Nuvole in scatola
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Lo so, lo so, che leggere non fa diventare necessariamente buoni. Che per quanto i libri favoriscano l'empatia e la riflessione esistono lettori intolleranti e poco ragionevoli. Lo so, ma lasciatemi pensare che le storie possano, almeno in parte, cambiare il mondo, o almeno lasciatemelo raccontare ai miei figli.

Rapimento in biblioteca

È quello che fa Margaret Mahy (supportata dalle illustrazioni meravigliosamente divertenti del celebre Quentin Blake) in Rapimento in biblioteca, un breve romanzo del 1979 che Le Rane di Interlinea ha riportato in Italia dopo anni di assenza dagli scaffali.

Rapimento in biblioteca fa incontrare due mondi: quello ordinato, composto e bon ton della bibliotecaria Serena (un nome certamente non casuale) e quello rozzo, burbero e fuorilegge della banda di briganti capitanata da Sally, soprannome per Salvatore (anche qui, non un caso).

Rapimento in biblioteca

Gli avvenimenti narrati superano i confini dell'inverosimile, ma sono narrati con tanta semplice naturalezza da apparire credibili nel loro mondo incredibile. La banda rapisce la bibliotecaria, che però è malata di varicella e li contagia tutti. Mentre sono a letto, inizia a leggere loro le storie di Peter Coniglio e l'ascolto delle parole narrate sarà per loro una rivelazione, una gioia da cui non vorranno più staccarsi.

Quello che potrebbe facilmente diventare un testo moraleggiante è in realtà costellato da momenti ilari in cui si mette a nudo talvolta la fragilità dei rapitori, talvolta la rigidità delle istituzioni:

"Com'è la procedura in caso di rapimento della bibliotecaria?" domandò un consigliere. "Rientra nelle spese per il personale o nel capitolo cultura?".

Rapimento in biblioteca

Per fortuna la bibliotecaria si dimostra più flessibile delle leggi e così al percorso di redenzione dei briganti si contrappone qualche piccola insubordinazione della protagonista, che si ribella alla legge a modo suo, rompendo gli schemi dentro gli schemi (saranno i libri a darle questa elasticità mentale?).

Per salvare il brigante capo, di cui si è innamorata, lo mette a scaffale etichettato come un libro e lo prende in prestito, rendendo così impossibile la cattura da parte del poliziotto, che non vuole certo infrangere il regolamento della biblioteca. Seguiranno avventure, disgrazie, atti di eroismo e riscatti (in senso morale, stavolta): la trama, insomma, non lascia modo di annoiarsi.

Rapimento in biblioteca

Il gusto un po' nonsense della trama e i suoi personaggi allegri e un po' caricaturali fanno scorrere la lettura con grande piacevolezza.

Si ride e si sorride molto, leggendo Rapimento in biblioteca, e ci si sente dalla parte del giusto: quella in cui le storie danno strumenti e sapore alla vita.






Perché si scrive a qualcuno? E più in generale, perché si scrive?

Tra le tante riflessioni sottese alla trama di Caro Mr. Henshaw c'è anche questa: su quale sia il significato di scrivere e su come tale significato cambi tra emittente e ricevente.

caro mr henshaw


Caro Mr. Henshaw è un romanzo epistolare, scritto dall'americana Beverly Cleary nel 1983 e portato oggi in Italia da Il Barbagianni editore.

Se è vero che tra le pagine emergono fortemente tematiche come il disagio di un bambino in una nuova scuola, la separazione dei genitori, la sofferenza per un padre lontano e assente o la ricerca del proprio talento, io credo che il senso più importante del libro sia un altro, più sfumato e ineffabile ma non per questo inconsistente: l'asimmetria della comunicazione.

L'undicenne Leigh Botts inizia a scrivere una lettera a Boyd Henshaw, il suo scrittore preferito, come compito scolastico. Henshaw gli risponde (anche se non al primo tentativo) e inizia così la corrispondenza su cui si basa il romanzo.

In tutto il libro, non leggiamo mai le risposte di Henshaw, le intuiamo solamente da ciò che scrive il bambino. L'asimmetria sta prima di tutto, quindi, nella forma del romanzo, che materialmente ci mostra soltanto un lato della storia, ma anche nel suo contenuto: lo scrittore non sembra particolarmente coinvolto in questa corrispondenza, sembra spesso che risponda soltanto per senso del dovere, anche se, man mano che lo scambio si dipana, darà a Leigh utili consigli su come migliorare nella scrittura per partecipare a un concorso scolastico.

caro mr henshaw

Il bambino ha una scrittura spontanea ed emotiva: leggendo le sue parole (e le sue firme) comprendiamo subito il suo stato d'animo e la sua disposizione: a volte scrive per dovere, a volte perché ne sente la necessità. A un certo punto, un po' per seguire il consiglio di Henshaw e un po' perché ha capito che lo scrittore non è così felice di partecipare a questo scambio, Leigh inizia a scrivere a "Mr-Henshaw-per-finta" (molto convincente la traduzione di Susanna Mattiangeli), ovvero a tenere un diario, la comunicazione epistolare asimmetrica per eccellenza.

Si crea inoltre un certo parallelismo tra due personaggi apparentemente molto distanti tra loro: il padre di Leigh e Mr Henshaw: entrambi lontani, sfuggenti, anche se il bambino agogna un rapporto con loro. Entrambi non rispondono sempre ai suoi tentativi di comunicazione, e quando lo fanno non è con il trasporto che Leigh si attenderebbe.

Il percorso di crescita di Leigh durante il romanzo lo porterà a un maggiore equilibrio verso queste due figure: imparerà a ritenerle meno necessarie, pur non rinnegando il suo legame.

 

caro mr henshaw

Leigh imparerà a difendersi dal male intorno a sé, materialmente (inventando un "allarme" per scovare il ladro che gli ruba il pranzo a scuola) e psicologicamente, accettando l'asimmetria delle relazioni nella sua vita.

Imparerà anche  che scrivere a qualcuno è prima di tutto scrivere a se stessi e che la scrittura, come la vita, è faticosa, ma con un po' di impegno le cose riescono meglio.


Con le iniziative private di Elon Musk e Jeff Bezos affiancate ai progetti internazionali come la nostra ESA, il 2021 è stato decisamente l'anno dello spazio, lontano come sempre eppure sempre più vicino, tanto che perfino l'idea di arrivare su Marte non sembra più fantascienza.

Viaggio su marte

E così Jon Agee ci porta addirittura un bambino, in Viaggio su Marte, un divertente albo edito da Il Castoro. E come accade in ogni gioco di bambino, l'impresa è incredibile e naturalissima al tempo stesso:

Eccomi su Marte.
È stato un lungo viaggio dalla Terra.
Sono qui per trovare vita.

L'espressione del bambino è semplice, felice e curiosa ma senza eccessi. Quasi la gita su Marte fosse una visita a un amico, il bimbo porta con sé un regalo: una tortina al cioccolato da consegnare, nel caso trovasse qualche abitante.


Viaggio su marte

La trama prosegue come in una classica commedia degli equivoci, la cui comicità si basa su una differente consapevolezza tra narratore esterno e personaggio (in narratologia si parlerebbe di focalizzazione esterna e interna).
Qui le due focalizzazioni si materializzano nel doppio registro dell'albo illustrato: immagini e parole. Mentre le illustrazioni ci portano il punto di vista di un narratore che vede e descrive l'intera situazione, il testo, in prima persona, rappresenta la visione, necessariamente limitata, del bambino protagonista.
 
Viaggio su marte
 
E così, mentre sentiamo il bambino lamentarsi di quanto il pianeta sia inospitale e inadatto alla vita, vediamo un marziano, sempre più ingombrante e difficile da non notare, la cui presenza contrasta con l'ingenuità del bambino, che arriva addirittura a salirgli sopra senza notarlo.

Viaggio su marte

Il bambino troverà infine un fiore: il suo Viaggio su Marte non sarà del tutto sprecato, e tornerà a casa soddisfatto di aver trovato "vita" sul pianeta, anche se il finale gli lascerà infine il dubbio che qualcosa gli sia sfuggito.

Il tratto semplice e fumettistico di Jon Agee e i suoi personaggi sempre un po' inconsapevoli, che avevamo già apprezzato in Il muro in mezzo al libro, Roar! Come diventare un leone e Il piccolo B) regala a questo albo un'aura sognante e lievemente ironica al tempo stesso.

Con la sua leggerezza Jon Agee riesce a portarci su Marte e a riportarci a casa, carichi di sogni esauditi, di occasioni mancate e di qualche nuovo sorriso.


       

Il potere dell'immaginazione, la logica bambina che sovverte la logica, la magia delle cose sognate che diventano reali: ecco, se c'è un immaginario a cui Harold appartiene, è proprio quello del Natale.

E allora vi saluto e vi faccio gli auguri, prima della pausa natalizia, proprio con lui, l'ultimo titolo uscito di questa meravigliosa serie.

Harold al polo nord

Harold al Polo Nord arriva dopo Harold e la matita viola (di cui vi avevo già parlato qui), La fiaba di Harold e Harold nello spazio (qui), tutti editi in Italia da Camelozampa.

Il tratto essenziale, spesso e morbido di Crockett Johnson si accompagna alla sua prosa semplice e musicale, sapientemente tradotta da Sara Saorin, per farci entrare in una dimensione in cui l'incredulità è sospesa e ogni cosa immaginata esiste.

Come negli altri titoli, Harold disegna e disegnando crea mondi che lui stesso abita e vive.

Harold al polo nord

Come negli altri titoli, ogni regola viene sovvertita da un semplice tratto di matita: le stelle diventano fiocchi di neve, una duna innevata il tetto di una casa, il dentro è fuori e il fuori è dentro.

Ma è un sovvertimento che coglie di sorpresa, in fondo, solo l'adulto, perché i bambini, specialmente i più piccoli, lo sanno benissimo che è così che funziona il disegno: quante volte avete visto vostro figlio scarabocchiare dei segni a caso e poi decidere soltanto a posteriori cos'aveva disegnato?

E così, a volte disegnando consapevolmente, a volte interpretando ciò che la sua matita traccia quasi per caso, Harold viaggia verso nord, e si ritrova sopra la casa di Babbo Natale, intrappolata nella neve, ma per liberarlo, insieme alle sue renne, basterà solamente disegnarli.

Harold al polo nord

Per vivere un sogno, un'avventura o una fiaba, in fondo, non basta altro che crearli attorno a sé, ed è questo il mio augurio di Natale per voi.


  

C'è sempre il timore, in una saga di narrativa, di quello che chiamo "l'effetto Lost" (scusate il paragone, ma ne sono uscita traumatizzata): che si aprano troppe linee narrative e troppi misteri, tanto da impedire di riprenderne i fili e chiuderli coerentemente.

Ed erano molti i fili lasciati aperti nei primi due capitoli della trilogia della Signora Lana, di Jutta Richter.

La signora Lana e il mondo oltre il mondo

La signora Lana e il mondo oltre il mondo arriva dunque dopo La signora Lana e il profumo della cioccolata e La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi, tutti editi da Beisler (gli ultimi due titoli usciti sono disponibili anche in formato audiolibro con l'app Beisler Leggi e ascolta), e la nostra aspettativa è quella di risolvere i misteri lasciati aperti e chiudere il senso di questa storia.

Abbiamo accompagnato i fratelli Merle e Moritz nel mondo oscuro di Fanciullopoli, popolato da creature curiose e spesso pericolose, mentre la voce del padre giungeva loro da una ricetrasmittente, lontana nello spazio.
Ma dov'era il padre? Chi è la signora Lana? Che significato hanno i tanti rimandi tra Fanciullopoli e il mondo reale?
Mai come in questo ultimo capitolo le due realtà si intrecciano, portando i personaggi dall'una all'altra: la Volpe Lacrima d'Argento, ad esempio, diventa insegnante alla scuola di Merle e insieme ai bambini tornerà a Fanciullopoli per liberarla dallo Stump, un essere vanesio e disgustoso che ne ha preso il comando, osannato dalle sue fedeli falene.

 La signora Lana e il mondo oltre il mondo

In questo ultimo capitolo il padre non è più soltanto una voce ma torna tra i bambini, una presenza fisica rassicurante in un mondo in cui si fatica a capire a chi credere. Gli abitanti di Fanciullopoli si accusano a vicenda di doppio gioco ed è sempre più destabilizzante, per i protagonisti, affrontare le avventure del "mondo oltre il mondo", senza sapere esattamente quale ne sia lo scopo.

La signora Lana e il mondo oltre il mondo

La signora Lana e il mondo oltre il mondo non risponde a tutte le domande lasciate aperte, come è giusto che sia, in un contesto così denso di misteri, piuttosto le incornicia in un insieme coerente, costruisce insomma le fondamenta di un bellissimo castello tra le nuvole.

Troviamo alcune risposte, alcune scontate (era ovvio chi fosse la signora Lana, vero?), altre più inaspettate, ma il mondo di Fanciullopoli resta almeno in parte inafferrabile, mentre almeno nell'altro, quello reale, tutto torna al suo posto.

Nel concludersi di questa avventura si ha la sensazione di atterrare dopo un lungo volo nello spazio: non si è riusciti ad afferrare ogni cosa, ma c'è stato un inizio e una fine, stare in cielo è stato emozionante, essere tornati ci rasserena. È stato un bel viaggio.


   

Quello di cambiare punto di vista, uscendo non solo dalla mia prospettiva personale, ma proprio da quella umana, è un esercizio che non faccio spesso.

Mi capita guardando le stelle, quando ci si sente piccoli piccoli nell'universo, o a volte salendo in montagna. Oppure quando leggo notizie e programmi sul cambiamento climatico, e penso al pianeta che potrebbe proseguire indifferente la sua orbita anche se diventasse invivibile per noi.

Però

Ma è sempre un esercizio utile guardarsi dal di fuori: in Però, edito da Edizioni Lapis, Gek Tessaro esce dal nostro ruolo di umani ma anche dal nostro tempo, catapultandoci in una preistoria che almeno nelle immagini è più stereotipata di quella reale, ma non per questo è meno efficace nel raccontare questa storia.

Però

Il testo attacca in rima, in prima persona, prima ancora che le immagini ci svelino qualcosa:

Mio padre ha il nasone
e i denti di fuori
Come gambe ha due tronchi
e almeno due cuori.


Mia madre è cicciona
e dunque è molto bella
ed è così spettinata
che sembra una stella.

Alle nostre orecchie, almeno a quelle adulte, c'è subito qualcosa che suona strano: quel "cicciona dunque bella" arriva a turbare le nostre solite equazioni mentali, e anche il nostro senso del politicamente corretto.
Ci rispondiamo (noi adulti) ricordando che la copertina ci mostra un mammut e un uomo preistorico: forse il testo si rifà a canoni di bellezza (e di correttezza) antichi.

Passano ancora due pagine prima che le immagini ci svelino la realtà: a parlare è un cucciolo di mammut, che vivrebbe sereno e felice se non fosse per la presenza degli umani: rumorosi, fastidiosi, questi terribili animali tormentano la sua specie con la caccia e il piccolo proprio non capisce perché debbano esistere.

Però

È allora che papà mammut porta il suo piccolo sopra un'altura, per fargli vedere il mondo dall'alto e fargli capire, in un messaggio di tolleranza, che anche ciò che non comprendiamo ha una sua collocazione nel mondo.

Il mondo è dei microbi
del muschio dei laghi
dei rospi dei lampi
delle mosche e dei draghi.

Al piccolo mammut ancora non basta: gli umani devastano la natura, distruggono boschi e fiumi, sono evidentemente un danno per il pianeta! Però...

"Però forse ieri
ho visto un però."

dirà la mamma.

Forse c'è qualcosa, qualcosa che solo gli umani sanno fare, che può dare significato a tutto.
Nemmeno mamma mammut, che ne ha intuito la grandezza, lo capisce pienamente: lo capirà il lettore, che sta dall'altro lato, quello dell'uomo del presente.

Però

Le illustrazioni di Gek Tessaro, sproporzionate e nodose, ci ricordano in qualche modo proprio le pitture rupestri e sembrano davvero portarci indietro nel tempo, e il percorso che compiamo nella lettura, allontanandoci dall'umanità per guardarla da fuori, prima con repulsione, poi con rinnovato trasporto, è uno di quei viaggi che solo la letteratura può dare. 

Un salto da un punto di vista a un punto di vista altro, per vedere tutto con occhi nuovi.


C'è una riflessione emergente, negli ultimi anni, nel panorama social-mediatico, che mira a smontare un po' la retorica del "se vuoi puoi", quella che decreta che sia sufficiente una certa dose di determinazione a raggiungere qualsiasi risultato. Quella, insomma, che genera infiniti sensi di colpa e di inappropriatezza in tutti coloro i quali, nonostante vogliano, non possono.

È un tema presente ampiamente nel campo dell'educazione e della didattica, perché porre un accento esagerato sulla responsabilità individuale può generare frustrazione e mortificare la motivazione individuale.

Mini coniglio

Mini Coniglio. Un grande aiuto è forse un perfetto esempio di anti-retorica del "se vuoi, puoi".

Scritto e illustrato da John Bond, Mini Coniglio. Un grande aiuto fa seguito al primo titolo, Mini Coniglio. Perso non troppo, pubblicato anch'esso da Zoolibri.

Mini coniglio


"Mamma Coniglio sta scrivendo una lettera molto importante"

È il narratore esterno a raccontare, ma lo fa evidentemente con occhi di bambino: di fronte a quel "molto importante" l'adulto immagina fatture, notifiche di udienze, contratti o chissà che, ma le illustrazioni ci svelano che si tratta semplicemente di un invito alla nonna per una merenda insieme.

Mini Coniglio prende molto sul serio la raccomandazione di Mamma Coniglio, quella di fare presto e imbucare la lettera prima dell'orario di raccolta, e inizia la sua corsa verso la città, ripetendosi costantemente che si tratta di una "lettera molto importante" e che lui sarà "di grande aiuto" per la mamma.

Mini coniglio 

Lungo la strada accadono naturalmente vari contrattempi, a volte indipendenti da lui, a volte dovuti alle sue distrazioni, a o delle idee un po' bislacche. Insomma, quando una lettera si sporca, la si può lavare nel fiume, vero?

Il piccolo lettore partecipa all'impresa di Mini Coniglio, oscillando tra uno scherno divertito (perché è evidente che non si fa così, no?) e una sincera empatia (perché sì: davvero un bambino farebbe così!), e alla fine, pur ridendo di lui, sappiamo di essere tutti, un po', dei Mini Coniglio.

Mini coniglio


Insomma, a volte, anche se ce la si mette tutta (quel tanto che può metterci un bambino), no, non si arriva esattamente laddove si vuole. E questo (a patto di non leggere il libro con intento didattico, "insegnando" ad evitare le distrazioni e a perseguire la perfezione) ci rende tutti un po' più umani.


 

La tv: "E solo fino a domenica, c'è un ulteriore 30% sul metà prezzo!"
Il Piccolo T sempre molto analitico: "Mamma, ma quindi se c'è il 50% e poi il 30% c'è lo sconto dell'80%?"
La mamma sempre molto maestrina: "Non proprio, T, perché il 30% non è sul totale, ma solo sul 50% che resta, quindi in realtà è come se fosse il 15%"

A volte non ci rendiamo conto nemmeno noi di quanti trucchetti di marketing influenzino la nostra mente di consumatori. Figuriamoci i bambini, che a sollevare le antenne di fronte a claim, pubblicità e influencer vari non ci sono abituati affatto.

Da donna di marketing e appassionata di bias cognitivi e inganni mentali, trovo l'argomento affascinante, ma ho sempre paura di passare per pedante quando cerco di mettere in guardia i miei figli. So che una parte di loro desidera subire il fascino della comunicazione pubblicitaria e lasciarsi incantare dalle sue promesse incredibili.

Consumi

Per questo ho accolto con entusiasmo Consumi. La guida per non farsi incantare, un albo a fumetti scritto dalla giornalista Guillemette Faure e illustrato da Adrienne Barman, edito da Il Barbagianni, che in modo agile e coinvolgente racconta tutti i trucchi che il marketing usa per convincerci a comprare.

Consumi

La parte narrativa di Consumi è minima: ci sono quattro ragazzi che si fanno delle domande sulle motivazioni che spingono all'acquisto e un anziano bottegaio, il signor Buonprezzo, che spiega loro tutti gli aspetti a cui devono fare molta attenzione.

Dopo un veloce excursus storico sul consumismo, il libro illustra, uno alla volta, i tanti inganni del marketing: dai prezzi visualizzati a rate alla disposizione dei prodotti sugli scaffali, dalle offerte a scadenza ("ultimi pezzi!") al green washing, dalla suddivisione tra "cose da maschi" e "cose da femmine" ai modelli freemium (gratis ma con acquisti successivi).

Le tavole terminano con delle "dritte" conclusive, che riassumono gli aspetti a cui fare più attenzione.

Consumi


Non c'è una profonda distinzione tra i personaggi in gioco, ma ogni tema è delineato in modo chiaro e immediato, con scene ed esempi concreti, mentre degli esseri rossi dall'aspetto diabolico personificano le menti che creano le diverse operazioni mirate a farci spendere e consumare di più.

Il fumetto, insomma, racconta poco e spiega molto, ma lo fa in modo leggero e semplice, rendendo facilmente riconoscibili le situazioni reali.

Il tema di Consumi è essenziale per affacciarsi sul mercato in modo consapevole, senza l'ingenuità che è inevitabile nei bambini. E sono convinta che un ripassino non farebbe male nemmeno a gran parte degli adulti.


I lupi, nei libri per bambini, sono cattivi.

Oppure rovesciano lo stereotipo e sono "buoni", nel senso che non mangiano nessuno, o al limite lo mangiano per una buona ragione. 

L'immaginario del predatore, insomma, è legato strettamente a un giudizio morale (come se non fossimo noi stessi i primi predatori!) e viene difficile inquadrare un animale per ciò che rappresenta, per la propria specie e per l'equilibrio dell'ecosistema.

Quattordici lupi. Storia vera di un ritorno

Quattordici lupi. Storia vera di un ritorno, di Catherine Barr con le illustrazioni di Jenni Desmond, Editoriale Scienza, racconta il lupo nel suo ruolo ecologico, immerso nel suo ecosistema, e lo fa attraverso una storia vera: la reintroduzione di quattordici lupi nel parco di Yellowstone, il primo parco nazionale al mondo (quello che i più attempati come me ricorderanno come scenario delle avventure di Yoghi e Bubu).

Ed ecco un altro concetto che Quattordici lupi ci porta e che non ci è del tutto intuitivo: la rinaturalizzazione. Spesso immaginiamo interventi di conservazione e protezione di una specie nel suo habitat, ma non è così scontato pensare che laddove la conservazione è fallita e la specie è scomparsa, si possa intervenire con azioni di ripopolazione.

La storia vera di Quattordici lupi inizia proprio dalla scomparsa del lupo a Yellowstone, a causa dei cacciatori e degli allevatori che volevano proteggere il proprio bestiame.

A visualizzare la scomparsa del lupo, c'è l'avanzata dei wapiti, una specie di cervi che senza il loro predatore naturale si moltiplica a dismisura nel parco, turbandone l'equilibrio.

 Quattordici lupi. Storia vera di un ritorno

Come se la pagina fosse il suolo del parco, vediamo i wapiti brucare consumando il verde della vegetazione. A dare carattere a questo albo sono soprattutto le illustrazioni, acquerelli potenti e suggestivi che infondono ora la forza inarrestabile della natura, ora l'immensità del nuovo ambiente dei lupi nel loro viaggio, ora l'intensità del loro sguardo.

Sono immagini forti, che attraversano le pagine come fossero paesaggi e si imprimono nella mente del lettore facendogli percepire sensazioni, profumi, scenari.

Quattordici lupi. Storia vera di un ritorno


L'albo segue la storia, gli spostamenti, la riproduzione dei lupi fino alla loro completa reintroduzione nell'ambiente, ma soprattutto ci illustra l'effetto di questo ripopolamento: qualcosa che va oltre ciò che possiamo immaginare e che allarga il suo impatto non solo sui wapiti, la preda prediletta dei lupi, ma su tutto l'ecosistema animale e vegetale e perfino, sorprendentemente, sulla morfologia del luogo, modificando in modo benefico il corso del fiume.

La catena causa effetto è talmente articolata che a nessuno, spontaneamente, verrebbe in mente, eppure appare chiarissima e logica nella spiegazione di Catherine Barr.

Ogni essere, vivente e non vivente, è connesso a tutti gli altri.

Per questo un lupo non può essere né buono, né cattivo, ma è semplicemente un lupo.


Se vi chiedo di immaginare un essere creato dall'uomo ma che improvvisamente acquisisce una coscienza, a cosa pensate?
Probabilmente a un robot, un androide: nel nostro immaginario la vita nasce dalla tecnologia.

mamma in polvere
 

L'intuizione originale di Pino Pace è quella di modificare questo cliché: in Mamma in polvere (edito da Camelozampa) la vita nasce dalla chimica.
Le "Lio", baby sitter artificiali, sono vendute in sacchetti, come fossero detersivo in polvere (accattivante è l'immagine di copertina, molto pop, dell'illustratrice Cristina Portolano): creature liofilizzate che immerse in una vasca d'acqua si compongono in un surrogato di essere umano, caldo e morbido ma privo di ossa di sostegno.

Entità nate per servire, che possono essere selezionate in base al modello desiderato: severe, creative, permissive. E che sono caratterizzate da un'obsolescenza programmata: dopo pochi anni, iniziano a decomporsi e in questo modo l'azienda che le produce può venderne continuamente di nuove.

A raccontare questa storia, che galleggia e metà tra il distopico e il fantascientifico, è la protagonista, Mara. La loro ultima Lio, Iside, non sembra "scadere" come le altre e inizia a comportarsi in modo strano. Sembra quasi che si sia messa a pensare autonomamente.

mamma in polvere

Cosa fare? Chiamare i giornalisti? Contattare l'azienda? Mamma e papà di Mara cercano una soluzione pratica e utilitaristica, vogliono sfruttare l'eccezionalità della situazione ottenendo fama o denaro. Mara invece guarda nel cuore della sua Lio e decide di salvarla.

Inizia così un'avventura mozzafiato: Mara e il fratello Michele cercano aiuto, inseguiti dagli scagnozzi della multinazionale che produce le Lio. Si rifugiano da un'amica, poi dalla nonna, infine da una famiglia che vive in montagna e gestisce un rifugio.

Inseguimenti, lotte e sparatorie, condite da immagini di forte impatto (come la Lio che perde un braccio) tengono con il fiato sospeso il lettore che così quasi non si accorge di quante riflessioni passino attraverso questa storia: il rapporto tra modernità e natura (conciliabili? inconciliabili? e come?), il peso del marketing nelle nostre vite, il valore dell'autodeterminazione, il rispetto della vita. 

Mamma in polvere unisce soluzioni originali a una trama avvincente, con personaggi interessanti come la nonna, antica e moderna al tempo stesso, che vive nella natura ma pratica arti marziali e ha un fidanzato giapponese. E non manca l'elemento romantico, con l'incontro tra Mara e il figlio degli amici della nonna.

Appare un po' troppo stereotipata, invece, l'immagine della mamma troppo concentrata su se stessa, che trascura i figli per inseguire i suoi sogni di successo. 

Ma l'umanità prevale, reale o artificiale che sia.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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