tappa, cose viste, cibo, tempo e altri dettagli. Se volete il nostro modello prestampato, è in regalo per chi si iscrive alla newsletter di Nuvole in Scatola.
  • la caccia al tesoro. Qui serve un po' di preparazione. Gli elementi da scovare possono variare secondo il tipo di viaggio che fate, il mezzo che prenderete, il paese che visiterete, oltre naturalmente all'età del bambino. L'essenziale è comporre e stampare un foglio con alcuni elementi da trovare durante il viaggio, elementi che il bambino potrà segnare ogni volta che li troverà.
    In un viaggio in macchina, possono essere le targhe automobilistiche (potete prepararne una lista, oppure stampare una cartina dell'Europa e colorare una nazione ogni volta che vedete un'auto che proviene da lì), oppure i cartelli stradali.
    Per il nostro viaggio in Spagna, poco più di un anno fa, avevo preparato invece un elenco di immagini che rappresentassero alcuni elementi tipici: la paella, il toro, le maracas, il vestito da flamenco, la bandieta spagnola, ecc. Il bambino può giocare da solo o sfidare un altro membro della famiglia a chi trova più elementi.
  • la "sfida". Qui la preparazione è ancora più importante: è fondamentale studiarsi bene il viaggio e le caratteristiche di ogni posto che visiterete.
    Quest'estate, per il nostro tour tra Austria e Baviera, ho cercato alcune particolarità sulle diverse città che avremmo visitato, e per ognuna ho preparato una carta. Ogni carta conteneva una curiosità (o un quiz) e una "sfida" da superare. Tutte cose, naturalmente, scelte in modo da rientrare nei gusti del Piccolo T.
    Qualche esempio? Per Nördlingen avevo raccontato che era stata costruita al centro di una pianura nata dall'impatto di un meteorite. La sfida era invece quella di salire sul campanile e contare le torri che sorgevano sulle mura della città. Di Rothenburg ob der Tauber ho raccontato la leggenda della bevuta del Borgomastro, chiedendogli di riconoscere le due figure animate che rappresentavano questa storia e che sarebbero dall'orologio allo scoccare delle 21.
    Le sfide erano molto semplici in modo da gratificarlo, e anche perché il superamento delle sfide avrebbe portato a una tappa "a sorpresa" (che però avevamo già organizzato, e quindi non potevamo permetterci di fargli perdere!).
    Importante: siccome è difficile programmare un viaggio nei minimi dettagli, e il bello di un tour itinerante è anche l'improvvisazione, preparate alcune carte alternative, lasciandovi la libertà di scegliere all'ultimo momento quale paese visitare.

3. preparare un "kit da viaggio".



Belle le tappe, con i paesi e i dettagli da scoprire, ma in un viaggio ci sono anche i lunghi spostamenti, le attese in ristorante, i momenti di riposo in albergo.
Riciclando una valigetta di plastica che in origine conteneva dei colori a dita, ho preparato un kit di intrattenimento che, a differenza dei precedenti punti, andasse bene anche per intrattenere il Piccolo D.
Il contenuto? Andrà tarato sui gusti e i giochi preferiti dei bambini, scegliendo ovviamente oggetti piccoli e compatti.
La nostra valigetta conteneva dei fogli bianchi ritagliati su misura, qualche colore e un po' di macchinine magnetiche (quelle della pista dei trenini) con i relativi omini, e ci ha salvato la vita in più di un'occasione di attesa.

4. dedicare loro qualche tappa.


Anche se i miei viaggi non sono cambiati poi molto da quando ho figli, è inevitabile inserire qualche tappa o qualche meta pensata specificamente per loro: un parco, un gioco, un negozio, un'attrazione o anche solo qualcosa che più delle altre attiri la loro attenzione.
In questo ultimo viaggio abbiamo visitato un negozio dedicato al Natale, pieno di magnifiche ricostruzioni, a Rothenburg, abbiamo camminato sulle mura medievali di Nördlingen immaginando di essere soldati a difesa della città, e scoprendo perché le feritoie hanno quella forma,


abbiamo dormito in campeggio in una carrozza, visitato una "casa capovolta" e passato una giornata intera a Legoland (il "premio" per le sfide superate).
Ehm, in effetti alcune di queste tappe non erano pensate solo ed esclusivamente per divertire i bambini.

5. ovviamente, leggere!



Se seguite questo blog, immaginerete di sicuro che, anche in viaggio, i libri per bambini non possono mancare.
Ma quali scegliere?
Se vostro figlio ha un preferito del momento, è una buona idea portarlo con sé: lo aiuterà a ritrovare un momento di familiarità e di sicurezza.
Per il resto, via alle edizioni tascabili, leggere e che occupano poco spazio in borsa e in valigia, così potrete portarle ovunque. Tra tutte, le nostre preferite sono gli albumini, tascabili dei libri di Emme edizioni, e i Bababum, tascabili dei Babalibri. Si tratta, in entrambi i casi, della versione economica, con copertina flessibile, che non toglie nulla a storia e illustrazioni.
I nostri compagni in questo ultimo viaggio sono stati Il gigante più elegante di Julia Donaldson e Axel Scheffler, Alice cascherina di Gianni Rodari e Sono io il più forte! di Mario Ramos, vero tormentone del viaggio.
Letti tenendo il libro aperto tra i due sedili davanti, in modo che da dietro i bimbi vedessero le illustrazioni, hanno intrattenuto la famiglia (e stancato le corde vocali della mamma).
Ma per la prima volta, in questa vacanza, complice anche l'attacco USB della macchina nuova, abbiamo sperimentato anche gli audiolibri, ottimi intrattenitori durante gli spostamenti più lunghi, e acquistabili in cd o scaricabili tramite app come Audible.
Ci hanno fatto compagnia Il trattamento ridarelli letto da Neri Marcorè e La torta in cielo letto da Claudia Pandolfi, due splendide interpretazioni per due splendidi testi (del Trattamento ridarelli avevo parlato qui).

Perché leggere è un modo splendido per viaggiare, ma chi viaggia leggendo può viaggiare due volte.


         
Non so quante volte (ma sono tante), da piccola, mi sono detta "Quando sarò mamma io, questo non lo vieterò".
E non so quante volte (ma sono tantissime), da grande, ho disatteso i miei propositi.
Tutta la foga di esplorare e di essere liberi, a un certo punto, si scontra con i "facciamo tardi", i "non voglio lavare anche questo vestito", i "basta cianfrusaglie inutili per casa".


Poi, a riportarci indietro, a insegnare agli adulti com'erano da bambini, arriva lei, TempeStina,  classico svedese (annata 1989, quando probabilmente stavo riempiendo la mia casa di cianfrusaglie inutili, per l'appunto) di Lena Anderson, portato in Italia da Lupo Guido.


Stina ogni estate va in vacanza dal nonno, nella sua casa su un'isola. E come tanti bambini, Stina ama raccogliere e conservare tutto quello che il mare porta a riva.
Stina è curiosa, attenta, osservatrice. Le sue giornate si riempiono senza tv o giocattoli, soltanto (soltanto?!) esplorando la natura.


Gli acquerelli di Lena Anderson ci portano tutte le sensazioni dell'estate svedese: guardandoli, sembra di sentire il profumo del mare, la brezza marina, l'aria salmastra arricchita dall'aroma del caffè del nonno.


Stina vive con il nonno una vita "come una volta": vanno a pesca e poi mangiano il pesce appena pescato. E quando arriva la tempesta, e lei esce, e ne ha paura, il nonno la ritrova, se la porta in casa e... no, non la tiene ben chiusa.
Le fa indossare una cerata ed esce insieme a lei, perché le tempeste si affrontano in compagnia e ben equipaggiati.
O come diceva Baden-Powell (era davvero lui, o sono finita nel tranello delle citazioni false su internet?) "Non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento".


Il nonno non frena Stina - Tempestina. Non le impedisce di raccogliere ciò che il mare lascia sulla battigia, non la tiene chiusa in casa quando vuole uscire.
Sa che ogni cosa è una scoperta, un'esperienza, che nulla è "inutile".

Così, in questo ultimo post prima della pausa estiva del blog, vi lascio con qualche spunto che vi faccia pensare in modo diverso, quest'estate, alle innumerevoli collezioni di conchiglie che vi troverete in borse e secchielli.

Perché una conchiglia non è solo una conchiglia, ma può essere...

un paesaggio (fonte: Pinterest)



un attrezzo da stampa (fonte: TheKimSix Fix)

e anche se un po' fuori stagione, un pupazzo di neve (fonte: Pinterest)


o, meglio ancora, una bella pallina per l'albero,
per chi ha sempre un po' di nostalgia dell'estate (fonte: Pinterest).


Con queste immagini marine, al sapore di sale, vi saluto per un po'.
Il blog va in ferie, io non ancora (ma manca poco). Sulla pagina Facebook continuerò a tenervi compagnia riproponendovi foto, citazioni e qualche vecchio link.
Mi preparo per le novità di settembre: saranno novità importanti, soprattutto per me. ;)





I personaggi base delle fiabe, qui, ci sono un po' tutti, anzi: forse qualcuno in più.
Se ci sono un cavaliere e una principessa, deve esserci per forza anche un drago, e fin qui nulla da obiettare. Ma il lupo, allora, che cosa ci fa?


Si capisce subito che La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago (Terre di mezzo editore) non è una fiaba come tutte le altre.
E d'altra parte se si mettono insieme un autore come Jean Leroy ("Un lupetto ben educato" e "Quando sarò grande", di cui avevo parlato qui), e Béatrice Rodriguez ("Il ladro di polli" e "Una pesca straordinaria"), ci si deve aspettare di tutto.

E infatti scopriamo subito che la principessa non è la solita ragazza inerme dedita solo al cucito e alle buone maniere.


Anzi, il suo hobby preferito è... attaccar briga. E a farne le spese è il lupo.



E anche il cavaliere ha la stessa tempra di questa ragazzina. Cosa succederà?
Come sempre accade tra i personaggi e le storie della Rodriguez, nulla è scontato e secondo gli schemi.
La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago è un libretto agile, di poche pagine e dimensioni tascabili, che racconta una storia veloce, allegra, scanzonata.
Una storia da godersi così, con il suo ritmo, o da assaporare più lentamente godendosi i dettagli, come il lupo che gioca col retino e il drago che fa le bolle.


Un libro nato per sovvertire l'ordine precostituito delle cose. Non a caso, quando, spogliati da una appassionata baruffa, cavaliere e principessa si ritrovano in mutande, lui indossa dei boxer a cuoricini rosa, e lei dei mutandoni con i teschi.


Ha poche parole, questo albo, e potrebbe tranquillamente averne ancora meno ed essere letto come un silent book (nei quali la Rodriguez esprime tutto il suo talento): la storia si dipana tra le immagini, i volti, l'azione incalzante, fino al finale inaspettato.

E se vi è venuta voglia di vestire i panni di un prode cavaliere, ecco un elmo facile facile da costruire.
Basta prendere del cartoncino, tagliarne cinque strisce abbastanza sottili e due più larghe.


Su tutte, si devono praticare due fori alle estremità. Le due più larghe vanno ritagliate a formare la visiera (con fessure orizzontali) e la protezione per bocca e collo, appuntita all'ingiù.


Ora non resta che curvare tutte le componenti e assemblarle con dei fermacampioni.



Per questioni fotografiche, ho creato un elmo a misura peluche, ma secondo le dimensioni del cartoncino, può essere adattato a qualsiasi pupazzo, bimbo o adulto.


Perché tutti, se lo vogliono, possono diventare cavalieri. Anche con i mutandoni a cuori.


         
Chissà se i lupi si raccontano favole sugli umani feroci.
Abituati come siamo a considerare il lupo come il personaggio cattivo di tante favole, capita spesso che ci dimentichiamo del suo essere animale, della sua vita, del suo essere, semplicemente, un lupo.


Lupinella. La vita di una lupa nei boschi delle Alpi racconta proprio questo lato così trascurato nella letteratura per l'infanzia.
Scritto da Giuseppe Festa per Editoriale Scienza, Lupinella è nato da un’idea del Muse di Trento ed è stato realizzato grazie al progetto europeo Life Wolfalps, che ha come obiettivo la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo, attraverso il monitoraggio della specie, numerose azioni concrete come il contrasto del bracconaggio e, infine, la diffusione della cultura su questo affascinante animale.


Il libro procede attraverso una doppia voce: la storia della piccola Lupinella è narrata in prima persona dalla lupa stessa, e accanto ad ogni tappa e capitolo vediamo il box con le spiegazioni (semplici, chiare, mai pedanti) della "lupologa" del progetto Wolfalps.


Il libro è trattato come un diario personale, che segue le tappe di crescita della piccola lupa, dalla nascita all'avvio della sua vita adulta e alla formazione del suo branco, indipendente da quello in cui è nata.
Si parla di ciò che accade, ma anche di quello che prova Lupinella, delle cose che capisce e di quelle che non capisce. Si affrontano lo sviluppo fisico (i lupacchiotti appena nati sono ciechi, poi iniziano a vedere), le dinamiche del branco, le strategie di caccia.
Leggendo, cresciamo insieme a Lupinella e ai suoi fratelli, e con lei scopriamo il mondo dei lupi.


Il fascino delle illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio ci trasporta ancora di più in questo mondo di cui leggendo sentiamo di far parte (e non a caso, al libro è allegato un poster, per godere anche sulle pareti della cameretta di questa magia).

Senza forzature, ogni episodio raccontato dalla piccola lupa affronta un aspetto della vita individuale e sociale dei lupi, che poi viene approfondito nel riquadro a cura della lupologa, con le sue spiegazioni altrettanto avvincenti (e guai a saltarne una: "E la lupologa, mamma? Cosa dice?").


Alla fine del libro, qualche nota di approfondimento sul progetto Life Wolfalps e sulla presenza del lupo sulle Alpi, ma anche alcune proposte di gioco-esperimento all'aria aperta, per scoprire la natura come piccoli lupacchiotti.
E quando il tempo non permette di uscire? Be', si può sempre provare a

esplorare la casa con sensi di lupo.


Basta indossare una benda, farsi girare un po' su se stessi per perdere l'orientamento, e poi ascoltare, e provare a capire dove ci si trova.


Da dove arriva il suono della tv? E quel rubinetto aperto, sarà quello del bagno o della cucina?
E questa? Deve essere la mamma che cambia il pannolino al Piccolo D. In certi casi, anche l'olfatto si dimostra utile, ahimè.


Tendiamo spesso a pensare che i bambini siano più "paurosi" dei grandi. Siamo pronti ad allargare le braccia per consolare i nostri figli e dire loro "Non è niente, mamma e papà sono qui".
Ma davvero i grandi non hanno paure immotivate?
Ed è più coraggioso chi non ha mai paura o chi ne ha?


Mal di paura, scritto da Chiara Ingrao con le illustrazioni di Giulia Pintus (Edizioni Corsare), è una raccolta di filastrocche in rima sulla paura, anzi, sul "mal di paura": quelle paure eccessive e immotivate che a volte possono minare la serenità e ritorcersi contro chi le prova.

Le pagine alternano un "mal di paura" dei bambini e uno degli adulti, tratteggiando dodici personaggi con le loro fissazioni, e tra leggerezza e ironia ci portano a riflettere sull'insicurezza profonda da cui nascono queste paure e, ancora di più, sulle conseguenze da esse provocate.


Già, perché accanto a paure più classiche (in genere quelle dei bambini), come quella del buio o dei ragni, troviamo paure che si trasformano in patologie, o in violenza.


C'è chi ha così tanta paura dei ladri da armarsi fino ai denti, chi ha paura dei mendicanti e non si rende conto che il pericolo può arrivare da chi è ben vestito e profumato, chi ha paura di lasciar fare al figlio le proprie esperienze, e vorrebbe proteggerlo da tutto, impedendogli di vivere.

Le paure di cui si parla non sono quelle "lecite" e inevitabili (la paura della morte, la paura di perdere i propri affetti), ma comportamenti nati da una visione distorta della società e che spesso non fanno altro che rendere la società peggiore.


Le situazioni, buffe ed eccessive ma anche molto amare, tratteggiate dalle filastrocche di Chiara Ingrao, trovano espressione perfetta nelle illustrazioni caricaturali di Giulia Pintus, che ci mostrano persone fagocitate dalle proprie ossessioni, attraverso l'uso di immagini iperboliche (le troppe armi sotto il cuscino) o metaforiche (il bimbo "conservato" in una bottiglia di vetro).

Nonostante non assumano mai toni angoscianti, le filastrocche non mancano di sottolineare gli esiti infausti di queste paure malsane, che spesso si ritorcono contro chi le prova.

Leggerezza e ironia portano insomma a riflettere su molti mali del nostro tempo, visti attraverso la lente della fragilità umana e messi un po' in ridicolo per sottolinearne l'assurdità.


Alcune trovate linguistiche (come la ricorsività di "Salvatore ha paura di avere paura") accompagnano il lettore attraverso riflessioni profonde sulla psicologia delle paure e sull'assurdità di alcuni atteggiamenti.

La paura diventa una lente attraverso cui leggere xenofobia, bullismo, germofobia, comportamenti ossessivi e ansiosi che fanno del male a chi li mette in atto e anche alle persone che gli stanno attorno.

Perché questa è l'unica cosa di cui dovremmo davvero avere paura: delle nostre assurde, immotivate paure.



Preparare del cibo è sempre una forma d'amore. Lo è quando si cucina un pranzo sontuoso o una complicata torta di compleanno, ma anche quando semplicemente si infila nello zaino la merendina per la scuola.


Lo sa bene Marin, protagonista di Il ladro di panini di Patrick Doyon e André Marois (ed. Sinnos).
I deliziosi panini che gli prepara ogni giorno sua madre contengono infatti due ingredienti speciali: la sua favolosa maionese fatta in casa e tutto il suo amore per la buona cucina (e per lui). E in più, un biglietto di incoraggiamento scritto ogni giorno dal papà.


Un lunedì, però, quando Marin apre il suo cestino del pranzo, il suo panino non c'è più. Chi l'avrà rubato?


Subito Marin inizia la sua "indagine", analizzando uno ad uno i possibili sospetti.


Con la perizia di un detective, analizza alibi, moventi e personalità di ognuno, e come in tutti i gialli che si rispettino, si rivolge anche alle autorità (il preside), anche se alla fine l'indagine indipendente risulterà la più efficace .


Il ladro di panini Ã¨ un giallo leggero, divertente, che unisce l'avventura a un ambiente quotidiano che il bambino conosce bene, quello della scuola.
A fare da contorno alla trama troviamo una maestra greca che ha il nome buffo di una salsa, il migliore amico e la migliore amica di Marin (entrambi molto legati "anche se non parlano molto", come succede spesso in questa età, in cui l'amicizia è ancora gioco e condivisione di tempo e non introspezione), la personalità di due genitori amorevoli ma un po' troppo fissati con la cucina, e alcuni personaggi un po' caricaturali che tratteggiano un microcosmo appassionante ma anche credibile, perché a ben guardare tutti noi abbiamo avuto qualche compagno di classe molto mangione, o troppo burlone.

La grafica del libro fa uso di pochi, selezionati colori caldi, che rendono le illustrazioni più semplici e ancor più espressive.
L'impaginazione oscilla da alcune pagine più tradizionali (testo da un lato, illustrazione dall'altro) ad altre più spiccatamente ispirate al fumetto o alla graphic novel.
La presenza del testo resta comunque poco pesante rispetto alle immagini, e la suddivisione in capitoli "temporali" (Lunedì mattina, lunedì pomeriggio e così via) rende più semplice scandire la lettura in più giorni.

Il ladro di panini Ã¨ insomma perfetto come primo approccio alle letture autonome, perché nonostante le 160 pagine si mantiene agile nella lettura e nei contenuti, anche grazie ai font della famiglia "leggimi" di Sinnos, pensati per rendere più semplice l'approccio al testo.

Una lettura che aiuterà i bambini ad appassionarsi ai libri, ai gialli, ai fumetti e... al cestino della merenda.

A proposito, se vi piace l'idea di lasciare un piccolo messaggio affettuoso nella merenda di vostro figlio, come il padre di Marin, ecco qualche spunto preso in rete per non limitarsi al solito bigliettino.

1) Potete scrivere un messaggio direttamente su un frutto, purché questo venga sbucciato prima di mangiarlo: perfette le banane o i mandarini (fonte: Cakewhiz).

  

2) C'è anche la versione "messaggio magico": lo si traccia incidendo la buccia con uno stuzzicadenti e col passare delle ore si scurirà, per effetto dell'ossidazione (fonte: Beafunmum)

 3) Potete anche stampare degli adesivi, o usare etichette adesive da scrivere e applicare sulla buccia della frutta. (fonte: Ohhappyday)

4) Soluzione più elaborata: dipingere l'interno del cestino della merenda con vernice lavagna per poter scrivere un messaggio nuovo ogni giorno. La valigetta può diventare anche un'idea-gioco da portare in viaggio. (fonte: Meandmybucket)



Perché con una coccola di mamma e papà, qualsiasi merenda è più buona.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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